Fiat, altra cassa integrazione per gli impiegati

da torino.repubblica.it

Altre 13 settimane di cassa integrazione agli Enti centrali della Fiat di Mirafiori e Balocco, dopo quelle cominciate a maggio e che si concluderanno a fine luglio.
Il provvedimento dal 24 agosto al 22 novembre riguarderà 345 addetti tra operai e impiegati. Lo ha annunciato l’azienda ai sindacati ai quali ha comunicato che alla ripresa dell’attività dopo la pausa estiva, la cig interesserà per una settimana dal 24 al 30 agosto tutti i 4400 addetti del comparto. Cassa integrazione per tutti gli addetti anche tutti i venerdì dei mesi di settembre, ottobre e novembre.
“Per la seconda volta la Fiat annuncia 13 settiname di cassa integrazione agli Enti centrali, anche se questa volta il numero degli addetti è inferiore a quello precedente – commenta per la Fismic il segretario regionale piemontese, Vincenzo Aragona – è necessario, pertanto, che l’azienda individui un possibile ricorso alla mobilità per ridurre così l’impatto della cig sui lavoratori.

La marcia delle Pmi che resistono

Stefano Parola su Repubblica

Tutti in strada a protestare, in un lungo corteo da piazza Vittorio a piazza Castello composto da mille persone. Ancora una manifestazione contro la crisi. Non la solita, però. Nessuna tuta blu, né colletto bianco. Al massimo una polo o una camicia a quadri. Niente bandiere di sindacati o partiti.

Solo tre striscioni con su scritto: “Imprese che resistono”. Perché questa volta in piazza non ci sono scesi gli operai, ma direttamente gli imprenditori e le imprenditrici. Tutto è nato quasi per caso. Un gruppetto di aziende del Cuneese ha messo su un blog (blog. libero. it/pmicheresistono), è scattato il tam-tam, si sono tenute riunioni via via più partecipate, fino alla decisione: serve una protesta di piazza. Così Impresecheresistono, gruppo spontaneo di Pmi del Piemonte e del Nordovest, ieri ha sfilato per le vie di Torino. Un migliaio di uomini d´azienda messi alle corde dalla crisi economica ed esasperati dalle troppe cose che non vanno. Niente slogan o fischietti, ma un silenzio da marcia funebre. C´è anche qualche operaio, perché in fondo «soprattutto in aziende piccole come le nostre siamo tutti nella stessa barca». In testa al corteo c´è Luca Peotta, portavoce e ideatore del gruppo: «Siamo in mille, con 20 dipendenti a testa rappresentiamo 20 mila famiglie: in pratica siamo una Fiat». E in piazza Vittorio c´è solo una parte di chi ha aderito: «Alcuni non sono venuti, avevano paura di esporsi», aggiunge Peotta.
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Sequestrati e rilasciati tre manager Fiat

Via Repubblica

Cinque ore di sequestro o, come preferivano dire in serata sia la polizia sia la stessa Fiat, di una «trattativa prolungata con la minaccia di un sequestro». Per tre dirigenti della casa torinese, due belgi e l´italiano Giuseppe Farinazzo, il pomeriggio è diventato comunque agitato quando sono saliti i toni della discussione nella trattativa sindacale iniziata alle 13,30 nel Fiat center di Chausse de Louvain a Bruxelles.

Trattativa difficile che era iniziata il 12 dicembre scorso quando alla riunione del Comitato aziendale europeo i vertici del gruppo avevano illustrato il piano di riduzione degli organici nello show room della capitale belga. Su 90 dipendenti il Lingotto intende tagliarne 24, quasi un terzo. Quattro mesi di trattativa non hanno portato a passi avanti significativi fino alla drammatizzazione di ieri. I tre manager che stavano trattando sarebbero stati chiusi nella stanza da dove sono usciti solo alle 18,30 senza rilasciare dichiarazioni.

Nel pomeriggio un portavoce della polizia di Bruxelles spiegava che le forze dell´ordine non intendevano intervenire: «Siamo in contatto con il responsabile delle concessionaria – diceva un portavoce – e non ci risultano prese di ostaggi. Non è dunque necessario il nostro intervento». Toni rassicuranti anche se da Torino giungeva una versione leggermente diversa: «Non ci sono situazioni di pericolo – sostenevano i portavoce – anche se nel corso della trattativa alcuni lavoratori hanno pensato di chiudere il nostro personale in una stanza per forzare la mano».

Il lieto fine delle 18,30, con i dirigenti che lasciano la sede del Fiat center, somiglia più a una tregua che a una pace vera e propria. Tanto che il governo belga ha convocato le parti per i prossimi giorni con l´obiettivo di trovare una conciliazione.

Le prospettive sono ancora difficili. In serata un comunicato dei sindacati locali fornisce una versione dell´accaduto: «C´è il rischio di un ulteriore peggioramento della trattativa – scrivono le organizzazioni dei lavoratori – perché dopo quattro mesi di incontri il personale si attendeva un reale progresso. Invece il negoziatore di Torino ha ripetuto come un automa le stesse posizioni inaccettabili. Il personale ha occupato gli accessi agli uffici della direzione e preteso dai negoziatori un progresso concreto da subito. Da allora la situazione è bloccata».

Cassa integrazione da record

Diego Longhin su Repubblica.it

Un´ascesa vorticosa. Nei primi due mesi del 2009 le ore di cassa integrazione ordinaria sono aumentate di otto volte rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A rilevare il dato preoccupante un focus della Cgil nazionale sul Piemonte: «L´aggravamento della crisi produttiva, iniziata con la cassa integrazione in Fiat, a partire dal mese di settembre 2008, esplode incontenibile nei primi due mesi del 2009», dice Susanna Camusso, illustrando il rapporto dell´osservatorio sulla Cig del dipartimento settori produttivi del sindacato di corso d´Italia. In Piemonte si sono raggiunte le 9.804.932 ore di cassa ordinaria, con un aumento sullo stesso periodo del più 787,51 per cento. Più contenuta risulta la crescita della cassa integrazione speciale +31,25 per cento, ma solo se confrontato con gli aumenti a tre cifre di questi periodi.

Il settore metalmeccanico, che tocca in maniera trasversale più filoni, è il più colpito. L´aumento segna nel meccanico un più 1.033,51 per cento, mentre nel settore metallurgico si arriva a 1.831,59 per cento in più. Nel comparto del Legno si registra un più 1.148,05 per cento, nel filone chimico più 1.378,31 per cento, il settore delle Pelli e cuoio si contiene in un più 832,07 per cento. Le ore crescono a dismisura nel comparto dei Trasporti e comunicazioni, in valore percentuale, con un più 3.396,99 per cento. La provincia dove il balzo in avanti è maggiore è quella di Torino con un più 1.182,57 per cento..

Camusso è preoccupata per «la diminuzione della produzione di beni strumentali che si trasformano nella incontrollabile crescita della Cig e di procedure di mobilità del settore come si può vedere dal focus sul Piemonte». E aggiunge: «Quando precipita la produzione dei beni strumentali – sottolinea – significa che si stanno fermandosi gli investimenti»..

Ma le ore di cassa cresceranno ancora? Per Mauro Zangola, responsabile dell´ufficio studi dell´Unione industriale di via Fanti, «si sarebbe ormai toccato il fondo – dice – la situazione rimane molto critica, ma dalle previsioni emerse dalla nostra indagine, che ha un orizzonte fino a giugno, gli incentivi al settore auto avrebbero rimesso in moto di un minimo la produzione». Quindi gli effetti si dovrebbero riflettere anche su una stabilizzazione della cassa che, come confermano anche gli industriali, da ottobre ad oggi è schizzata al massimo.

La fine del sogno della biblioteca Bellini

Emanuela Minucci su Lastampa.it

Se addirittura l’assessore alla Cultura Alfieri arriva ad ammettere che «il progetto a questo punto lo vedranno, i nostri nipotini», vuole dire che la Biblioteca Bellini, quel gigante multimediale il cui solo progetto preliminare è costato alla Città oltre venti milioni di euro, è ormai congelato. E , forse, definitivamente, tramontato. «Del resto, in un momento come questo, di crisi generalizzata – spiega l’assessore alle Finanze Gianguido Passoni – è comprensibile che anche le banche abbiano qualche difficoltà a darci una mano». E in effetti, proprio ieri, dal gruppo San Paolo-Intesa è arrivata la conferma che il finanziamento non ci sarà: «Forse la gestione passata si era impegnata in questo senso, noi al momento non abbiamo neppure la questione all’ordine del giorno».

Sparisce così l’ultimo asso nella manica che la giunta Chiamparino aveva calato qualche mese fa: la possibilità che la Compagnia di San Paolo potesse finanziare totalmente la costruzione della biblioteca Bellini. Un’opera il cui costo è stimato intorno ai 220 milioni, cento dei quali necessari per edificare il «retro» già destinato a ospitare aziende che vogliono collaborare con il vicino Politecnico. La Compagnia, si era detto a metà 2008, non si sarebbe limitata a finanziare quest’opera, ma avrebbe speso altri 120 milioni di euro per realizzare anche la biblioteca vera e propria che porta – per ora – il nome dell’architetto milanese che l’ha ideata. L’investimento sarebbe stato «compensato» dalla cessione alla Compagnia dell’edificio che ospita la biblioteca civica in via della Cittadella.

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Occupazione, brusca frenata

Stefano Parola su Repubblica Torino

Gli affari vanno male e assumere nuovi dipendenti diventa impossibile. Così il numero dei nuovi avvii al lavoro in Piemonte è crollato. Deleteria è stata la fine dell´anno: a dicembre le nuove assunzioni sono calate del 19,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell´anno precedente, portando a – 2,2 per cento il saldo del 2008. A patirne di più le conseguenze è stato il settore metalmeccanico, giù del 41,8 per cento nell´ultimo mese del 2008. Tra le province soffrono più di tutte Alessandria e Vercelli.

Dai dati dell´Agenzia Piemonte Lavoro, l´ente che si occupa di analizzare il mercato del lavoro per conto della Regione, emerge un quadro preoccupante: «È tutto il sistema a fare fatica in presenza di questa situazione economica», spiega il direttore dell´agenzia, Aldo Dutto. La crisi inizia a farsi sentire sulle assunzioni, ma non solo, perché anche la precarietà è in aumento: nel 2007 aveva un contratto a tempo determinato il 72,5 per cento dei neo-assunti, ma la percentuale è salita al 78 per cento nel 2008. Significa che quattro nuovi inseriti su cinque sono precari. Anche un altro dato che fa riflettere: il 44 per cento dei contratti a tempo determinato stipulati ha una durata inferiore al mese.

La cultura torinese ha bisogno di idee e coordinamento non solo denari

L’Assessore Alfieri accresce la dimensione dei tagli alla cultura

“Il taglio non è di 8 milioni ma di 12,5 milioni”. Parola di Fiorenzo Alfieri, assessore alla Cultura del Comune, che ieri in commissione cultura, ragionando sugli eventi in programma nel 2009 e sulla situazione finanziaria delle fondazioni culturali, Musei, Stabile e Regio, ha spiegato che la sforbiciata “è più amplia di 8 milioni, anche perchè quello preventivato all’inizio del 2008 era di 35 milioni, mentre alla fine si è deliberato di dare 12,5 milioni, con l’impegno che la differenza si recupererà nei prossimi tre anni, spalmando i quattrini e facendo una programmazione insieme alle fondazioni culturali”

Mentre Sergio Scamuzzi propone i guadagni della cultura

Attrezzare professionalmente un marketing internazionale per la cultura diventa un passaggio decisivo in tempo di crisi, creando un’agenzia in collaborazione tra privato e pubblico. I bilanci pubblici e delle fondazioni possono garantire al più alcune spese e investimenti strutturali, forse qualche evento più consolidato. E’ tempo di mostrare di aver imparato la lezione delle Olimpiadi e anche del World Design Capital e saper offrire quello che la cultura della città e della regione ha di interessante e utile per il resto del mondo e non solo per sé. Ed è molto.

Questa è la morale del marketing, che non nega ipocritamente, anzi cerca, di trarre da ciò anche un ritorno grazie al finanziamento di sponsorizzazione o meglio ancora di patnership proveniente da imprese estere interessate a realizzare progetti culturali (ed economici) qui.

E’ quasi una necessità in un paese schiacciato dai debiti pregressi e con una struttura di imprese in severa crisi che faticherà più degli altri a riprendersi. Sarebbe però triste che così si costituisse un alibi per i privati locali, al di là delle loro evidenti difficoltà contingenti. I privati italiani investono da sempre assai poco in cultura a confronto coi loro omologhi stranieri.

E’ vero che la cultura può essere bene o servizio commerciale solo in alcuni casi. Per ragioni strettamente economiche e gestionali i grandi beni culturali non si reggono sul mercato. Anche i grandi musei privati statunitensi si basano sugli investimenti di mecenati e non certo solo sui biglietti venduti a turisti e residenti, neanche a New York. Sui loro siti troviamo lunghe liste di grandi imprese multinazionali, lunghe liste di donatori anche individuali. Più orientata al pubblico in generale è la cultura europea, ma solo in Italia è così forte e scontata la delega della cultura da parte delle imprese.

Per Mercedes Bresso la cultura crea lavoro e costa poco.

Sta confermando che l´occupazione in ambito culturale crea lavoro indotto poco solido che rischia di crollare al primo refolo di vento, ma che entra da subito nel coro generale delle proteste?
«Faccio un esempio che credo possa spiegare. In inverno Venaria non ha lavorato come d´estate, ovvio. Chi gestisce il bar ovviamente si lamenta, ma bisogna riflettere che quel bar due anni fa non esisteva e adesso sì».

Quanta occupazione crea in Piemonte la cultura?
«Diciamo circa 40-45 mila persone a tempo pieno, ma il raggio di riferimento è molto più ampio, diciamo 100 mila persone. C´è poi il lavoro indotto sul commercio, sui trasporti, sul sistema alberghiero e della ristorazione. Non deve essere sottovalutato ed è per tutto questo che noi siamo convinti che la cultura sia un settore centrale sul quale si debba investire, crea occupazione e migliora la vita dei cittadini. E mi lasci anche aggiungere un dettaglio che credo importante».

Prego?
«In proporzione costa poco. Con un bilancio di 50 milioni promuovo un circuito ricchissimo di offerta culturale. Con la stessa cifra faccio una circonvallazione. Vogliamo riflettere sulla ricaduta degli investimenti anche tenendo conto di questi confronti?»

Torino, l'epicentro della crisi

Via Repubblica.it

Il conto della crisi per Torino è salato. Più salato che altrove. Ed è bastata una settimana nera di annunci, fra chiusure e cassa integrazione, per convincere il sindaco Sergio Chiamparino che «la città sta pagando dazio più di altri». Il cardinale, Severino Poletto, che ieri ha incontrato il primo cittadino, è preoccupato «per le famiglie dei lavoratori precari che non hanno nemmeno diritto alla cassa integrazione». La presidente della Regione, Mercedes Bresso, non fa fatica a fornire le cifre: «Un quarto delle grandi imprese del Piemonte sono a rischio, ci sono quaranta tavoli di crisi aperti e il credito al consumo ammonta a otto miliardi di euro». Sotto la Mole, il 21 novembre, sarà sciopero generale dell´industria. Un fermo proclamato dalla numero uno della Cgil provinciale, Donata Canta, presente il segretario generale di corso d´Italia, Guglielmo Epifani, che non ha dubbi: «Torino è l´epicentro della crisi». Ed il segretario regionale del Pd, Gianfranco Morgando, ha convocato una riunione urgente a Roma dei parlamentari piemontesi per esaminare la situazione. I numeri parlano chiaro: 3 mila posti in bilico e 40 mila in cassa integrazione.

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A far paura non è solo la situazione della Fiat e dell´indotto auto, ma le decisioni prese da gruppi come Motorola. Il colosso dei telefonini, dopo nove anni di attività del centro ricerche e un sostegno pubblico non indifferente, ha cancellato 370 lavoratori. Tutti giovani ingegneri e tecnici che ieri mattina si sono sentiti dire: «Si chiude». E al danno rischia di aggiungersi la beffa. Il gruppo non ha pagato i contributi per gli ammortizzatori sociali, quindi addio alla cassa integrazione ordinaria. Altra multinazionale che ha annunciato da un giorno all´altro di voler serrare i cancelli è la Dayco: 470 tute blu, che fino a ieri hanno occupato lo stabilimento, in mobilità.

Crisi che si vanno ad aggiungere a situazioni ormai in cancrena, come la storica Bertone, dove in 1.200 sono in attesa di sapere, dopo tre anni di cassa integrazione, se gli amministratori nominati dal tribunale troveranno una soluzione. Ma ben presto si potrebbero aggiungere altre 700 tute blu della Pininfarina, in profonda crisi ed in cerca di una boccata d´ossigeno da parte delle banche. L´azienda, dopo la morte di Andrea Pininfarina guidata dal fratello Paolo e dalla sorella Lorenza, deve far fronte ad una mole di debiti pari a 700 milioni di euro e ad un calo vistoso della produzione, tanto che si ipotizza la chiusura di due stabilimenti nel Canavese e una riduzione degli addetti.

Anche i francesi della Michelin hanno inferto un colpo a Torino, storico insediamento della multinazionale delle gomme. Lo stabilimento Stura sarà chiuso, ma gli addetti non finiranno in strada: i 640 operai verranno trasferiti a Cuneo ed Alessandria. A Mirafiori e nei siti del gruppo Fiat il clima non è migliore. Non si parla di esuberi, ma da ieri fino al 16 novembre i portoni del più grande stabilimento italiano sono chiusi per 3.500 operai. Tutte le linee, tranne quella dell´Alfa MiTo. Cassa ridotta a sette giorni per 1.200 addetti della Powertrain nell´ex Iveco. Nei prossimi mesi si replicherà, mentre i sindacati temono che a gennaio si dovranno fare i conti con scelte ancora più pesanti.