Perche` gli esplosivi non hanno un forte odore?

In generale sono  convinto che
non ci sia dispositivo anti-terrorismo che ci possa garantire di vivere
tranquilli, credo infatti che la tranquillita` derivi principalmente
dal fatto di avere pochi nemici, evitando di farseli.

A Londra nel luglio 2005 morirono 52
persone contro  191 persone che morirono a
Madrid  l’11 marzo 2004. A Londra una seconda ondata di attentati falli’ per la scarsa
qualita` degli esplosivi.
Gli esplosivi usati nelle bombe sui treni di Madrid del
2004 provenivano da legittime produzioni industriali. Si trattava di materiale
rubato. Diversamente gli esplosivi utilizzati sui treni e pulman di Londra erano fatti in casa.
Almeno per gli
esplosivi prodotti legittimamente non si potrebbe fare un accordo mondiale
secondo il quale chi produce esplosivi deve dare ad essi un fortissimo odore
riconoscible a grande distanza da qualunque cane?
Se fosse possible fare si’ che gli esplosivi prodotti dall’industria abbiano
odore di cagna in calore, qualunque bombarolo sarebbe presto seguito da torme
di cani esagitati. Resteranno gli esplosivi fatti in casa, che pero’ finora si
sono dimostrati meno efficaci e tremendi di quelli di produzione industriale.

Chi prende i soldi UE per l’agricoltura?

Ecco chi sono  stati nel 2004 i paesi beneficiari della Politica
Agricola Comune:

22% Francia
15% Spagna
14%
Germania
12% Italia
9% Regno Unito
6% Grecia
4% Irlanda
18% altri 18 paesi

 

Sarebbe anche interessante sapere chi sono coloro che percepiscono l’assegno da €700,000 all’anno. Alcune  informazioni ci sono, si sa per esempio che tra essi dovrebbe esserci Carlo, il  principe  di  Galles, il duca di Westmister, probabilmente l’uomo piu` ricco d’Inghilterra, ed alcune societa` agroindustriali francesi. Ora il vice presidente della commissione europea l’estone  Siim Kallas sta spingendo i paesi a pubblicare la lista dettagliata di chi prende i soldi. Speriamo che abbia successo.

http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/4407792.stm

http://europa.eu.int/comm/commission_barroso/kallas/transparency_en.htm

http://www.euractiv.com/Article?tcmuri=tcm:29-146826-16&type=News

L`agricoltura e` anche affar nostro

Troppo spesso pensiamo che la politica agricola dell’UE non sia affar nostro e che la si possa lasciarla nelle mani delle associazioni agricole, dei ministri e della commissione UE. Pero` la spesa agricola e` circa il 42% di tutta la spesa comunitaria. La spesa comunitaria in termini percentuali e` solo l’1% del prodotto europeo, ma sono comunque 112 miliardi di euro all’anno. Se e` fatta male, fa perdere la faccia all`  UE. Noi abbiamo un bisogno disperato di una UE forte e ben gestita e quindi dobbiamo far qualcosa perche` la spesa agricola non sia palesemente assurda.

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Nel 2002 in Europa c`erano  610 aziende agricole ricche  che ricevevano un sussidio  di circa €768,333 ciascuna. Questi erano i veri beneficiari della politica agricola europea.
C`erano anche 2,397,630 aziende agricole povere che ricevevano circa €405  ciascuna, meno di un millesimo degli altri. Il contributo medio annuo era di € 5000.
La giustificazione di tipo sociale per questo tipo di aiuti non sta in piedi. Riceve chi e’  piu` ricco ed al povero contadino di montagna vanno briciole.
I soldi UE sono dati in proporzione alla superficie posseduta e a quanto si produceva un tempo: chi possiede di piu’ riceve di piu’. Cio’ potrebbe anche avere senso se il possesso della terra fosse collegato a stringenti obblighi concernenti l’ambiente, la qualita` dei prodotti ed il benessere degli animali (in eurocratese questa si chiama “multifunzionalita` dell’agricoltura”), ma per ora i vincoli qualitativi ed ambientali non sono cosi’ severi da giustificare queste  grosse somme. Chi le riceve puo’ continuare ad inquinare il terreno ed i fiumi e a maltrattare gli animali.

L`agricoltura UE puo’ solo venire riformata dai governi nazionali, perche` il Parlamento Europeo non ha quasi voce in capitolo, quando si tratta di  sussidi all’agricoltura. Quindi sara` il governo che eleggeremo noi il 9 aprile che dovra` dire la sua, possibilmente formando una coalizione con altri governi.
I candidati vi han detto cosa intendono fare in merito?

De Villepin: se non lo si puo’ bloccare, imitiamolo

Il caso Gas de France- Enel- Suez lascia molte perplessita` sul concetto di Europa del governo francese guidato da De Villepin. Come possiamo reagire?
1) Appelliamoci alla Commissione UE; che ci spieghino se queste mega-fusioni nazionali sono legittime o no. Se no lo sono, le blocchino.
2) Facciamo una legge che favorisca sia la crescita delle imprese sia le fusioni tra grandi gruppi; non possiamo permetterci di avere cosi’ poche imprese medio e grandi. Si diano per esempio 3 anni di sgravi fiscali a due gruppi che si fondono. Siano essi gruppi energetici o bancari o di qualche altro settore.
3)Smettiamo di fare di tutto perche’ le nostre imprese restino piccole. Basta con norme punitive per chi vuol crescere. Le piccole aziende non fanno quasi mai ricerca scientifica e tecnologica. Avere solo piccole aziende e` un lusso che non possiamo permetterci.
4) Eventualmente l’azionista Stato/Governo pensi a promuovere una fusione tra cio’ che resta dell’Enel e dell’ENI; se la Commissione Europea tollera le fusioni francesi allora dovrebbe tollerare anche questa fusione nostrana. Poniamo  in evidenza la contraddizione.

In generale, facciamo vedere che vogliamo un mercato competitivo ed europeo, ma che, se  qualcuno vuole giocare alle fusioni nazionali, siamo capaci anche noi a fare la nostra parte. Detto cio`,  non cadiamo in stupido nazionalismo e non facciamo di tutte le erbe un fascio; in Francia c`e` gente, come i giornalisti di Le Monde, che hanno capito perfettamente la natura nazionalista dell`azione di De Villepin e la condannano severamente.

Gustavo Rinaldi

L`articolo di "Le Monde":

http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3232,36-745553@51-744701,0.html

2 pesi e 2 misure

In Austria il cattivo storico inglese David Irving e` stato condannato a tre anni di prigione per aver negato lo sterminio degli ebrei durante il regime nazista.

In Turchia pochi mesi fa lo scrittore Orham Pamuk ha evitato tre anni di prigione solo grazie a pressioni dell’Unione Europea sul governo turco. Un tribunale lo stava processando per aver detto pubblicamente che non si puo’ negare lo sterminio degli Armeni ad opera dei Turchi. Violava l’articolo 301 del nuovo codice penale turco che vieta di insultare l’identita` nazionale turca. Molta altra gente e` tuttora sotto processo per simili ragioni; Pamuk se l’e` cavata in fretta e bene perche’ e` stato  candidato al nobel ed ha attratto l’attenzione della Commissione Europea.

Evidentemente ci sono due pesi e due misure.
La misura austriaca e` quella che io considero propria di un paese dell’Unione Europea.

http://web.amnesty.org/library/Index/ENGEUR440012006?open&of=ENG-2EU

Mercato Unico Europeo: si’ sempre

Grazie al mercato unico europeo la societa`elettrica spagnola Endesa ha potuto acquisire in Italia una posizione importante.
Grazie al mercato unico europeo i tentativi illeciti di impedire a stranieri di acquistare banche italiane sono stati giustamente condannati. In particolare ricordiamo vari interventi di autorita` spagnole in difesa del mercato unico europeo, quando il Banco de Bilbao stava cercando di comperare la BNL.
Ora i tedeschi di EON stanno cercando  di comprare la societa` spagnola Endesa e la musica e` molto cambiata.
Il governo spagnolo parla della necessita` di difendere gli interessi nazionali strategici della Spagna.

La difesa di interessi nazionali ai tempi dell`arrivo di Endesa o del Banco di Bilbao in Italia non sembrava una priorita` delle autorita` spagnole.

Per fortuna che esiste una Commissione Europea che del mercato unico e` tifosa sempre, sia quando i compratori sono di una certa nazione  sia quando non lo sono. E` da essa che ci aspettiamo un intervento deciso a tutela del mercato e della possibilita` (non necessita`, ben inteso !) che EON comperi Endesa.

GR

P.S.
Il governo spagnolo non si sta comportando peggio di tanti altri governi europei; l`istinto dei governi nazionali ad impedire la presenza di operatori significativi stranieri nel loro mercato nazionale e` un male diffuso; il fatto che sia diffuso non lo rende una virtu’.

Ricerca: piu’ fondi, competizione e parametri oggettivi.

La ricerca in
Europa, in Italia, in Piemonte e a Torino non e’ solo mediamente molto piu’
povera di quella americana, ma anche
finanziata secondo criteri normalmente meno competitivi.

Spesso i fondi
vengono assegnati da delle commissioni aggiudicatrici in base alla validita’
dei progetti presentati e al curriculum dei presentanti. Inutile dire che
questo tipo di assegnazione si presta ad abusi e assomiglia piu’ ad un concorso
di bellezza che ad una gara su parametri oggettivi. Contano molto i contatti
che si ha a Bruxelles, nelle capitali nazionali, in Regione, a Torino, nelle fondazioni
bancarie…

Il  rischio per la collettivita’ e’ quello di
perdere degli ottimi ricercatori, non abbastanza bravi nel creare reti di contatti.

Sarebbe
decisamente meglio assegnare risorse ai dipartimenti di ricerca in base alla
quantita’ e qualita’ delle loro pubblicazioni negli ultimi cinque anni. Dove
per la qualita’ bisognerebbe usare i criteri di importanza usati dalle
principali riviste scientifiche e nei migliori dipartimenti universitari del
mondo. Per aumentare le possibilita’ di accesso nella serie A della ricerca,
ogni dipartimento dovrebbe sapere che attraendo presso di se’ ricercatori con
pubblicazioni recenti e di prestigio, potrebbe attrarre un relativo rivolo di
denaro. Ci sarebbe cosi’ un incentivo ad attrarre ricercatore bravi. Questo metodo e’
attuabile a tutti i livelli da quello comunitario a quello comunale o di
fondazione bancaria.  Nel caso
dell’Unione Europea e dell’ Italia non si dovrebbe vietare i sussidi pubblici
alla ricerca, in base al principio che distorcerebbero la concorrenza.Cioe’ se la
regione Marche o il comune di Catania volessero sostenere la ricerca delle universita’ operanti sul loro
territorio, perche’ queste potessero divenire piu’ competitive nella
competizione Europea, dovrebbero poterlo
fare liberamente. Oggi e` cosi’ e cosi’ deve rimanere.

 Qualcuno notera’
che questo sistema finira’ per avvantaggiare alcuni atenei a discapito di altri
e lamentera’ l’ingiustizia. Di fatto oggi la ricerca e’ prodotta in ben pochi luoghi e per i ricercatori di
molte zone d’Europa ed Italia non resta che l’emigrazione. Li ritroviamo
ricercatori o professori a Birmingham, ad Harvard o alla London School of
Economics. Questo sistema permetterebbe a loro di tornare in Italia, se lo
volessero,  e forse richiederebbero ad
alcuni ricercatori rimasti a casa di rimettersi a studiare o di riscoprire
delle capacita’ in loro nascoste.

 Inoltre si potra’
notare che perfino la pubblicazione su grandi riviste scientifiche non avviene
secondo un criterio assolutamente oggettivo perche’ anche presso di esse i
“network”, le reti di contatti, contano. E’ vero. L’oggettivita’ assoluta non
c’e’, ma non abbiamo miglior criterio di questo, la pubblicazione su riviste
internazionalmente accettate dalla comunita’ scientifica mondiale. Gli altri
criteri hanno vizi ancora peggiori. Se avessimo delle burocrazie perfette
potremmo assegnare a delle amministrazioni composte di “esperti” il compito di assegnare i fondi, ma questo non sembra essere il caso. E` megio avere meccanismi automatici, che non dipendono da  amministratori esperti ed imparziali.

 Ci vogliono piu’ soldi per la ricerca e
piu’ competizione vera per ottenerli.

Una figura da ciculate’

E` di pochi giorni fa la decisione del Parlamento italiano di non attuare la normative europea sul cioccolato.
Una condannna dell`Italia davanti alla Corte Europea di Giustizia e le sanzioni del caso sono praticamente scontate.
La norma europea prevede che si possa chiamare “cioccolato”  varie sostanze  fatte con cacao e vari grassi di origine vegetale diversi dal burro di cacao. Chiunque abbia fatto l’esperienza di mangiare quei “cioccolati” di bassa qualita’ sa quanto diversi essi siano dal buon cioccolato. Difendere il buon cioccolato appare quindi come un’ottima causa.
Peccato che il mezzo utilizzato sia il piu’ sbagliato.
Se l’ Unione Europea intende adottare  una normativa poco sensata ci sono vari mezzi adatti a fermarla. Si tratta di creare una maggioranza di blocco nel Consiglio dei Ministri dell’UE o al Parlamento Europeo. Evidentemente il governo deve curare le relazioni con molti stati grandi e piccoli perche’ in Consiglio dei Ministri il voto di tutti conta. Al Parlamento Europeo bisogna  sapere costruire delle coalizioni con deputati di diversi paesi e gruppi politici.
Gli stessi gruppi politici che hanno rigettato la normativa europea sul cioccolato a Roma sono quelli che fanno eleggere  a Bruxelles e a Strasburgo o leader di  partito assenteisti  o deputati di poco peso, che normalmente restano al Parlamento Europeo per un minor numero di legislature di altri eurodeputati, per esempio i tedeschi. I partiti politici tedeschi hanno capito l’importanza del Parlamento Europeo e vi mandano deputati agguerritissimi ed esperti, che divengono quasi naturalmente punti di riferimento per i meno esperti deputati di altri paesi. Non a caso attualmente i capi dei due piu’ grandi gruppi politici del Parlamento sono tedeschi. Non a caso nessuno capo gruppo  e’ italiano.
Ottimo difendere il cioccolato italiano da bassi surrogati, ma farlo a Roma e’ del tutto inutile e ci fa solo fare quella che a Torino chiamano “una figura da ciculate’   ".

UE: lo spreco dov’e`?

Di tanto in tanto si sente parlare di eurosprechi. In particolare negli ultimi anni ha fatto un certo scalpore vedere che la Corte dei Conti dell’UE ha consigliato al Parlamento Europeo di non approvare il bilancio consuntivo presentato dalla Commissione. In certa stampa ed in certi commenti  questa e’ divenuta "Dimostrazione bella e buona dell’inaffidabilita’ dei conti UE", "prova provata dell’avidata’ degli eurocrati".
In particolare gli strali della Corte dei Conti UE andavano contro come erano spesi gli aiuti agricoli (42.6% della spesa totale dell’UE), quelli regionali (36.4%) e parte di quelli riguardanti le cosi’ dette "azioni esterne" (4.5%).
La Commissione era il chiaro imputato. Essa ha fatto presente che aiuti agricoli e spesa regionale sono amministrati dagli stati membri e non dalla Commissione ed essi rappresentano il 95% dell`area di potenziale confusione contabile. La Commissione ha quindi richiesto agli stati membri di certificare che i soldi che loro hanno speso come politica agricola e regionale sono stati spesi secondo procedure contabilmente corrette. Gli stati membri hanno rifiutato di dichiarare cio’, non essendo in grado di dare questa garanzia.
Morale: gli eurosprechi probabilmente esistono, ma sono in larga parte da addebitare proprio a coloro che si dichiarano vittime, gli stati nazionali. La Commissione puo’ certo migliorare la sua correttezza contabile, ma la gran parte dei problemi contabili denunciati dalla Corte dei Conti dell’UE sono al di fuori del controllo dell’imputato, la Commissione. Gli stati membri, invece di gridare tanto allo scandalo, farebbero bene a guardare come spendono i soldi che ricevono. Tanta stampa euroscettica farebbe bene a documentarsi e a guardare la mano che scaglia la pietra.

Per alcuni dati sulla struttura delle spese dell’UE si veda la tabella pubblicata da Le Monde
http://www.lemonde.fr/web/vi/0,47-0@2-3214,54-636617@51-725023,0.html

Bilancio UE, poteva andare peggio

Italia, Francia e Regno Unito pagheranno la stessa percentuale di PIL, lo 0.45 %.
E` un buon risultato?
E` buono che a Francia e Regno Unito sia applicata un’aliquota almeno uguale alla nostra, perche’ prima essi pagavano aliquote piu’ basse della nostra e cio’ era assurdo. Era semplicemente regressivo. Due paesi piu’ ricchi di noi pagavano una percentuale di PIL piu’ bassa della nostra. Ora almeno paghiamo la stessa percentuale.
E’ un po’ un male che non si sia potuto ottenere che ad essi venisse applicata un’aliquota un po’ piu’ alta.
In generale potremmo dire che si e` trattato di un passo nella giusta direzione.

Resta abbastanza ingiusta la posizione della Germania, che con un reddito pro capite inferiore a quello inglese, ha ricevuto  un`aliquota del  0.55%. Ancora una volta la Germania si e’ sobbarcata un costo piu` grosso di quello che i semplici numeri le attriburrebbero. Tutti noi dobbiamo apprezzare questa dimostrazione di europeismo nei fatti della dottoressa Merkel e dei suoi concittadini.

(Fonte dei dati: BBC, The world at one, 20/12/2005)