Italia fanalino di coda per l'innovazione

Via Newsitaliapress

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Un Italia a tinte chiaro-scure quella uscita fuori dal rapporto del 2008 ‘Innovazione di sistema’ , rapporto stilato dalla ‘Fondazione Rosselli’ in collaborazione con il ‘Corriere della Sera’.

Il nostro paese rimane comunque in fondo alla classifica dei 19 stati appartenenti all’Ocse, recuperando un posto, però, rispetto al 2007 passando dal 17° al 16° posto.

Nella speciale classifica, comandata sempre dalla Svezia seguita da Finlandia, Danimarca e Stati Uniti, risulta che i paesi del nord Europa e americani sono ancora i primi circa il miglior utilizzo dei capitali umani, della ricerca scientifica, della modernizzazione di infrastrutture e trasporti, della produzione di brevetti e di alta tecnologia.

Secondo Riccardo Viale, responsabile della Fondazione Rosselli, “La nota positiva del rapporto 2008 è data dalla vitalità mostrata dal settore privato, vale a dire la capacità delle imprese di esportare brevetti e innovazione. Per la prima volta assoluta, infatti, l’Italia fa registrare una “bilancia tecnologica” positiva. E a questo si aggiunge il raddoppio dell’attività di venture capital, segno che sono stati individuati progetti da finanziare più interessanti rispetto al passato”.

Capostipiti di tale successo tutto italiano sono la Geox, la Benetton, la catena Autogrill molto presente negli aeroporti americani con grandi brand e l’Acotel che ha ‘inventato’ gli sms.

Questa è la vera eccellenza italiana circa lo sviluppo e la ricerca affidata, però, quasi esclusivamente ai privati.

I problemi più seri iniziano per il nostro paese quando si analizzano i fattori inerente l’influenza della sfera pubblica a causa degli errori commessi dallo Stato con investimenti per l’innovazione sempre più esigui.

Non a caso il livello del capitale umano è ancora il più basso tra quello dei 19 paesi esaminati e per quanto riguarda il “sostegno finanziario alle attività di ricerca”, per le “dotazioni infrastrutturali di base”, per l'”efficienza dei processi di trasferimento tecnologico tra università e imprese” si è sul fondo della classifica così come per quanto riguarda il numero di laureati, di ricercatori scientifici e per esportazioni tecnologiche.

Insomma un disastro al quale bisogna porre subito rimedio

Il master dei talenti premia 67 laureati

Oreal, Eataly, Procter & Gamble, Royal Bank of Scotland sono alcuni dei partner dell’edizione 2009 del «Master dei talenti neolaureati» organizzato dalla Fondazione Crt. In queste e altre aziende si svolgeranno 67 tirocini formativi destinati a neolaureati negli atenei del Piemonte e della valle d’Aosta.

L’iniziativa è stata presentata dal segretario della Fondazione, Angelo Miglietta, con Oscar Farinetti di Eataly e alcuni borsisti delle precedenti edizioni. La durata dei tirocini è compresa tra sei e dodici mesi e gli importi delle borse di studio variano tra i 1400 e i 3300 euro al mese per un investimento totale di 1,8 milioni.

Tra i paesi di destinazione previsti nel bando ci sono Francia, Germania, Svizzera, regno Unito, Spagna, Belgio, Albania, Romania, Russia, Norvegia, Svezia, Finlandia, America del Nord e del Sud, Africa, Asia. Come sedi di lavoro ci sono aziende, ma anche la Fondazione Getty, il Museo di Storia naturale di Parigi, i parchi di Yellowstone e di Isle Royale poi Eataly, Italdesign, Novamont, Burgo.

Cultura, musei e finanziamenti

Via Vittorio Pasteris

Un modello pluralistico e apolitico, meglio apartititico, vorrebbe veder crescere dal basso le idee per la realizzazione di nuovi insediamenti culturali e museali. Poi sarebbe necessario una valutazione attenta e oggettiva del valore culturale ed economico delle iniziative per giudicare gli eventuali finanziamenti pubblici. E finalmente si passerebbe alla loro erogazione. Ma questo modello virtuoso, chiamiamolo per intenderci bottom-up,  trova purtroppo raramente modo di realizzarsi concretamente.

Buona parte degli investimenti culturali e museali hanno invece una vita top-down dato che le idee, le scelte, i progetti nascono direttamente negli enti pubblici che “decidono strategicamente” quali musei o grandi iniziative culturali occorra lanciare o proporre. A questo punto realizzano progetti, ricercano finanziamenti, scelgono organigrammi, contattano fondazioni bancarie. Hanno staff ipertrofici di consulenti o stipendiati che realizzano iniziative culturali chiavi in mano. L’attività culturale e museale di questo tipo è figlia diretta e legittima degli enti pubblici, non parente di vario grado.

Ora è chiaro che ridurre il budget a queste strutture top-down sarebbe per certi politici come togliere la paghetta ai figli. Qualcuno obietterà: certe attività sono culturalmente ed anche economicamente, leggi alla voce turismo, strategiche. Certo va bene, ma queste attività hanno spesso finanziamenti spettacolari con voci di bilancio pantagrueliche. Meglio per costoro sarà ricevere una delega a ridurre e di molto lo spreco inutile di risorse. E meglio sarebbe togliere personaggi politici spesso imgombanti dal loro management per tutelare una migliore gestione degli stessi

Ridurre i piccoli musei, ad esempio quelli scientifici e tecnologici che spesso si basano sulla passione e sulla grande competenza di grandi personaggi piuttosto che su grandi soldi pubblici, vuol dire ucciderli definitivamente, strozzarli nel loro piccolo e ridotto bilancio. Certo anche in questo caso occorre avere acume e onestà nel verificare chi sia meritevole e chi siano solo scatole vuote, ma è una cura che occorre avere sempre, non solo in caso di ristrettezze.

Si svela la nuova Porta Nuova

Via Repubblica

Non è la versione definitiva, perché i lavori sono stati svolti all´80 per cento e per il completamento occorrerà aspettare fino a giugno. Però le novità già oggi sono tante. Tra quelle pratiche, la più evidente è costituita proprio dagli ingressi: si può di nuovo accedere dalle due storiche porte frontali che si affacciano su corso Vittorio Emanuele II, così come dalle due rinnovate aperture laterali di via Nizza (dove c´è la biglietteria) e di via Sacchi. Insomma, niente più circumnavigazioni per arrivare ai binari.

Ma la nuova versione di Porta Nuova è diversa soprattutto dal punto di vista estetico. «A me piace considerarla un po´ come un´opera d´arte», dice l´architetto Moretto. Per buona parte degli interni è stato semplicemente rivitalizzato il colore originale delle mura della stazione, ma sono stati anche posizionati tanti elementi dalla tinta vivace, sia nella galleria creata nella porzione che dà verso via Sacchi, che nell´atrio che dà verso i binari: «Qui il soffitto prima era tutto nero – spiega il direttore artistico – così abbiamo scelto di alleggerirlo con questo grigio-argento. Poi abbiamo piazzato questi pannelli colorati. Sono duecento metri quadri lineari, che hanno quelli che secondo me sono i colori della città: c´è il verde della collina, il rosso della passione, il lilla della montagna. Vuole essere un po´ un manifesto dei cambiamenti di Torino, che non può più essere considerata la città grigia di un tempo».

Nel centro geometrico della stazione c´è uno spazio verde, che idealmente conserva la memoria di quello che un tempo era il giardino Magnolia, e tutto attorno ci sono i tanti spazi destinati ai negozi. Gradualmente quelli al piano terra si animeranno uno ad uno, mentre il nuovo piano mezzanino diventerà operativo soltanto a giugno, con la conclusione di tutti i lavori. Entro quel mese termineranno anche i lavori del nuovo ingresso, quello che parte dalla stazione della metropolitana e si inserisce direttamente nell´atrio di Porta Nuova. Anche quest´ultimo è cambiato molto: «Con la nuova copertura in vetro – spiega Moretto – abbiamo cercato di dare una luce più “positiva”, meno grigiastra rispetto a quella che c´era prima».

A partire da qui altre fotografie della nuova Porta Nuova

Barberaware

BarberaWare è il portale dedicato agli sviluppatori indipendenti di software libero in Piemonte.

BarberaWare nasce da una iniziativa di PrometeoLibero, in collaborazione con Top-IX, con l’obiettivo di promuovere il software libero ed ancora piu’ chi del software libero fa la propria passione o la propria professione: scopo primario e’ quello di supportare con ogni mezzo, tecnico e mediatico, il processo di sviluppo di applicazioni secondo il paradigma del codice aperto.

Crediamo che il territorio piemontese sia popolato di individui dall’infinito potenziale creativo ed intellettuale, che non si limitano ad apprezzare le virtu’ del freesoftware ma che impiegano il loro tempo e le loro capacita’ per arricchire il patrimonio collettivo di codice ed idee; con questo nostro progetto aspiriamo a far convergere tale potenziale in un’unico punto di riferimento, riconosciuto dagli enti istituzionali e dall’Impresa. Per quanto le attivita’ di promozione dei principi del software libero siano importantissime, crediamo che il modo migliore per far crescere (socialmente, ma anche economicamente e politicamente) questa realta’ sia far emergere la componente attiva della cosiddetta “comunita’” e contribuire concretamente alla produzione, distribuzione e miglioramento dei prodotti sviluppati in un’ottica collaborativa.

Un posto per chi ama fare, a modo suo, ricerca e sperimentazione, per chi crea, innova e studia, per chi vuole condividere le sue conoscenze ed il suo lavoro con tutti, e per chi, pur non avendo particolari nozioni tecniche e vive il ruolo dell'”utente”, vuole proporre la sua idea e stimolare particolari settori di sviluppo.

Come effetto collaterale del progetto, considerato obiettivo da perseguire con la stessa tenacia di quelli sopra elencati, spicca la volonta’ di valorizzare quei giovani che aspirano ad una occupazione nel mondo dell’IT ma che, pur conoscendo gia’ in parte le dinamiche dello sviluppo e della manutenzione del software ed essendo naturalmente predisposti a ruoli professionali, non hanno modo di distinguersi dalla massa di coloro che acquisiscono un titolo di studio in modo sterile, apprendendo le scarse nozioni accademiche senza passione e senza interesse. BarberaWare vuole diventare vetrina di future promesse, trampolino di lancio per valenti developers in erba, setaccio per mezzo del quale l’Azienda possa valutare i migliori candidati: noi non vogliamo aridi curricula zeppi di titoli altisonanti, ma reali competenze pronte per essere immesse nel mondo del lavoro.

Pianto accademico

Andrea rossi su Lastampa

Ora che è arrivata la stangata dei 30 milioni di euro facoltà e dipartimenti dell’Università di Torino somigliano tanto a quel condannato che aspetta solo di conoscere l’entità della sentenza. Per loro la sentenza è un numero: quanto dovranno tagliare. Poi dovranno decidere come. E dove.
Nonostante tutto 10 su 13 dei presidi hanno approvato il bilancio. Tre si sono astenuti. «Non era possibile esprimere un giudizio ponderato», spiega Sergio Vinciguerra, preside di Giurisprudenza. «Non ho capito bene se dovevo votare una dichiarazione d’intenti o un progetto di bilancio». Anche il suo collega di Scienze politiche Franco Garelli si è astenuto. «Ho avuto l’impressione che non tutte le voci di bilancio fossero tagliate con la stessa intensità. E non emergeva un progetto di bilancio, esposto e condiviso».
Ora, però, tutti si fanno i conti in tasca. E non è che ci sia molto da scegliere. Le spese, per gli organi periferici, sono da tempo ridotte all’osso. Ma, adesso, la riduzione del 50 per cento dei finanziamenti e l’introduzione del canone d’affitto rischiano di minare un’impalcatura che si regge quasi per miracolo. Già piovono richieste di correttivi. «Alcuni dei criteri andranno rivisti – spiega Anna Maria Poggi, preside di Scienze della Formazione – Fino a oggi la tassa sulle immatricolazioni spettava in parte all’ateneo e in parte alla facoltà; ora si deciso di destinare all’ateneo anche metà della quota spettante alle facoltà. Per chi ha molti iscritti, come noi, è come restare senza ossigeno».
Tutti sanno che i tagli saranno dolorosi. «Docenti esterni, professionisti: ci occupiamo di case history, studiamo cosa succede nelle aziende agroalimentari. E invitiamo i loro dirigenti. Non credo che ce lo potremo più permettere, così come dovremo rinunciare alle visite alle aziende», racconta Vincenzo Gerbi, presidente del consiglio del corso di laurea in Tecnologie alimentari, ad Agraria, una delle facoltà per cui la scure dei tagli sarà più pesante. «I costi delle strutture sono enormi. Il rischio è destinare quasi tutte le risorse per pagare l’affitto di spazi fino a ieri gratuiti».

Porta Susa Sotterranea

Via Vittorio Bertola

Forse non ve ne sarete ancora accorti, perché ne ha parlato soltanto ieri sera il TG Regionale del Piemonte con un servizio, ma oggi è stata ufficialmente aperta la nuova stazione di Torino Porta Susa. Si tratta di un evento storico: è da venticinque anni che le Ferrovie, con i tempi biblici dello Stato italiano, lavorano alla realizzazione del passante ferroviario e della nuova stazione. Il servizio di ieri sera era piuttosto celebrativo, ma si è dimenticato di dire alcune cosette – per esempio, se tutti i treni ora fermano là sotto oppure no. Pertanto, oggi all’ora di pranzo, passando in zona, sono andato a fare un piccolo reportage.

Il risultato è stato scoprire che, come intuibile, la notizia dell’apertura è un tre quarti di bufala: al momento, la stazione è servita soltanto da nove treni al giorno, con destinazione Bra o Chieri; tutto il resto transita dalla stazione vecchia. Infatti, sono aperti soltanto i due binari 5 e 6, e soltanto in direzione Torino Lingotto; il resto del passante e della stazione è ancora da finire, e in certi casi proprio da costruire; anche dentro la parte aperta della stazione, incuranti degli scarsi passeggeri (ok, quando ero lì l’unico treno in un’ora era il regionale per Chieri delle 13:26), ci sono operai ovunque che montano piastrelle e sistemano cavi.

Sull’orario Trenitalia, comunque, la stazione viene indicata a parte, con nome Torino Porta Susa Sotterranea, o abbreviato Torino P.SS; potete quindi effettuare ricerche specifiche da o per essa, anche se generalmente vi verrà proposto di “cambiare” andando alla (normale) Porta Susa mediante “Percorso interno alla stazione”.

Anche solo arrivare alla stazione è difficile: sono aperti soltanto tre ingressi. Uno è identificato come “Ingresso C corso Inghilterra” e consiste in una scalinata (niente scala mobile) sul marciapiede di corso Inghilterra circa all’angolo di via Susa; il secondo, sempre sul marciapiede di corso Inghilterra, si chiama “Ingresso D corso Inghilterra” è circa all’altezza di via Duchessa Jolanda, verso via Grassi, e ha anche la scala mobile (solo in salita) e l’ascensore. Esiste infine un terzo ingresso, che rappresenta l’unica forma di comunicazione con il centro di Torino e con Porta Susa di superficie: si trova nel corridoio dell’ingresso D, dal lato opposto, dove una scaletta di una dozzina di gradini (segno che la stazione è davvero poco in profondità) sbuca direttamente all’estremità sud del marciapiede del binario 3 di Porta Susa, ben oltre la fine della pensilina. Grazie a questo trucco, le due stazioni sono intercomunicanti; ma l’unico modo che avete per sbucare in piazza XVIII Dicembre è riscendere nel sottopasso di Porta Susa vecchia e uscire di lì.

Sognare, osare e fare, le idee diventano aziende

Gabriele Beccaria su Lastampa.it

Parole d’ordine: «Dream, dare, and do». «Non si deve avere paura di concepire una visione alta delle proprie potenzialità: un problema di molti è che ci si accontenta. Poi si deve osare: maturare un’esperienza imprenditoriale è importante anche
se non si riescono a raggiungere gli obiettivi iniziali. E infine darsi da fare: l’imprenditore non può essere un part-time».
Chi parla è Marco Cantamessa,  presidente di «I3P», la sigla che significa «Incubatore Imprese Innovative »: creato dal Politecnico di Torino – spiega il rettore Francesco Profumo – è il più grande centro italiano per la creazione di nuovi business e sta per compiere 10 anni. Qui il «credit crunch» non si sente e, anzi, le proposte aumentano, favorite – aggiunge Profumo – «dal continuo scambio tra studenti, professori, investitori e industriali».

Professor Cantamessa, quanti bussano alla vostra porta?
«Ogni anno arrivano 150 idee d’impresa: di queste, 50 diventano business plans e, di questo gruppo, una quindicina si trasforma in vera impresa. Esiste un rapporto di 1 a 3 a ogni strozzatura dell’imbuto».

Come funziona la vostra formula?
«E’ duplice. Siamo un incubatore universitario, che si offre come sbocco per ricercatori e studenti del Politecnico, e una sede per chi vuole realizzare una start-up nell’high tech collegata con l’ateneo».

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L'Innovative Day a Milano

Lunedì 15 dicembre 2008 dalle ore 10 si terrà a Milano l‘Innovative Day, un open day organizzato per diffondere la cultura della tecnologia, della creatività e dell’innovazione con una metodologia basata sul “learning by doing”.

L’evento è nato in collaborazione con Innovhub, l’Azienda speciale della Camera di Commercio di Milano per l’innovazione. Durante la giornata, dal tema “l’innovazione vuol dire più idee, più produttività, più successo insieme ad un maggior risparmio”, si svolgeranno un camp, un lunch e due workshop.

Il programma

  • dalle 10 alle 13.15: camp “Nuove tecnologie e le PMI: risparmio e risultati efficaci”
  • dalle 13,15 alle 14,15: lunch
  • dalle 14,15 alle 16,00: workshop “CreAttività”, per sensibilizzare i partecipanti verso le logiche alla base del Pensiero Laterale e per stimolare la curiosità nei confronti del pensiero creativo;
  • dalle 16,00 alle 17,30: workshop “Dire/Fare”, in cui si toccheranno con mano i vantaggi delle nuove tecnologie, la loro facilità d’uso.