Intervista a Matteo Baronetto: tecnica, estro e classe. La sua cucina un’improvvisazione ragionata

 

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La Distilleria Bocchino di Canelli (At) propone il Concorso culinario “Lo Spirito del Tempo”, evento nato in  collaborazione con Passione Gourmet, che ha preso il via lo scorso gennaio 2014. In autunno sarà proclamato il cuoco  vincitore, scelto fra chi avrà saputo osare e esprimere al meglio la versatilità dei famosi distillati, attraverso un’interpretazione attuale di una ricetta storica della tradizione italiana.

Protagonista e vincitore del mese di luglio è il piemontese Matteo Baronetto, Executive Chef del ristorante Del Cambio a Torino, che propone il piatto “ Branzino al vapore e coda di bue brasata”. La sua ricetta ha convinto gli esperti fra i 150 assaggi effettuati: un successo meritato.

Il ristorante Del Cambio, un monumento della storia e ristorazione italiana, è da qualche mese il suo regno. Dopo un’accurata e attenta ristrutturazione e riqualificazione, questo luogo magico ha riaperto: una sfida per lo Chef, che è stato per molti anni il braccio destro di Carlo Cracco. Ne esce un’immagine precisa di una cucina intrigante, riconoscibile a prova di un talento libero di esprimersi.

Lo Chef in questo piatto propone la sua cucina, di forte personalità, sicura, concreta, di ricerca continua, composta da pochi ingredienti, che coinvolge, sollecita l’immaginario e la memoria dell’interlocutore su vari livelli, dove l’incontro tra mare e terra trovano il loro punto di equilibrio.

Matteo Baronetto, classe 1977, nato a Giaveno, un paese vicino a Torino, studia all’Alberghiero di Pinerolo, matura esperienze professionali presso La Betulla a San Bernardino di Trana (To). Successivamente approda dal Maestro Gualtiero Marchesi presso L’Albereta, dove ha modo di conoscere Carlo Cracco. Lo seguirà alle Clivie di Piobesi  d’Alba e al Cracco-Peck di Milano, successivamente Ristorante Cracco. Dall’aprile 2014 è Executive Chef del ristorante Del Cambio a Torino.

Ci troviamo seduti  nel più elegante ristorante, della città più elegante d’Italia, precisamente nel “Bar Cavour” avvolti in un’atmosfera magica. In questa intervista ci accompagna con lo sguardo, da un suo conosciutissimo ritratto, un grande habitué del Cambio, famoso registra dell’Unità d’Italia.

A soli 17 anni lei scrisse un paio di lettere a Carlo Cracco, dove gli domandava di poter lavorare con lui all’Albereta, allora gestita dal Maestro Gualtiero Marchesi. Lo stesso Cracco ricorda questo episodio nell’introduzione del suo conosciutissimo libro “ Se vuoi fare il figo usa lo scalogno”. Aggiungendo che fu molto colpito dalla sua determinazione e decise di accettare la sua candidatura.  

Che ricordi, motivazioni ed emozioni l’hanno spinta così giovane a scrivere proprio a questo chef?

A Carlo Cracco mi lega un affetto sincero. Ai tempi, un mio professore della scuola alberghiera, che conosceva un sommelier che lavorava da Gualtiero Marchesi, mi chiese se alla fine della scuola volevo andare a fare esperienza all’Albereta, io accettai e fu il mio tramite. Inoltre proprio in quel momento Carlo Cracco, chef all’Albereta, cercava una persona alle prime armi per la sua brigata: disponibile, volenterosa, che non si tirasse indietro. Furono proprio queste le caratteristiche che seppe apprezzare in me. Iniziò tutto così. La cosa più bella e magica, è che non mi rendevo conto di dove stato andando, non sapevo cosa significasse una cucina con 20 cuochi e fino ad allora non conoscevo la fama del Maestro Marchesi.

Lei è stato eletto vincitore per il mese di luglio del Concorso “Lo spirito del Tempo” by Distilleria Bocchino, col piatto “Branzino al vapore e coda di bue brasata”, che propone consistenze, cotture di elementi distanti, ma che inaspettatamente danno vita a un bilanciamento di gusto sorprendente. Da dove prende corpo l’idea di rivisitare questo piatto e quali sono gli equilibri che modellano i sapori?

Proprio in questa creazione è racchiuso un passaggio che sto cercando di compiere; l’esatto passaggio di Baronetto da Cracco a Milano, a Baronetto al Cambio a Torino. In questo piatto definito da Alberto Cauzzi, ideatore e presidente del progetto Passione Gourmet, geniale, irriverente, terribilmente buono, ogni elemento fa “a pugni” con l’altro. Partendo dal piatto tradizionale, la coda di bue classica, il branzino diventa la sua degna consistenza e lascia percepire tutta la sua delicatezza. Nella mia visone di cucina apprezzo molto, un piatto che abbia solamente due passaggi, che non confonda, che faccia riflettere e non sia troppo bello esteticamente.

Definisco la mia cucina “un’improvvisazione ragionata”: l’improvvisazione è il momento, l’attimo, l’approccio con un’idea nuova, il termine ragionata indica il modo, la possibilità di poterla proporre. Coniglio e salmone ad esempio, sono un abbinamento che sconvolge gli equilibri, una rottura con gli schemi e un’evocazione di un prodotto, come il salmone, che è stato bistrattato negli ultimi 25 anni.  Il primo piatto che ho ideato con l’abbinamento carne e pesce, fu nel 2002, il rognone di vitello con i ricci di mare. In natura esistono prodotti, che anche se di categorie diverse, hanno delle affinità. In questo caso la ferrosità del rognone, la sua nota aromatica si lega molto bene col salmastro e la sapidità del riccio.

Creativo, attento, talentuoso, posato, non ha bisogno di “fare rumore” per far notare la sua bravura a chi se ne intende. Milano per Torino, un ritorno alle origini, un cambiamento importante al ristorante Del Cambio. 

Ci racconta le sue impressioni dopo alcuni mesi dall’apertura?

In seconda superiore avevo già fatto uno stage al Cambio, quello che io considero uno dei ristoranti simbolo di Torino. In questo ristorante sento una percezione di libertà. Carlo Cracco mi aveva dato in mano la cucina del suo ristorante con una fiducia incondizionata, una rarità in questo ambiente. Quando è entrato in un mondo che non era più mio, dove c’era una concezione diversa delle cose, mi sono reso conto, in un modo molto umile, che non ero più adatto a seguirlo.

Un ristorante di successo ha al suo interno, in cucina, una brigata che deve funzionare all’unisono, come un’orchestra.

Quali sono gli elementi che le fanno capire e scegliere i suoi collaboratori?

Non sono io che scelgo le persone, ma sono le persone che scelgono me, che decidono di rimanere. Per chi vuole lavorare nella mia cucina, impegno e dedizione sono fondamentali.  Non meno importanti il rispetto delle persone e delle regole. Apprezzo le persone che hanno la voglia e la volontà di seguirti nello sviluppare un lavoro, nel decodificarlo, quando si sviluppano pensieri che non sai dove ti porteranno.

In un’intervista al ristorante Del Cambio, prima dell’apertura ufficiale, lei ha espresso la sua volontà di sostenere un principio culinario tradizionale piemontese, rielaborando il suo attuale metodo. Torino come ha accolto la sua proposta?

Sono molto contento dei risultati. A Torino c’era la necessità di ritrovare un luogo dove poter mangiare in modo diverso e in tutta onestà non pensavo di poterlo fare in 5 mesi.  Non ho ancora vinto la mia partita, con i Piemontesi e Torinesi, ma devo dire che c’è stato un senso di affetto e rispetto molto caldo nei miei confronti. Mi sono sentito accettato e riconosciuto come un piemontese che torna in patria, dopo aver lavorato quattordici anni a Milano. A mio favore devo dire che mi sono rivolto a loro con umiltà, non era mia intenzione fare quello che dice “adesso vi faccio vedere io”.  Ho cercato solo, e questo è il mio pensiero, di varare la nave. Nel varo di una nave da crociera, come questo, bisogna essere sensibili, ma anche riflessivi. Un grande pilota, un comandante, non può non essere riflessivo.

Matteo Baronetto è stato protagonista di una trascinante testimonianza: lo ringraziamo per averci accolto in un luogo affascinante e intriso di storia.

 

 

Gustus et Vinum: cena stellata e vini Le Marie al G Ristorante Italiano

Il G Ristorante Italiano del Golden Palace di Torino presenta un appuntamento unico e imperdibile: una cena all’insegna delle eccellenze eno-gastronomiche.

Ogni Mercoledì l’appuntamento al Golden Palace si chiama Gustus et Vinum:

Selezione di tre portate studiate dallo chef stellato Diego Rigotti accompagnate dalla migliore selezione vitivinicole del territorio servite al G Ristorante Italiano. 

 

Mercoledì 24 Settembre, dalle ore 20.00, il proprietario della prestigiosa AZIENDA AGRICOLA LE MARIE presenterà i vini e vi accompagnerà alla scoperta di sapori, aromi e profumi della nuova stagione.

Ogni piatto sarà preparato dello Chef stellato Diego Rigotti.

MENU 

Amuse bouche 

Salmone selvaggio in crosta di pastafilo

crema di melanzane,

ricotta e pomodoro

confit

Risotto alla barbabietola rossa e fonduta di toma piemontese acida

Cubo di cotoletta alla milanese con purea di sedano rapa e spinaci croccanti

Mimosa

I VINI 

Aperitivo – Blanc De Lissart
Malvasia Secca

Antipasto – Sant’ Agostino Arneis

1° portata – Debarge – Nebbiolo

2° portata – Colombe – Barbera Riserva

 

 

Intervista a Giovanni Ciresa: nuovo coordinatore didattico ALMA

Tra i talenti più celebri del panorama culinario figura Giovanni Ciresa. Classe 1967, chef straordinario, firma pietanze ricche di alto simbolismo culinario.
Ha iniziato la propria carriera creativa a Firenze all’Enoteca Pinchiorri, una realtà di riferimento che rimane alla base della sue opere culinarie, dal 1991 al 1995, applica doti e impegno.
Il talento, la volontà di dimostrare le sue idee, lo spingono verso mete lontane: Tokyo, Singapore, una resa culinaria al ristorante Bologna, di cui la Marina Mandarin detiene la paternità.
La ricercata Saint Tropez a La Pinéde, le Cote d’Or di Saulieu, un registro che non lascia dubbi, il suo impegno è passato attraverso luoghi prestigiosi dal punto di vista culiario, come  la Terrazza dell’Hotel Eden, a Roma. Un percorso, il suo, nel quale si intrecciano esperienze e abilità che immortalano attitudini, patrimoni che recitano un suo vissuto ineguagliabile.
 
Il De Pisis, nella sfavillante Venezia, sul Canal Grande, rappresenta gli anni trascorsi nel pieno della sua comunicazione: un linguaggio culinario che lo vede protagonista in un tempo sospeso tra il 2002 e il al 2012,  ma inebriante per la sua eccezionale completezza formale. Scelte precise gli suggeriscono di non fermarsi agli schemi tradizionali tipici dello chef. Veste una figura che lo rende eclettico. Le sue consulenze lo rendono un docente di rara influenza: teorie, produzioni, dottrine. Nel suo bagaglio trionfano le più autorevoli esperienze in materia food. Numerose le attività, come  intraprendere nel mese di giugno 2014, il timone di coordinatore didattico Alma (la celebre scuola Internazionale della cucina Italiana), a Colorno, Parma.
Nel suo criterio di cucina, tutto parte dall’incontro con la sperimentazione, sofisticato, perfezionista, la sua tecnica esterna l’integralismo,  ossia non compromette il valore genuino della materia prima. Il cibo è come la sensualità, a volte è difficile trovare una sinergia perfetta, soprattutto se gli elementi e le culture d’origine miscelati, sono diverse. In sintesi lei ha creato un ponte con due culture, nel suo caso: l’Asia e l’Italia. È forse questa la filosofia culinaria del futuro?
 
Se guardiamo al giorno d’oggi l’influenza orientale incontra tanti abbinamenti e condivisioni, del ruolo del cibo in cucina. L’Italia è un paese con una memoria della storia gastronomica immensa.  In rapporto con le altre culture, in questo caso si parla dell’Asia, è riuscita a creare una combinazione calibrata, dunque la capacità di riconoscerla familiare. E al tal proposito una caratteristica in più per aggiudicarsi il titolo di cucina del futuro.
Lei ha saputo costruirsi una carriera di tutto rispetto e oggi è stato chiamato a ricoprire la carica di Coordinatore Didattico Alma. Il titolo e gli obbiettivi esprimono una condivisione diversa nel trasmettere la sua identità in cucina. Sarò più chiara: deve convincere, o meglio educare i possibili potenziali chef del futuro. Una bella responsabilità? 
Durante il primo approccio che ho avuto con i miei allievi ho affrontato l’argomento che diventa storia nella vita di uno chef: la carriera, la sua costruzione nel tempo, l’esperienza si accumulano, si espandono. Questo ci permette di avere nuove fonti d’ispirazione, segnali creativi. C’è sempre un futuro da conquistare. Trasmettere, comunicare questo messaggio, riflette il mio spirito: nulla è infinito, non esiste il posto perfetto. La differenza sta nell’occasione di scoprirsi migliore, migliore di ieri.
 
Sono molto curiosa di sentire in che maniera metterebbe d’accordo tre palati dai gusti differenti. Chiamiamo in causa tre etnie lontane: russi, arabi e francesi. La sfida è un piatto unico che arriva al cuore dei loro sapori. Non voglio metterla in difficoltà, ma lei è considerato “l’apertura mentale in cucina”.
 
Questa domanda mi ha colpito. L’ispirazione di una pietanza che abbia un mezzo unico di creare unione è sempre difficile da mettere in atto. A maggior ragione se questi sono i presupposti. I popoli chiamati in causa evocano una memoria che si chiama cartoccio di bigoli fatti al torchio, con essenza di curry caffè e crostacei: una sorta d’ingredienti che testimoniano apertura mentale, pronta ad entrare nei gusti di diverse tradizioni. Un piatto che è stato un cavallo di battaglia incisivo.
Lei ha dichiarato che l’esperienza più formate l’ha vissuta a Firenze, all’Enoteca Pinchiorri. Tuttavia sviluppa le sue abilità nei più considerevoli ristoranti stranieri. In che misura influisce oggi il significato della tradizione del Bel Paese nei suoi piatti, considerando che la sue tecniche spezzano alcuni princìpi, sopprimono l’utilizzo di alcune cotture e sintetizzano al minimo la presenza dei grassi? La domanda è: privilegia proporzioni dei sapori nella creazione di nuovi accostamenti?
Il rispetto del prodotto, la scarsa elaborazione degli elementi, la corretta prassi della pulizia delle verdure, tale da non disperdere poi il loro valore, fa riferimento a quello che riassume i concetti fondamentali in cucina. In Italia, così come in qualsiasi cucina che si rispetti al mondo. Sulla creazione e il rispetto dei sapori, nutro una tendenza che assicura il rispetto di entrambe le tecniche.
Come è iniziato il rapporto con Alma? Una posizione lungimirante la sua. Le scelte professionali sono la sostanza di ogni grande successo. Ce ne parli.
È incominciato tutto in modo molto naturale.. Ho collaborato con Alma dal 2003, in veste di docente esterno: un impegno ed una responsabilità portati avanti negli anni. A partire dal 2013 ho lavorato poi in tutti i corsi internazionali, che andavano dall’Asia, India, Cina e Malesia. Sorprendente, inaspettato, ora è molto importante il presente, il domani e il suo futuro. Questo lo affermo da nuovo coordinatore didattico Alma.
La disinvoltura riscontrata nel corso di una lunga chiaccherata con Giovanni Ciresa non l’avvertivo da tempo. Concetti forti, che hanno il simbolo di chi sa concludere in bellezza. E allora mi verrebbe da dire: “il nostro passato è il miglior modo per presentarci al futuro”.
Detto questo a voi le conclusioni.
Isabella Scuderi

Gustum et Vinum: l’aperitivo “stellato” al G Ristorante Italiano

G Ristorante italiano, ristorante del Golden Palace all’interno del Gruppo HCS, leader in Italia della ristorazione 5 stelle con a capo il Presidente Carlo Samuelli e l’Executive Chef Diego Rigotti, lo Chef stellato più giovane d’Italia, propone a partire dal mese di settembre  Gustus et Vinum

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Intervista a Philippe Léveillé: la “cucina perfetta”

leveillePhilippe Léveillé : autenticità e cultura, la sua arte in cucina diventa una mostra gourmet, che raccoglie molteplici testimonianze lungo il percorso di un grande recordman . La sua fama e il suo bagaglio di conoscenza sono uniti e inseparabili: un punto gastronomico che coniuga  l’abilità a un carattere vincente.

Ecco, allora, come si comprende l’importanza di essere “Chef”, contrariamente all’abuso di questo titolo, e del grande talento che ne accompagna il termine.

Si parla di esordi. Anni che consacrano e forgiano l’avvenire di giovani promesse. L’Hotel Windsor Clovis, a Parigi” è stato l’arena di ore, giorni, mesi di educazione e costruzione della personalità del giovane Léveillé. Il principio di un vocabolario appena nato, il suo. Helton Kennedy Hotel, a New York, ristorante Boucairre Meridiane, a Martinica, Hotel Vis Palace Grand Corniche, a Cap Martin Montecarlo. Indice di lustro.

L’Italia arriva nella metà degli anni ’80: le Maschere di Iseo primo approdo, dal 87 al 91, dimostrando le sue origini Bretone in materia cucina, ma in comunione col metodo Italiano. Miramonti L’altro, nel Bresciano, rivendica la sua presenza da più di 20 anni ad oggi. È proprio l’incontro con la famiglia Piscini nel 92 che l’ha incoronato il reale chef del prestigioso ristorante.
Philippe Léveillé  è probabilmente lo chef più singolare che abbiamo incontrato, ma è soprattutto il suo modo di interpretare la cucina, che incanta e stupisce. Lo incontriamo al Miramonti L’altro, ci accomodiamo e, semplicemente, comincia una spontanea conversazione.

Philippe Léveillé ci spieghi, quando le dicono che è un francese “molto” italiano, come lo percepisce?

Sono orgoglioso ed è un dato di fatto, ho del resto vissuto più in Italia che in Francia.

Qual è il concetto vincente della sua filosofia in cucina?

Ritengo innanzitutto che il concetto vincente della cucina sia “il buono”. Nel mio caso cerco di trasmettere nei miei piatti quello che nel mio viaggio di vita ho assimilato: in primis la tecnica francese e poi la materia prima italiana.


In questo mondo dipendiamo sempre più dai giudizi altrui. Non trova possa diventare sconveniente tutta questa esposizione mediatica a cui gli chef si sottopongono. Qual è secondo lei, il prezzo che si paga per questo genere di notorietà?

Bisogna semplicemente imparare a distinguere la critica costruttiva, che a volte può aiutare, dalla denigrazione del proprio lavoro fine a se stessa.

Hong kong è la tappa dell’altro Miramonti, di cui lei ne detiene la regia, Antimo Maria Merone è il suo interprete. Necessità e strategie. Quali sono le differenze fra l’Italia e il mercato straniero?

Non ci sono strategie particolari, il fondamento primo in Italia come ad Hong Kong è la soddisfazione del cliente. La necessità prima è invece riuscire a trasmettere il concetto di collaborazione in brigata, cosa non semplice nella mentalità asiatica (per conoscenza diretta). Da ottobre lo chef responsabile della mia cucina a L’Altro sarà Mauro Zacchetti che sostituirà Antimo Merone al quale auguro una sfolgorante carriera

Lungo il corso della sua carriera qual è l’effetto più desiderato della sua professione, quello per cui prova più soddisfazione?


Sono orgoglioso di aver ottenuto un certo successo professionale che mi ha ripagato di tutto l’impegno messo nel mio lavoro, di essere spesso riuscito a trasmettere ai miei ragazzi la passione per questo lavoro.


È difficile riuscire a fare più volte qualcosa di totalmente singolare, riferendoci alla creazione di grandi piatti, quando si è ai vertici della propria espressione. Mi spiego, paragoniamo il campione col massimo dei risultati, esiste una fase di stallo per voi chef?

È possibile… Siamo umani, molti difetti e qualche pregio.


Un profilo culinario quello di Léiveillé, che mostra una storia fatta di protagonismo in cucina, ambizioni e risultati eccelsi.
Narraverlo è stato intrigante.

 

Marino Marini: un racconto chiamato cucina

Incontro con un autore che non ha perso la nostalgia delle sane fondamenta di un racconto chiamato cucina. 
Spesso sono e le scelte di una vita, che si suggellano nella nostra memoria e che ci raccontano di più di una persona, della stessa conversazione in sé.
La soggettività con cui Marino Marini riempie la sua biblioteca, con i suoi libri,  i manoscritti, le opere pregiate  esprime la sua letizia Migliaia di raccoglitori che contengono l’elenco delle opere collezionate personalmente, meticolosamente, e forse sono uno dei motivi per cui quest’uomo straordinario trova espressione.
E così di anni ne sono passati parecchi, vissuti sul campo, coltivati e arricchiti da grandi idee: per anni dirige Slow Food, di cui ne è curatore, seguendo una costante ricerca sull’archeologia e la storia enogastronomica.
Chef, curatore, educatore delle ragioni più profonde della cucina: un approccio che cattura larghi orizzonti.
Osterie D’Italia è il frutto nero su bianco del nucleo completo del suo altissimo valore, dei luoghi dove vale la pena fermarsi. Marino Marini ne è il padre ideatore, colui che partorì  la più grande lettura sulla cucina familiare del territorio.
Sono entrata nella sua biblioteca in Alma, pensando a quanto è affascinante e contagioso questo luogo, a quanta persuasione e cultura trasmette la sua persona.
Dialoghiamo con un grande collezionista e vero talento poliedrico Marini:
“Osterie d’Italia”, sono sinonimo di civiltà e tradizione dei sapori dell’antichità. Si riscopre il bisogno di capire il legame con la cultura d’origini. In che modo si rapporta, secondo il suo giudizio, la cultura storica culinaria, con le nuove generazioni e con le recenti  mode come quella del “cibo di strada”? 
 
La gente incomincia a capire che quello che non rientra nella nostra cultura, ci va bene fino ad un certo punto, ma poi ci disturba. I giovani oggi cercano altre risposte. Il McDonald’s può essere comodo, ma l’esigenza dell’identità culinaria è diventata un cult. E’ corretto parlare di ritorno all’origini, e della forte affluenza da parte dei giovani, nell’imparare il valore di un codice alimentare, attraverso quello che può essere l’informazione educativa, formativa, gli eventi dedicati. Il Salone del Gusto è pieno di giovani, come sono d’esempio tantissimi altri eventi enogastronomici. L’Osteria, cosi come la tradizione, sono il ponte verso i propri luoghi, sentimenti, la propria terra.
Parliamo di cose importanti: di libri, un vero e proprio valore aggiunto nella sua vita, lei è un collezionista di pezzi preziosi, aggiungerei di viaggi singolari. Qual è il suo rapporto con essi?
Il primo libro che mi ha regalato mio fratello è stato Artusi, grande scrittore e critico gastronomico. Ho sempre fatto la felicità degli editori, “politica, saggi, classici, a un certo punto con la nascita di Slow Food ho sentito l’esigenza di  concretizzare il mio interesse verso argomenti che toccavano la storia e la civiltà del cibo e dell’alimentazione. Il mio rapporto con la lettura, con i libri è riflessione, empatia, confronto, un rapporto fisico, diretto, immediato.
Oltre ad essere un grande lettore, lei vanta la paternità di diversi libri. Come quello di “La Gola”, un’opera che ha vinto il quinto premio Bancarella, aggiudicandosi il più celebre dei risultati. C’è un capitolo a cui lei è più affezionato, a cui ha dedicato una ragione più intrinseca? 

Il capitolo che mi ha  dato più soddisfazioni è stato quello più banale: “il risotto alla Milanese”. Il paragrafo dedicato al  piatto ha identificato l’importanza e l’origine di ogni singolo componente, dalla presenza del riso, allo zafferano ecc… quindi la ricostruzione storica, la nascita, la forma, non è solo la ricetta.
Il sapere è da sempre potere, soprattutto se è unito alla passione. Lei della sua passione ne ha fatto il suo fuoco sacro. C’è una storia, una ricetta, ed un rimpianto, che non l’abbandonano mai? 

Io sono contento di avere scelto questa nobile professione, aver fatto il cuoco mi ha trasmesso la cognizione di amare e scoprire i mille volti di questo mondo. Ho avuto la fortuna, ma anche la volontà di andare oltre alla figura dello chef. I sacrifici non sono mancati, si lavorava tanto, poco spazio ai divertimenti, tanta attenzione nel migliorarsi, questo mi ha portato ad avere delle idee che si proiettavano ad ampliare la cultura culinaria in larga scala.
Il manifesto di Slow food nasce ufficialmente nel dicembre 89, nei tre anni precedenti vigeva  Arcigola, con tanto di iscritti e tesserati. L’incontro con Carlo Petrini, avviene tramite Santo Bertrocchi presidente provinciale dell’Arci del mio paese. Fece il mio nome e Petrini mi offri il ruolo di responsabile di Arcigola a Brescia. Una sera a Parigi, di fronte ad ostriche e Champagne, a spese di Arcigola, leggemmo il Gambero Rosso di cui eravamo soci al 50%: stavano pubblicizzando  l’uscita di una guida dell’osterie. Noi non eravamo d’accordo, a questo punto ci separammo aprendo per conto nostro una casa editrice, e cosi parti l’avventura. Con in mano un taccuino da Peppino Cantarelli, famosa Osteria storica dall’ora, lanciai l’idea nuova: non ci son più l’osterie, stanno scomparendo, vogliamo indagare in ogni regione la presenza di esse? Nacque  la prima edizione con 800 indirizzi e ”Osterie d’Italia” prese vita.
In ultima istanza, comprendiamo in che modo e in quale direzione, la tradizione culinaria sia un elemento culturale. In altre parole Marini ci insegna che il valore evocativo del cibo esprime l’unione tra cultura, storia, riflessioni e la speranza di accrescerle, ereditarle, col più nobile dei sentimenti: l’amore per la cultura d’appartenenza.

POOOP.it, unconventional magazine: la svolta dell’informazione

Esistono modi e modi di fare informazione. Esistono la cronaca nera, la cronaca rosa, il trash e la video-notizia, e poi esistono i linguaggi e i canali di diffusione, quella zona grigia in cui si annida la maggior parte dei problemi della comunicazione contemporanea.

Il mondo del giornalismo si sta avviando verso una rapida e inarrestabile debacle, soprattutto da un punto di vista contenutistico: non è raro, infatti, ritrovarsi l’homepage di Facebook e degli altri social network invasa da notizie di poco conto alle quali gli utenti impongono sempre i soliti commenti di disapprovazione. Ed è normale, visto che troppo spesso i quotidiani più affermati del paese rinnegano la loro mission di partenza per dedicarsi ad altro.

In questo scenario quasi apocalittico si sta facendo strada una realtà editoriale che muove dal Sud Italia, da Napoli, per essere precisi. È la svolta pop dell’informazione, o meglio, la svolta POOOP. Tre giovani menti alla base del progetto, tre persone che hanno messo in gioco le loro capacità spesso riconosciute solo sulla carta attraverso un portale che non ha la pretesa di ergersi a medium totemico dal quale diffondere il verbo.

Collegandosi al sito www.pooop.it si scopre un filtro analitico della realtà che guarda al mondo con il distacco di chi, quel mondo, lo vive e lo subisce quotidianamente, un’arma di difesa nel mare magnum dell’overload informativo tipico dei nostri tempi.

La qualità, prima della quantità, la stessa che si legge nelle notizie trattate dai contributor che hanno scelto e proposto le loro eccellenti penne, o in questo caso tastiere, a favore della causa di Pooop.
Sull’editoriale del magazine si legge,Pooop.it intende occupare lo spazio che i media hanno lasciato vacante per lungo tempo, la parentesi ideale tra Repubblica e Novella2000, tra il trash e il buongusto, l’osservatorio critico che volge lo sguardo alla realtà senza alterarla, senza sovrastrutture o sensazionalismi, servendosi degli strumenti contemporanei e delle lezioni ereditate dal giornalismo propriamente detto”. Una premessa che i risultati e i contenuti visibili sino ad oggi non hanno tradito.

Tutto inizia dal sodalizio dapprima umano e poi professionale di Mario Mosca, Laura Olivazzi e Antonio Ruoto, tre giovani laureati in Scienze della Comunicazione che hanno deciso di portare la loro formazione ad un livello successivo.

“La verità è che ci siamo stancati di sentirci dire soltanto “bravi!”, quando la nostra bravura, seppur declamata, non è mai stata concretamente riconosciuta”, nota Laura Olivazzi, “la mia non è presunzione, è consapevolezza: basta leggere qualche take d’agenzia per rendersi conto che questo lavoro è stato affidato per troppo tempo a chi non ci mette neanche un po’ di passione”. Il design del portale è dinamico e raffinato, consente una rapida consultazione delle notizie oltre ad essere una piacevole scoperta per lo sguardo, “Linee pulite. Nessun eccesso. Un buon design è sempre trasparente rispetto al contenuto”, chiarisce Antonio Ruoto, Art Director di POOOP magazine, offrendo una sintesi perfetta della struttura su cui si muove l’intero progetto, mai invasivo o invadente, l’aggettivo giusto da attribuirgli è intrigante. Attualmente POOOP magazine conta oltre 11.000 follower su Twitter e più di 10.000 fan su Facebook (al momento in cui scriviamo), numeri che nell’era dei social parlano chiaro, “Oggi un media digitale non può esimersi dallo sfruttare le opportunità che offrono i social network”, commenta Mario Mosca, “La risposta che abbiamo avuto in questa fase iniziale ci conferma che con progettualità e lungimiranza si può arrivare molto lontano”.

Musica, Danza e beneficenza al Golden Palace di Torino e G Ristorante Italiano

Il martedì stellato a cura di Diego Rigotti, 1 stella Michelin, martedì 15 luglio

GOLDEN PALACE
Golden Palace Torino

Torino, 10 luglio 2014 – Un’apericena stellata, tra musica, danza e beneficenza. E’ il programma dell’evento che si terrà martedì 15 luglio al Golden Palace Hotel di Torino, esclusivo cinque stelle nel cuore del capoluogo piemontese. Il delizioso buffet sarà a cura di Diego Rigotti, Chef del G Ristorante Italiano del Golden Palace. Rigotti è il più giovane chef stellato d’Italia e ha rappresentato il nostro Paese alla fase europea del Bocuse d’Or di Stoccolma. La serata sarà contraddistinta da dj set, con la performance live della Scuola di Denise Abrate, già insegnante del campione olimpico Igor Cassina nel celebre programma televisivo “Ballando con le stelle”, intervallata da un flash moda di Buongiovanni Parrucchieri.

Teatro e Scienza
Teatro e Scienza

L’evento si concluderà con un’asta di beneficenza per raccogliere fondi a favore di Forma Onlus Fondazione Ospedale Infantile del Regina Margherita. All’asta parteciperanno diverse realtà di torinesi e non, tra le quali: Rassegna Teatro e Scienza (con biglietti in prima fila per il teatro), La Foglia Matta, G Ristorante Italiano e Hcs Group, Golden Spa, Allegro Italia Hotels & Resort, Scuola di volo Icarus, Fabio De Nunzio (con un Suo libro autografato), e molti altri… Presenta la serata la Giornalista Barbara Castellani.

HCS “Haute Cuisine Service Group”, leader in Italia della ristorazione 5 stelle con a capo il Presidente Carlo Samuelli e l’Executive Chef Diego Rigotti, lo Chef stellato più giovane d’Italia, il gruppo, composto da professionisti dell’alta ristorazione , è presente in Italia a : Piemonte – Torino Golden Palace 5 stelle lusso; Veneto – Venezia Boscolo Venezia 5 stelle lusso; Puglia – Bari Grande Albergo delle Nazioni  5 stelle lusso; Trentino – Trento Gourmet e Relais Maso Franch 4 stelle superior; Trentino Comano Grand Hotel Terme di Comano 4 stelle superior; Alto Adige Caldaro Castel Ringeberg Castello medioevale; Lazio – Roma Opening soon; Trentino  – Lago di Garda Opening soon; Puglia -Valle d’Itria Opening soon. Organizzatrice della serata Francesca Romana Andreani

Per ulteriori informazioni,
Dott.ssa Valeria Bronzino
G RISTORANTE ITALIANO del GOLDEN PALACE HOTEL
Via dell’arcivescovado 18, 10121 Torino
Tel. 011 55 12 714 – Email [email protected]

Martedì “stellato” con sfilata di moda e bellezza al Golden Palace di Torino

golden_palace_sfilataNel suggestivo Dehor del Golden Palace Martedì 1 Luglio 2014 alle ore 20.00 il gusto unico del buffet dello Chef Stellato Diego Rigotti  esalterà la presentazione della Gianni Versace – Caravano Private Collection.

In passerella 10 splendide modelle torinesi indosseranno capi esclusivi dalla più famosa Collezione Privata GIANNI VERSACE appartenente a Signor Antonio Caravano.

La Collezione proveniente da Napoli è stata presentata l’anno scorso con un grande evento condotto dalla giornalista RAI Rosanna Cancellieri al Teatro Reale di San Carlo.

Dopo il grande successo in Villa Artimino durante Pitti Frames, parte della Collezione di Antonio Caravano arriva finalmente anche a Torino.

In passerella si alterneranno anche abiti di Alta Moda Italiana creati dalla stlista NanaB, beachwear di Armony’s, cappelli di Marasma Hats e Art Collection by Ilian Rachov ex-designer della la Maison VERSACE.

La serata si concluderà con un’ASTA di BENEFICENZA per raccogliere fondi a favore di FORMA Fondazione Ospedale Infantile Regina Margherita.

La serata sarà presentata dalla giornalista Barbara Castellani e trasmessa su LA8, LA9 e LA10 Tv Nazionali.

L’evento è organizzato da Barbara Graziano, Ilian Rachov e Valeria Bronzino.

DOVE: GOLDEN PALACE HOTEL – Via dell’Arcivescovado, 18 – Torino
QUANDO: Martedì 1 luglio 2014
INGRESSO: gratuito.

 

Riapre il Ristorante Del Cambio: presente l’eccellenza di Giaveno

L’eccellenza di Giaveno questa sera alla riapertura del Ristorante “Del Cambio” di Torino

Il divanetto di velluto dove Cavour veniva a mangiare la finanziera e l’uovo con il riso è rimasto lo stesso, ma tutto il resto è cambiato nello storico ristorante Del Cambio che stasera, 14 aprile 2014, riapre i battenti a Torino, dopo un anno di chiusura.
Chef Matteo Baronetto
Chef Matteo Baronetto

E la tradizione Piemontese non potrà che fare da maestra, sotto la regia di un nuovo chef Matteo Baronetto (dopo 10 anni in cucina da Cracco). La sua filosofia in cucina, ha una formula precisa, fatta di sperimentazione e spontaneità.

Ma cosa hanno in comune i fratelli Matteo ed Enrico Baronetto (maitre a Londra con Gordon Ramsey) e Davide Ostorero del La Rei-Boscareto Resort, il ristorante del lussuoso Boscareto Resort di Serralunga d’Alba, e Guido Castagna giovane eccellenza del cioccolato piemontese?

Hanno in comune l’origine: sono infatti tutti nati a Giaveno, comune della  Val Sangone della Provincia di Torino.   Saranno tutti presenti a Del Cambio questa sera del 14 aprile 2014 a una cerimonia di apertura che vedrà presente l’eccellenza di Giaveno.

Osvaldo Napoli
Osvaldo Napoli
Daniela Ruffino
Daniela Ruffino

Alla serata, organizzata grazie alla “complicità” dell’On,  Osvaldo Napoli (già sindaco di Giaveno  tra il 1985 e il 2004). parteciperà ovviamente anche l’attuale sindaco di Giaveno Daniela Ruffino, candidata alle elezioni regionali del 25 maggio 2014

 

“Sicuramente un orgoglio per Giaveno – afferma Osvaldo Napoli – ma anche per il Piemonte e per l’Italia avere personaggi di così grande eccellenza, chef, maître, professionisti che tutto il mondo ci invidia”.

“Come Sindaco di Giaveno – afferma Daniela Ruffino –  ma anche come concittadina e piemontese è un orgoglio tutto italiano sapere che le nostre eccellenze portino lo stile e la qualità italiana nel mondo, fatto di duro lavoro, impegno e professionalità .” 

L’obiettivo, dunque, è portare “più Italia in Europa e meno Europa in Italia”.  Visto che di eccellenze, l’Italia ne esporta parecchie, e sono sempre molto apprezzate all’estero.

Ci sarà anche il neo candidato sindaco di Giaveno, l’avvocato Stefano Tizzani (attualmente  assessore all’Urbanistica ed Edilizia privata con delega alla Sicurezza).

E poi Andrea Tragaioli, attuale Sindaco di Rosta ma nato a Giaveno, ed  Enzo Carrè, presidente dell’associazione no profit “Ariana” che si occupa delle nuove fonti di energia rinnovabile, al risparmio energetico e alla tutela dell’ambiente.

 C’è la sala cavouriana, riportata agli antichi splendori dopo un restauro certosino, la sala più contemporanea, con le installazioni di Michelangelo Pistoletto, e un nuovo cocktail bar.

Artefice della rinascita del Cambio, l’imprenditore torinese Michele Denegri, azionista di maggioranza di Diasorin, la società specializzata in tecnologie medicali.

La vera novità è che il Cambio, da luogo per cene o pranzi impegnativi, si trasforma in uno spazio veramente democratico, dove chiunque potrà permettersi di gustare un piatto di Baronetto. Accanto al menu degustazione che viaggia tra i 120 e i 140 euro, sarà infatti possibile spenderne solo 35/40 per un light lunch o 50/60 per quello che viene definito un «déjeuner à la forchette»

Non male per un locale fondato nel 1757 che conserva ancora la sala storica, con il tavolo di Cavour da cui lo statista veniva informato,  tramite sventolio di fazzoletti, sullo svolgimento dei lavori del primo Parlamento.