L’agricoltura ha messo il turbo

Via Corriere.it

In un’Italia dall’economia ferma, c’è un settore che ha messo il turbo. È l’agricoltura, che nel primo trimestre è cresciuta del 6,9% rispetto ai tre mesi precedenti, mentre l’industria ha registrato un aumento dello 0,6% soltanto e i servizi un misero 0,2%. A confermare la performance del settore primario sono arrivati i dati preliminari Istat. La decrescita dello 0,3% del Prodotto interno lordo è dovuta a una diminuzione del valore aggiunto dell’industria, a una sostanziale tenuta dei servizi. Tiene botta solo l’agricoltura, che conferma la crescita del suo valore aggiunto e, dopo anni duri, ha ritrovato la forma. Ma qual è il segreto? «Negli ultimi anni è cambiato l’imprenditore agricolo, che ha capito di doversi occupare anche di trasformazione e commercializzazione», spiega Federico Secchioni. Per il presidente di Confagricoltura, il cambiamento è avvenuto soprattutto nei settori viti-vinicolo, lattiero- caseario, e orto-frutta. Le insalate già preparate e confezionate sono un esempio. Più indietro il settore dei cereali, che ha una trasformazione industriale più complessa.

L’imprenditore moderno
La «svolta» dell’imprenditore agricolo è stata analizzata anche da un’indagine del Censis del marzo scorso. In Italia, dice il Centro studi investimenti sociali, esiste un nucleo vitale di imprenditori che sta proiettando in avanti l’agricoltura e che costituisce una «minoranza trainante » portatrice di una cultura moderna del fare azienda. Innovazione, orientamento al mercato e ottimizzazione dei fattori produttivi e dell’organizzazione sono gli ingredienti necessari per essere un agricoltore moderno. Il Censis ha individuato cinque protagonisti di questa nuova fase. Tra questi c’è Gabriella Fantolino, che ha deciso di portare avanti la passione del padre Andrea, fondatore di un’azienda di produzione e commercializzazione di uova. Qual è il loro punto di forza? «Seguiamo il nostro prodotto dall’inizio alla fine, cioè dal mangime per le galline a quando le uova arrivano sullo scaffale del supermercato —racconta Gabriella Fantolino —. Siamo noi a gestire lo spazio della vendita, abbiamo anche prodotto i mobili. Il nostro prodotto è fresco e imballato giornalmente, non possiamo trascurarlo nella parte finale dell’atto economico. Cerchiamo di fare in modo che il passaggio tra noi e il consumatore sia ridotto ai minimi, è lui il nostro vero cliente». Oltre a Fantolino, sono stati premiati anche la celeberrima azienda viti-vinicola Castello Banfi, Campoverde Agricola specializzata nella produzione e commercializzazione di pesche, nettarine e clementine, l’azienda di ricerca, ibridazione, selezione e marketing di varietà di rose Nirp international e il big del latte Cirio Agricola.

Giovani, campioni d’innovazione
Anche Coldiretti ha la sua classifica di agricoltori «top», selezionati dalla sezione giovani. Il concorso si chiama «Oscar Green» e premia le esperienze migliori di innovazione. Il vincitore di quest’anno per la categoria «esportare il territorio» è Giuseppe Riggio, che gestisce un’azienda agricola in provincia di Reggio Calabria. E che ha inventato l’adozione a distanza di un maiale di razza pregiata. Suo l’allevamento di suini grecanici, da cui ricava salumi naturali senza conservanti venduti direttamente al pubblico. Altre cinque le idee creative premiate. Davide Borghi di Reggio Emilia si è aggiudicato la vittoria per la categoria «Stile e cultura d’impresa» per aver recuperato la tradizione dell’allevamento di asini con la produzione di latte, alimenti e cosmetici a base di latte d’asina. Roberta Creta di Pietravairano (Ce) è stata premiata nella categoria «Campagna Amica» per aver creato prodotti innovativi come la gelatina di vino Aglianico. Paolo Marostegan di Camisano (Vi) ha vinto per la categoria «Sviluppo locale» con l’offerta del pacco famiglia. Gianenrico Spoldi di Trigolo (Cr) ha il primato nella categoria «Energia per il futuro» allevando maiali dai quali ottiene anche energia da biogas. Vincitore nella categoria «Oltre la filiera» è Alessandro Demarchi (Moretta, Cuneo) che ha razionalizzato la filiera che mette in relazione imprenditori agricoli e grande distribuzione.

Gli USA vogliono tassare l'innovazione

Gli Stati Uniti puntano il dito contro l’Unione Europea, accusandola di “tassare l’innovazione”, imponendo diritti di dogana non conformi alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) su alcuni prodotti ad alta tecnologia.

Gli USA, insieme a Taiwan e Giappone, hanno annunciato di aver depositato una richiesta presso la WTO affinché questa avvii un esame sulle tasse imposte su determinati prodotti high-tech, quali alcune stampanti che funzionano anche da scanner, fax e fotocopiatrice.

Un accordo siglato nel 1996 vieta l’imposizione di diritti di dogana su una lista di prodotti high-tech, discussa dagli stati membri dell’organizzazione. “L’Unione Europea pretende di imporre diritti doganali su alcuni prodotti solo perché questi contengono tecnologie e funzioni che al momento dell’accordo non esistevano”, sottolinea in una nota l’amministrazione americana per il commercio con l’estero. “Questi prodotti erano inclusi nell’accordo sulle tecnologie dell’informazione. Di fatto l’UE tassa l’innovazione, e questo potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo tecnologico oltre che aumentare i prezzi per milioni di imprese e consumatori”.

Cartella clinica informatizzata

Via blog Panorama

Abbattere le liste di attesa e fornire metodologie di telemedicina e sanità elettronica per arrivare, entro un anno, alla cartella clinica informatizzata. L’annuncio è del sottosegretario alla Sanità, Ferruccio Fazio, e conferma che la sanità italiana sta compiendo passi importanti verso la digitalizzazione dei propri servizi. L’obiettivo dichiarato è quello di realizzare il Fascicolo sanitario elettronico del cittadino, come previsto dal Tavolo di lavoro permanente per la sanità elettronica (Tse) avviato nel 2005. “Stiamo definendoi contenuti, si sta già tracciando il percorso per la definizione di alcune componenti del Fascicolo, come la scheda sanitaria individuale ed il referto digitale”, ha dichiarato Paola Tarquini, dell’Ufficio studi e progetti per l’innovazione digitale del ministero per le Riforme e l’Innovazione in un convegno organizzato da Ibm, Sap Italia e Medmatica, l’Expo forum sulla sanità elettronica.

Nove regioni del sud sono coinvolte in un progetto il cui obiettivo è quello di collegare le informazioni afferenti al medico di base, comprese quelle provenienti dalle strutture ospedaliere e di laboratorio. Il programma ha ricevuto finanziamenti intorno ai 100 milioni di euro, di cui quasi il 30 per cento dalle Regioni che devono attuare i progetti. I primi prototipi di rete della Puglia, della Sardegna e della Basilicata sono già stati presentati. Per raccordare le iniziative di sanità elettronica con quanto già realizzato nelle regioni del Nord si sta invece mettendo a punto un accordo per un piano di lavoro comune, con il coinvolgimento di 10 regioni (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise, Sardegna), per l’interoperabilità dei sistemi regionali di fascicolo sanitario elettronico.

Gli investimenti italiani in tecnologia sanitaria, un settore che ha determinato nel mondo una spesa pari a 187 miliardi di euro, sono però ancora inferiori a quelli di altri paesi europei.

Torino Nuova Economia non decolla

Da Repubblica

E’ una questione di tempi. Quelli tecnici, minimi indispensabili quando si parla di procedure pubbliche, cioè anni, hanno fatto fuggire le piccole e medie imprese intenzionate ad insediarsi nel polo tecnologico di Mirafiori acquistato da Tne (Torino nuova economia), la società creata ad hoc per gestire le aree dismesse dalla Fiat negli anni della crisi. Troppi i vincoli burocratici e gli intoppi, anticipati da Repubblica, che hanno rallentato la formazione del “polo di attrazione delle imprese innovative”, un sogno per il quale gli enti pubblici hanno sborsato 67 milioni al Lingotto (iva esclusa e pari a 13 milioni, più interessi). «Quello che circonda Tne — denuncia Claudia Porchietto, presidente dell’Api, l’associazione che riunisce le piccole imprese — è un silenzio clamoroso e fragoroso.

La raccolta di “manifestazioni d’interesse” da parte delle imprese risale a più di un anno fa. Di conseguenza non so oggi quante, delle fantomatiche 50 aziende, siano ancora interessate ad un’eventuale insediamento. Credo nessuna, perché i tempi delle imprese sono differenti. Certo rimane l’amaro in bocca, ma bisogna prendere atto che questa operazione non è partita sotto i migliori auspici: faremmo un bene alle imprese e alla comunità: L’inefficienza e la responsabilità di tale condotta è a vari livelli, bisognerebbe spendere in modo più oculato i soldi pubblici».

D’altra parte, ribattono i rappresentanti degli enti locali, una società pubblica, quale Tne, deve rispettare norme e regolamenti che le impediscono di velocizzare le procedure. «Dobbiamo seguire i regolamenti pubblici — conferma il vicesindaco Tom Dealessandri — non abbiamo alcuna deroga. Nell’arco di un anno e mezzo, da Quando Tne ha rilevato le aree dalla Fiat, abbiamo avviato la bonifica dell’area. il progetto e la procedura d’appalto che sarebbe già conclusa se non ci fossero stati i ricorsi al Tar».

Un campus da Torino a Shanghai

Gabriele Beccaria su Lastampa.it

Ha una squadra camerunense di «curley», un impiegato cinese allo sportello bancario, 90 accordi internazionali per la laurea con il doppio titolo, un terzo dei corsi in inglese, i laboratori di ricerca di General Motors e Microsoft e poi dà il benvenuto a chi festeggia le ricorrenze di un centinaio di nazioni diverse, possiede oltre 2 mila posti letto per accogliere studenti e professori dal mondo e crea tre aziende ogni paio di mesi. E’ il Politecnico di Torino, che come un’astronave futuribile viaggia nell’iperspazio della realtà globale e fa collezione di record.

Professor Francesco Profumo, lei è il rettore del Politecnico: in Italia l’immagine delle università è spesso appannata e le loro opportunità ancora più scarse, mentre in molte aree del mondo avviene il processo opposto. Qual è la filosofia per uscire da questa pericolosa crisi?
«Quella di “mescolare il sangue”, creando un campus globale».

Che in pratica come si realizza?
«Elaborando una strategia di ampio respiro. E’ così che il progetto di “Cittadella Politecnica” si esplicita attraverso cinque elementi: formazione, ricerca, trasferimento tecnologico, servizi e finanza». A proposito di ricerca, state attirando i grandi marchi: condividono i vostri laboratori e creano sapere, prodotti e lavoro. Come ci riuscite? «Proponendo l’ambiente giusto. Sono già arrivati, Microsoft Italia, Jac, Avio, Indesit, Metecno, Vishay e Pirelli, per fare alcuni nomi. General Motors sarà attiva da inizio 2009 su una superficie di 20 mila metri quadrati, con 600 dipendenti. E le richieste sono in aumento: c’è anche la cinese Huawei».

Ricerca fatta dai big, ma voi puntate anche a creare nuove aziende, le «start-up»: come si fa?
«Siamo stati la prima università in Italia a creare l’Incubatore di nuove imprese (I3P) e dal 2000 sono 96 quelle che hanno visto la luce. Nel 2004, a Oxford, una giuria internazionale ha eletto l’I3P come “Best Science Based Incubator”».

Nascono, ma quante sopravvivono?
«Valutiamo 150 idee ogni anno e ne selezioniamo 50. Agli autori è offerta una fase di formazione di sei mesi e tra 15 e 20 progetti diventano realtà. Creiamo tre nuove imprese ogni due mesi e in questi anni ne sono morte solo sei!».

Quali sono le maggiori difficoltà che si devono affrontare?
«Si tratta di aziende “technology based” e sperimentano due tipi di difficoltà: il marketing strategico e l’ingresso sul mercato».

E le risorse: non sono un ostacolo anche quello?
«E’ sempre stato un limite evidente. Ora, però, abbiamo un “hub” di “venture capitalists”, sette nazionali e sette internazionali».

Che muovono quale giro d’affari?
«Un miliardo di euro, naturalmente non tutto per noi (almeno per ora)! E si aggiunge la finanza di credito classica, delle banche. Sono fondi essenziali per permettere il salto di qualità alle aziende nel mercato».

La prima Giornata Nazionale dell'Innovazione

In occasione della Giornata Nazionale dell’Innovazione, che si celebra quest’anno per la prima volta il 10 giugno, si terrà il convegno “Innovazione per la crescita e la qualità della vita” organizzato su iniziativa del Ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, in collaborazione con la Fondazione COTEC, la Confindustria, l’Unioncamere e la Camera di Commercio di Roma.

Il convegno, che avrà luogo alle ore 15.00 presso il Tempio di Adriano in Piazza di Pietra a Roma, sarà centrato su una tavola rotonda con il Ministro Brunetta, il Ministro Mariastella Gelmini, il Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, gli Onorevoli Luigi Nicolais ed Enrico Letta, l’Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Ronald Spogli ed il Vice Segretario Generale dell’OCSE, Pier Carlo Padoan.

L’evento sarà l’occasione – in una giornata di rilevanza nazionale e con il coinvolgimento di una platea selezionata tra le migliori competenze del settore – per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’innovazione e per fare il punto sullo stato dell’innovazione nel Paese, cercando di individuare gli obiettivi essenziali che le politiche pubbliche per l’innovazione dovranno porsi per sostenere la crescita, la competitività e il benessere dei cittadini.

Il momento della meritocrazia

Via Italian Innovation

BRUNETTA: E' GIUNTO IL MOMENTO DELLA MERITOCRAZIA

“Voi siete eccellenza. Ma non dovreste esistere. Come fa ad esserci eccellenza senza premi e punizioni?”
Ha esordito così, rivolgendosi alle centinaia di funzionari e dirigenti pubblici riuniti a FORUM PA ’08 per il convegno conclusivo, il ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta.

Un discorso vero, diretto, che senza mezzi termini ha presentato le linee di azione di Palazzo Vidoni per riportare la pubblica amministrazione ad essere un pezzo di sviluppo del paese e per restituire ai dipendenti pubblici l’orgoglio e e il senso della loro missione. Non una riforma, precisa il ministro, ma una “riformina”. Che però non farà sconti a nessuno. Merito, sanzioni, trasparenza, responsabilità. Sono queste le parole, non evocate ma scolpite nel suo dicorso, dal ministro e indicate come cardini del suo mandato.

Basta piattume. La pubblica amminisitrazione non deve essere più percepita da chi lavora come una gabbia piatta, senza stimoli, senza eccitazioni. Senza percorsi. Ma per fare questo bisogna cominciare a lavorare sulla produttività, sul rendimento, sull’efficacia, e trovare i giusti incentivi ma anche le legittime sanzioni per distinguere i fannulloni da chi invece opera seriamente e con senso del dovere.

Programmi elettorali 2008 e ICT

Via Vittorio Pasteris

Bruno Lamborghini su Larete.net

Entrambi i programmi non sembrano sufficientemente considerare il ruolo determinante che la diffusione intelligente e mirata delle tecnologie e delle reti digitali ha per la modernizzazione ed il rilancio economico sociale del nostro paese, così come sta avvenendo in altre realtà europee ed internazionali. Dalle analisi di EITO e di Assinform, come anche sottolineato in un precedente articolo su la-rete.net, appare evidente e preoccupante l’anomalia italiana ed il suo peggioramento con riferimento alle competenze IT (software e IT services) della domanda e dell’offerta, alla più efficace integrazione di tecnologie informatiche con le reti di telecomunicazione e televisive per lo sviluppo di nuovi servizi a valore aggiunto, di nuovi contenuti digitali, alla carenza di grandi progetti (leading edge projects) nel campo delle reti della sanità, della giustizia, della scuola, del turismo, della sicurezza, della logistica su cui oggi nel mercato globale si gioca il vantaggio competitivo dei paesi e delle imprese che vi operano.
Gli scarsi e generici riferimenti a questi grandi temi non evidenziano sufficientemente questa esigenza fondamentale, così come l’esigenza di un ripensamento del sistema educativo basato sulla costruzione di nuove competenze adeguate allo scenario digitale (il riferimento alla realizzazione di una grande università telematica pubblica non sembra essere una risposta ed anzi apre a molte perplessità).

PMI, videoconferenza e Skype

Le imprese europee di piccole e medie dimensioni sono tetragone alle nuove tecnologie e all’inovazione ? Proprio non si direbbe. Da una nuova ricerca condotta da Skype, infatti, emerge che nelle PMI europee c’è un alto tasso di crescita nell’adozione di nuove tecnologie di comunicazione come le chiamate in conferenza e videoconferenza. Oltre il 50% delle aziende interpellate, infatti, sta pianificando di potenziare l’integrazione delle chiamate in conferenza e in videoconferenza nelle loro attività entro i prossimi 12 mesi.

  • 1/3 delle PMI esaminate nella ricerca già utilizza le chiamate in conferenza, mentre oltre il 40% è consapevole delle potenzialità connesse ad integrarle nelle loro attività commerciali.
  • 2/3 delle aziende che adottano le le comunicazioni in conferenza utilizza questo servizio almeno una volta la settimana e il 60% si dichiara propenso ad aumentarne l’uso entro i prossimi 12 mesi.

Un percorso del tutto similare si riscontra anche nell’impiego della videoconferenza. Sebbene si tratti di una funzionalità relativamente più recente, oltre il 40% delle PMI interpellate individua con chiarezza le potenzialità dell’uso della videoconferenza ai fini di business. Inoltre, i dati raccolti internamente da Skype confermano che oggi almeno il 30% di tutte le conversazioni via Skype coinvolgono l’uso di immagini video.

C’è anche una constatazione a suggerire che le PMI stanno abbracciando le conversazioni in conferenza e in videoconferenza come metodo per comunicare sia internamente che con i clienti acquisiti e potenziali. I principali vantaggi di questo approccio comprendono la riduzione delle trasferte, la semplicità nel comunicare, il miglioramento delle comunicazioni e la riduzione dei costi. Inoltre, con la videoconferenza va tenuta presente l’importanza di poter osservare il linguaggio non verbale degli interlocutori.

Difatti, molte delle PMI interpellate non utilizzatrici della videoconferenza si sono dichiarate favorevoli se il sistema avesse garantito una migliore qualità delle immagini senza spese aggiuntive.
Comunicare tra Skype user è gratuito se si dispone di un computer e di una connessione internet a banda larga. Iniziare a fare chiamate video su Skype comporta costi minimi relativi all’attrezzatura (l’acquisto di una webcam) e, una volta che l’hardware sia installato, i costi successivi risultano pari a zero.