Intervista a Matteo Baronetto: tecnica, estro e classe. La sua cucina un’improvvisazione ragionata

 

BodyPart bar4

La Distilleria Bocchino di Canelli (At) propone il Concorso culinario “Lo Spirito del Tempo”, evento nato in  collaborazione con Passione Gourmet, che ha preso il via lo scorso gennaio 2014. In autunno sarà proclamato il cuoco  vincitore, scelto fra chi avrà saputo osare e esprimere al meglio la versatilità dei famosi distillati, attraverso un’interpretazione attuale di una ricetta storica della tradizione italiana.

Protagonista e vincitore del mese di luglio è il piemontese Matteo Baronetto, Executive Chef del ristorante Del Cambio a Torino, che propone il piatto “ Branzino al vapore e coda di bue brasata”. La sua ricetta ha convinto gli esperti fra i 150 assaggi effettuati: un successo meritato.

Il ristorante Del Cambio, un monumento della storia e ristorazione italiana, è da qualche mese il suo regno. Dopo un’accurata e attenta ristrutturazione e riqualificazione, questo luogo magico ha riaperto: una sfida per lo Chef, che è stato per molti anni il braccio destro di Carlo Cracco. Ne esce un’immagine precisa di una cucina intrigante, riconoscibile a prova di un talento libero di esprimersi.

Lo Chef in questo piatto propone la sua cucina, di forte personalità, sicura, concreta, di ricerca continua, composta da pochi ingredienti, che coinvolge, sollecita l’immaginario e la memoria dell’interlocutore su vari livelli, dove l’incontro tra mare e terra trovano il loro punto di equilibrio.

Matteo Baronetto, classe 1977, nato a Giaveno, un paese vicino a Torino, studia all’Alberghiero di Pinerolo, matura esperienze professionali presso La Betulla a San Bernardino di Trana (To). Successivamente approda dal Maestro Gualtiero Marchesi presso L’Albereta, dove ha modo di conoscere Carlo Cracco. Lo seguirà alle Clivie di Piobesi  d’Alba e al Cracco-Peck di Milano, successivamente Ristorante Cracco. Dall’aprile 2014 è Executive Chef del ristorante Del Cambio a Torino.

Ci troviamo seduti  nel più elegante ristorante, della città più elegante d’Italia, precisamente nel “Bar Cavour” avvolti in un’atmosfera magica. In questa intervista ci accompagna con lo sguardo, da un suo conosciutissimo ritratto, un grande habitué del Cambio, famoso registra dell’Unità d’Italia.

A soli 17 anni lei scrisse un paio di lettere a Carlo Cracco, dove gli domandava di poter lavorare con lui all’Albereta, allora gestita dal Maestro Gualtiero Marchesi. Lo stesso Cracco ricorda questo episodio nell’introduzione del suo conosciutissimo libro “ Se vuoi fare il figo usa lo scalogno”. Aggiungendo che fu molto colpito dalla sua determinazione e decise di accettare la sua candidatura.  

Che ricordi, motivazioni ed emozioni l’hanno spinta così giovane a scrivere proprio a questo chef?

A Carlo Cracco mi lega un affetto sincero. Ai tempi, un mio professore della scuola alberghiera, che conosceva un sommelier che lavorava da Gualtiero Marchesi, mi chiese se alla fine della scuola volevo andare a fare esperienza all’Albereta, io accettai e fu il mio tramite. Inoltre proprio in quel momento Carlo Cracco, chef all’Albereta, cercava una persona alle prime armi per la sua brigata: disponibile, volenterosa, che non si tirasse indietro. Furono proprio queste le caratteristiche che seppe apprezzare in me. Iniziò tutto così. La cosa più bella e magica, è che non mi rendevo conto di dove stato andando, non sapevo cosa significasse una cucina con 20 cuochi e fino ad allora non conoscevo la fama del Maestro Marchesi.

Lei è stato eletto vincitore per il mese di luglio del Concorso “Lo spirito del Tempo” by Distilleria Bocchino, col piatto “Branzino al vapore e coda di bue brasata”, che propone consistenze, cotture di elementi distanti, ma che inaspettatamente danno vita a un bilanciamento di gusto sorprendente. Da dove prende corpo l’idea di rivisitare questo piatto e quali sono gli equilibri che modellano i sapori?

Proprio in questa creazione è racchiuso un passaggio che sto cercando di compiere; l’esatto passaggio di Baronetto da Cracco a Milano, a Baronetto al Cambio a Torino. In questo piatto definito da Alberto Cauzzi, ideatore e presidente del progetto Passione Gourmet, geniale, irriverente, terribilmente buono, ogni elemento fa “a pugni” con l’altro. Partendo dal piatto tradizionale, la coda di bue classica, il branzino diventa la sua degna consistenza e lascia percepire tutta la sua delicatezza. Nella mia visone di cucina apprezzo molto, un piatto che abbia solamente due passaggi, che non confonda, che faccia riflettere e non sia troppo bello esteticamente.

Definisco la mia cucina “un’improvvisazione ragionata”: l’improvvisazione è il momento, l’attimo, l’approccio con un’idea nuova, il termine ragionata indica il modo, la possibilità di poterla proporre. Coniglio e salmone ad esempio, sono un abbinamento che sconvolge gli equilibri, una rottura con gli schemi e un’evocazione di un prodotto, come il salmone, che è stato bistrattato negli ultimi 25 anni.  Il primo piatto che ho ideato con l’abbinamento carne e pesce, fu nel 2002, il rognone di vitello con i ricci di mare. In natura esistono prodotti, che anche se di categorie diverse, hanno delle affinità. In questo caso la ferrosità del rognone, la sua nota aromatica si lega molto bene col salmastro e la sapidità del riccio.

Creativo, attento, talentuoso, posato, non ha bisogno di “fare rumore” per far notare la sua bravura a chi se ne intende. Milano per Torino, un ritorno alle origini, un cambiamento importante al ristorante Del Cambio. 

Ci racconta le sue impressioni dopo alcuni mesi dall’apertura?

In seconda superiore avevo già fatto uno stage al Cambio, quello che io considero uno dei ristoranti simbolo di Torino. In questo ristorante sento una percezione di libertà. Carlo Cracco mi aveva dato in mano la cucina del suo ristorante con una fiducia incondizionata, una rarità in questo ambiente. Quando è entrato in un mondo che non era più mio, dove c’era una concezione diversa delle cose, mi sono reso conto, in un modo molto umile, che non ero più adatto a seguirlo.

Un ristorante di successo ha al suo interno, in cucina, una brigata che deve funzionare all’unisono, come un’orchestra.

Quali sono gli elementi che le fanno capire e scegliere i suoi collaboratori?

Non sono io che scelgo le persone, ma sono le persone che scelgono me, che decidono di rimanere. Per chi vuole lavorare nella mia cucina, impegno e dedizione sono fondamentali.  Non meno importanti il rispetto delle persone e delle regole. Apprezzo le persone che hanno la voglia e la volontà di seguirti nello sviluppare un lavoro, nel decodificarlo, quando si sviluppano pensieri che non sai dove ti porteranno.

In un’intervista al ristorante Del Cambio, prima dell’apertura ufficiale, lei ha espresso la sua volontà di sostenere un principio culinario tradizionale piemontese, rielaborando il suo attuale metodo. Torino come ha accolto la sua proposta?

Sono molto contento dei risultati. A Torino c’era la necessità di ritrovare un luogo dove poter mangiare in modo diverso e in tutta onestà non pensavo di poterlo fare in 5 mesi.  Non ho ancora vinto la mia partita, con i Piemontesi e Torinesi, ma devo dire che c’è stato un senso di affetto e rispetto molto caldo nei miei confronti. Mi sono sentito accettato e riconosciuto come un piemontese che torna in patria, dopo aver lavorato quattordici anni a Milano. A mio favore devo dire che mi sono rivolto a loro con umiltà, non era mia intenzione fare quello che dice “adesso vi faccio vedere io”.  Ho cercato solo, e questo è il mio pensiero, di varare la nave. Nel varo di una nave da crociera, come questo, bisogna essere sensibili, ma anche riflessivi. Un grande pilota, un comandante, non può non essere riflessivo.

Matteo Baronetto è stato protagonista di una trascinante testimonianza: lo ringraziamo per averci accolto in un luogo affascinante e intriso di storia.

 

 

Autore: Isabella Scuderi

Nata nel mese di ottobre, attualmente vive e lavora a Milano. Un Master in Giornalismo Enogastronomico presso l'Accademia Telematica Europea. Dopo alcune esperienze lavorative nel settore commerciale della comunicazione intraprende l'attività di consulente per aziende del food ed editorialista per alcune testate a diffusione nazionale. Giornalista, Scrittrice, trendsetter, dopo alcuni anni passati a farsi le ossa in giro per l'Italia è ora libera professionista nel campo più ampio della comunicazione di eventi legati alla cultura/lifestyle/travel, ed enogastronomia di nicchia. Appassionata d'arte, musica e letteratura, la scrittura per lei è sempre stata la sua forma di espressione più viscerale, l'intezione era quella di diventare scrittrice, per poter raccontare luoghi, persone, e pezzi di vita così diversi tra loro. Scrivere è stato un modo di riconoscersi, di mettere insieme piccoli frammenti di verità, ricordi, emozioni, destinati a prendere vita in una forma letteraria. Sceglie di firmare i suoi libri sotto pseudonimo Isabel Sheldon, sensibile e curiosa, "abbiate anche una piccola fede, e non c'è nulla che non potrete fare", è il suo mantra.