A Torino si parla di Sharing economy e Smart City

Venerdì 6 Maggio alle 18 l’incubatore del Politecnico I3P ospiterà un evento Sharing Economy, Innovazione e Governance in cui docenti, esperti e startup del settore della  sharing Leggi tutto “A Torino si parla di Sharing economy e Smart City”

Oltre il postfordismo

Torino Internazionale organizza un evento venerdì 21 gennaio al Circolo dei Lettori si parla dell’evoluzione di Torino

Le trasformazioni infrastrutturali, economiche e sociali, vissute da Torino e dai torinesi negli ultimi quindici anni, sono evidenti anche allo sguardo più disattento. Dal composito processo di riorganizzazione dei sistemi produttivi allo slancio emotivo e organizzativo legato alla scommessa olimpica, dalla svolta innovativa nelle politiche urbane e di rigenerazione al disegno della nuova struttura sociale, si presentano ai nostri occhi molti elementi utili per riflettere su quale città Torino sia oggi, e quale potrà diventare nel prossimo futuro.

Le università europee nel mercato dell’innovazione

Si volgerà il 18 ottobre la conferenza internazionale “Le università europee nel mercato dell’innovazione” il quarto appuntamento annuale di Vision sul futuro delle università. Tra i relatori ci saranno Rettori da diversi paesi, responsabili delle strategie di internazionalizzazione degli atenei, ed esperti che hanno stilato alcune delle classifiche internazionali più prestigiose, oltre a due rappresentanti dell’OCSE.

L’evento è organizzato da Vision, think tank italiana, in collaborazione con Nova e ThinkYoung. Tra i partner dell’iniziativa il Politecnico di Torino, l’Ambasciata Americana, il British Council e la fondazione Unicredit&Universities. Il progetto di Vision parte dall’idea che le grandi riforme di sistemi complessi come le università siano sempre più difficili, e la differenziazione crescente degli atenei e delle aspettative che studenti, imprese, cittadini esprimono, pone una enorme domanda di cambiamento. Sarebbe più efficiente identificare le università che stanno già ottenendo risultati positivi ed introdurre elementi di competizione. È per questo motivo che Vision ha deciso di concentrare i lavori della conferenza su due temi specifici: i meriti ed i limiti delle classifiche e l’internazionalizzazione.

La conferenza sarà anche l’occasione per la presentazione della seconda edizione de “La classifica delle università italiane” che Vision ha sviluppando tenendo in considerazione i criteri raccomandati dalla Commissione Europea e da Unesco. La classifica vede alcune conferme – sei delle prime dieci lo erano anche nel 2009. La graduatoria dimostra come le università costituiscono una realtà sempre più differenziata con prestazioni che sono diverse a parità di regole, fondi e, persino, di contesti territoriali.

Uno sguardo sul futuro torinese con Chiamparino

Il sindaco parla del futuro economico di Torino

Un Natale tra crisi e ripresa, all´insegna del piano Fiat, che per il sindaco Sergio Chiamparino «su Torino, tra Mirafiori e Bertone, apre prospettive interessanti. Non si investono cifre ingenti per ristrutturare gli impianti e poi chiudere dopo un anno. La scelta del Lingotto dimostra che esiste un sistema Torino, fatto di infrastrutture, ricerca e formazione. Un sistema che compete a livello globale».

Sindaco, scampato il rischio di vedere i cancelli di Mirafiori chiusi?
«Quello dell´auto è il settore più difficile, ma rispetto al 2003-2004 c´è stata una svolta vera. Mirafiori da fanalino di coda della Fiat è diventata la testa. Per questo non dobbiamo mollare negli investimenti che hanno permesso al sistema Torino di far la differenza».

Su quale altro fronte non si deve mollare?
«Non possiamo ridurre la spesa sociale. Il 2010 sarà ancora un anno di sofferenza per le famiglie coinvolte nella crisi. Si vedono i segnali della ripresa, ma gli effetti sul mercato del lavoro, sul rientro di chi è in cassa, non sono immediati. Ci sono operai che hanno intaccato i loro piccoli patrimoni per andare avanti e devono avere il tempo di tirare il fiato».

I conti del Comune permetteranno di mantenere gli impegni?
«Si è sempre fatto molto allarmismo, ma il 2009 si chiuderà senza difficoltà. Il non essere allarmisti non vuol dire non vedere i problemi. Da qualsiasi parte la si giri molto dipende dai mancati impegni nei trasferimenti, Ici in testa, da parte del governo, e dalle manovre di taglio che si concentrano sui Comuni. Dobbiamo però avere la capacità di garantire le politiche sociali e di sviluppo».

Moda, la nuova sfida torinese

Via repubblica.it

La seconda età della moda torinese inizia nel 2000, quando Alice Capelli, dopo varie esperienze nel campo dell’arte e del design, apre per prima un negozio in via Bonelli. Il nome del suo marchio, Autopsie Vestimentaire, viene preso in prestito da una mostra, ma riflette bene il suo stile: «La parola autopsia rimanda all’idea dell’indagine – spiega Alice – . Nei miei abiti conta molto la ricerca dei volumi». Abiti destrutturati, dai particolari spesso stranianti, ma che proprio per questo convincono la clientela, che dopo nove anni di attività e due negozi (l’atelier principale si trova ora in via Bligny, da giugno via Mazzini ne ospita un altro) è particolarmente affezionata: «Chi compra un mio abito sceglie di vestire un capo speciale, realizzato con materiali di qualità come le lane biellesi».
Che tutto sia confezionato in Piemonte è la scelta di Giunone Couture, marchio fondato nel 2003 dalla sarta Cinzia De Biase e dall’architetto Sabina Marinello. Il nome unisce un ideale e un desiderio: quello di vestire donne “giunoniche”, piene di forme da valorizzare, e di essere delle “couturières”, fondendo vestibilità ai canoni dell’alta moda. È la manipolazione dei tessuti il valore aggiunto della collezione: «Ci piace plasmarli – racconta Sabina – , in modo che seguano il contorno della donna e nascondano i difetti. È questa la vera sfida per chi fa moda».

In piazza Vittorio, roccaforte della Torino bene, c’è Eleonora Carisi che nel 2006, a soli ventun anni, apre You, negozio di moda street, e fonda il marchio What’s Inside You. «All’inizio è stata dura – dice Eleonora – , proponevo le borchie, che si trovavano a Londra o a New York, e la gente non capiva. Poi finalmente sono diventate di moda». Ora il viavai di clienti è continuo, c’è il ragazzo che passa solo per salutare o la mamma che accompagna la figlia e decide di rifarsi il look. Per ispirarsi, Eleonora non guarda le sfilate, ma fa molto “web surfing”: «I blog e MySpace sono importanti per trovare nuove tendenze e per creare contatti». A Gaia Audino le idee saltano fuori all’improvviso, anche di notte. È da quando ha otto anni che sogna di fare la stilista, ora a trentadue conta su molte collaborazioni e su una linea tutta sua, Love The Dj. È il mondo dei club a fornirle la grande occasione: vestire i Subsonica per il tour 2008. «Il tema era il risparmio energetico e volevano degli abiti che brillassero al buio. Ho realizzato per loro delle camicie verdi fluo, che poi sono state scelte per le locandine del tour». Gli abiti double face e le t-shirt di Gaia si vendono ovunque, anche in Norvegia. Ora spera di creare una settimana della moda torinese, da contrapporre a quella di Milano, per coinvolgere i designer della città.

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Il CSI Piemonte al centro delle discussioni

Giorni pieni di interventi e analisi sul futuro del CSI Piemonte

Prima Beppe Minello su Lastampa

Chi, per i motivi più diversi, confida nel fatto che al Csi l’era-Rovaris stia volgendo al termine è meglio che rifaccia i suoi conti. Tra i 570 aspiranti all’incarico di direttore generale c’è anche Rovaris che su quella poltrona siede ininterrottamente da oltre 30 anni, da quando il Consorzio informatico lanciava i primi vagiti. «Invece di fare una selezione ad evidenza pubblica come ha deciso il cda forse sarebbe stato sufficiente ipotizzare un paio d’anni durante i quali affiancare ed accompagnare il successore…» ha commentato Rovaris a margine di una conferenza stampa durante la quale lui e il presidente Francesco Brizio hanno ribattuto punto su punto a tutte le accuse piovute addosso al Csi in questi mesi, in particolare dal vicepresidente della Sala Rossa, Michele Coppola (Fi-Pdl) e dal capogruppo in Regione dello stesso partito, Burzi.

Poi Rapahel Zanotti sempre su La Stampa

Ci sono tre motivi per cui il Csi Piemonte è diventato, negli ultimi tempi, zona di guerra. Uno: siamo a fine legislatura e il consorzio regionale, che offre sistemi informatici e servizi alle amministrazioni pubbliche, è un ottimo bacino di voti visti i suoi 1200 addetti. Due: Renzo Rovaris, il direttore generale che guida il consorzio dalla sua nascita, oltre trent’anni, è in parabola discendente. L’assessore regionale all’Innovazione Andrea Bairati ha deciso che era ora di cambiare. Tre: è in scadenza la convenzione con la Regione. Questo significa nuovi equilibri del consorzio con il suo maggior cliente che rappresenta, da solo, il 65% dei ricavi.
Non stupisce, dunque, che attorno a questo centro di potere si muovano gli appetiti di molti. C’è però un dato incontrovertibile che fa da sfondo e su cui tutti, indistintamente, dovranno fare i conti: il Csi Piemonte è diventato un pachiderma che fagocita milioni di euro, nonostante il suo bilancio risulti comunque in attivo.

A cui risponde Renzo Rovaris direttore del CSI

Leggo che il centrodestra è pronto a smembrare il Csi Piemonte, apprendo delle preoccupazioni del centrosinistra che, comunque, parla di mancanza di strategia e mi domando: perché? Il consorzio va bene, economicamente e produttivamente. Tutto si fonda sull’errata premessa che il Csi sia in crisi. Non è così. Forse la congiuntura tra elezioni politiche e il rinnovo del direttore generale sta agitando un po’ troppo la politica. Il consorzio è un bel boccone e qualcuno potrebbe farci dei soldi scardinandolo e rivendendolo sul mercato».

Renzo Rovaris, direttore generale del Csi Piemonte fin dalla sua istituzione nel 1977, non ci sta a fare da bersaglio. Soprattutto non vuole che la sua creatura sia trattata come tale. Le critiche piovute nei giorni scorsi non lo scompongono. «Il capogruppo di Forza Italia-Pdl in Regione, Angelo Burzi, dice che siamo indietro di dieci anni. Allora spieghi perché l’anno scorso abbiamo preso sette premi dal ministro della sua maggioranza Renato Brunetta e perché anche quest’anno ne abbiamo presi cinque», dice Rovaris.

Certo, quel documento della Booz&Co che ha analizzato i costi riducibili del consorzio su mandato dello stesso Rovaris, proprio non ci voleva che finisse sui tavoli del Consiglio regionale. «Si tratta di migliorie che stiamo già attuando – spiega Rovaris -. Tra l’altro l’analisi di Booz&Co ci sembra un po’ eccessiva. Calcolano tagli compresi tra i 25 e i 34 milioni per restare sul mercato. Noi siamo convinti che 10-12 basteranno: 2 li abbiamo recuperati da maggio, altri 5 il prossimo anno, una dozzina nei prossimi due».

Le piccole guidano l'innovazione

Stefano Manzocchi sul Sole 24 ore

Industria in Italia significa piccola impresa: prima della crisi, erano attive circa mezzo milione di piccole aziende industriali, che impiegavano 3,5 milioni di addetti, i tre quarti dell’occupazione manifatturiera. Le piccole imprese rappresentano il 50% delle imprese esportatrici (in termini di unità attive) e gli addetti all’estero delle piccole aziende sono passati dal 4 al 9% del totale dell’industria nel decennio prima della crisi.

La retorica dell’internazionalizzazione – perseguita da molte piccole in passato – è stato un abbaglio, alla luce della crisi? L’internazionalizzazione ha comportato investimenti e un impegno finanziario che hanno molto esposto le nostre piccole imprese manifatturiere alla recessione, tenuto conto anche dell’intermittente sostegno del sistema bancario italiano. Ma la scelta d’internazionalizzarsi ha portato anche indubbi benefici, in termini di proiezione verso i mercati più promettenti, e di diversificazione e riduzione del rischio. In particolare, sia per i beni intermedi e d’investimento sia per i beni di consumo, dal 1998 al 2008 il peso relativo dei mercati emergenti per l’export italiano è cresciuto di oltre il 50 per cento. Questa tendenza si rispecchia in una progressiva diversificazione dei nostri mercati di sbocco. Internazionalizzarsi non è stato solo sensato in termini di diversificazione, ma anche obbligato per un’economia a bassa crescita della domanda come la nostra, e parte di un continente europeo anch’esso caratterizzato da dinamiche modeste della domanda.

Nonostante le difficoltà di questa fase, la piccola impresa industriale italiana è sovente ottimista per il medio periodo, come dimostrano le elaborazioni delle associazioni di categoria: la crisi potrà rallentare ma comunque non arrestare le grandi trasformazioni in corso nei paesi emergenti, dove segmenti significativi di popolazione sono in procinto di affrontare importanti cambiamenti di struttura produttiva, di status economico e di stili di consumo. Anche la spinta decisa delle politiche macroeconomiche negli Stati Uniti potrà gradualmente alimentare investimenti e consumi nelle Americhe.

Il Politecnico vuole chiudere cinque sedi

Via Repubblica.it

Chiudere tutte le sedi decentrate del Politecnico, senza possibilità di appello. È questa la decisione verso la quale sta andando il Senato accademico dell´ateneo sulla base del nuovo piano dell´offerta formativa. Il progetto è stato presentato ieri ai membri dell´esecutivo, dopo che un centinaio di studenti e di precari della ricerca avevano occupato il rettorato di corso Duca degli Abruzzi e dopo che, anche a Mondovì, una delle sedi in fase di chiusura – le altre sono Alessandria, Biella, Vercelli e Verrès – i ragazzi avevano organizzato un´assemblea e manifestato per chiedere al rettore Francesco Profumo di tornare sui suoi passi.

Sigilli alla porta dell´aula in cui si svolge il Senato, gli studenti hanno impedito per un paio d´ore che presidi e rappresentanti delle altre componenti dell´organico si riunissero secondo il calendario prefissato. I precari della ricerca intanto chiedevano che si aprisse quanto prima un tavolo di trattativa per regolarizzare quello che ormai ha raggiunto il cinquanta per cento circa delle forze lavorative del Politecnico: l´esercito dei Cococo.

Profumo, che da mesi ormai non risponde a questa richiesta, ha accettato ieri di rimettere la questione dell´apertura del tavolo alla decisione dell´intero Senato, inserendola al punto 3 dell´ordine del giorno. Ma l´assemblea, trasmessa in streaming in aula magna e sulla rete dell´ateneo, si è chiusa senza alcuna votazione. Il ritardo in apertura dei lavori ha obbligato a rimandare la discussione più avanti ma la riorganizzazione sembra ormai cosa fatta. Da calendario la votazione finale è prevista tra il 4 e il 6 novembre prossimi.

Punto cruciale della seduta di ieri è stata la relazione del vicerettore, Marco Gilli, del progetto di riorganizzazione dell´offerta formativa per il prossimo anno accademico. Il piano richiede, senza alcuna possibilità di modifiche, la chiusura definitiva delle sedi di Biella, Mondovì, Vercelli (dove ha sede un´intera facoltà di ingegneria), Alessandria e Verres. «Secondo quanto previsto dalla legge 270 (ancora del governo Prodi) e dalle ulteriori restrizioni di una recente nota ministeriale per la quale presto saranno emanati i decreti attuativi – ha detto Gilli – il Politecnico deve dimezzare le ore di didattica complessive dell´ateneo».

Passare cioè dalle attuali 182 mila ore a circa 96 mila. Una commissione composta dai presidi, da due vicerettori e dal rettore, ha formulato il nuovo piano nelle scorse settimane. Ma gli studenti hanno chiesto una conferenza di ateneo per essere informati sul progetto. Profumo si è impegnato a convocarla prima della votazione finale del Senato.