Torino Software Systems Meeting 2009

logo-tosmIl padiglione 5 del Lingotto Fiere di Torino ospiterà dal 26 al 28 maggio la seconda edizione del Torino Software Systems Meeting, Salone professionale dell’information and communication technology.

Il TOSM, ideato ed organizzato dal gruppo ICT dell’Unione Industriale di Torino  con la collaborazione di Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino, della locale Camera di Commercio, del CEIPiemonte, di Università, Politecnico, Torino Wireless,  vuole promuovere e valorizzare, nonostante il periodo di difficoltà generale, le eccellenze di un settore che si presenta in crescita, molto competitivo ed in grado di fornire soluzioni innovative per l’attività delle piccole e medie imprese.

Saranno tre giornate fitte di appuntamenti, tutti ad ingresso gratuito: si alterneranno convegni su tematiche tecnologiche d’attualità come infomobilità, sostenibilità, semplificazione dei rapporti con la Pubblica amministrazione, prospettive future dell’ICT nel campo della ricerca e della formazione, e workshop tecnici dedicati all’analisi di software ed applicazioni gestionali.

L'indotto pronto a lanciare la sfida

Via Repubblica

Fiat si cimenta nell´impresa di conquistare la Opel e nell´attesa l´indotto torinese applaude. Tra gli imprenditori c´è chi è ottimista e chi è più scettico, ma il parere unanime è che si tratterebbe di un´opportunità ghiotta per allargare il mercato. E i concorrenti? Non fanno paura. Neppure la canadese Magna, uno dei più grandi produttori di componenti del mondo, che si dice possa entrare nell´affare.

«Opel è un passaggio quasi obbligato per la Fiat. Per come si sta rivelando il mercato trovare un´alleanza sul mercato europeo sarà fondamentale. E con i tedeschi c´è il vantaggio che sono già state sviluppate alcune piattaforme», sostiene Vincenzo Ilotte, presidente dell´Amma, l´associazione che raccoglie le aziende metalmeccaniche torinesi. È lui il primo a vedere l´affare Opel come un´opportunità: «Ci sono potenzialità interessanti. L´accordo di alcuni anni fa con Gm lo ha già dimostrato, perché in quell´occasione molte aziende riuscirono a diventare partner anche del colosso americano. Fiat oggi si sta proponendo come una realtà che ha in mano un know-how composto da una parte “software”, che appartiene al Lingotto stesso, ed una “hardware”, che invece dipende dall´indotto». E Magna? «Non è una minaccia – risponde Ilotte – anche perché si tratterebbe comunque di un mercato che da due milioni di auto l´anno passerebbe a sei milioni: di carne ce n´è per tutti».

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L’orgoglio di Torino

Raffaella Polato du Corriere.it

Il giorno dell’orgoglio. E della sfida. Quella però comincerà doma­ni: oggi Torino tiene il solito profilo basso, lo sa che il merito è tutto di Ser­gio Marchionne, ma intan­to che serata. Quattro anni fa il Lingotto era dato per spacciato. La Fiat era la pre­da di cui spartirsi le spo­glie. L’auto italiana poca co­sa, la sua tecnologia snob­bata. Ora tenta la conqui­sta dell’America. Chiamata a salvare l’auto nel Paese che l’auto l’ha inventata. La città che pensava di sparire dalla mappa mondiale del potere motoristico scopre che ora ne è, e potrà esser­lo anche passata l’euforia della diretta sulla Cnn, una delle capitali. Forte pro­prio di quello che si diceva fosse il suo lato debole: le piccole vetture con cui, pa­role di Barack Obama, «ha dimostrato di saper costrui­re l’auto pulita del futuro». Grazie a Marchionne, sì, il manager «non convenzio­nale » che quattro anni fa l’ha portata oltre il baratro. Ma grazie, insieme, a quel­la tecnologia (tutta italia­na) che lui ha ritirato fuori e però c’è sempre stata. Ce n’eravamo dimenticati. Ci eravamo scordati che sia­mo un Paese fondato sul­l’industria. La piccola e la media, la nostra ossatura. E la grande. Quella che può fare ricerca. Che fa da trai­no. Che muove tutto un si­stema.

Fiat è rimasta una delle poche. Oggi che sbarca ne­gli Usa, quasi invocata dal loro Presidente, l’orgoglio è giusto ed è di tutti. Anche se fino all’altro ieri proprio da dentro l’industria parti­vano insensate contrapposi­zioni piccoli-grandi, gli in­centivi al settore — peral­tro molto, molto più bassi di quanto nel frattempo ar­rivava nel resto d’Europa e negli stessi Usa — scambia­ti per «aiuti alla solita Fiat». La risposta di Marchion­ne è stata Chrysler. Lo sareb­be stata comunque. Il Lin­gotto che lui ha risanato, con il riconosciuto, deter­minante appoggio delle banche (e i risultati dimo­strano quanto possa fare l’Italia quando si muove co­me sistema-Paese), da solo avrebbe magari potuto so­pravvivere ma di sicuro non prosperare nel mondo dell’auto dopo la grande cri­si. Come dice lui: Chrysler ­e domani, chissà, Opel o chi per essa — «è una ne­cessità ». Come dice l’azionista, John Elkann: «Meglio, nel caso, una quota minore in una Fiat più grande ma for­te ». Che poi alla fine è quan­to sostenevano il nonno, l’Avvocato, e soprattutto lo zio Umberto Agnelli. E qui però finisce l’orgoglio e co­mincia la sfida. Subito. Adesso. Marchionne ha dimostra­to una volta che «si può fa­re ». Ora la scommessa è più che moltiplicata. Non sarà uno scherzo rivoltare Chrysler, integrare due (per ora) aziende, rimpolpare quella squadra snella che con lui ha firmato il succes­so Fiat ma che a questo pun­to lo sarà un po’ troppo, snella. Non tutti, nemmeno lui, possono reggere più di tan­to il pendolarismo Lingot­to- Auburn Hills. O forse sì?

Ha vinto la Torino di una volta

Aldo Cazzullo sul Corriere.it

Alla fine non è stata la nuova Torino a conquistare l’America, ma l’antica. A vincere non è la città neogozzaniana mai stata così bella, con le mostre sul barolo e sul cioccolato, i caffè restaurati, le signorine sempre più graziose che mangiano le paste nelle confetterie.

È la sapienza tecnica della metropoli industriale aspra e sobria, squadrata come la città dell’Apocalisse, l’abilità dei capisquadra che sapevano fe’ i barbis a le musche, rifilare i baffi agli insetti, e dei geni ignoti come Dante Giacosa che disegnavano le auto più belle al mondo e nel contempo sapevano progettare un carburatore. Non la città delle Olimpiadi e del turismo e neppure quella inquietante dell’occulto (tutte frottole in verità come i torinesi sanno benissimo) e della movida notturna che ispira l’ultimo preoccupato romanzo di Culicchia: lo sballo all’ombra dei Murazzi del Po, feste, alcol e gioventù bruciata. Bensì la Torino dell’Avvocato, che ovviamente è molto cambiata ma dev’essere ancora parente di quella che Giovanni Agnelli raccontava come «una città di guarnigione, in cui i doveri vengono prima dei diritti, l’aria è fredda e la gente si sveglia presto e va a letto presto, l’antifascismo è una cosa seria, il lavoro anche e anche il profitto».

La Torino di oggi ha un clima più mite e non solo. La vita sociale è più ricca, come testimonia l’antico centro storico, il quadrilatero romano, un tempo deserto già alle sette di sera e divenuto ora una Brera torinese. L’economia si è diversificata. È cominciata l’era terziaria, se è vero che a Torino ci sono più dipendenti comunali (comprese le aziende controllate) che operai Fiat. Non si tratta ovviamente di mettere in contrapposizioni due città e due epoche. Ma forse adesso si capisce meglio che la nuova Torino è figlia di quella antica. Che le eccellenze di oggi —il design, il Politecnico, la ricerca, la comunicazione, il cinema, l’arte contemporanea, financo le Olimpiadi —non ci sarebbero state senza la grande industria, insomma senza quella Fiat con cui la borghesia torinese ha sempre avuto un rapporto ambivalente: da un lato, era spaventata dall’immigrazione e dalle trasformazioni imponenti; dall’altro, orgogliosa per ciò che la Fabbrica Italiana Automobili Torino rappresentava nel resto del Paese.

Lo si vide, quell’orgoglio, quando i torinesi sfilarono di giorno e anche di notte, con i ritmi di una città che la notte è abituata a lavorare, davanti alla bara di Giovanni Agnelli. Fu proprio il funerale dell’Avvocato il vero punto di svolta. Torino, che nei mesi precedenti appariva come paralizzata dalle incognite che la sovrastavano, seppe reagire. Prima con l’omaggio a un personaggio insostituibile, che ovviamente le manca. Poi con la coscienza di potercela ancora fare, di avere davanti un periodo difficile ma non impossibile da superare. Eventi come la fusione Sanpaolo-Intesa e la retrocessione della Juventus, che un tempo sarebbero stati letti come l’ennesimo scippo di Milano e l’ultimo segno di declino, sono stati interpretati per quel che erano: l’occasione di restare agganciati alle trasformazioni finanziarie e di aprire una nuova stagione anche nel calcio. Oggi Torino è una città che ha cambiato umore.

E assomiglia al suo museo più noto, l’Egizio, così com’è uscito dal recente restauro: una parte nuovissima e avveniristica, allestita da Dante Ferretti lo scenografo di Hollywood, che ha immerso le statue di Seth e Osiride nel buio illuminandole con sciabolate di luce; e la parte storica, con le teche ottocentesche molto meno scintillanti, ma che custodiscono attraverso le generazioni i veri tesori della collezione. Un secolo fa, il viaggio a Detroit di un altro Agnelli, il Senatore, aprì in Italia la stagione fordista. Fare come in America divenne il motto di Torino. Che oggi siano la tecnologia e il lavoro italiani a essere esportati a Detroit è segno che Torino, la città che nell’800 e nel ’900 ha fatto l’Italia due volte— a San Martino e a Mirafiori, con il Risorgimento e con il boom industriale —non ha abdicato al suo ruolo storico. Anche perché questo non è il successo di una sola città. In Italia ci sono molte Torino.

Poco conosciute, talora prive di accesso ai circuiti della pubblicità e della comunicazione, ma concentrate sul prodotto, sull’innovazione, sulla conquista dei mercati. Eccellenze che non si sono lasciate spaventare dalla mondializzazione ma ne hanno colto le opportunità, che hanno approfittato della concorrenza per migliorarsi, che non hanno inseguito le sirene del disimpegno e del bel vivere ma hanno continuato a far affluire linfa vitale al cuore dell’economia italiana: il sistema manifatturiero. Le notizie che vengono dall’America ci raccontano anche di quella «Torino diffusa» che affronta in silenzio la crisi e ce la sta facendo.

La rivincita del lavoro italiano

Mario Deaglio analizza l’accordo Fiat-Chrysler

E’ragionevole che dall’Italia si guardi alle tormentate vicende della Chrysler essenzialmente nell’ottica dei riflessi sul settore automobilistico italiano e quindi sulla Fiat. Per comprenderne bene il senso, tali vicende vanno però prioritariamente collocate nell’ambito di un radicale mutamento delle politiche del governo americano nei confronti delle industrie in crisi nell’attuale, difficilissimo passaggio dell’economia mondiale. La strategia adottata nei confronti della Chrysler non rientra infatti negli schemi di intervento pubblico a sostegno di imprese in difficoltà ai quali siamo abituati da oltre settant’anni. Siamo in presenza di tre fattori, di portata ancora incerta che segnano però in ogni caso una netta rottura con il passato.

Il primo fattore riguarda la forma del sostegno pubblico. Non si è deliberato un sussidio generico a un’industria privata, non c’è alcuna nazionalizzazione e neppure si può parlare di «irizzazione», in quanto la partecipazione pubblica diretta sarà molto limitata. Il governo americano compare invece in due vesti diverse: quella di finanziatore di uno specifico e imponente piano industriale di innovazione e di crescita.

E quella di «ispiratore autorevole» di un indirizzo generale (auto meno ingombranti, meno inquinanti e meno care, da realizzarsi con un partner straniero specificamente indicato) entro il quale i privati si assumono tutta la responsabilità operativa.

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Obama testimonial di Fiat e Torino

Via Sole 24 Ore

Barack Obama e la task-force per fronteggiare la crisi del settore auto durante l'intervento sull'operazione Chrysler/FiatL’alleanza tra Fiat e Chrysler è cosa fatta. Lo ha annunciato ufficialmente il presidente americano Barack Obama. «Questa alleanza – ha detto – salverà 30mila posti di lavoro e molti altri nell’indotto del settore automobilistico. L’obiettivo è stato raggiunto grazie al grande sacrificio dei lavoratori che, nelle trattative sindacali, hanno accettato di ridurre la propria retribuzione, e delle banche che hanno rinegoziato il proprio credito verso l’azienda».

Duro attacco contro gli hedge funds responsabili del Chapter 11
Me se ha elogiato il sacrificio di banche e sindacati, Obama ha attaccato duramente gli hedge funds creditori della casa automobilistica che si sono opposti a ridurre il proprio credito nei confronti dell’azienda e pertanto l’hanno costretta a finire in amministrazione controllata. «Questi soggetti – ha detto Obama – speravano di avere i soldi dei contribuenti, ma così non sarà. Io non sono con loro, io sono con i lavoratori della Chrysler».

Nuovi fondi per la Chrysler
La casa di Detroit, ha fatto sapere Obama, riceverà altri aiuti da parte del Governo americano. Finanziamenti arriveranno anche dal Governo canadese. La casa automobilistica, ha fatto sapere un rappresentante della Casa Bianca poco prima del discorso ufficiale, farà ricorso a una «bancarotta chirurgica che durerà fra i 30 e i 60 giorni». Lo ha detto un rappresentante dell’amministrazione Obama. Secondo indiscrezioni in questa fase la casa automobilistica riceverà 3 miliardi di dollari dal Governo. Secondo altre voci, i miliardi sarebbero 8 miliardi.

Con l’alleanza con Fiat, Detroit produrrà auto verdi
Obama si è detto ottimista sul futuro della società. «La partnership – ha detto – ha forti possibilità di successo». E poi ha toccato uno dei punti che più gli stanno a cuore: quello della sostenibilità ambientale. Elogiando la casa torinese. «Fiat – ha detto – ha dimostrato di costruire le auto più efficienti a livello di consumi. E grazie al trasferimento di tecnologia, Torino aiuterà Chrysler a produrre auto verdi».

Marchionne : «Momento storico per l’industria italiana»
L’a.d. del Lingotto, Sergio Marchionne, ha definito l’operazione «un momento storico per il gruppo e l’industria italiana». «Insieme ai nostri nuovi partner della Chrysler lavoreremo per valorizzare l’enorme potenziale di quest’alleanza» ha detto l’amministratore delegato della Fiat, dopo l’annuncio. «Reintrodurremo sul mercato nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l’Alfa Romeo e la Cinquecento, che ha vinto numerosi premi» . «Il nostro lavoro è appena iniziato», ha aggiunto.

Nasce il polo della meccatronica e dei sistemi avanzati di produzion

Nasce a Torino il Polo di  Innovazione della meccatronica e dei sistemi avanzati di  produzione. Ne fanno parte sessanta imprese, fra le quali Comau,  Skf e Prima Industrie, con un totale di 9.000 addetti, ma anche  Università, Politecnico, Inrim, Istituto Superiore Mario  Boella, Csp e Environment Park.
I Poli di Innovazione sono voluti dall’Unione Europea e sono  stati applicati in modo sistematico in Francia. Quella  piemontese rappresenta la prima esperienza italiana che  coinvolge un intero territorio regionale.

Il polo è promosso dall’Unione Industriale di Torino e ha un  programma in grado di attivare risorse pari a 10 milioni di euro  (5 milioni sono stati messi in dotazione dalla Regione). Sono  già stati messi a punto 15 progetti alla cui elaborazione sta  collaborando circa la metà delle aziende del polo, nei settori  automotive, aeronautica, ferroviario, biomedicale e chimico. Fra  le iniziative in cantiere c’è anche la realizzazione di un  progetto per la promozione della meccatronica sui mercati internazionali.

Movylo: il sito diventa mobile

Nasce a Torino Movylo.com, il servizio che consente di creare in pochi e semplici passaggi siti in versione mobile, accessibili tramite telefoni cellulari dotati di connessione ad internet.

Con Movylo è possibile quindi progettare e pubblicare sia siti di negozi online che consentono la vendita diretta dei prodotti organizzati in cataloghi, oltre che naturalmente siti informativi e istituzionali, siti sul turismo, tempo libero, meteo, sulla viabilità…per fornire ai propri utenti informazioni fresche, accattivanti e facili da consultare attraverso ogni dispositivo mobile: Movylo è infatti in grado di adattare automaticamente lo stile di presentazione dei contenuti alle dimensioni degli schermi dei diversi cellulari, Smart-phone e IPhone.

L'evoluzione dell'automobile

Il Museo Nazionale dell’Automobile Carlo Biscaretti di Ruffia, presenta, nel padiglione Giovanni Agnelli di Torino Esposizioni, L’evoluzione dell’automobile, un nuovo appuntamento dedicato alla storia dell’automobile, una testimonianza importante sull’attività di progettazione, studio e produzione dell’automobile; in attesa della riapertura nel 2010 della storica sede del Museo in corso Unità d’Italia.

L’evoluzione dell’automobile è un omaggio alla storia dell’automobile nella città dell’automobile, partendo dalla carrozza per arrivare fino alla Formula 1; il cammino è stato lungo, le invenzioni e le scoperte sono state molte e tanti gli uomini che hanno reso possibile tutto ciò. Una passeggiata tra vetture simbolo di un passato ancora vivo e presente, meravigliosi ed accattivanti esemplari testimoni di una evoluzione automobilistica, attraverso cui abbiamo potuto raggiungere le odierne realizzazioni tecnologiche e stilistiche.

In questo percorso storico non potevano mancare le vetture sportive che hanno accompagnato l’uomo nella sua eterna ricerca del primato e del traguardo irraggiungibile, vetture da Grand Prix, da Formula 1, da record, da rally, da Gran Turismo che hanno corso sui più famosi circuiti del mondo. Si possono ammirare le vetture che hanno fatto la storia delle gare più affascinanti di tutti i tempi dalla Mille Miglia alla Targa Florio, ai Gran Premi d’Italia, Francia, Inghilterra, Germania, alle DTM, ai rally più impervi.

La mostra è dedicata a uno dei miti fondanti della nostra società contemporanea: l’automobile. Alla fine dell’Ottocento, nessuno avrebbe scommesso sull’immenso potenziale dell’auto, ed era considerata soltanto un giocattolo su cui ricchi, nobili e benestanti si divertivano. Non passò molto tempo, che l’automobile, da stravagante oggetto per élites, si trasformò in prodotto industriale. Da allora le corse divennero un fondamentale ed insostituibile strumento di pubblicità e comunicazione: perché una vittoria portava il nome della vettura in tutto il mondo, tramite il risalto che ne dava la stampa ieri come oggi. Le competizioni diventano anche un ineguagliabile strumento di verifica, perché permettevano di sperimentare sul campo e nelle condizioni più estreme le soluzioni che via via furono adottate anche sulle vetture di serie. Inoltre le gare attiravano pubblico, giornalisti, appassionati, curiosi: dunque portavano movimento, commercio, notorietà…

Pinifarina disegna l'Eurostar per la Manica

Eurostar, il servizio treni ad alta velocità  per passeggeri che collega la Gran Bretagna e l’Europa continentale, ha annunciato oggi di aver assegnato a Pininfarina il contratto di design per il rinnovamento degli interni della sua flotta di treni.

Pininfarina è stata scelta dopo un lungo e rigoroso processo di selezione. Importante per Eurostar, Pininfarina, oltre al design di auto prestigiose come Ferrari e Maserati, ha una vasta esperienza nell’industria ferroviaria, avendo disegnato gli interni e gli esterni dei treni ad alta velocità  per le ferrovie italiane, carrozze per le ferrovie svizzere, danesi e norvegesi, la metropolitana leggera in servizio a Lille, nel nord della Francia, e tram attualmente in esercizio in varie città  in Italia, Grecia, Svezia e Turchia.

Pininfarina sarà  responsabile dell’intera progettazione degli interni includendo sia stile che ingegneria, e della livrea esterna. I 28 treni della flotta Eurostar saranno attrezzati dalla SNCF e i primi esemplari saranno in servizio nel 2012.