Prima Industrie la migliore in Italia

L’azienda con sede a Collegno è la migliore fra le aziende quotate in Borsa

Seconda tra gli «Italian champions»: Prima Industrie – l’azienda leader mondiale nel settore delle macchine laser che ha il cuore e cervello a Collegno – è stata riconosciuta tale dalla AtKearney. Un risultato eccezionale sancito da una società di consulenza internazionale, fondata a Chicago nel 1926, che ha analizzato le aziende italiane quotate in Borsa per conto de Il Mondo.

Ha considerato tra 2004 e 2008 l’incremento di fatturato e del valore delle azioni. Il fatturato di Prima Industrie – l’azienda meccanica fondata e diretta da Gianfranco Carbonato – è al primo posto con un incremento del 39 per cento. Per quanto riguarda il valore dell’incremento è stato dell’11 per cento nel periodo, due punti superiore a quello medio delle aziende del campione e di 17 punti al di sopra dell’indice dell’intero mercato.

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La Torino elegante e perbene di Marchionne

Il Wall Street Journal racconta la Torino di Marchionne e dell’accordo Fiat-Chrysler

The holidays in Turin have certain rituals that set the city apart from others in Italy. That’s because Turin is home to the country’s largest manufacturing company, the multinational auto maker Fiat SpA, and like all big companies, Fiat is a sort of state within a state.

Besides traditional winter festivities, such as buying orange-colored boxes of handmade hazelnut chocolates at Gobino and stopping for a cup of hot chocolate mixed with coffee and cream at Café al Bicerin to fight off the Alpine cold, Turin offers parallel Fiat activities.

In this photo from 1955, Fiat 600s are driven on the roof track of the Lingotto factory in Turin. Like the car maker that calls it home, Turin, more than any other Italian city, mixes old with new, tradition with innovation.

Fiat auto workers’ kids receive gifts at the company’s annual Christmas party as the car maker’s sprawling Mirafiori factory shuts for the break. Fiat Chief Executive Sergio Marchionne delivers his annual speech to hundreds of managers gathered at the Lingotto—a former factory modeled on the Ford plant in Detroit where the Model T was born—that now houses Fiat’s executive offices.

This year, 2,000 Fiat managers either attended the speech or watched by video link from 300 sites including Brazil, Poland, and—for the first time—from Detroit. In one of the most startling deals to come out of the financial crisis in 2009, Fiat took a stake in Chrysler in a partnership backed by the U.S. government.

Underlining the links between Turin and Detroit, Mr. Marchionne arrived at the Fiat event this year in a Chrysler 300.

His speech was upbeat. But the jury’s still out on the future of both companies; 2010 is arguably a make-or-break year for Chrysler, and if the U.S. auto maker stumbles badly, so will Fiat. If it succeeds, the company could become a world leader. Fiat’s alliance with Chrysler has made Turin the headquarters of a global auto experiment—a move that makes locals both proud and extremely anxious.

Moda, la nuova sfida torinese

Via repubblica.it

La seconda età della moda torinese inizia nel 2000, quando Alice Capelli, dopo varie esperienze nel campo dell’arte e del design, apre per prima un negozio in via Bonelli. Il nome del suo marchio, Autopsie Vestimentaire, viene preso in prestito da una mostra, ma riflette bene il suo stile: «La parola autopsia rimanda all’idea dell’indagine – spiega Alice – . Nei miei abiti conta molto la ricerca dei volumi». Abiti destrutturati, dai particolari spesso stranianti, ma che proprio per questo convincono la clientela, che dopo nove anni di attività e due negozi (l’atelier principale si trova ora in via Bligny, da giugno via Mazzini ne ospita un altro) è particolarmente affezionata: «Chi compra un mio abito sceglie di vestire un capo speciale, realizzato con materiali di qualità come le lane biellesi».
Che tutto sia confezionato in Piemonte è la scelta di Giunone Couture, marchio fondato nel 2003 dalla sarta Cinzia De Biase e dall’architetto Sabina Marinello. Il nome unisce un ideale e un desiderio: quello di vestire donne “giunoniche”, piene di forme da valorizzare, e di essere delle “couturières”, fondendo vestibilità ai canoni dell’alta moda. È la manipolazione dei tessuti il valore aggiunto della collezione: «Ci piace plasmarli – racconta Sabina – , in modo che seguano il contorno della donna e nascondano i difetti. È questa la vera sfida per chi fa moda».

In piazza Vittorio, roccaforte della Torino bene, c’è Eleonora Carisi che nel 2006, a soli ventun anni, apre You, negozio di moda street, e fonda il marchio What’s Inside You. «All’inizio è stata dura – dice Eleonora – , proponevo le borchie, che si trovavano a Londra o a New York, e la gente non capiva. Poi finalmente sono diventate di moda». Ora il viavai di clienti è continuo, c’è il ragazzo che passa solo per salutare o la mamma che accompagna la figlia e decide di rifarsi il look. Per ispirarsi, Eleonora non guarda le sfilate, ma fa molto “web surfing”: «I blog e MySpace sono importanti per trovare nuove tendenze e per creare contatti». A Gaia Audino le idee saltano fuori all’improvviso, anche di notte. È da quando ha otto anni che sogna di fare la stilista, ora a trentadue conta su molte collaborazioni e su una linea tutta sua, Love The Dj. È il mondo dei club a fornirle la grande occasione: vestire i Subsonica per il tour 2008. «Il tema era il risparmio energetico e volevano degli abiti che brillassero al buio. Ho realizzato per loro delle camicie verdi fluo, che poi sono state scelte per le locandine del tour». Gli abiti double face e le t-shirt di Gaia si vendono ovunque, anche in Norvegia. Ora spera di creare una settimana della moda torinese, da contrapporre a quella di Milano, per coinvolgere i designer della città.

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Biotecnologie piemontesi in mostra ad Atlanta

Per la prima volta il Piemonte partecipa a BIO International Convention di Atlanta dal 18 al 21 maggio, il maggior evento internazionale rivolto al mondo delle biotecnologie, dove illustrerà le proprie capacità e la sua posizione d’avanguardia, a livello italiano ed europeo. Sono 4 le imprese di eccellenza presenti all’interno della collettiva italiana organizzata dall’ICE, grazie al supporto della Camera di commercio di Torino e al coordinamento del Centro Estero per l’Internazionalizzazione (Ceipiemonte) in collaborazione con il Bioindustry Park. BIO International Convention è un appuntamento annuale negli Stati Uniti, dove il comparto, registra un continuo trend positivo e si colloca al primo posto al mondo, con oltre 1.400 aziende farmaceutiche, 180.000 dipendenti e un valore di capitalizzazione di 380 miliardi di US$. Evento di riferimento per i professionisti del comparto, l’edizione 2008, che si è svolta a San Diego, ha visto la partecipazione di 2.200 espositori, 6.600 delegati di settore 20.000 visitatori provenienti da 70 Paesi e l’organizzazione di circa 14.500 appuntamenti one-to-one.

L’Italia rappresenta il 15% del totale delle imprese biotech europee con oltre 200 imprese coinvolte in innovazioni a carattere biotecnologico e un mercato farmaceutico che è il sesto a livello mondiale. In Piemonte la base industriale del settore delle bioscienze (biotech, pharma, med-tech ecc) – composta da piccole e medie imprese e da gruppi multinazionali quali Merck-Serono, Bracco Imaging, Takeda, Diasorin Antibioticos e Sorin Cardio – gioca un ruolo rilevante con più di 100 aziende che impiegano oltre 3.000 persone e registra una continua espansione grazie alla nascita di imprese innovative nei settori farmaceutico, parafarmaceutico e diagnostico. In particolare, il Piemonte vanta una forte tradizione nel comparto delle biotecnologie – per numero di imprese secondo alla Lombardia – e ne copre tutti i campi: biotecnologie verdi (agroalimentare), grigie (processi industriali) e rosse (salute), queste ultime maggiormente presenti sul territorio.

il Piemonte è la prima regione italiana in termini di investimenti privati in ricerca e sviluppo e in numero di brevetti industriali oltre che in numero di start-up biotech. In questo contesto, i ricercatori impegnati nei settori biotech, farmaceutico e medico sono circa 1.500 e i gruppi di ricerca pubblici 800 (il 60% dei quali in biomedicina) e possono contare su una fitta rete di cooperazione tra aziende, Università, centri di ricerca, formazione e parchi scientifici e tecnologici (fra i quali spiccano il CNR, l’Istituto di Ricerca sul Cancro di Candiolo e il Bioindustry Park), laboratori, incubatori e società di venture capital (Eporgen Venture e Piemontech). Inoltre, importanti risultati in Piemonte si devono anche alla sinergia con le capacità esistenti nei settori dell’ICT, dell’elettronica e delle nanotecnologie, che hanno permesso lo sviluppo di competenze relative alla bioinformatica, alle analisi diagnostiche e alla progettazione di apparecchiature biomediche.

L'indotto pronto a lanciare la sfida

Via Repubblica

Fiat si cimenta nell´impresa di conquistare la Opel e nell´attesa l´indotto torinese applaude. Tra gli imprenditori c´è chi è ottimista e chi è più scettico, ma il parere unanime è che si tratterebbe di un´opportunità ghiotta per allargare il mercato. E i concorrenti? Non fanno paura. Neppure la canadese Magna, uno dei più grandi produttori di componenti del mondo, che si dice possa entrare nell´affare.

«Opel è un passaggio quasi obbligato per la Fiat. Per come si sta rivelando il mercato trovare un´alleanza sul mercato europeo sarà fondamentale. E con i tedeschi c´è il vantaggio che sono già state sviluppate alcune piattaforme», sostiene Vincenzo Ilotte, presidente dell´Amma, l´associazione che raccoglie le aziende metalmeccaniche torinesi. È lui il primo a vedere l´affare Opel come un´opportunità: «Ci sono potenzialità interessanti. L´accordo di alcuni anni fa con Gm lo ha già dimostrato, perché in quell´occasione molte aziende riuscirono a diventare partner anche del colosso americano. Fiat oggi si sta proponendo come una realtà che ha in mano un know-how composto da una parte “software”, che appartiene al Lingotto stesso, ed una “hardware”, che invece dipende dall´indotto». E Magna? «Non è una minaccia – risponde Ilotte – anche perché si tratterebbe comunque di un mercato che da due milioni di auto l´anno passerebbe a sei milioni: di carne ce n´è per tutti».

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Ha vinto la Torino di una volta

Aldo Cazzullo sul Corriere.it

Alla fine non è stata la nuova Torino a conquistare l’America, ma l’antica. A vincere non è la città neogozzaniana mai stata così bella, con le mostre sul barolo e sul cioccolato, i caffè restaurati, le signorine sempre più graziose che mangiano le paste nelle confetterie.

È la sapienza tecnica della metropoli industriale aspra e sobria, squadrata come la città dell’Apocalisse, l’abilità dei capisquadra che sapevano fe’ i barbis a le musche, rifilare i baffi agli insetti, e dei geni ignoti come Dante Giacosa che disegnavano le auto più belle al mondo e nel contempo sapevano progettare un carburatore. Non la città delle Olimpiadi e del turismo e neppure quella inquietante dell’occulto (tutte frottole in verità come i torinesi sanno benissimo) e della movida notturna che ispira l’ultimo preoccupato romanzo di Culicchia: lo sballo all’ombra dei Murazzi del Po, feste, alcol e gioventù bruciata. Bensì la Torino dell’Avvocato, che ovviamente è molto cambiata ma dev’essere ancora parente di quella che Giovanni Agnelli raccontava come «una città di guarnigione, in cui i doveri vengono prima dei diritti, l’aria è fredda e la gente si sveglia presto e va a letto presto, l’antifascismo è una cosa seria, il lavoro anche e anche il profitto».

La Torino di oggi ha un clima più mite e non solo. La vita sociale è più ricca, come testimonia l’antico centro storico, il quadrilatero romano, un tempo deserto già alle sette di sera e divenuto ora una Brera torinese. L’economia si è diversificata. È cominciata l’era terziaria, se è vero che a Torino ci sono più dipendenti comunali (comprese le aziende controllate) che operai Fiat. Non si tratta ovviamente di mettere in contrapposizioni due città e due epoche. Ma forse adesso si capisce meglio che la nuova Torino è figlia di quella antica. Che le eccellenze di oggi —il design, il Politecnico, la ricerca, la comunicazione, il cinema, l’arte contemporanea, financo le Olimpiadi —non ci sarebbero state senza la grande industria, insomma senza quella Fiat con cui la borghesia torinese ha sempre avuto un rapporto ambivalente: da un lato, era spaventata dall’immigrazione e dalle trasformazioni imponenti; dall’altro, orgogliosa per ciò che la Fabbrica Italiana Automobili Torino rappresentava nel resto del Paese.

Lo si vide, quell’orgoglio, quando i torinesi sfilarono di giorno e anche di notte, con i ritmi di una città che la notte è abituata a lavorare, davanti alla bara di Giovanni Agnelli. Fu proprio il funerale dell’Avvocato il vero punto di svolta. Torino, che nei mesi precedenti appariva come paralizzata dalle incognite che la sovrastavano, seppe reagire. Prima con l’omaggio a un personaggio insostituibile, che ovviamente le manca. Poi con la coscienza di potercela ancora fare, di avere davanti un periodo difficile ma non impossibile da superare. Eventi come la fusione Sanpaolo-Intesa e la retrocessione della Juventus, che un tempo sarebbero stati letti come l’ennesimo scippo di Milano e l’ultimo segno di declino, sono stati interpretati per quel che erano: l’occasione di restare agganciati alle trasformazioni finanziarie e di aprire una nuova stagione anche nel calcio. Oggi Torino è una città che ha cambiato umore.

E assomiglia al suo museo più noto, l’Egizio, così com’è uscito dal recente restauro: una parte nuovissima e avveniristica, allestita da Dante Ferretti lo scenografo di Hollywood, che ha immerso le statue di Seth e Osiride nel buio illuminandole con sciabolate di luce; e la parte storica, con le teche ottocentesche molto meno scintillanti, ma che custodiscono attraverso le generazioni i veri tesori della collezione. Un secolo fa, il viaggio a Detroit di un altro Agnelli, il Senatore, aprì in Italia la stagione fordista. Fare come in America divenne il motto di Torino. Che oggi siano la tecnologia e il lavoro italiani a essere esportati a Detroit è segno che Torino, la città che nell’800 e nel ’900 ha fatto l’Italia due volte— a San Martino e a Mirafiori, con il Risorgimento e con il boom industriale —non ha abdicato al suo ruolo storico. Anche perché questo non è il successo di una sola città. In Italia ci sono molte Torino.

Poco conosciute, talora prive di accesso ai circuiti della pubblicità e della comunicazione, ma concentrate sul prodotto, sull’innovazione, sulla conquista dei mercati. Eccellenze che non si sono lasciate spaventare dalla mondializzazione ma ne hanno colto le opportunità, che hanno approfittato della concorrenza per migliorarsi, che non hanno inseguito le sirene del disimpegno e del bel vivere ma hanno continuato a far affluire linfa vitale al cuore dell’economia italiana: il sistema manifatturiero. Le notizie che vengono dall’America ci raccontano anche di quella «Torino diffusa» che affronta in silenzio la crisi e ce la sta facendo.

Pinifarina disegna l'Eurostar per la Manica

Eurostar, il servizio treni ad alta velocità  per passeggeri che collega la Gran Bretagna e l’Europa continentale, ha annunciato oggi di aver assegnato a Pininfarina il contratto di design per il rinnovamento degli interni della sua flotta di treni.

Pininfarina è stata scelta dopo un lungo e rigoroso processo di selezione. Importante per Eurostar, Pininfarina, oltre al design di auto prestigiose come Ferrari e Maserati, ha una vasta esperienza nell’industria ferroviaria, avendo disegnato gli interni e gli esterni dei treni ad alta velocità  per le ferrovie italiane, carrozze per le ferrovie svizzere, danesi e norvegesi, la metropolitana leggera in servizio a Lille, nel nord della Francia, e tram attualmente in esercizio in varie città  in Italia, Grecia, Svezia e Turchia.

Pininfarina sarà  responsabile dell’intera progettazione degli interni includendo sia stile che ingegneria, e della livrea esterna. I 28 treni della flotta Eurostar saranno attrezzati dalla SNCF e i primi esemplari saranno in servizio nel 2012.

Progettavano l'anti Iphone

Daniele Lepido sul Sole 24 Ore

“Battere l’iPhone si poteva. E alla Motorola di Torino avevamo già allo studio un paio di nuovi modelli pronti a competere con lo smartphone della Apple. Poi è arrivata la batosta dei licenziamenti e la tragedia del vedersi trasformati in disoccupati (probabilmente) costretti a scappare all’estero. Pensare che ci chiamavano gli ingegneri più bravi d’Europa, ci chiamavano…”.
Parla così R. B., manager del centro di ricerca torinese della Motorola, il più grande in Europa nel settore multimedia, uno dei 370 rimasti senza lavoro dopo la decisione della multinazionale americana di azzerare i laboratori piemontesi a seguito della scelta, tutta industriale, di non puntare più sulla piattaforma Symbian, che fa capo a Nokia, ma su Android di Google e su Windows Mobile e P2k. Quello stesso centro che da dieci anni produce saperi, tecnologia e cellulari hi-tech come il Motorola Q, uno dei concorrenti del Blackberry.

Il super-informatico è il primo dipendente del gruppo ad uscire allo scoperto e a parlare in esclusiva con un giornale, senza eccessi e con pudore, pur in una situazione personale e professionale di grave disagio. Il suo è il profilo di un tecnico altamente qualificato e con un buon stipendio (70mila euro lordi l’anno), un’esperienza in aziende internazionali alle spalle e, come molti, una famiglia da mantenere. Un caso, quello della Motorola, che ha spiazzato persino la Cgil che si è trovata di fronte a un’impresa che non aveva al suo interno neppure una rappresentanza sindacale unitaria. “Nella nostra mentalità chi ci pensava? – continua l’esperto – E non è una cosa strana.

La notizia della chiusura ci ha lasciati increduli e ci abbiamo messo un po’ a capire cosa stava succedendo perché noi eravamo completamente a digiuno di cultura sindacale e ora ci è rimasta addosso un’amarezza e una rabbia incredibili. Prenda nota di questo: qui ci consideravamo quasi una succursale della Silicon Valley e se tu vai a chiedere a un nerd della Silicon Valley, con tutto il rispetto, cos’è un orario di lavoro o un cartellino da timbrare, quello ti ride in faccia. Lui lavora con la bulimia dello studioso, come si fa in università, e ha l’ansia di arrivare al risultato perché ci sono gioco la sua testa, il suo cuore, la sua creatività. Il resto non conta”.

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Allo Smau premiate le migliori startup

Sono stati selezionati dalla giuria i 3 migliori casi di start-up: il primo premio è andato ad Amped, il secondo a Parallel Trading System e sul terzo gradino è salito www.InTheWorld.travel.

Amped, ha presentato il software “Five” per l’analisi e il miglioramento di immagini e filmati in ambito investigativo e forense. Parallel Trading System, ha portato invece a Smau un prototipo dimostrativo che illustra le capacità di calcolo in tempo reale di un simulatore di mercato su cluster HPC.
Basandosi sul concetto di Web 2.0 prevede il coinvolgimento attivo da parte del fornitore che è impegnato nell’attività di inserimento dei propri contenuti e dell’utente che fruisce di vari contenuti creando la community dei viaggiatori.

Ai vincitori oltre a un riconoscimento targato Smau-TechGarage va un premio tecnico consistente in una fornitura di banda larga illimitata e un server gratuito per un anno, offerto dal Development Program del consorzio TOP-IX, programma di supporto infrastrutturale per iniziative innovative basate su Internet.

Hanno aderito a “Percorsi dell’Innovazione. Dall’idea al business”, confermando un trend in crescita, ben 60 tra start-up e spin-off, centri di ricerca e università, parchi scientifici e distretti tecnologici. Il TechGarage Day è un’occasione per l’incontro e il confronto tra chi innova e chi vuole innovare e, non di secondo piano, tra queste due categorie e finanziatori e partner di sviluppo. L’evento è realizzato in collaborazione con Dpixel – società di consulenza per il venture capital, advisor di seed fund S.L., specializzata in investimenti “seed” ed “early stage” per start-up che operano nel campo media digitali e high tech – e con due sponsor di prestigio: Sardegna Ricerche e Telecom Italia.

Tra le start-up presenti a “Percorsi dell’Innovazione. Dall’idea al business” anche alcune delle eccellenze che partecipano al Premio Nazionale dell’Innovazione rappresentate dallo stand della Fondazione Politecnico di Milano. Il Premio nazionale innovazione coinvolge 42 atenei di tutto il Paese e dalla sua fondazione nel 2003 ha generato circa 300 imprese innovative che oggi danno lavoro a oltre 1.400 persone e fatturano complessivamente oltre 60 milioni di euro, ben 14 fatturano più di un milione di euro, 20 sono partecipate da venture capital, e 40 hanno invece ricevuto investimenti da partner industriali con i quali collaborano con benefici non solo finanziari ma anche di business.

Nati nel 2005 come primo evento in Italia capace di favorire l’incontro tra le realtà che fanno innovazione, il mondo industriale e quello del capitale di rischio, i “Percorsi” si sono rapidamente imposti come uno dei fiori all’occhiello di Smau.

I 3 vincitori del TechGarage Day selezionati tra 23 start up italiane Active Innovation Management, Aermatica, Amped, Anteo Wireless Community, BDFGroup, Bigliettidavisitare di Bonomelli Sara, Biopod, Esimile, Glomera, InTheWorld.travel, Itsme, Mikamai, Mobisofia, Mode Finance, Parallel Trading System, Pickwicki, Seolab, Skebby, Studio Boraso, Togunà Interactive, Tripshake, Troolley, Waymedia.

Da Torino verso l'auto elettrica

Via l’Occidentale

Tanto tuonò che piovve. Eccola la vettura elettrica per percorsi urbani e …provinciali. Al Salone dell’auto di Parigi la BlueCar fa la sua figura e tutti ne parlano. Si tratta di una vetturetta a 4-5posti, che può andare fino a 130 Km/ora, spinta da batterie LMP ( litio-metallo-polimeri) di nuova concezione (5 volte più leggere di quelle al piombo, garantite per 10 anni e interamente riciclabili).

Ha un’autonomia di 250 Km e si ricarica in 5 ore circa  ad una normale presa elettrica ( ma con 5minuti di carica, si possono fare 25 Km ). Le batterie sono prodotte da una società francese , la Batscap, del Gruppo Bolloré e, per il 5%, di Electricité de France. Disegno e concezione sono di Pininfarina.

Per il prezzo si parla di cifre tra i 15 e i 20 mila Euro. Costa abbastanza, ma lo slogan della BlueCar è : «1 euro per 100 Km, contro i 10 euro delle macchine a benzina». Quindi bassissimi costi di gestione.

Dovrebbe essere prodotta a Torino e commercializzata nel 2009 con 10 mila esemplari, che costituiscono l’attuale capacità produttiva annua della Batscap. Ottimo quindi, fuorché il prezzo e la bassa quantità di macchine producibili. E i due parametri vanno di pari passo. Finché non ci saranno grandi produzioni, costi e prezzi resteranno alti. Ma tutto considerato, se il prezzo di vendita si aggirasse sui 15 mila euro, già una buona competitività con le concorrenti sarebbe raggiunto, anche perché il disegno della vetturetta sembra tra quelli più belli di Pininfarina (dicono che Andrea Pininfarina tenesse moltissimo a questa nuova esperienza ). E una volta partito, il progetto non potrà che migliorare nelle prestazioni e nei costi.

Che la vettura elettrica stia per “partire” veramente lo dimostrano molti segnali. Intanto è cominciata la produzione e vendita di vetture «ibride», a benzina ed elettriche, con il motore che ricarica le batterie. Tutti i grandi produttori  sembrano ormai coinvolti. Israele si sta preparando ad una invasione di auto elettriche per liberarsi il più possibile dalla dipendenza dal petrolio. Alla Silicon Valley dicono che la ricerca sugli elementi per nuove batterie, stia soppiantando quella informatica.