Euro Deputati M5S: qual è la prospettiva?

Molte delle cose che dice Marco Valli​ sono condivisibili. Ovviamente essendo la sua, il M5S, una forza di opposizione minoritaria, la loro influenza sulle decisioni prese è assai limitata, ma ciò è ovvio. Il problema per me è un altro. Una pattuglia di deputati di opposizione al parlamento europeo ha una prospettiva ed un senso solo se può creare  contatti in vista un alleanza con cui presentarsi alle prossime elezioni europee per cercare di cambiare davvero l’Europa. Non ho l’impressione che gli euro deputati del M5S stiano facendo ciò. Sono sì in un gruppo politico, ma di gente che sarebbe meglio perdere che trovare (tra essi gli uomini dello speculatore di borsa Nigel Farage, ex lepenisti, neo-nazi svedesi e negazionisti polacchi). Per fortuna, quasi mai i parlamentari del M5S votano come i loro compagni di gruppo. Questo fa loro onore.

Comunque che prospettiva ha tutto ciò? Anche le buone idee, se non fan parte di un progetto di vere alleanze a livello europeo, servono ad entusiasmare i sostenitori in Italia, che, dopo aver visto i video, sono contenti e mettono “mi piace”, ma poi? Come potrebbe cambiare questa Europa? Anche il giorno in cui il M5S prendesse il 100% dei voti in Italia ed avesse 80 euro deputati che differenza farebbe?

 

P.S.

Ovviamente, l’argomento che molti eurodeputati di altre forze politiche italiane giochino ruoli nulli o negativi e si disinteressino del bene dei cittadini italiani non mi sembra una gran consolazione.

 

 

Se vuoi dare un “reddito di cittadinanza”……

Chi propone un  “reddito di cittadinanza” o un indennita’ di disoccupazione spesso pone, giustamente, delle condizioni.

Se il disoccupato e` in condizione di lavorare e gli viene offerto un lavoro corrispondente alle sue capacita`, finisce per perdere il sussidio. Ottimo.

C’e` un problema.  L’Italia e` uno dei paesi europei con meno addetti agli uffici per l’impiego rispetto al numero dei lavoratori.

In una citta` come Torino,  con 900.000 abitanti, ce ne so no due. Chi volesse far sul serio prima dovrebbe trovare il personale per i centri per l’impiego, gente che si intende di curricula, di colloqui di lavoro, di profili professionali, di colloqui di lavoro, di corsi di  formazione e di molto altro ancora.

Poi si  dovrebbe creare  una rete di centri per l’impiego  sufficiente rispetto alle necessita`.

In fine si  potrebbe pensare a dare un sussidio, si chiami esso ” sussidio di disoccupazione”, “reddito di cittadinanza”, ” denaro per la ricerca del lavoro” o altro.

Senza i centri per l’impiego il progetto avrebbe poco senso.

Tutta colpa di Lehman Brothers?

Non insistero’ mai abbastanza sulla necessita` di riformare il sistema finanziario internazionale. Esso e` stato il detonatore della crisi, finanziaria prima e ed economica poi,  del 2007-2009. Detto cio’,  non possiamo nasconderci dietro di esso. Le reazioni alla crisi finanziaria sono state assai diverse. Gli USA hanno ripreso totalmente il PIL perduto e si trovano circa l’8% sopra la loro situazione del 2007. Qualche purista notera` che non sono ritornati sul sentiero di crescita su cui erano prima della crisi. E` vero. Se la loro crescita fosse continuata ai tassi pre crisi, avrebbero un reddito ancora piu’ alto. Detto cio’,  noi la loro crescita ce la sognamo di notte. Come Eurozona siamo ancora un punto sotto il livello del 2007 e 9 punti sotto il livello USA. Come Italia siamo 8 punti sotto il livello 2007 e 16 punti sotto il livello USA.

Il problema vero non e` stato Lehman Brothers, che ha toccato gli USA come e forse piu’ di noi, il problema vero e` stato l’assurda gestione dell’eurozona, per l’Italia particolarmente dannosa.

Qualcuno mi ha fatto notare che la situazione della zona euro era alla partenza  peggiore di quella USA. E` falso.  Almeno se si guardano i parametri che questa gente normalmente guarda: i governi della zona euro erano in media indebitati ed avevano deficit piu’ piccoli. Avevamo una bilancia dei pagamenti non in disavanzo, mentre gli USA erano in forte disavanzo e l’economia europea in generale (settore pubblico, privato e finanziario) aveva meno passivita` con l’estero di quella USA. Noi partivamo da una situazione migliore.

Io non penso che un’eventuale uscita dall’euro causerebbe una crisi finanziaria paragonabile a quella causata da Lehman Brothers. In ogni caso da una crisi come quella si guarisce, vedi gli USA, da un euro mal gestito non si guarisce.

Il PIL di USA, Eurozona e Italia (2007 =1)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Euro 1.00 1.00 0.96 0.98 0.99 0.99 0.98 0.99
USA 1.00 1.00 0.97 0.99 1.01 1.04 1.06 1.08
Italia 1.00 0.99 0.93 0.95 0.95 0.93 0.91 0.92

P.S. Confermo la necessita` di riformare al piu’ presto il sistema finanziario internazionale.

 

 

140716  GDP USA EZ  I

Chi decide cos’e` cioccolato?

Cioccolato
Cioccolato

Chi stabilisce cos’e` cioccolato? L’Unione Europea. Oggi i produttori italiani di cioccolato si trovano a competere con produttori che nel cioccolato possono usare non solo il piu’ prezioso e caro burro di cacao, ma molti altri grassi meno preziosi e di minor qualita`. Cio’ ovviamente crea problemi per chi fa un prodotto di maggior qualita` e piu’ caro. Il Parlamento Europeo decide anche su queste questioni. Se pero’ gli eurodeputati dormono o sono assenti o non capiscono le conseguenze di cio’ che si decide possono succedere disastri.

Seminario sull’Euro alla Camera dei Deputati

 

Il 4 novembre  alla Camera dei Deputati c’e` stato un seminario sull’euro con

Sergio Cesaratto, ordinario a Siena

Riccardo Bellofiore, ordinario a Bergamo

Gustavo Piga,  ordinario a Roma Tor Vergata

Guido Jodice, divulgatore e fondatore del Keynesblog.

Detto seminario e` stato organizzato dai gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Ho partecipato anch’io. Il mio intervento principale e` al minuto 17.

Qui sotto  i testi che ho presentato:

131104 esposizione fatta alla Camera dei Deputati

131103 export ed import

131103 export ed import recente

 

 

 

Quando avevamo iniziato a parlare a suo tempo del maxi debito del Comune di Torino

Due anni fa scrissi un monito per chi avrebbe dovuto essere sindaco di Torino legato ai problemi dell’elefantiaco indebitamente della città. Purtroppo le profezie si stanno avverando

La futura amministrazione comunale avrà risorse limitatissime e potrà offrire poco in termini di quantità di denaro spendibile per i cittadini. Potrà fare affidamento sull’indebitamento solo in misura molto limitata. È vero che qualche cessione di partecipazioni azionarie potrà servire a diminuire l’indebitamento; è altresì vero che questo tipo di manovra si può fare solo una volta. I gioielli di famiglia si vendono una volta e poi basta. Quindi se, dopo aver venduto quote di aziende partecipate, si decidesse di indebitarsi di nuovo, lo si farebbe senza alcun paracadute. Ci si dovrebbe impegnare a pagare tutti i debiti con le decrescenti risorse correnti del futuro. Bisognerà avere una discussione aperta e franca su quanti soldi è bene che il Comune di Torino spenda ogni anno per il servizio del debito. II. Un’amministrazione che non può fornire ai cittadini molti beni e molti servizi può però avvicinare le scelte ai cittadini, con un maggiore decentramento. Oggi troppe decisioni che potrebbero essere prese a livello di circoscrizione vengono prese a livello di amministrazione cittadina. Leggi tutto “Quando avevamo iniziato a parlare a suo tempo del maxi debito del Comune di Torino”

Mario Monti : Torino Puo’ Farcela 1/05/2006

 

Oggi consultazioni, domani il governoDimissioni, feste e tensioni in piazza

 

 

 

 

 

 

 

Le auto citazioni non si dovrebbero fare, ma almeno fanno capire da che parte stiamo.

Ecco cosa diceva Torino Puo’ Farcela 5 anni fa:

 

http://www.quotidianopiemontese.it/torinopuofarcela/2006/05/01/monti_president/

Buon lavoro professor Monti!

 

 

 

 

La politica tribale in Piemonte

I recenti arresti di sospetti affiliati alla Ndrangheta in Piemonte ha messo alla luce i frequenti contatti tra esponenti di varie parti politiche e presunti malavitosi.

Non credo che si possa piu’ di tanto infierire sui politici coinvolti. Se gli elettori sanno poco dei candidati,  spesso anche i candidati sanno assai poco degli elettori.  In generale dobbiamo presumere l’innocenza e, fino a prova contraria, dobbiamo accettare che i politici in questione non sapessero che avevano a che fare con personaggi magari non irreprensibili. Ovviamente se si potra` mai  provare che qualche politico  trattasse con altri ben sapendo che essi erano davvero criminali, questo  politico andra` punito severamente.

C’e` pero’ un aspetto che credo non vada sorvolato. In molti casi i contatti dei politici in questioni con quei soggetti che ora vengono indicati come presunti malavitosi facevano parte di una piu’ generale tendenza all’acquisizione del voto “etnico” o “tribale”. Dove con questo termine mi riferisco ad un “Raggruppamento sociale autonomo, con proprio ordinamento e proprio capo, formato da più famiglie e unito da identità di lingua e costumi”. Praticamente molti politici tendono ad acquisire il voto non sulla base di proposte di progetti, buoni o cattivi che siano, ma sulla base della capacita` di certi gruppi di far votare i loro membri in un certo modo.

Io cerchero’ il voto dei Pugliesi, piuttosto che dei Siciliani, dei Calabresi o dei Lucani ed ora anche dei Rumeni. Domani magari dei Marocchini o degli Arabi in generale.

Inoltre si aggiunga che il voto in questo modo diventa da qualcosa di individuale a qualcosa che appartiene al gruppo,  talvolta al capo o ai capi del gruppo, che “segnalano” ai membri del gruppo i soggetti adatti.

Si noti bene che questa abitudine di cercare e prendere il voto su base etnica non e` una cosa che osserviamo solo in Piemonte ora. Obama recentemente e` andato in Irlanda ed in Polonia fondamentalmente per ingraziarsi gli elettori americani di origine Polacca o Irlandese.  Il fatto che la pratica sia ampiamente diffusa negli USA non la nobilita piu’ di tanto.

Queste prassi indeboliscono una sana dialettica democratica. Non si vota sui progetti, ma sulle appartenenze; i capi dei gruppi vengono ad avere un potere  abbastanza poco utile al bene comune.

Tutti i partiti invece di gridare allo scandalo, dovrebbero farsi un serio esame di coscienza sul loro uso ed abuso del voto etnico.

 

 

 

Le 260 piante che il Comune di Torino fara` abbattere.

 

Il Comune di Torino intende abbattere 260 piante attorno al Palazzo Nervi di Italia 61 http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/389383/

Il progetto pubblicato su "La Stampa"

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Torino Puo’ Farcela ha deciso di andare a vedere di che piante si tratta.

 

 

 

 

 

Hanno verosimilmente una cinquantina d’anni, sono il biglietto da visita che Torino da di se’ a chi arriva dal sud. In zona costituiscono una parte importante del verde presente.

E’ ovvio che abbattendo del verde si puo’ sempre fare qualche soldino, ma ovviamente si riduce il capitale della citta`.   Si riduce la capacita` della citta` di attrarre quei lavori altamente qualificati ed altamente mobili, di cui piu’ avrebbe bisogno.

Ha senso un  altro centro commerciale a 1500 metri dal Lingotto? Che effetti avra` il nuovo centro commerciale sul traffico, gia` estremamente congestionato di Corso Unita` d’Italia? Non ci si dica che tutti ci andranno in metropolitana, perche` se cosi’ fosse non si vorrebbe abbattere 260 alberi per fare   1800 posti auto.

Si parla tanto di “smart city” o di “citta` del sapere” e poi si svendono i gioielli di famiglia per qualche posto alla cassa (finche` le casse automatiche non metteranno i cassieri in mobilita`).

Fassino puo’ dar prova di ragionare con la sua testa chiedendo che questo progetto cambi o venga abbandonato.

 

 

 

 

 

 

 

 

La banca a Torino ed il futuro sindaco

Sia la stampa locale che i politici locali almeno di tanto in tanto si occupano di Intesa Sanpaolo e di Unicredit. Il problema pero’ non e` tanto vedere se il tal direttore di provenienza sanpaolina verra` o meno sostituito da un collega  targato Intesa, ne’ se il presidente della Compagnia di Sanpaolo sara` Tizio invece di Caio. Direi perfino che il problema non puo’ limitarsi a vedere quanti posti di lavoro i due principali gruppi bancari nazionali mantengano a Torino. Questo e` certo importante, ma non garantisce nulla e nessuno. Quello che oggi si fa’  a Torino o a Moncalieri domani potra` venire spostato in Romania o in India.

Pensando al futuro di Torino si dovrebbe tenere conto che il settore bancario e finanziario potrebbe essere una fonte di sviluppo e di occupazione di qualita` per la citta` e la regione, cosi’ come lo e` stato per quasi un millennio, almeno da quando i monaci di Staffarda hanno iniziato a prestare denaro. Bisogna pero’ distinguere tra la presenza di sportelli bancari  e la presenza di strutture direzionali centrali. I primi saranno presenti a Torino comunque, almeno finche` a Torino ci sara` qualche attivita` economica; gli sportelli bancari  pero’ vengono sempre piu’ ad assomigliare ad una commodity, ad un bene fungibile e facilmente comparabile con beni simili, quasi si trattasse di grano, petrolio o margarina. Questi beni sono fortemente esposti alla concorrenza nazionale ed internzazionale.  In  essi la riduzione dei salari reali  e la precarizzazione del lavoro ha ed avra’ luogo come in ogni altro settore. Le strutture centrali e direzionali sono  poche. Il tipo di lavoro che essere richiedono e` spesso piu’ qualificato di quello richiesto dagli sportelli e quindi un po’  meno esposto ad una concorrenza basata  solo sul prezzo. Essi sono e saranno capaci di offrire lavoro  meglio retribuito. Non necessariamente pero’ essi dovranno essere presenti a Torino in futuro.  Torino non ha nessun diritto divino ad ospitare delle direzioni bancarie. La partita piu’ interessante consiste nell’aggiudicarsi una fetta consistente di queste ultime. Cio’ accadra’  se ci sara` una banca  che avra`  cuore, mente e portafoglio a Torino.

Purtroppo quando ancora esistevano   Banca CRT e Istituto Sanpaolo, per una visione miope, si e` persa l’opportunita` di fonderle e di creare una banca piu’ grande, fortemente radicata  sotto la mole.  Forse pero’ non tutto e` perduto. Molto dipendera` dal fatto se il futuro sindaco di Torino sapra` rendersi conto che le fondazioni bancarie potrebbero fare gioco di squadra, facendo convergere le loro partecipazioni su di una sola banca, dove a quel punto Torino potrebbe contare maggiormente. Non e` escluso che il ministro del Tesoro si metta di traverso e cerchi di bloccare detto progetto, perche’ non gradito oltre il Ticino, ma almeno meriterebbe fare un serio tentativo, magari nel momento in cui Tremonti venisse sostituito da un ministro del tesoro meno legato agli interessi della Lombardia e della Lega Nord. Nel momento in cui si riuscisse a fare si’ che ci sia`  una banca, dove Torino gioca davvero un ruolo importante, controllando una preponderante maggioranza relativa, sarebbe  possibile vigilare affinche’ le scelte strategiche di quella banca tengano conto delle caratteristiche proprie di Torino e del Piemonte e non penalizzino questa citta’ e questa regione.  Per esempio si potrebbe cercare di far si’ che quella banca sia capace di valutare, selezionare e finanziare progetti ad alto contenuto tecnologico ed innovativo, per i quali Torino ha una speciale vocazione.  Si dovrebbe altresi’ essere capaci di portare a Torino alcune importanti centri decisionali con tutte le conseguenze del caso, sia in termini di visione strategica  che di generazione di indotto. Ogni scelta tecnica e’ influenzabile da considerazioni di tipo politico. Torino non puo’ permettersi di fornire capitale a banche che lascino prevalere gli interessi politici di altri territori sulle loro scelte di investimento e di sviluppo. D’altro canto non sarebbe chiedere troppo che vari uffici centrali avessero sede a Torino e qui generassero alcune commesse di tipo professionale o consulenziale.

Naturalmente perche` un processo del genere abbia luogo sarebbe necessario avere un sindaco che colga la differenza tra investimento diretto ed investimento finanziario o di portafoglio. Quest’ultimo e` finalizzato a raccogliere anche a breve dei dividendi ed una valorizzazione del capitale a fronte di un rischio minimo. Chi si muove in quest’ ottica di investimento di portafoglio cerca di diversificare i propri investimenti, non solo tra aziende diverse dello stesso settore, ma anche tra settori e paesi diversi. Chi invece effettua investimenti diretti o industriali, ha un progetto di medio-lungo termine che si attua influenzando o controllando le scelte di un’azienda, anche giocando un ruolo importante nella nomina dell’amministratore delegato e del presidente dell’azienda. Come si puo’ chiaramente vedere, il Comune di Torino, finora non ha scelto tra l’uno e l’altro tipo di intervento.  Non e` riuscito ad acquisire, tramite le due fondazioni controllate, un ruolo centrale ne` in Intesa-Sanpaolo ne` in Unicredit. D’altra parte non ha nemmeno optato per un tipo di investimento chiaramente finanziario o di portafoglio, che non permetterebbe che gran parte del capitale delle due fondazioni bancarie torinesi sia investito in due sole banche entrambe italiane. Il futuro sindaco di Torino dovra` porsi questo problema in modo chiaro, cercando di dare ad esso una risposta coerente. Naturalmente sarebbe ancora meglio se volesse informare gli elettori cui chiede il voto circa le sue intenzioni. Ad onore del vero va detto che se l’approccio di Chiamparino al futuro del settore bancario a Torino e` stato carente,  le forze di opposizione non hanno mai proposto una visione piu’ chiara e coerente, che andasse oltre la proposta di collocare  qualche loro esponente o simpatizzante in qualche consiglio.

Il passato e` passato, ora e` tempo di parlare seriamente del futuro del settore bancario a Torino.