Euro Deputati M5S: qual è la prospettiva?

Molte delle cose che dice Marco Valli​ sono condivisibili. Ovviamente essendo la sua, il M5S, una forza di opposizione minoritaria, la loro influenza sulle decisioni prese è assai limitata, ma ciò è ovvio. Il problema per me è un altro. Una pattuglia di deputati di opposizione al parlamento europeo ha una prospettiva ed un senso solo se può creare  contatti in vista un alleanza con cui presentarsi alle prossime elezioni europee per cercare di cambiare davvero l’Europa. Non ho l’impressione che gli euro deputati del M5S stiano facendo ciò. Sono sì in un gruppo politico, ma di gente che sarebbe meglio perdere che trovare (tra essi gli uomini dello speculatore di borsa Nigel Farage, ex lepenisti, neo-nazi svedesi e negazionisti polacchi). Per fortuna, quasi mai i parlamentari del M5S votano come i loro compagni di gruppo. Questo fa loro onore.

Comunque che prospettiva ha tutto ciò? Anche le buone idee, se non fan parte di un progetto di vere alleanze a livello europeo, servono ad entusiasmare i sostenitori in Italia, che, dopo aver visto i video, sono contenti e mettono “mi piace”, ma poi? Come potrebbe cambiare questa Europa? Anche il giorno in cui il M5S prendesse il 100% dei voti in Italia ed avesse 80 euro deputati che differenza farebbe?

 

P.S.

Ovviamente, l’argomento che molti eurodeputati di altre forze politiche italiane giochino ruoli nulli o negativi e si disinteressino del bene dei cittadini italiani non mi sembra una gran consolazione.

 

 

Se vuoi dare un “reddito di cittadinanza”……

Chi propone un  “reddito di cittadinanza” o un indennita’ di disoccupazione spesso pone, giustamente, delle condizioni.

Se il disoccupato e` in condizione di lavorare e gli viene offerto un lavoro corrispondente alle sue capacita`, finisce per perdere il sussidio. Ottimo.

C’e` un problema.  L’Italia e` uno dei paesi europei con meno addetti agli uffici per l’impiego rispetto al numero dei lavoratori.

In una citta` come Torino,  con 900.000 abitanti, ce ne so no due. Chi volesse far sul serio prima dovrebbe trovare il personale per i centri per l’impiego, gente che si intende di curricula, di colloqui di lavoro, di profili professionali, di colloqui di lavoro, di corsi di  formazione e di molto altro ancora.

Poi si  dovrebbe creare  una rete di centri per l’impiego  sufficiente rispetto alle necessita`.

In fine si  potrebbe pensare a dare un sussidio, si chiami esso ” sussidio di disoccupazione”, “reddito di cittadinanza”, ” denaro per la ricerca del lavoro” o altro.

Senza i centri per l’impiego il progetto avrebbe poco senso.

Tutta colpa di Lehman Brothers?

Non insistero’ mai abbastanza sulla necessita` di riformare il sistema finanziario internazionale. Esso e` stato il detonatore della crisi, finanziaria prima e ed economica poi,  del 2007-2009. Detto cio’,  non possiamo nasconderci dietro di esso. Le reazioni alla crisi finanziaria sono state assai diverse. Gli USA hanno ripreso totalmente il PIL perduto e si trovano circa l’8% sopra la loro situazione del 2007. Qualche purista notera` che non sono ritornati sul sentiero di crescita su cui erano prima della crisi. E` vero. Se la loro crescita fosse continuata ai tassi pre crisi, avrebbero un reddito ancora piu’ alto. Detto cio’,  noi la loro crescita ce la sognamo di notte. Come Eurozona siamo ancora un punto sotto il livello del 2007 e 9 punti sotto il livello USA. Come Italia siamo 8 punti sotto il livello 2007 e 16 punti sotto il livello USA.

Il problema vero non e` stato Lehman Brothers, che ha toccato gli USA come e forse piu’ di noi, il problema vero e` stato l’assurda gestione dell’eurozona, per l’Italia particolarmente dannosa.

Qualcuno mi ha fatto notare che la situazione della zona euro era alla partenza  peggiore di quella USA. E` falso.  Almeno se si guardano i parametri che questa gente normalmente guarda: i governi della zona euro erano in media indebitati ed avevano deficit piu’ piccoli. Avevamo una bilancia dei pagamenti non in disavanzo, mentre gli USA erano in forte disavanzo e l’economia europea in generale (settore pubblico, privato e finanziario) aveva meno passivita` con l’estero di quella USA. Noi partivamo da una situazione migliore.

Io non penso che un’eventuale uscita dall’euro causerebbe una crisi finanziaria paragonabile a quella causata da Lehman Brothers. In ogni caso da una crisi come quella si guarisce, vedi gli USA, da un euro mal gestito non si guarisce.

Il PIL di USA, Eurozona e Italia (2007 =1)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Euro 1.00 1.00 0.96 0.98 0.99 0.99 0.98 0.99
USA 1.00 1.00 0.97 0.99 1.01 1.04 1.06 1.08
Italia 1.00 0.99 0.93 0.95 0.95 0.93 0.91 0.92

P.S. Confermo la necessita` di riformare al piu’ presto il sistema finanziario internazionale.

 

 

140716  GDP USA EZ  I

Chi decide cos’e` cioccolato?

Cioccolato
Cioccolato

Chi stabilisce cos’e` cioccolato? L’Unione Europea. Oggi i produttori italiani di cioccolato si trovano a competere con produttori che nel cioccolato possono usare non solo il piu’ prezioso e caro burro di cacao, ma molti altri grassi meno preziosi e di minor qualita`. Cio’ ovviamente crea problemi per chi fa un prodotto di maggior qualita` e piu’ caro. Il Parlamento Europeo decide anche su queste questioni. Se pero’ gli eurodeputati dormono o sono assenti o non capiscono le conseguenze di cio’ che si decide possono succedere disastri.

Seminario sull’Euro alla Camera dei Deputati

 

Il 4 novembre  alla Camera dei Deputati c’e` stato un seminario sull’euro con

Sergio Cesaratto, ordinario a Siena

Riccardo Bellofiore, ordinario a Bergamo

Gustavo Piga,  ordinario a Roma Tor Vergata

Guido Jodice, divulgatore e fondatore del Keynesblog.

Detto seminario e` stato organizzato dai gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Ho partecipato anch’io. Il mio intervento principale e` al minuto 17.

Qui sotto  i testi che ho presentato:

131104 esposizione fatta alla Camera dei Deputati

131103 export ed import

131103 export ed import recente

 

 

 

Quando avevamo iniziato a parlare a suo tempo del maxi debito del Comune di Torino

Due anni fa scrissi un monito per chi avrebbe dovuto essere sindaco di Torino legato ai problemi dell’elefantiaco indebitamente della città. Purtroppo le profezie si stanno avverando

La futura amministrazione comunale avrà risorse limitatissime e potrà offrire poco in termini di quantità di denaro spendibile per i cittadini. Potrà fare affidamento sull’indebitamento solo in misura molto limitata. È vero che qualche cessione di partecipazioni azionarie potrà servire a diminuire l’indebitamento; è altresì vero che questo tipo di manovra si può fare solo una volta. I gioielli di famiglia si vendono una volta e poi basta. Quindi se, dopo aver venduto quote di aziende partecipate, si decidesse di indebitarsi di nuovo, lo si farebbe senza alcun paracadute. Ci si dovrebbe impegnare a pagare tutti i debiti con le decrescenti risorse correnti del futuro. Bisognerà avere una discussione aperta e franca su quanti soldi è bene che il Comune di Torino spenda ogni anno per il servizio del debito. II. Un’amministrazione che non può fornire ai cittadini molti beni e molti servizi può però avvicinare le scelte ai cittadini, con un maggiore decentramento. Oggi troppe decisioni che potrebbero essere prese a livello di circoscrizione vengono prese a livello di amministrazione cittadina. Leggi tutto “Quando avevamo iniziato a parlare a suo tempo del maxi debito del Comune di Torino”

Mario Monti : Torino Puo’ Farcela 1/05/2006

 

Oggi consultazioni, domani il governoDimissioni, feste e tensioni in piazza

 

 

 

 

 

 

 

Le auto citazioni non si dovrebbero fare, ma almeno fanno capire da che parte stiamo.

Ecco cosa diceva Torino Puo’ Farcela 5 anni fa:

 

http://www.quotidianopiemontese.it/torinopuofarcela/2006/05/01/monti_president/

Buon lavoro professor Monti!

 

 

 

 

La politica tribale in Piemonte

I recenti arresti di sospetti affiliati alla Ndrangheta in Piemonte ha messo alla luce i frequenti contatti tra esponenti di varie parti politiche e presunti malavitosi.

Non credo che si possa piu’ di tanto infierire sui politici coinvolti. Se gli elettori sanno poco dei candidati,  spesso anche i candidati sanno assai poco degli elettori.  In generale dobbiamo presumere l’innocenza e, fino a prova contraria, dobbiamo accettare che i politici in questione non sapessero che avevano a che fare con personaggi magari non irreprensibili. Ovviamente se si potra` mai  provare che qualche politico  trattasse con altri ben sapendo che essi erano davvero criminali, questo  politico andra` punito severamente.

C’e` pero’ un aspetto che credo non vada sorvolato. In molti casi i contatti dei politici in questioni con quei soggetti che ora vengono indicati come presunti malavitosi facevano parte di una piu’ generale tendenza all’acquisizione del voto “etnico” o “tribale”. Dove con questo termine mi riferisco ad un “Raggruppamento sociale autonomo, con proprio ordinamento e proprio capo, formato da più famiglie e unito da identità di lingua e costumi”. Praticamente molti politici tendono ad acquisire il voto non sulla base di proposte di progetti, buoni o cattivi che siano, ma sulla base della capacita` di certi gruppi di far votare i loro membri in un certo modo.

Io cerchero’ il voto dei Pugliesi, piuttosto che dei Siciliani, dei Calabresi o dei Lucani ed ora anche dei Rumeni. Domani magari dei Marocchini o degli Arabi in generale.

Inoltre si aggiunga che il voto in questo modo diventa da qualcosa di individuale a qualcosa che appartiene al gruppo,  talvolta al capo o ai capi del gruppo, che “segnalano” ai membri del gruppo i soggetti adatti.

Si noti bene che questa abitudine di cercare e prendere il voto su base etnica non e` una cosa che osserviamo solo in Piemonte ora. Obama recentemente e` andato in Irlanda ed in Polonia fondamentalmente per ingraziarsi gli elettori americani di origine Polacca o Irlandese.  Il fatto che la pratica sia ampiamente diffusa negli USA non la nobilita piu’ di tanto.

Queste prassi indeboliscono una sana dialettica democratica. Non si vota sui progetti, ma sulle appartenenze; i capi dei gruppi vengono ad avere un potere  abbastanza poco utile al bene comune.

Tutti i partiti invece di gridare allo scandalo, dovrebbero farsi un serio esame di coscienza sul loro uso ed abuso del voto etnico.

 

 

 

Le 260 piante che il Comune di Torino fara` abbattere.

 

Il Comune di Torino intende abbattere 260 piante attorno al Palazzo Nervi di Italia 61 http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/389383/

Il progetto pubblicato su "La Stampa"

.

Torino Puo’ Farcela ha deciso di andare a vedere di che piante si tratta.

 

 

 

 

 

Hanno verosimilmente una cinquantina d’anni, sono il biglietto da visita che Torino da di se’ a chi arriva dal sud. In zona costituiscono una parte importante del verde presente.

E’ ovvio che abbattendo del verde si puo’ sempre fare qualche soldino, ma ovviamente si riduce il capitale della citta`.   Si riduce la capacita` della citta` di attrarre quei lavori altamente qualificati ed altamente mobili, di cui piu’ avrebbe bisogno.

Ha senso un  altro centro commerciale a 1500 metri dal Lingotto? Che effetti avra` il nuovo centro commerciale sul traffico, gia` estremamente congestionato di Corso Unita` d’Italia? Non ci si dica che tutti ci andranno in metropolitana, perche` se cosi’ fosse non si vorrebbe abbattere 260 alberi per fare   1800 posti auto.

Si parla tanto di “smart city” o di “citta` del sapere” e poi si svendono i gioielli di famiglia per qualche posto alla cassa (finche` le casse automatiche non metteranno i cassieri in mobilita`).

Fassino puo’ dar prova di ragionare con la sua testa chiedendo che questo progetto cambi o venga abbandonato.

 

 

 

 

 

 

 

 

La banca a Torino ed il futuro sindaco

Sia la stampa locale che i politici locali almeno di tanto in tanto si occupano di Intesa Sanpaolo e di Unicredit. Il problema pero’ non e` tanto vedere se il tal direttore di provenienza sanpaolina verra` o meno sostituito da un collega  targato Intesa, ne’ se il presidente della Compagnia di Sanpaolo sara` Tizio invece di Caio. Direi perfino che il problema non puo’ limitarsi a vedere quanti posti di lavoro i due principali gruppi bancari nazionali mantengano a Torino. Questo e` certo importante, ma non garantisce nulla e nessuno. Quello che oggi si fa’  a Torino o a Moncalieri domani potra` venire spostato in Romania o in India.

Pensando al futuro di Torino si dovrebbe tenere conto che il settore bancario e finanziario potrebbe essere una fonte di sviluppo e di occupazione di qualita` per la citta` e la regione, cosi’ come lo e` stato per quasi un millennio, almeno da quando i monaci di Staffarda hanno iniziato a prestare denaro. Bisogna pero’ distinguere tra la presenza di sportelli bancari  e la presenza di strutture direzionali centrali. I primi saranno presenti a Torino comunque, almeno finche` a Torino ci sara` qualche attivita` economica; gli sportelli bancari  pero’ vengono sempre piu’ ad assomigliare ad una commodity, ad un bene fungibile e facilmente comparabile con beni simili, quasi si trattasse di grano, petrolio o margarina. Questi beni sono fortemente esposti alla concorrenza nazionale ed internzazionale.  In  essi la riduzione dei salari reali  e la precarizzazione del lavoro ha ed avra’ luogo come in ogni altro settore. Le strutture centrali e direzionali sono  poche. Il tipo di lavoro che essere richiedono e` spesso piu’ qualificato di quello richiesto dagli sportelli e quindi un po’  meno esposto ad una concorrenza basata  solo sul prezzo. Essi sono e saranno capaci di offrire lavoro  meglio retribuito. Non necessariamente pero’ essi dovranno essere presenti a Torino in futuro.  Torino non ha nessun diritto divino ad ospitare delle direzioni bancarie. La partita piu’ interessante consiste nell’aggiudicarsi una fetta consistente di queste ultime. Cio’ accadra’  se ci sara` una banca  che avra`  cuore, mente e portafoglio a Torino.

Purtroppo quando ancora esistevano   Banca CRT e Istituto Sanpaolo, per una visione miope, si e` persa l’opportunita` di fonderle e di creare una banca piu’ grande, fortemente radicata  sotto la mole.  Forse pero’ non tutto e` perduto. Molto dipendera` dal fatto se il futuro sindaco di Torino sapra` rendersi conto che le fondazioni bancarie potrebbero fare gioco di squadra, facendo convergere le loro partecipazioni su di una sola banca, dove a quel punto Torino potrebbe contare maggiormente. Non e` escluso che il ministro del Tesoro si metta di traverso e cerchi di bloccare detto progetto, perche’ non gradito oltre il Ticino, ma almeno meriterebbe fare un serio tentativo, magari nel momento in cui Tremonti venisse sostituito da un ministro del tesoro meno legato agli interessi della Lombardia e della Lega Nord. Nel momento in cui si riuscisse a fare si’ che ci sia`  una banca, dove Torino gioca davvero un ruolo importante, controllando una preponderante maggioranza relativa, sarebbe  possibile vigilare affinche’ le scelte strategiche di quella banca tengano conto delle caratteristiche proprie di Torino e del Piemonte e non penalizzino questa citta’ e questa regione.  Per esempio si potrebbe cercare di far si’ che quella banca sia capace di valutare, selezionare e finanziare progetti ad alto contenuto tecnologico ed innovativo, per i quali Torino ha una speciale vocazione.  Si dovrebbe altresi’ essere capaci di portare a Torino alcune importanti centri decisionali con tutte le conseguenze del caso, sia in termini di visione strategica  che di generazione di indotto. Ogni scelta tecnica e’ influenzabile da considerazioni di tipo politico. Torino non puo’ permettersi di fornire capitale a banche che lascino prevalere gli interessi politici di altri territori sulle loro scelte di investimento e di sviluppo. D’altro canto non sarebbe chiedere troppo che vari uffici centrali avessero sede a Torino e qui generassero alcune commesse di tipo professionale o consulenziale.

Naturalmente perche` un processo del genere abbia luogo sarebbe necessario avere un sindaco che colga la differenza tra investimento diretto ed investimento finanziario o di portafoglio. Quest’ultimo e` finalizzato a raccogliere anche a breve dei dividendi ed una valorizzazione del capitale a fronte di un rischio minimo. Chi si muove in quest’ ottica di investimento di portafoglio cerca di diversificare i propri investimenti, non solo tra aziende diverse dello stesso settore, ma anche tra settori e paesi diversi. Chi invece effettua investimenti diretti o industriali, ha un progetto di medio-lungo termine che si attua influenzando o controllando le scelte di un’azienda, anche giocando un ruolo importante nella nomina dell’amministratore delegato e del presidente dell’azienda. Come si puo’ chiaramente vedere, il Comune di Torino, finora non ha scelto tra l’uno e l’altro tipo di intervento.  Non e` riuscito ad acquisire, tramite le due fondazioni controllate, un ruolo centrale ne` in Intesa-Sanpaolo ne` in Unicredit. D’altra parte non ha nemmeno optato per un tipo di investimento chiaramente finanziario o di portafoglio, che non permetterebbe che gran parte del capitale delle due fondazioni bancarie torinesi sia investito in due sole banche entrambe italiane. Il futuro sindaco di Torino dovra` porsi questo problema in modo chiaro, cercando di dare ad esso una risposta coerente. Naturalmente sarebbe ancora meglio se volesse informare gli elettori cui chiede il voto circa le sue intenzioni. Ad onore del vero va detto che se l’approccio di Chiamparino al futuro del settore bancario a Torino e` stato carente,  le forze di opposizione non hanno mai proposto una visione piu’ chiara e coerente, che andasse oltre la proposta di collocare  qualche loro esponente o simpatizzante in qualche consiglio.

Il passato e` passato, ora e` tempo di parlare seriamente del futuro del settore bancario a Torino.

Alcune idee per il futuro Sindaco

Due osservazioni circa il quadro generale in cui la futura amministrazione comunale si trovera` ad operare:
a) cambiamento climatico; gia` nel 1993 sapevamo che il clima stava cambiando e che almeno in parte cio’ era causato dall’ uomo, oggi pero’ ne abbiamo la quasi assoluta certezza; inoltre documenti come il rapporto Stern o le previsioni del Pentagono vengono ad evidenziare come la lotta al cambio climatico debba essere la priorita` numero 1 di ogni amministrazione ad ogni livello.
b) La crisi economica va intesa sopratutto come crisi italiana; l’economia globale e` cresciuta molto negli ultimi quindici anni, non cosi’quella italiana. La crescita economica e` il presupposto per aumenti salariali e per la spesa pubblica ed essa dipende da sviluppo tecnologico e accumulazione di capitale. Negli ultimi anni in Italia entrambi sono stati scarsi. Quindi la crescita e` destinata ad essere modesta. Chi vuol godere perche’ forse nel 2010 e nel 2011 cresceremo dell’1% dopo due anni in cui abbiamo perso il 7%, faccia pure; si tratta comunque di una magra consolazione. Tra tutti i paesi sviluppati l’Italia e` quello che dal 1980 al 2009 ha piu’ ridotto la sua quota nella produzione mondiale: di ben il 37%, contro il 33 % della Germania, il 31% della Francia, il 20% del Regno Unito e l’11% degli USA. In queste condizioni le risorse di cui disporra` qualunque governo e quindi qualunque amministrazione locale saranno limitatissime.

Alcune implicazioni e proposte:

I. La futura amministrazione comunale avra` risorse limitatissime e potra` offrire poco in termini di quantita` di denaro spendibile per i cittadini. Potra’ fare affidamento sull’indebitamento solo in misura molto limitata. E` vero che qualche cessione di partecipazioni azionarie potra` servire a diminuire l’indebitamento; e` altresi’ vero che questo tipo di manovra si puo’ fare solo una volta. I gioielli di famiglia si vendono una volta e poi basta. Quindi se, dopo aver venduto quote di aziende partecipate, si decidesse di indebitarsi di nuovo, lo si farebbe senza alcun paracadute. Ci si dovrebbe impegnare a pagare tutti i debiti con le decrescenti risorse correnti del futuro.Bisognera` avere una discussione aperta e franca su quanti soldi e’ bene che il Comune di Torino spenda ogni anno per il servizio del debito.

II. Un’amministrazione che non puo’ fornire ai cittadini molti beni e molti servizi puo’ pero’ avvicinare le scelte ai cittadini, con un maggiore decentramento. Oggi troppe decisioni che potrebbero essere prese a livello di circoscrizione vengono prese a livello di amministrazione cittadina. Cio’ sposta inutilmente le scelte lontano dai cittadini (perche` un senso unico in via Frinco o in via Condove deve essere deciso a livello centrale?, perche’ per aggiungere un lampione deve intervenire l’’amministrazione centrale? ) e non risponde ad una logica liberale ne’ ad alcun principo di sussidiarieta’. Ci lamentiamo del centralismo del governo di Roma, ma poi ripetiamo a livello locale gli stessi errori, portando quasi ogni decisione davanti al Conte Verde. Le circoscrizioni potranno eventualmente diminuire di numero, ma dovranno avere tutte le responsabilita` amministrative salvo alcune, di ampio raggio, come gli assi metropolitani, specificamente attribuite, prima all’amministrazione comunale e presto all’autorita` di area metropolitana. Questa non si e` fatta anche perche` e` difficile pensare che i paesi della cintura vogliano entrare in un’area metropolitana dove il “monolite” Torino la farebbe sempre e comunque da padrone. Solo le circoscrizioni potrebbero trattare da pari con i comuni della cintura. Un comune da 900.000 abitanti non potra` farlo mai. Cosi’ per mantenere questa entita` da 900.000 abitanti ci obblighiamo a non vedere la realta`: Torino e` un’area di un milione e mezzo di abitanti e come tale deve presentarsi nel mondo. Le scelte di area metropolitana vanno messe nelle mani di un’autorita` di area metropolitana, le altre vanno gestite a livello circoscrizionale.
III. Il cambio climatico deve essere centrale rispetto al programma municipale. Berlusconi nega il cambio climatico e non contribuisce alla stesura di un nuovo protocollo di Kyoto, che egli invece osteggia. Il ministro Ronchi (si veda La Stampa del 16 luglio) si oppone al taglio del 30 % dei gas serra come proposto da Germania, Francia e Regno Unito. Non possiamo criticarli, se poi non introduciamo politiche chiare. Penso in particolare ai trasporti ed all’edilizia, le due principali fonti di inquinamento urbano.
a. La scelta verso trasporti di tipo sostenibile deve divenire piu’ evidente. Non si puo’ predicare la lotta al cambio climatico ed allo stesso tempo costruire posteggi, sottopassaggi e cavalcavia, tutte opere che attraggono traffico.
b. A Torino circolare in bicicletta continua ad essere pericoloso, data la scarsita` di percorsi ciclabili dedicati. In particolare l’attraversamento da est ad ovest della citta’ e del Centro Crocetta in particolare e` pressoche’ impossibile, se non si vuole rischiare la propria vita.
c. L’intermodalita` deve divenire una regola. Dobbiamo urgentemente collegare la stazione FS di Lingotto con il complesso del Lingotto e con via Genova. Dobbiamo inoltre collegare meglio Lingotto FS con piu’ linee tramviarie e di bus quali il 18 ed il 4. A Porta Susa dobbiamo far si’ che la stazione dei pulman e la stazione FS, se possibile coincidano: sotto passano i treni, sopra ci siano i pulmann. Solo dando sempre un forte vantaggio al mezzo sostenibile, possiamo sperare che venga usato.

IV. A Torino non si dovra` piu’ costruire alcun edificio che consumi energia; tutti i nuovi edifici dovranno non consumare e possibilmente produrre energia per la collettivita`. Attorno a cio’ dovremo sviluppare delle competenze di tecnici ed artigiani ed eventualmente costruire una vera e propria filiera dell`edilizia sostenibile.

V. L’immigrazione e’ una risorsa: si’, ma.
E` vero che l’immigrazione e` una risorsa ed in generale favorisce la crescita dell’economia ed il benessere della maggioranza dei cittadini. E` altresi` vero che il 10 o 15% piu’ povero della popolazione e` danneggiato dall’immigrazione.
I piu’ poveri competono con gli immigrati per gli stessi lavori e per gli stessi servizi sociali.

Una politica sensata non deve pensare di combattere l’immigrazione, ma deve attivamente trasferire risorse e servizi a quella minoranza che dall’immigrazione viene danneggiata
. Dimenticarsi di loro e`una grave ingiustizia e fomenta le loro giuste proteste.  

 Ci vuole ricerca su questi temi e bisogna tenere conto dei risultati della ricerca quando si fanno le strategie per il futuro.

Toro alle porte palatine
 

Droga: cosi’ non si puo’ continuare.

A fronte di un
impegno delle forze dell’ordine piu’ che encomiabile, non possiamo non valutare
la lotta alla droga con gli strumenti piu’ semplici ed efficaci a nostra
disposizione: i prezzi e le quantita` consumate.

Il prezzo del
“fumo” (hashish) e’ piu’ o meno rimasto invariato negli ultimi 30 anni, quasi
che tutti gli sforzi fatti non siano serviti a nulla. Peggio e` andato per l’eroina
con prezzi tendenzialmente al ribasso. La vera disfatta della lotta alla droga pero’
si misura sul fronte della cocaina: prezzi in tracollo  e diffusione del prodotto in larghe fasce
della popolazione (in alcune aree urbane come Londra e Torino 5% di essa probabilmente
ne fa consumo).

Questa e’ la
cronaca di un fallimento. E` la Caporetto degli stati di fronte alle droghe.

E` difficile
immaginare come si potessero ottenere risultati peggiori.

Non
confondiamoci: questo fallimento appartiene a quase tutte le forze politiche,
perche` quasi tutte hanno condiviso le strategie finora attuate. Metterlo solo
sul conto del governo, dei governi, che governano oggi sarebbe ingiusto e
fazioso.

Ovviamente qualunque
politico che accetti la  responsabilita’
per le prevedibili conseguenze delle sue scelte non puo’ essere fiero di questi
risultati.

La droga e`
libera: a Torino, in Italia, negli USA, in gran parte (sostanzialmente tutto)
il mondo occidentale, quello su cui abbiamo dati piu’ attendibili. Spesso e`
piu’ facile trovare un rivenditore di polvere bianca che una latteria aperta.

Andare avanti con
questa strategia significa semplicemente essere disinteressati al destino dei
tanti individui e delle tante comunita` che oggi vivono sommersi dalla droga.

Continuare sulla
strada percorsa fino ad ora difendendosi con il paraventodella fedelta` a
principi astratti, significa semplicemente ignorare il grido di dolore che
viene da tante famiglie e quartieri.

Non possiamo
continuare a nasconderci dietro affermazioni inutili quanto lapalissiane, quali
“drogarsi e` illecito”, mentre la droga continua tranquillamente a fluire a
fiumi, distruggendo la vita di tante persone. Comportamenti violenti ed
“inspiegabili”, “strani” incidenti stradali con conseguenze mortali, violenze
efferate effettuate sotto l’influenza di stupefacenti, distorsione del mercato
del lavoro dove chi lavora onestamente e` surclassato da chi vive di spaccio,
ricchezze improvvise ed inspiegabili, enorme potere economico della
criminalita’: questi sono alcuni degli effetti dell’onda di droga che ci
sommerge.

Non sappiamo se
strategie alternative possano funzionare, sappiamo che la strategia attuata
finora e` un fallimento totale.

Tutti gli uomini
di buona volonta` devono seriamente pensare a qualche forte cambiamento di
rotta. Una possibile strategia da considerare e` quella di passare dall’attuale
regime dove la droga e` di fatto libera per strada a quello in cui la vendita
della droga venga regolamentata.

E` sciocco
parlare di liberalizzazione, perche` e` difficile immaginare un sistema in cui
la droga sia piu’ libera di quanto lo e` oggi. Forse possiamo passare da un
sistema in cui la droga e` venduta liberamente e senza regole ad un sistema in
cui la vendita di droga sia soggetta ad alcune regole. L’unica cosa che non si
puo’ fare e` far finta di nulla e dimenticarsi delle migliaia di persone che
stiamo quotidianamente abbandonando al loro destino.

Gustavo Rinaldi

Si possono fermare le stragi del mare?

Gli affondamenti
di barche di clandestine sono eventi quotidiani e spaventosi.

Centinaia, forse
migliaia di uomini e donne affogano nel Mediterraneo e al largo delle Isole
Canarie nel tentativo di migliorare la loro vita. Alla tragedia si aggiunge una
tragedia supplementare, il nostro cambiamento: quello che venti anni fa ci
avrebbe fatto inorridire oggi e` un fatto normale e quotidiano. Quelli che muoiono
in mezzo al Mediterraneo non vengono quasi piu’considerati uomini. Si
veda per esempio la differenza di trattamentro riservato ad i morti di una
tragedia aerea tipo quella di Madrid e
quello riservato agli annegati di un barcone.

 

Ad un livello
certamente diverso c’e` il problema della clandestinita`. E` vero che uno stato
deve avere dei confini e in qualche modo deve essere capace di regolare gli
accessi al suo interno. I clandestini sono molti e spesso la clandestinita’
puo’ generare illegalita` e criminalita`. Essi inoltre creano dei costi per la
pubblica amministrazione (pubblica sicurezza, sanita`, trasporti, istruzione,
ecc.)  finche` i clandestini non
contribuiscono all’erario.

Mentre e` abbastanza chiaro che le fasce medie
e benestanti e le aziende sono nette beneficiarie dell’immigrazione, disponendo di forza
lavoro (badanti, operai, camerieri, ecc) a prezzi ribassati, gli immigrati in
genere, a torto o a ragione, vengono percepiti dalle fasce povere della
popolazione come dei concorrenti, sia sul mercato del lavoro sia nel
percepimento di pubblici servizi (“al pronto soccorso a causa degli immigrati
ho dovuto aspettare tre ore”).  Si temono
gli immigrati come concorrenti nelle richieste per ottenere posti al nido,
nelle liste d’attesa per gli interventi chirurgici negli ospedali, nelle case
popolari e per i sussidi in genere.

 

Infine molti
temono che gli immigrati non accettino certi valori che noi, sia pur da poco,
diamo come piu’ o meno acquisiti: diritti delle donne, liberta` sessuale,
diritti delle minoranze e dei diversi, molteplicita` dei credo e delle
convinzioni, insomma una societa` governata dalle leggi laiche fatte dai
cittadini e non da norme dettate da Dio.

Ad onor del vero
va detto che solo una minima parte dei clandestini oggi presenti in Italia e`
arrivata usando barconi e scafisti. La gran parte e` arrivata munita di regolare visto
turistico su mezzi di trasporto autorizzati e si e` poi fermata oltre la
scadenza consentita.

Va comunque detto che sia chi arriva
rischiando la propria vita su di un barcone, sia chi arriva con regolare visto
spende somme assai considerevoli: si calcola dai 4,000 ai 15,000 dollari. In
troppi casi il prezzo e` assai piu’ alto: si paga con la vita propria e quella
dei propri cari.

Va anche aggiunto
che l’attuale norma (legge Bossi Fini)
prevede che in teoria un datore di lavoro assuma un dipendente senza mai averlo
visto in faccia. Sono pochi i datori di lavoro tanto stupidi. Si tratta evidentemente di una farsa, di un
modo mascherato per legalizzare clandestini gia` presenti sul territorio
nazionale, senza pero’ ammettere che lo si fa. Unici beneficiari le agenzie di
viaggi, di pulman, di navigazione e le compagnie aeree. Costo aggiuntivo per i
“legalizzandi” alcune migliaia di euro. Beneficio per lo stato italiano =  € 0.

Siamo all’assurdo
per cui alcuni immigrati, i “salvati” riescono ad entrare e dopo un periodo
piu’ o meno lungo di clandestinita`, di peripezie e sofferenze, vengono
legalizzati ed ottengono diritti almeno teoricamente simili
a quelli dei cittadini italiani, magari suscitando le ire di alcuni italiani.
Gli altri i “sommersi” spariscono nei flutti, senza alcun diritto, tante volte
senza nemmeno un nome ed un funerale.

Dobbiamo trovare
una via di mezzo, che sia possibile offrire a molti, evitando che il
risentimento, piu’ o meno giustificato verso alcuni, diventi la condanna a
morte per altri.

Non dico che la
clandestinita` sia del tutto eliminabile, ne’ che si possa essere certi di
eliminare gli affondamenti delle barche dei disperati nel Mediterraneo. E` pur
vero che si puo’ fare qualcosa per ridurre la strage degli annegati e per
ridurre la clandestinita`.

Bisogna creare
degli incentivi alla presenza legale in Italia. 

Manteniamo pur in
vita le attuali norme sull’immigrazione, anche se sono strambe, ma introduciamo un canale parallelo.
Lo stato Italiano potrebbe offrire dei permessi temporanei per la ricerca di
lavoro in Italia. Chi volesse ottenerli dovrebbe depositare presso il consolato
italiano nel suo paese una somma tra i 3.000 ed i 10.000 euro. Per definire
l’ammontare preciso potremmo anche stabilire delle quote di ingressi riservate a questo
canale e poi metterle all’asta su internet, paese per paese. Inoltre i
candidati ,che volessero beneficiare di questo canale, dovrebbero richiedere  un documento d’identita italiano
provvisorio corredato di molti indicatori biometrici, impronte digitali, iride,
forse anche DNA. Dovrebbero altresi’ emigrare con il consenso esplicito del
paese di origine, in modo da non avere sorprese al momento di un eventuale
rimpatrio. Infine, dopo un opportuno corso informativo per candidati alla
migrazione, dovrebbero accettare per scritto o in videoregistrazione alcuni
elementi fondamentali del nostro modo di vivere, specie quelli che normalmente,
a posteriori, possono suscitare piu’ problemi.

A questo punto,
dotati di identita` e nazionalita`certe e non cancellabili, coperti da una
sufficiente cauzione, coscenti che l’Italia e` (o dovrebbe essere) un paese laico, potrebbero
entrare in Italia in viaggi organizzati dal governo Italiano.

  Chi lo volesse potrebbe guadagnarsi dei titoli
preferenziali per l’accesso in Italia, dimostrando di sapere l’italiano o di
saper svolgere qualche professione richiesta in Italia.

 
Con il loro
documento potrebbero circolare per l’Italia per otto mesi e per otto mesi potrebbero
liberamente cercare lavoro, incontrando di persona potenziali datori di lavoro.
Lo stato potrebbe anche darsi da fare per fare incontrare domanda ed offerta,
organizzando fiere del lavoro e banche dati del lavoro.

Chi alla fine
degli otto mesi avra` trovato un lavoro, potra` fermarsi in Italia per un anno,
chi no, dovra` rientrare nel paese di origine e sara` facile identificarlo e
riaccompagnarlo a casa.

Chi, dopo un ulteriore anno,
sara` ancora occupato, potra’ restare, chi no, dovra` andarsene.

Chi gia` avra` regolarmente lavorato per venti
mesi , potra` avere un permesso di
soggiorno per piu’ anni.

A chi lascia l’Italia viene restituita tutta la somma versata all’inizio, meno le spese
sostenute dallo stato italiano per il trasporto e l’accoglienza (spese di trasporto da e per il
paese di origine, spese mediche, ecc.)  nel periodo considerato, qualora lo straniero
non abbia pagato sufficienti tasse per pagare questi costi.

 

Si potrebbe anche
aggiungere la norma che chi immigra secondo questo canale rinuncia per cinque
anni a richiedere certi diritti e servizi sociali e medici a cui tutti i residenti hanno diritto (casa
popolare, asili nido, ricongiungimento famigliare, operazioni mediche piu’
costose, ecc.). In fondo uno puo’ decidere che  e` meglio stare in Italia con diritti temporaneamente ridotti, piuttosto che morir di fame a casa propria o vedere affogare i propri cari.

 
Infine parte
della cauzione di chi resta a lavorare,
potra` venire non restituita ed utilizzata per dei programmi mirati ad aiutare
gli italiani delle fasce piu’ povere, in modo tale che anche essi possano
vedere che l’immigrazione porta loro benefici.

Questo progetto arrecherebbe gravi danni agli scafisti e a chi in genere organizza l’immigrazione clandestina, gli ruberebbe molti clienti.

 Qualcuno mi
definira` cinico, ma io credo che cinico sia colui che la sera riesce andare a
dormire pur sapendo che quella notte molti affogheranno, cercando di immigrare
e non fa nulla per salvarli.

Gustavo Rinaldi

 

 

 

 

Il ritorno di Biagi

Quando i politici possono decidere chi appare e chi non in televisione non e` un bel segno per la democrazia. Cosi’ quando Berlusconi decise che Biagi doveva sparire non fu un bel giorno per l’Italia.
Detto cio’, ci sara` da riflettere sulla gerontofilia (passione o mania per gli anziani, di successo) di questo paese: presidente di anni 81, pesidenti delle due camere e capi di governo ed opposizione settantenni, professori, magistrati ed altri alti funzionari in servizio fino a dopo i 70; ed alla RAI si preparano a dare un consistente spazio ad un ottuagenario, bravo ed illustre per carita`, ma sempre ottuagenario. Allo stesso tempo  tanti giornalisti giovani e bravi faticano enormemente a trovare uno spazio.
Il problema e` che l’Italia premia eccessivamente coloro che sono gia` arrivati e purtroppo i loro amici e parenti. La contestabilita` delle posizioni (possibilita` di perderle) una volta che le si e` acquisite e` pressoche` nulla. Per i giovani bravi, senza parenti illustri, spesso non resta che emigrare.

Partire per il Libano?

L’idea di porre una forza di interposizione europea in Libano e` ambivalente.

E` certamente apprezzabile se permette di trovare una via d’uscita all’attuale situazione da incubo dove il rapimento di due soldati ha portato alla semi-distruzione del Libano, successive rappresaglie con missili su citta` israeliane, 37 morti Israeliani (ebrei ed arabi)  e 380 morti Libanesi  (fonte: New York Times 24/07/2006).
Gli Italiani possono comprendere l’iniziale sgomento per il rapimento dei due soldati, infatti seguirono con apprensione il rapimento di due giovani donne in Iraq, (Simona Torretta e Simona  Pari, due volontarie disarmate ), e sanno quanto possa essere penoso subire un rapimento di due connazionali per mano di stranieri.

Andare in Libano e’ un grosso rischio, se
a) non sara` possibile far percepire da tutte le parti in causa la nostra forza come qualcosa di davvero autonomo.
b) se non saremo in grado di avere una forza superiore a quella delle parti in causa.

Se in Libano saremo o saremo percepiti dall’una o dall’altra parte come un surrogato di una delle due parti in causa, allora diverremo (i nostri soldati diverranno) prima dei pupazzi e poi carne da macello. Potranno facilmente divenire oggetto del tiro incrociato delle due parti e di attentati.
Al tutto si aggiunga che un arbitro ha senso quando e` davvero in grado di fermare il pallone in gioco e dare dei cartellini rossi, non quando si prende delle pallonate in faccia dalle due squadre.

Qui ritorniamo alla vicenda solita.
L’Europa e` divisa e non possiede una forza armata unica e rispettata. Le forze armate sono fondamentalmente una destinazione di tagli di bilancio da parte di quasi tutti i governi europei.
Il lavoro dei militari e disprezzato da molti, anche perche’ spesso i politici hanno assegnato ai militari  delle missioni ingiuste o impossibili. In questo modo i militari sono divenuti gli obiettivi di critiche che avremmo dovuto rivolgere ai politici che li comandavano.

C’e` seriamente da chiedersi, se prima di impegnarci in decine di missioni in giro per il mondo non sarebbe il caso di pensare ad avere un esercito davvero in grado di provvedere alla difesa dell’Europa.