Monastir, Tunisi, Tripoli, Bengasi: nomi di vie e messaggio per il presente

A Torino sono parecchie le vie e le piazze che ci ricordano che la Tunisia e la Libia sono vicinissime all’Italia come pochi altri paesi al mondo. Certo questi nomi ci ricordano anche dell’emigrazione italiana in Tunisia e della colonizzazione della Libia, con anche alcune pagine orrende e di cui non si puo’ certo andare fieri. Vero. Non possiamo negarlo. Fermarsi li’ pero’ non e` un buon modo per onorare le vittime della stupidita` e della grettezza  del passato. Oggi il nostro paese sembra affondare sotto il peso della nostra inettitudine e dei cattivi politici che NOI abbiamo scelto. Questa pero’ non e` un’ immagine completa per descrivere questo autunno 2011.  Questo e` un momento di grandi opportunita`, di grandi possibilita` e di speranza. Due paesi a noi vicini, Tunisia e Libia si sono scrollati di dosso regimi sclerotici. In quei regimi tutte le scelte erano in mano a pochissimi. Tutto doveva servire a gratificare e favorire alcune famiglie. Oggi questo e` venuto meno, chiaramente in Tunisia e probabilmente in Libia. Per noi italiani e` estremamente importante che questi paesi possano stabilire societa` democratiche, dove tutti possono dare un loro contributo e partecipare alle scelte.  Il risultato finale dipende anche da noi, l’unico paese dell’ex G7 cosi’ vicino ad essi. Le transizioni dalla dittatura alla democrazia non sono mai troppo semplici. Lo abbiamo visto bene in Europa orientale. Se la transizione diventa troppo difficile, la gente puo’ perdere la speranza e guardare con nostalgia al passato. Se la gente vede che gli stranieri si limitano a sfruttare la momentanea debolezza del paese in transizione, con operazioni “mordi e fuggi”, perde fiducia nel mondo esterno. Lo abbiamo visto bene in Russia ed Ucraina.

Ma noi oggi, con le nostre finanze disastrate, cosa potremmo fare per dare un segno di speranza a Tunisia e Libia?

Da un lato bisogna favorire la cooperazione economica in tutte le possibili forme, fornendo un po’ di assistenza alle imprese, ma non basta.  In questo momento sarebbe anche sensato  permettere una libera circolazione dei cittadini tunisini e libici in Italia. Naturalmente non si tratta di perdere il controllo delle frontiere. Si tratta di accertare bene l’identita`, anche con strumenti biometrici, di chi vorrebbe entrare in Italia e poi fornire ad essi un visto semestrale. Alla fine dei sei mesi chi sara` riuscito a trovare qualche attivita` legale in Italia, potra` fermarsi per altri sei mesi. Chi non ci sara` riuscito, verra` facilmente identificato e riaccompagnato in patria, in pieno accordo con il governo del paese d’origine.

Non sarebbe molto, ma sarebbe qualcosa. Un piccolo segno per dire ai governi di Tunisia e Libia : “We care”. Il vostro futuro ci interessa. Siamo sulla stessa barca. Abbiamo bisogno del vostro successo. Solo grazie al vostro successo la periferia d’Europa sara’ anche il centro del Mediterraneo.

 

La politica tribale in Piemonte

I recenti arresti di sospetti affiliati alla Ndrangheta in Piemonte ha messo alla luce i frequenti contatti tra esponenti di varie parti politiche e presunti malavitosi.

Non credo che si possa piu’ di tanto infierire sui politici coinvolti. Se gli elettori sanno poco dei candidati,  spesso anche i candidati sanno assai poco degli elettori.  In generale dobbiamo presumere l’innocenza e, fino a prova contraria, dobbiamo accettare che i politici in questione non sapessero che avevano a che fare con personaggi magari non irreprensibili. Ovviamente se si potra` mai  provare che qualche politico  trattasse con altri ben sapendo che essi erano davvero criminali, questo  politico andra` punito severamente.

C’e` pero’ un aspetto che credo non vada sorvolato. In molti casi i contatti dei politici in questioni con quei soggetti che ora vengono indicati come presunti malavitosi facevano parte di una piu’ generale tendenza all’acquisizione del voto “etnico” o “tribale”. Dove con questo termine mi riferisco ad un “Raggruppamento sociale autonomo, con proprio ordinamento e proprio capo, formato da più famiglie e unito da identità di lingua e costumi”. Praticamente molti politici tendono ad acquisire il voto non sulla base di proposte di progetti, buoni o cattivi che siano, ma sulla base della capacita` di certi gruppi di far votare i loro membri in un certo modo.

Io cerchero’ il voto dei Pugliesi, piuttosto che dei Siciliani, dei Calabresi o dei Lucani ed ora anche dei Rumeni. Domani magari dei Marocchini o degli Arabi in generale.

Inoltre si aggiunga che il voto in questo modo diventa da qualcosa di individuale a qualcosa che appartiene al gruppo,  talvolta al capo o ai capi del gruppo, che “segnalano” ai membri del gruppo i soggetti adatti.

Si noti bene che questa abitudine di cercare e prendere il voto su base etnica non e` una cosa che osserviamo solo in Piemonte ora. Obama recentemente e` andato in Irlanda ed in Polonia fondamentalmente per ingraziarsi gli elettori americani di origine Polacca o Irlandese.  Il fatto che la pratica sia ampiamente diffusa negli USA non la nobilita piu’ di tanto.

Queste prassi indeboliscono una sana dialettica democratica. Non si vota sui progetti, ma sulle appartenenze; i capi dei gruppi vengono ad avere un potere  abbastanza poco utile al bene comune.

Tutti i partiti invece di gridare allo scandalo, dovrebbero farsi un serio esame di coscienza sul loro uso ed abuso del voto etnico.

 

 

 

Le prime parole del nuovo assessore all’Urbanistica, Ilda Curti

Nella sua prima intervista a La Stampa come membro della nuova giunta Ilda Curti ha garantito che la moschea a Torino si fara`.

Non ho nessun dubbio che si debbano poter fare le moschee. Trovo preoccupante che chi ci inondera’ di metri cubi di cemento, l’assessore all’urbanistica, non spenda una parola sul tema.  Mi sento preso in giro. Enfatizzando un non problema, distraggono la nostra attenzione dal problema vero, il sacco della citta`. E i gonzi commentano “A l’e’ studia` sta madamin’a !”