Glomera: esce una nuova release

Sono oltre 350 gli utenti che hanno attivato un canale sulla piattaforma, dal lancio ufficiale di Glomera, avvenuto il 17 ottobre 2007 con Smau Channel, la web tv della Fiera internazionale dell’Information & Communication Technology. Ed è anche grazie ai loro preziosi consigli che Glomera ha potuto rendere il servizio offerto ancora più usabile, arricchendolo di nuove funzionalità: come le statistiche sull’audience registrata.

La nuova versione della piattaforma rende il servizio maggiormente accessibile, estendendolo agli utenti Mac e Linux, e potenzia le funzionalità abbinate: le statistiche e le modalità di integrazione del player e delle funzionalità interattive in altre pagine web.

Ogni canale permette infatti di monitorare in tempo reale l’andamento della programmazione misurando il numero di utenti unici collegati e offrendo dunque uno strumento puntuale a supporto della propria strategia di comunicazione video. “Si tratta di uno strumento di misurazione fondamentale per chi decide di pianificare una comunicazione video virale – afferma Stefano Colonna, amministratore delegato di Glomera – grazie a cui ognuno potrà ottimizzare le proprie video produzioni a costi abbattuti in termini monetari e temporali”.

Chiunque voglia creare una web tv, sia per scopi professionali, sia per il puro divertimento di essere creatore di palinsesti interattivi, ha la possibilità di fruire di un servizio immediato e di standard qualitativi elevati. Non è necessario possedere specifiche competenze tecniche per utilizzare i servizi di Glomera: bastano pochi click per mandare in onda le proprie trasmissioni.

L’utente può integrare la propria web tv all’interno di molteplici portali, scegliendo la combinazione che meglio si adatta alle proprie esigenze fra quelle disponibili, che comprendono: il player video di Glomera, la guida programmi, il box interattivo con link, immagini, documenti di approfondimento contestuali ai video e da far scaricare agli utenti, il box dei commenti, e il sistema di voto.

Glomera offre un servizio flessibile e immediato che consente di strutturare la propria comunicazione sul web in maniera efficace e di far leva su diversi livelli di interazione. Si favorisce la creazione di comunità virtuali offrendo agli utenti la possibilità di incontrarsi su un canale, seguire, commentare con gli altri utenti le trasmissioni in onda e interagire con il gestore.

Nanotech 2008

Quasi 600 partecipanti provenienti da 23 paesi diversi, 8 sessioni in 5 giorni di convegni, 60 relatori, esibizione di 80 poster scientifici, 21 tra sponsor e supporter, 160 docenti e ricercatori e oltre un centinaio di aziende. Questi alcuni numeri di NANOTEC2008.it, primo Convegno Internazionale sulle nanotecnologie mai organizzato in Italia, in programma a Venezia dal 10 al 14 marzo 2008.

Aprirà la conferenza inaugurale di lunedì 10 marzo, alle 14.30 presso l’Auditorium Santa Margherita a Venezia, il Governatore della Regione Veneto, Giancarlo Galan. A seguire, Luca De Biase, Direttore di NOVA24 (Il Sole24Ore) modererà i diversi relatori che interverranno in questo importante evento che registra già il tutto esaurito: Pier Francesco Ghetti, rettore dell’Università di Venezia, Luigi Rossi Luciani, Presidente Veneto Nanotech, Andrea Bianchi, Direttore Generale del Ministero dello Sviluppo Economico, Matthew Nordan, Amministratore Delegato dell’americana Lux Research, azienda leader a livello mondiale per lo studio degli investimenti e della commercializzazione di nanotecnologie, Nicholas Deliyanakis, Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea, Renato Ugo, Presidente AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale) ed Elvio Mantovani, Direttore di NanotecIT.

Il Convegno proseguirà poi da martedì 11 a venerdì 14 presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti a Venezia. Organizzato congiuntamente Veneto Nanotech e AIRI/Nanotec IT in collaborazione con la Regione del Veneto, Veneto Innovazione e Nòva24, NANOTEC2008.it metterà in evidenza come le nanotecnologie possono portare allo sviluppo di una nuova generazione di prodotti, dispositivi e processi in grado di rivoluzionare settori di grande rilevanza.

Conversazione su Torino con Bruce Sterling

Dal sito di Torino World Design Capital l’intervista di Mark Vanderbeeken a Bruce Sterling

Bruce Sterling è uno scrittore di fantascienza americano, noto in particolare per i suoi romanzi e l’autorevole progetto antologico Mirrorshades, che ha definito il genere letterario cyberpunk. Ma è anche un acclamato futurologo e un critico di design. Nel suo libro di recente pubblicazione “Shaping Things”, Bruce ha coniato il termine “spime” per indicare oggetti di futura fabbricazione, che si basano su un supporto informatico talmente esteso e vario, da renderli esemplificazioni materiali di un sistema immateriale.

Nel 2003 ha ottenuto la cattedra presso l’European Graduate School, dove in estate tiene dei Corsi Intensivi di media e design. Nel 2005 è stato invitato a curare il programma “Visionary in residence” presso l’Art Center College of Design di Pasadena, in California. Da quest’autunno, vive a Torino con la moglie Jasmina Te¨anović, scrittrice e regista serba, e ha collaborato in veste di guest curator all’allestimento del Torino SHARE festival

Dom.:Come sei approdato a Torino?

Sono stato invitato. Lo scorso anno, ho partecipato allo SHARE Festival e mi ha profondamente colpito. E’ un piccolo festival, ma ogni anno acquisisce più importanza. Mi hanno proposto di diventare il curatore ospite e aiutarli ad organizzare l’edizione successiva. Allora mi sono detto: “Beh, ecco un peccato che non ho ancora commesso!”. E non avevo alcun motivo per rifiutare. Parafrasando Carla Bruni: “Non potevo dire di no al Presidente. Non c’era motivo per rifiutarlo!”. Neanche io avevo alcun motivo per dire di no, e ho ottenuto ottimi risultati con il lavoro svolto qui.

Dom.: Ti sei fatto un nome a Torino. Ti vedo spesso sul podio, come oratore, anche a fianco di rappresentanti politici.

Questo perché sono un giornalista. Mi interesso a ciò che fanno. Inoltre scrivo per la stampa italiana, e la gente è molto disponibile con i giornalisti, perché ama apparire sui giornali. Personalmente, non mi dispiace affatto. Non chiedo niente in cambio, per altro. Non sono qui per fare pressioni o avanzare richieste assurde. Sono un tipo allegro e innocuo, davvero.

Dom.: E nel frattempo hai avuto l’opportunità di comprendere a fondo la città.

Gli stereotipi non fanno mai giustizia a nessuno, ma se dovessi descrivere in poche parole i torinesi, dovrei rifarmi ai tratti classici per cui sono noti in tutta Italia: freddini, formali, squadrati, militarizzati, ingegneri, cervellotici, intellighenzia, con in più una bizzarra vena mistica. Torino può sopravvivere senza l’Italia, ma l’Italia non sopravvivrebbe senza Torino. I torinesi sono aristocratici, immersi nel proprio universo mentale… So che sto esagerando, ma c’è anche un briciolo di verità.

Dom.: Ma è anche una città in piena trasformazione. Desideravi prendervi parte?

Come americano, quando vedo un posto in fase di radicale cambiamento, mi domando quali siano le leve che mettono in moto il meccanismo. Di conseguenza, all’inizio, quando sono arrivato, ponevo le domande sbagliate, nel tentativo di individuare la mente alla base della trasformazione. E invece quest’ultima non viene dettata dal tecnocrate di turno, come accadrebbe negli Stati Uniti. Si tratta piuttosto di un fenomeno socio-culturale.

Dom.: In che senso?

In America, un forte cambiamento a livello sociale di solito è messo in moto da due categorie, avvocati e finanzieri, ed implica una revisione delle norme giuridiche. Inoltre gli americani si aspettano che i problemi e le sfide siano affrontate con una soluzione di natura tecnica.

All’estero, come americano, ho applicato la stessa logica e cercavo di individuare i soggetti che, da dietro le quinte, controllano il cambiamento. Tali individui esistono anche in seno alla società italiana, ma non hanno lo stesso peso. La società italiana, soprattutto a Torino, è dotata di un capitale sociale di gran lunga superiore a quello americano.

L’America è molto più atomizzata: le relazioni sociali fondamentali sono di natura economica e legale. Sono fondate sulla Costituzione oppure sul dollaro onnipotente. Noi americani vogliamo arrivare al succo della questione: una cosa o è illegale o ha arricchito qualcuno.
Trovo che quello che sta accadendo in Piemonte sia affascinante. La regione ha molto da offrire al mondo esterno: ad esempio, il movimento Slow Food.

Tanto per cominciare, si tratta del “movimento” Slow Food, invece che di Slow Food Spa. Negli Stati Uniti, Slow Food sarebbe una catena anti-Mc Donald’s. Il fondatore avrebbe professato: “Odio Mc Donald’s, quindi creo il mio franchising”. Come è stato per Apple in opposizione a IBM.

Slow Food si fonda su una solida base sociale e rappresenta un autentico modus vivendi, con volti diversi: una scuola, una casa editrice, un’università, una serie di conferenze, un network internazionale, un dominio privatizzato di sistemi di controllo e garanzia, ed un guru culturale.

Definire Slow Food è un’impresa ardua. In inglese non lo si può descrivere in parole semplici, e anche questo mi ha colpito. All’inizio ero un po’ perplesso, ma il punto è che funziona perfettamente e probabilmente non sarebbe possibile gestirlo in nessun altro luogo, se non qui.

Oggi il movimento Slow Food è popolare anche negli Stati Uniti, ma l’America non sarebbe mai stata in grado di partorire un’idea simile. È il frutto di un’invenzione sociale, e del genio piemontese.

Dom.: Che cos’altro ti ha colpito?

Il rapporto che Torino ha instaurato con la sua storia: questa è la prima città al mondo a considerare l’industria automobilistica come parte del proprio passato economico. E lo fa in maniera delicata e rispettosa, senza voltare le spalle alla vocazione industriale di un tempo, e senza negare il XX°secolo. Ha semplicemente ideato un metodo, educato e conforme ai dettami del XXI°secolo, per la gestione di strutture in disuso come il Lingotto (ex-fabbrica FIAT), che a Detroit sarebbero state abbandonate, invase dai tossicodipendenti, ricoperte di graffiti, e con gli alberi che crescono da tutte le parti.

La versione americana di questa trasformazione probabilmente avrebbe fallito. In passato
ho affermato che le rovine dello sviluppo non sostenibile sono la frontiera del XXI°secolo. Il pianeta è giunto a saturazione e non ci sono altre vie d’uscita.

Attualmente sono i centri urbani decadenti, ristrutturati e trasformati in quartieri signorili, ad essere teatro dello sviluppo più vivace. O siti come il Lingotto, in cui un’immensa fabbrica di montaggio auto si è trasformata in polo commerciale e di ristorazione. Oggi il Lingotto costituisce uno spazio per i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro. Trovo che sia una trasformazione formidabile.

Il resto dell’intervista

Aziende, ecco i giovani creativi

Luca Castelli su Lastampa.it

“Oggi sono sempre di più i giovani che investono nella creatività. E grazie alla piccola grande rivoluzione tecnologica degli ultimi quindici anni, possono farlo con strumenti sempre meno costosi e più semplici. E’ una generazione che sta sviluppando forti competenze. Il problema è aiutare i migliori a trovare anche sbocchi professionali per il proprio talento. E’ questa la filosofia da cui nasce il Faber Meeting”.

A parlare è Carlo Boccazzi Varotto, che della manifestazione in corso in questi giorni a Torino è ideatore e direttore. Non è un festival come gli altri, il Faber Meeting. Se non altro perché non segue il classico canovaccio delle conferenze/incontro per il pubblico, ma preferisce puntare sulla creazione di un contatto diretto ed esclusivo tra giovani eccellenze creative e grandi aziende impegnate nel mondo dell’entertainment e dei media (in senso piuttosto trasversale: si va da big come Rai, De Agostini e www.lastampa.it fino a piccole e medie imprese locali).

“Il nostro è un evento giovane, alla prima edizione, voluto dall’Assessorato al Lavoro del Comune di Torino”, spiega Boccazzi. “In pochi giorni però siamo riusciti a raccogliere più di settanta opere di giovani autori tra i 20 e i 32 anni, provenienti da tutta Italia. Sono state le aziende stesse a scegliere le trenta migliori, suddivise in tre categorie: audiovisivi, animazione, Web. I trenta autori sono stati invitati a Torino per incontrare proprio i responsabili di quelle aziende che li hanno selezionati e per seguire i workshop di esperti come il regista Mimmo Calopresti (audiovideo), Franz Fischnaller del gruppo Fabricators (web) e Matthew Luhn della Pixar (animazione)”.

Uno strano ibrido, decisamente figlio dei nostri tempi, quello tra concorso e workshop. “Alla fine del Meeting ci saranno tre vincitori, uno per categoria, che saranno annunciati venerdì pomeriggio al Cinema Massimo di Torino e porteranno a casa duemila euro a testa. Tutti avranno comunque l’opportunità di avvicinare quel mondo del lavoro che rimane spesso molto distante dalle giovani creatività. Non vogliamo illudere nessuno: non crediamo che ci saranno immediate offerte o contrattualizzazioni. Ma speriamo che sia un primo passo per spiegare agli artisti come funzionano determinati ambienti di lavoro e per far conoscere alle aziende nuovi giovani di talento. Il livello dei concorrenti è altissimo: è incredibile cosa riescono a fare questi ragazzi. Lo stesso Calopresti è rimasto a bocca aperta e la Rai ha manifestato un forte interesse nei confronti di alcune opere”.

Contatto avvenuto, insomma. Da un lato un’industria tradizionalmente piuttosto chiusa come quella della comunicazione e dell’entertainment. Dall’altro un mondo aperto per natura, come quello dei nuovi creativi cresciuti a pane, Web e nuove tecnologie. Quali saranno i risultati?

Chi muore al lavoro

Il Consiglio comunale di Torino, nell’Anno della sicurezza nei luoghi di lavoro, intende realizzare una mostra fotografica dal titolo “Chi muore al lavoro” e un’opera video sulla tragedia avvenuta nello stabilimento della ThyssenKrupp di corso Regina Margherita, lo scorso 6 dicembre, che causò la morte di sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi.

Tutti possono partecipare (fotografi professionisti, foto-amatori, familiari, colleghi di lavoro, amici, cittadini comuni), inviando le proprie fotografie sugli avvenimenti che hanno coinvolto gli operai e la città intera (funerali, marce, cortei, fiaccolate, momenti significativi, ecc.) ENTRO IL 14 MARZO 2008 in formato digitale all’indirizzo e-mail [email protected] oppure su cd a Ufficio stampa Consiglio comunale – piazza Palazzo di Città, 1 – 10122 Torino.

I proventi della vendita del catalogo della mostra e dei materiali realizzati verranno interamente devoluti al Fondo per le vittime del lavoro istituito dal Comune di Torino. L’invio delle immagini implica la cessione al Comune di Torino, a titolo gratuito, dei relativi diritti per tutte le iniziative ineranti il tema della sicurezza sul lavoro promosse dalla Città (indicare nell’e-mail l’accettazione delle presenti condizioni).

L’invio delle immagini implica la cessione al Comune di Torino, a titolo gratuito, dei relativi diritti per tutte le iniziative ineranti il tema della sicurezza sul lavoro promosse dalla Città (indicare nell’e-mail l’accettazione delle presenti condizioni).

Faber Meeting: una tre giorni di eventi

Una giuria di esperti, indicati dalle aziende aderenti all’iniziativa, ha selezionato i 30 autori che saranno ammessi al Faber Meeting, una tre giorni di incontri, dibattiti e workshop che si terrà al Virtual Reality & Media Park di Torino tra il 5 e il 7 Marzo 2008, un modo per sperimentare una nuova modalità di interazione fra creatività e mercato. Rai, Mediaset, T-Lab, DeAgostini, ma anche tante altre realtà presenti sul territorio piemontese presenteranno il loro rapporto creatività – impresa attraverso una serie di incontri intitolati “Il mercato dell’entertainment – audiovisivi, internet, web: panorama e orientamenti del mercato” e “Tra mercato, sperimentazione e ricerca – l’evoluzione tecnologica e la produzione di contenuti”.

Il programma della tre giorni

La diretta delle conferenze di Faber Meeting

Faber Meeting: la fase finale

Una giuria di esperti, indicati dalle aziende aderenti all'iniziativa, ha selezionato i 30 autori che saranno ammessi al Faber Meeting, una tre giorni di incontri, dibattiti e workshop che si terrà al Virtual Reality & Media Park di Torino tra il 5 e il 7 Marzo 2008, un modo per sperimentare una nuova modalità di interazione fra creatività e mercato.

Rai, Mediaset, T-Lab, DeAgostini, ma anche tante altre realtà presenti sul territorio piemontese presenteranno il loro rapporto creatività – impresa attraverso una serie di incontri intitolati “Il mercato dell’entertainment – audiovisivi, internet, web: panorama e orientamenti del mercato” e “Tra mercato, sperimentazione e ricerca – l’evoluzione tecnologica e la produzione di contenuti”

Il programma delle tre giornate

5 marzo 2008
Virtual Reality & Multi Media Park – Corso Lombardia 190 Torino

  • 9,30 Reception partecipanti Fabermeeting
  • 10,00 – 10,30 Coffee break
  • 10,30 – 11,30 Presentazione dell'iniziativa da parte degli enti promotori
    Introducono Carlo Boccazzi Varotto e Mussi Bollini
  • 11,30 – 13,00 Incontro con le realtà aderenti: le attività, i progetti futuri, le professionalità che cercano
  • 13,00 – 14,00 Buffet
  • 14,00 – 17,00 Incontro con le realtà aderenti:
    le attività, i progetti futuri, le professionalità che cercano
  • 17,00 – 17,30 Coffee break
  • 17,30 – 19,30 Incontro “Il mercato dell'entertainment” Audiovisivi, internet e web: panorama e orientamenti del mercato.

Intervengono:

  • Luca Milano, Direttore Rai Fiction
  • Giancarlo Leone, Vice D.G. Rai
  • Aldo Pellegrini, Direttore CPTO
  • Stefania Raimondi, A.d Enarmonia
  • Giorgio Grignaffini, Resp. Fiction Mediaset
  • Anna Masera, Lastampa.it
  • Maria Elena Gutierrez, Direttrice View

6 marzo 2008
Virtual Reality & Multi Media Park – Corso Lombardia 190 Torino

  • 9,30 – 13,00 Workshop

“Dal documentario alla fiction: linguaggi e tendenze” Mimmo Calopresti – Regista
“Cinema d'animazione: dal disegno alla storia” Matthew Luhn – Pixar
“Dal web all'interaction design” Franz Fischnaller – Fabricator

  • 13,00 – 14,30 Buffet
  • 14,30 -16,00 Prosecuzione workshop
  • 16,00 – 16,30 Coffee break
  • 16,30 – 18,30 Incontro “Tra mercato, sperimentazione e ricerca” L'evoluzione tecnologica e la produzione di contenuti

Intervengono:

  • Roberta Enni, Vice Direttore Rai 2
  • Massimo Rosso, ICT Nuove tecnologie
  • Gianpaolo Balboni, TILAB
  • Franco Bevione, VRMMP
  • Andrea Fava, Multimediale De Agostini-Utet
  • Alberto Morello, CRIT

7 marzo 2008
Cinema Massimo 2 – Via Verdi 18
Torino Museo della Radio e della Televisione – Via Verdi 16 Torino
Cafèliber – Corso Vercelli 1

  • 14.30 Presentazione pubblica dei lavori vincitori del concorso Cinema Massimo 2
  • 18,00 -19,00 Consegna dei premi CNA, Confartigianato e Casartigiani Cinema Massimo 2
  • 19,00 Rinfresco Museo della Radio e della Televisione
  • 22,00 Festa dichiusura Cafèliber

Tutte gli incontri vengono trasmessi in diretta da Fromspoontocity.tv

Silicon Torino memories

da un articolo di Bruno Ventavoli sulla Stampa del 9 novembre 2000

Tecnologici, fantasiosi, flessibili: chi sono i protagonisti della net generation che hanno cambiato l’anima della città Silicon Torino capitael del web. Seimila miliardi di fatturato. 65 mila occupati. Secondo le statistiche, Torino è la capitale italiana della new economy. Dietro le cifre, i grafici, la mole di miliardi creati e spostati, c’è anche un nuovo mondo. Di professioni, competenze, genialità. Che trasforma l’anima e la vocazione di una solida metropoli industriale. Che sperimenta mestieri d’avanguardia.

Della Silicon Valley sappiamo molto. Conosciamo i capitani d’industria in rete come Bill Gates, Jeff Bezos, o Shawn Fanning, che hanno saputo estrarre cascate di miliardi dalle vene minime del silicio. Il sociologo David Brooks ci ha appena tratteggiato il popolo dei Bobos, i 30-50enni che hanno trovato il «paradiso» con la new economy, che mescolano ricchezza e pauperismo, feng shui e borsa. E cosa succede a Torino e in Italia? Qui l’economia della tecnologia avanzata si è sviluppata in ritardo rispetto agli Stati Uniti. La sua crescita tumultuosa determina mutamenti altrettanto radicali. Fa germinare una nuova classe di imprenditori e una nuova categoria di lavoratori. Quelli della net generation.

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Piccole valley crescono

Da Repubblica Affari e Finanza

Esistono le Silicon Valley italiane? Non è una questione accademica ma la conseguenza di quello che dicono i dati dell’industria Made in Italy. Dati che parlano di un boom delle esportazioni che fa dell’Italia l’unico paese del mondo, assieme alla Germania, ad avere la stessa quota del commercio mondiale di mezzo secolo fa, quando Cina, India e Corea, industrialmente non esistevano ancora, e non c’era nemmeno il Giappone (vedi l’articolo pubblicato a pagina 14). Il Made in Italy vende, ha saputo riconvertirsi dai prodotti di bassa qualità a quelli ad alto valore aggiunto. Produce macchine e sistemi complessi, innova in tutta la filiera e in tutte le filiere. E allora dovrà pure avere dei centri di eccellenza. O no?

La risposta è complessa. Ma a voler proprio semplificare senza bizantinismi, l’unica risposta possibile è: no. Ecco perché.

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