Autostrade del mare e balene

Poiche` il trasporto via mare e` uno  di quelli che inquina  poco e costa meno bisognera` cercare di incoraggiarlo. A cio’ si aggiunga che in un viaggio Palermo-Genova un TIR puo’ essere solo difficilmente piu’ veloce di una nave. Il primo deve percorrere 1428 chilometri agli 80 al’ora, se rispetta le leggi vigenti. Se potesse mantenere quella velocita` sempre, ci metterebbe quasi 18 ore; a cio’ si aggiunga qualche fermata, qualche coda e qualche incidente per la strada e facilmente si raggiungono le  20 ore di viaggio. Questo e’ quanto necessario ad una nave per fare Palermo Genova. Sono relativamente pochi i tipi di merce  per i quali poche ore di differenza contano molto. Certo organizzare dei trasporti navali efficienti e veloci non e` una cosa semplicissima, perche’  occorrono non solo porti moderni e ben attrezzati e navi veloci e capaci di caricare e scaricare in fretta e bene, ma anche una capacita` di organizzare il lavoro dentro e fuori i porti in maniera efficiente e competitiva. I porti non possono essere  isole e, se non sono ben collegati con una efficiente rete ferroviaria, divengono molto meno utili. Ancora una volta` l’accento va posto piu’ sull’organizzazione degli uomini che sulle strutture di ferro e cemento. Sono le relazioni tra esseri umani che ci vedono piu’ spesso deboli e perdenti.
Migliorare i nostri porti ed i loro annessi non solo favorira` i trasporti tra nord e sud dell`Italia, ma anche favorira` una partecipazione italiana nel mercato internazionale dei servizi portuali e di logistica, dove il potenziale di crescita e’ notevole.   foto:Stefan Jacobs

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Il mare e` anche abitato da altri mammiferi, le balene. Esse gia` oggi sono spesso vittime di incidenti nautici dove riportano ferite o muoiono.
Probabilmente esiste qualche modo intelligente per  risolvere il problema di questi incidenti. Intanto si puo’ stabilire che le navi seguano il piu’ possibile rotte precise, evitando  cosi’ i posti piu’ frequentemente abitati dai cetacei.  Inoltre gli zoologi marini forse potranno identificare e  suggerire qualche
modo per poter avvertire le balene dell’arrivo delle navi, tenendole  a debita distanza; una specie di clacson per balene.  Non dico di conoscere la soluzione, dico che e` possibile cercarla  e forse anche trovarla.
Il nostro mare ci puo’ aiutare a collegare  il nord ed il sud del paese, ma non per questo dobbiamo rinunciare all’onore e privilegio di ospitare alcune delle piu’ belle comunita` di balene del mondo.

Aviaria: pandemia o normale “influenza dei polli”?

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Un piccolo riepilogo lontano dai clamori mediatici.

Cos’è un virus? Il termine virus (dal latino virus, "veleno"), indica un agente infettivo di dimensioni ultramicroscopiche, costituito essenzialmente di materiale genetico (DNA o RNA) circondato da un rivestimento protettivo proteico. Cos’è l’influenza aviaria? Una malattia virale trasmessa dal virus H5N1 della famiglia Orthomyxoviridae, genere Influenzavirus A (lo stesso che causa l’influenza nelle altre specie animali e nell’uomo). Del virus influenzale sono conosciuti numerosi sottotipi, diversi l’uno dall’altro a dipendenza della  loro conformazione esterna. Questa conformazione è determinata in particolare da due strutture che compongono la membrana esterna del virus: la neuramidinasi (N) e l’emagglutinina (H). Si parla d’influenza aviaria perché essa ha un particolare adattamento nei riguardi dei volatili selvatici, mentre di norma, soltanto virus appartenenti a tre sottotipi di H (H1, H2, H3), di cui gli uccelli sono portatori sani, infettano l’uomo. Il pericolo potrebbe essere costituito dal fenomeno della ricombinazione genetica: nel caso d’infezioni concomitanti in uomini o in suini, i virus d’origine diversa (ceppi umani H1, H2, H3 e aviari H5, H7) potrebbero entrare in contatto e scambiarsi materiale genetico. In questo modo si originerebbero varianti dotate di nuove caratteristiche e nuove potenzialità infettive. L’ipotesi più preoccupante riguarderebbe la nascita di un virus patogeno, trasmissibile da persona a persona e con nuove caratteristiche antigeniche, non riconosciuto dal nostro sistema immunitario. La possibilità che nel nostro paese ciò possa accadere è molto remota: non v’è contatto diretto e continuativo con uccelli selvatici, mentre quelli d’allevamento sono strettamente isolati e monitorati e quindi non pericolosi per l’uomo, né c’è convivenza con suini, indicati spesso come possibili ambienti ideali per una ricombinazione genetica. Insomma, quelle condizioni di promiscuità tra animali e uomo, che hanno causato in Asia quei pochi casi d’infezione aviaria trasmessa all’uomo (trasmissione resa possibile da un fenomeno detto di drift antigenico, cioè mutazioni spontanee del genoma del virus H5N1, diverso dai fenomeni di shift, il pericoloso riassorbimento genetico, nel caso con virus specifici per l’uomo), non sono attuali in Italia. Chiariamo che per contrarre il virus bisogna stare a stretto contatto con un animale infetto, morto o vivo, e che un pollo cotto non costituisce alcun pericolo dato che la temperatura di cottura è in grado di inattivare il virus e in più, come già precisato, i controlli veterinari impediscono il contagio dell’aviaria ai nostri allevamenti. I media così solerti nel rilanciare con tono enfatico allarmi tutti da dimostrare, non sono poi altrettanto pronti a comunicare che molti casi d’influenza aviaria in animali d’altra specie, umana e recentemente nei gatti, si sono risolti con complete guarigioni, dimostrando, tra le altre cose, che la patogenicità del virus H5N1 sembra andare scemando. Se pandemia sarà ci arriverà da lontano e a trasmettercela provvederanno, probabilmente, uomini e donne che, per loro disgrazia, vivono in remote zone rurali del pianeta, dove la presenza di un medico o di un veterinario è cosa molto rara.
Fabio

curatore de Il Corriero

http://www.ilcorriero.ilcannocchiale.it/

L`agricoltura e` anche affar nostro

Troppo spesso pensiamo che la politica agricola dell’UE non sia affar nostro e che la si possa lasciarla nelle mani delle associazioni agricole, dei ministri e della commissione UE. Pero` la spesa agricola e` circa il 42% di tutta la spesa comunitaria. La spesa comunitaria in termini percentuali e` solo l’1% del prodotto europeo, ma sono comunque 112 miliardi di euro all’anno. Se e` fatta male, fa perdere la faccia all`  UE. Noi abbiamo un bisogno disperato di una UE forte e ben gestita e quindi dobbiamo far qualcosa perche` la spesa agricola non sia palesemente assurda.

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Nel 2002 in Europa c`erano  610 aziende agricole ricche  che ricevevano un sussidio  di circa €768,333 ciascuna. Questi erano i veri beneficiari della politica agricola europea.
C`erano anche 2,397,630 aziende agricole povere che ricevevano circa €405  ciascuna, meno di un millesimo degli altri. Il contributo medio annuo era di € 5000.
La giustificazione di tipo sociale per questo tipo di aiuti non sta in piedi. Riceve chi e’  piu` ricco ed al povero contadino di montagna vanno briciole.
I soldi UE sono dati in proporzione alla superficie posseduta e a quanto si produceva un tempo: chi possiede di piu’ riceve di piu’. Cio’ potrebbe anche avere senso se il possesso della terra fosse collegato a stringenti obblighi concernenti l’ambiente, la qualita` dei prodotti ed il benessere degli animali (in eurocratese questa si chiama “multifunzionalita` dell’agricoltura”), ma per ora i vincoli qualitativi ed ambientali non sono cosi’ severi da giustificare queste  grosse somme. Chi le riceve puo’ continuare ad inquinare il terreno ed i fiumi e a maltrattare gli animali.

L`agricoltura UE puo’ solo venire riformata dai governi nazionali, perche` il Parlamento Europeo non ha quasi voce in capitolo, quando si tratta di  sussidi all’agricoltura. Quindi sara` il governo che eleggeremo noi il 9 aprile che dovra` dire la sua, possibilmente formando una coalizione con altri governi.
I candidati vi han detto cosa intendono fare in merito?