Banche: che farne?

Cosa bisogna
chiedere alle banche nate sul nostro territorio e delle quali siamo, in qualche modo, azionisti?

Esse sono in parte di proprieta’
di fondazioni caritative come la Fondazione CRT o la Compagnia di San Paolo e
queste fondazioni hanno legami con
i poteri locali che ci rappresentano.
Forse e’ davvero
giusto riflettere su quali sono le nostre priorita’ e quali dovrebbero essere
le priorita’ delle fondazioni bancarie torinesi, nelle scelte sui destini delle banche.

 Tutte le banche
dovrebbero essere efficienti e costare poco. Questa pero’ e` una
(importante) caratteristica  che dovrebbe avere
qualunque banca, indipendentemente da dove abbia la sua sede centrale, sia essa a
Torino , a Padova o a Madrid.

 Si puo’ pensare
ad esempio che le banche debbano intervenire in ogni modo possible per sostenere
l’economia locale, sostenendo aziende in crisi e grandi progetti che si realizzano su lterritorio, come ad esempio le
olimpiadi.
Si puo’ pensare
che le banche debbano evitare in ogni modo di ridurre il numero dei loro
dipendenti. Queste azioni portano certamente molti vantaggi nel breve termine,
ma possono esporre le banche a troppi costi, riducendone la loro
profittabilita’, l’attenzione verso la crescita e possono compromettere nel lungo periodo la sopravvivenza e l’indipendenza delle banche stesse.

 Si puo’ chiedere
alle banche di fare profitti in proprio o tramite dei buoni matrimoni con altre banche. Una banca nata a Torino puo’ unirsi con banche
di altre regioni, cosi’ come e’ successo per la Banca CRT, confluita
nell’Unicredit. Cio’ potra’ condurre alla creazione di una banca probabilmente solida
e capace di fare profitti. La fondazione torinese, che resta azionista, puo’
incassare degli utili, poi spendibili in varie iniziative sociali e culturali.
Il cuore della banca pero’ va a battere altrove. La
citta’ e la regione restano sedi di sportelli, ma i servizi bancari piu’
complessi ed i servizi (informatici, giuridici, di consulenza, di studi
economici e quantitativi, le attivita’ formative, ecc.) ad essi collegati vengono via via  spostati altrove. Si perdono cosi’ opportunita` di lavoro qualificato.

Infine si puo’
chiedere ad una banca locale che faccia di tutto per divenire un protagonista
europeo e mondiale. Si puo’ chiederle che acquisisca le dimensioni, le risorse
manageriali ed organizzative per divenire un protagonista europeo e magari
mondiale nel campo del credito e della finanza. Perche’?
In questo
modo una banca locale non solo puo’ garantirsi la
sopravvivenza  nel medio-lungo periodo,
ma anche puo’ mantenere a Torino una sostanziale quantita’ e qualita’ di
attivita’ finanziarie di livello superiore.

Il settore
bancario non e’ un settore “nuovo”, ma non e` neanche un settore condannato a prossima
morte, come le manifatture ad uso intensivo di mano d`opera. Il settore bancario e’ uno di quei settori dove una partita, giocata
bene, puo’ anche portare dei risultati.

Il Sanpaolo IMI
non ha ancora sostanzialmente deciso cosa fara’ da grande. Se non riuscira’ al
piu’ presto a fare delle alleanze, non avra’ probabilmente le dimensioni minime
per operare efficacemente sullo scacchiere europeo. Il fatto che costruisca un’importante
sede centrale a Torino (un grande palazzo) , non e’ di per se’ una garanzia. La
garanzia verrebbe da un piano industriale, da delle dimensioni  e da dei conti tali da permettergli di essere
nel medio lungo termine un attore chiave nel settore bancario europeo.

Certamente il
Sanpaolo e’ impegnatissimo in mille attivita’ a favore dell’economia locale e
di questo gli va dato merito. Da esso pero’ ci aspettiamo prima di tutto che
faccia la banca , che cresce e si espande sul mercato mondiale. Solo cosi’ Torino
potra’ restare (o forse apparire) sulla carta geografica
della finanza mondiale.

Hirschman e la cura medica

Un  economista statunitense di origine tedesca,  Albert O. Hirschman, suggerisce che quando quella parte della societa’ che ha piu’ potere ed e’ tendenzialmente piu’ critica puo’ fare a meno di un certo servizio pubblico, allora la qualita’ di quel servizio tendera’ facilmente a scendere. Egli spiega che i servizi pubblici si possono mantenere ad un certo livello solo se hanno degli utenti esigenti ed influenti, nonche’ desiderosi e capaci di protestare.
E` facile immaginare  gli effetti che hanno ad esempio sul nostro sistema sanitario il fatto che alcune categorie possano di fatto ottenere cure al di fuori delle strutture convenzionate con esso. Tutti ricorderanno il caso di un ex ministro della sanita’ morto in una clinica di Montecarlo o di un presidente di Regione attualmente in carica (non in Piemonte) che si fece operare in Germania,poi giustificando la sua azione dicendo che non voleva pesare sulle strutture pubbliche della sua regione…
Sarebbe il caso di pensare ad una norma che imponga almeno ai presidenti, agli assessori e ai consiglieri regionali che fannno parte della maggioranza che governa una certa regione di firmare prima dellle elezioni  un’ impegno a dimettersi, qualora per qualsiasi ragioni utilizzino servizi medici non normalmente gestiti o non rimborsabili dalla regione.

Per saperne di piu’:
Albert O. Hirschman
, 1970, Exit, Voice and Loyalty

Anche l’ICI salga sul Metro’

E`giusto fare sconti sulle imposte locali agli abitanti di certe zone, quando dei cantieri per opere pubbliche rendono molto meno gradevole la vita in quelle aree. In certi casi sarebbe anche giusto dare dei veri e propri sussidi a chi subisce gravi danni. Al contempo e` anche giusto prendere atto che quando il cantiere e` finito e l’opera funziona, il valore degli immobili nell’area circostante normalmente si rivaluta. Bisognera’ tenerne conto al momento di mandare la bolletta dell’ ICI. C’e` gente che vede il valore del proprio immobile rivalutato per il semplice fatto che la collettivita’ ha sborsato enormi somme per fare un’opera pubblica. Il denaro incassato potra’ servire a fornire qualche servizio a zone che hanno pagato, senza ricevere alcun beneficio.
E` semplicemente giusto che chi piu’ ha benefici dalla presenza della metropolitana o di un’altra opera pubblica paghi qualcosa. Sarebbe bello poter dire lo stesso per il passante ferroviario, ma per vedere i suoi benefici bisognera’ ancora aspettare.

Forse per un pensionato un aumento improvviso dell’ICI potra’ essere difficile da gestire. Bisognera’ permettere di posticipare il pagamento della maggiorazione fino al momento della morte, quando l’ente pubblico potra’ esigere il suo credito con gli interessi. 

Quanti aeroporti in Piemonte?

Bene hanno fatto la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo e vari comuni cunesi ad occuparsi di migliorare i collegamenti aerei della Provincia Granda. Sembra pero’ che abbiano usato lo strumento sbagliato quando hanno speso il denaro ( piu’ di 400 milioni di euro) per trasformare un rispettabile aeroporto turistico in un fallimentare aeroporto di linea.

Se un privato o un aereoclub desiderano dotarsi di un aeroporto e’ solo un problema di pianificazione urbanistica. Se pero’ ci sono di mezzo denari pubblici e` il caso di chiedersi: quanti aeroporti ci possono essere in Piemonte?
Per le provincie del VCO, di Biella , di Novara e di Vercelli l’attrazione di Malpensa e’ forte e logica.
Malpensa e’ un aeroporto con  quasi tutti i collegamenti che si possano desiderare, da li’ si puo’ direttamente volare nei cinque continenti senza necessita’ di aeroporti di transito.

L’aeroporto di Nizza presenta simili vantaggi per Cuneo . E` molto ben servito e non troppo lontano (2 ore in macchina, 3 e qualcosa in treno).

Ecco cosi’ che dei 4.3 milioni di abitanti di Piemonte e Valle d’Aosta restano la valle d’Aosta (legittimamente tentata da Ginevra,  1 ora e 50 minuti di viaggio), e le provincie di Torino, Asti, Alessandria ed in parte Cuneo. Si tratta di circa 3 milioni di persone o poco piu’.

Esiste un aeroporto di Torino Caselle di cui sono anche azionisti il Comune e la Provincia di Torino e la Regione Piemonte.  Caselle ha pochi voli,  raramente piu’ di sessanta  in una giornata. Questo e’ meno del numero dei voli  in un ora in partenza da Londra Heathrow. Cio’ lo rende scarsamente efficiente e caro.

Non ha nessun senso che la Regione ed altri enti pubblici spendano denaro per sovvenzionare Levaldigi. Se si vuole migliorare i collegamenti aerei della provincia di Cuneo si spenda denaro per migliorare la ferrovia Cuneo- Torino – Caselle   e Cuneo-Nizza.
Mi rendo conto che chiudendo i voli di linea a Levaldigici ci sarebbero piu’ di 40 dipendenti  che andrebbero a  spasso: eventualmente li si trasferisca a Trenitalia, garantendo il loro salario.

I soldi disponibili sono pochi, non possiamo permetterci di spenderli in progetti senza speranza.

Piazza d’Armi, parco o accampamento?

Ci potranno essere diverse opinioni a proposito dei lavori effettuati in Piazza D`Armi a Torino.
Una maggior protezione di chi sta nel parco dai rumori e l’inquinamento delle strade circostanti sarebbe auspicabile ed ottenibile con siepi e cespugli.
Certo suscita molte perplessita’ il fatto che tanti cambiamenti non abbiano incluso una ricollocazione altrove dell’accampamento di caravan e case mobili nella zona dell` ex eliporto.
Esiste un diritto all’abitazione, ma non esiste un diritto ad accampare nei parchi delle zone relativemente centrali della citta’, che sono tra l’altro oggetto di esposizione al mondo durante le olimpiadi.
Chi e` accampato in Piazza d’Armi va trattato come tutti coloro che fanno domanda di casa al Comune, senza discriminazioni o privilegi.   

Ricerca: piu’ fondi, competizione e parametri oggettivi.

La ricerca in
Europa, in Italia, in Piemonte e a Torino non e’ solo mediamente molto piu’
povera di quella americana, ma anche
finanziata secondo criteri normalmente meno competitivi.

Spesso i fondi
vengono assegnati da delle commissioni aggiudicatrici in base alla validita’
dei progetti presentati e al curriculum dei presentanti. Inutile dire che
questo tipo di assegnazione si presta ad abusi e assomiglia piu’ ad un concorso
di bellezza che ad una gara su parametri oggettivi. Contano molto i contatti
che si ha a Bruxelles, nelle capitali nazionali, in Regione, a Torino, nelle fondazioni
bancarie…

Il  rischio per la collettivita’ e’ quello di
perdere degli ottimi ricercatori, non abbastanza bravi nel creare reti di contatti.

Sarebbe
decisamente meglio assegnare risorse ai dipartimenti di ricerca in base alla
quantita’ e qualita’ delle loro pubblicazioni negli ultimi cinque anni. Dove
per la qualita’ bisognerebbe usare i criteri di importanza usati dalle
principali riviste scientifiche e nei migliori dipartimenti universitari del
mondo. Per aumentare le possibilita’ di accesso nella serie A della ricerca,
ogni dipartimento dovrebbe sapere che attraendo presso di se’ ricercatori con
pubblicazioni recenti e di prestigio, potrebbe attrarre un relativo rivolo di
denaro. Ci sarebbe cosi’ un incentivo ad attrarre ricercatore bravi. Questo metodo e’
attuabile a tutti i livelli da quello comunitario a quello comunale o di
fondazione bancaria.  Nel caso
dell’Unione Europea e dell’ Italia non si dovrebbe vietare i sussidi pubblici
alla ricerca, in base al principio che distorcerebbero la concorrenza.Cioe’ se la
regione Marche o il comune di Catania volessero sostenere la ricerca delle universita’ operanti sul loro
territorio, perche’ queste potessero divenire piu’ competitive nella
competizione Europea, dovrebbero poterlo
fare liberamente. Oggi e` cosi’ e cosi’ deve rimanere.

 Qualcuno notera’
che questo sistema finira’ per avvantaggiare alcuni atenei a discapito di altri
e lamentera’ l’ingiustizia. Di fatto oggi la ricerca e’ prodotta in ben pochi luoghi e per i ricercatori di
molte zone d’Europa ed Italia non resta che l’emigrazione. Li ritroviamo
ricercatori o professori a Birmingham, ad Harvard o alla London School of
Economics. Questo sistema permetterebbe a loro di tornare in Italia, se lo
volessero,  e forse richiederebbero ad
alcuni ricercatori rimasti a casa di rimettersi a studiare o di riscoprire
delle capacita’ in loro nascoste.

 Inoltre si potra’
notare che perfino la pubblicazione su grandi riviste scientifiche non avviene
secondo un criterio assolutamente oggettivo perche’ anche presso di esse i
“network”, le reti di contatti, contano. E’ vero. L’oggettivita’ assoluta non
c’e’, ma non abbiamo miglior criterio di questo, la pubblicazione su riviste
internazionalmente accettate dalla comunita’ scientifica mondiale. Gli altri
criteri hanno vizi ancora peggiori. Se avessimo delle burocrazie perfette
potremmo assegnare a delle amministrazioni composte di “esperti” il compito di assegnare i fondi, ma questo non sembra essere il caso. E` megio avere meccanismi automatici, che non dipendono da  amministratori esperti ed imparziali.

 Ci vogliono piu’ soldi per la ricerca e
piu’ competizione vera per ottenerli.

Bentornato telefono!

Due anziani
signori ci segnalano che dopo 76 giorni dalla richiesta sono stati riallacciati
alla rete telefonica. Erano  colpevoli di aver esercitato il loro diritto a
passare da un operatore telefonico (Fastweb) ad un altro (Telecom Italia), dopo
averlo precedentemente lasciato.

Torino puo’
farcela e l’Italia puo’ farcela, ma l’Autorita’ Garante delle Telecomunicazioni va dotata dei mezzi
per poter agire e li deve usare.

Attualmente pare
che abbia un quarto dei dipendenti dell’analoga autorita’ britannica. Il
mercato puo’ solo funzionare se ci sono autorita’ di controllo forti ed
indipendenti. Lesinare i soldi ad esse, significa lasciare i piu’ deboli in
balia dei piu’ forti.
Queste non
saranno idee nuove, ma tutti noi abbiamo il dovere di far sentire la nostra
voce su questi temi.

 

Richiesta agli scioperanti

Cari lavoratori in sciopero,
In generale fare blocchi della circolazione non e` un modo per attirarsi la simpatia del grande pubblico, e` un segno di estrema debolezza e disperazione e puo’ causare conseguenze penali,  quindi ve lo sconsiglio; comunque cari lavoratori in sciopero, se proprio dovete bloccare qualcosa, bloccate strade ed autostrade non le ferrovie. Grazie

Golden Palace * * * * *

L’apertura di un
nuovo albergo a cinque stelle a Torino e` una buona notizia.

Il Golden Palace
e’ in via Arcivescovado in un palazzo che prima ospitava uffici della Toro.
Mentre le sedi di
assicurazioni poossono anche essere decentrate, e’ estremamente utile avere
degli alberghi di pregio nel centro della citta’.

Si tratta di un’azienda
con piu’ di 100 dipendenti, che automaticamente genera un considerevole indotto
in termini di commercianti di alimentari, fiorai, produttori agricoli, riparatori e produttori di mobili, elettricisti,
informatici, contabili, legali, ecc.
Non abbiamo una cifra precisa, ma il numero di posti di lavoro creati indirettamente deve essere considerevole. Uno studio di un po’ di anni fa della prof. Margherita Chang Ting Fa mostrava come gli alberghi siano la parte dell’economia che piu’ compra da tutte le altre.

Gli alberghi di lusso possono essi stessi
divenire parte della decorazione della citta’, si pensi al Crillon a Parigi, ai
grandi alberghi di Budapest o a quelli sulla Park Lane a Londra, solo per fare
alcuni esempi. Il Golden Palace forse non e’ tanto grande come essi, ma puo’ a buon diritto vantare  un’architettura interessante
ed il luccichio degli hotel di lusso.

Non tutti noi
forse pernotteremo in un albergo a cinque stelle, ma tutti noi dobbiamo
rallegrarci che ci sia questo nuovo hotel e che sia dov’e’;  dobbiamo augurarci che abbia sempre
tanti clienti.

L’Oftalmico deve chiudere?

Pare che
il nuovo Piano Socio Sanitario preveda
l’eliminazione dell’Ospedale Oftalmico.
Abbiamo cercato
su internet il Nuovo Piano Socio-Sanitatio del Piemonte.
Non siamo stati
abbastanza bravi: non lo abbiamo trovato.

E’ difficile dire
se la chiusura dell’Oftalmico sia una scelta giusta o sbagliata. Crediamo pero’
sensato fare qualche riflessione.
La Regione
attualmente e`sia  produttrice che  acquirente di servizi di cura medica all’occhio.

Produce i servizi
con l’Ospedale Oftalmico (ed altre strutture probabilmente).
Acquista i servizi
per conto di alcuni cittadini piemontesi, bisognosi di cure.

 
Alcune  domande da farsi dalla Regione/acquirente di
servizi sono:

a) Abbiamo
bisogno in Piemonte di un centro oculistico di quelle dimensioni e che produce
quei servizi?

b) Gli
stessi soldi potrebbero dare maggior beneficio alla salute dei Piemontesi, se
spesi per altri scopi?

c) La
domanda piemontese e’ servita al meglio in via Juvarra, a Torino, o potrebbe
meglio venire servita altrove?

d) Il
passaggio ad eventuali  nuove strutture che costi comporterebbe?

Ci sono anche

delle domande che la Regione come produttrice di servizi potrebbe porsi:

· come
struttura produttiva l`Oftalmico e’ o puo’ facilmente divenire competitivo sul
mercato italiano o europeo dei servizi medici?

· Potrebbe
quindi fare dei profitti o pareggiare grazie a dei clienti provenienti da altre regioni o da altri paesi?

Sarebbe interessante l’idea di divenire esportatori di servizi medici ed in questo modo potremmo
creare o mantenere  alcune opportunita’
di lavoro qualificato ed eventualmente di ricerca.

 Non e` necessario
che sia la Regione/acquirente che la Regione/produttrice abbiano interesse a
mantenere l’Oftalmico in vita. Basterebbe che una delle due avesse una buona ragione.Forse queste questioni  sono gia’ state considerate dal Piano.
Se qualche
lettore sa dirci dove trovarlo, andremo a leggerlo con piacere.