Arriva la propaganda olfattiva, ovvero l’arte di “prendere per il naso”

In campagna elettorale (un po’ come in amore) ogni mezzo è buono per far breccia nei cuori. C’è perfino chi si affida all’olfatto. In questi giorni alcuni non vedenti e ipovedenti di Torino hanno trovato, nella cassetta delle lettere, strane buste da cui proveniva un inconfondibile profumo di arbre magique (quei deodoranti che si mettono nelle auto). Un caso? Una combinazione? E’ possibile, ma può anche darsi che qualcuno (magari attingendo agli elenchi delle associazioni per disabili visivi) abbia pensato di usare il profumo come biglietto da visita e strumento di persuasione. Come dire: “quelli che non usano gli occhi, nella vita vanno un po’ a naso”.

L’ipotesi di una campagna olfattiva mirata diventa più concreta aprendo le buste. Il mittente è Marco Borgione, assessore uscente alle Politiche Sociali del Comune, ricandidato con l’Udc. Un foglio spiega quali sono stati gli interventi di Borgione a favore dei disabili in questi anni: “8 nuove residenze socio-assistenziali, mobilità sostenibile attraverso i buoni taxi, ampliamento della sede di via Nizza, Centro per le Relazioni e le Famiglie in Via Bruino”. Lasciamo per un momento da parte i contenuti (anche se fondamentali, ovviamente) e concentriamoci sulla modalità comunicativa. Possiamo solo osservare che il programma è scritto in nero e a caratteri piccolissimi (esattamente come quello degli altri candidati). Così i principali destinatari della campagna (non vedenti e ipovedenti) si devono accontentare di sentire “il profumo della politica”.

E questo profumo è un arbre magique in piena regola (alla menta), fatto a forma di “santino elettorale” con la foto di Borgione. C’è perfino l’indicazione su come usare e conservare il prodotto: “This car freshener is not a toy and not suitable for children”. Car freshener, cioè deodorante da auto. Un deodorante da auto, per ciechi? Francamente fa sorridere.

Non è questa la sede per una disamina articolata degli interventi assistenziali del Comune (negli ultimi anni, bisogna dirlo, molte persone si sono rimboccate le maniche per rendere migliore la vita dei cittadini disabili). Però prendiamo spunto dalle “campagne olfattive” per dare un consiglio ai candidati, a qualunque schieramento appartengano. I ciechi (e i disabili in genere), nella politica come nella vita non vanno a naso, se andare a naso significa fermarsi all’apparenza, accontentarsi del (pro)fumo senza cercare l’arrosto. Diciamo invece che, nella politica come nella vita, i ciechi (e i disabili in genere) hanno buon fiuto: c’è una bella differenza.

Come votano i disabili?

Le elezioni amministrative sono alle porte. Poco più di una settimana e andremo alle urne. Vale la pena, dunque, dare un’occhiata alle normative che regolano il voto per le persone disabili. In termini molto generali, queste sono le indicazioni di legge: 

Voto assistito. I disabili che non sono in condizione di votare autonomamente (ad esempio i non vedenti) possono chiedere di essere assistiti da una persona di loro fiducia. Per esercitare questo diritto devono presentare al seggio un certificato di accompagnamento rilasciato dalle Asl. Per evitare di dover rinnovare il certificato a ogni consultazione, è possibile ottenere un riconoscimento permanente che attesti il diritto acquisito (in pratica viene messo sulla scheda elettorale un apposito simbolo, che deve essere chiesto al Comune nel quale si vota).

L’accompagnatore: non deve necessariamente essere iscritto nelle liste elettorali dello stesso Comune dell’assistito. Basta che sia iscritto nelle liste elettorali di un comune italiano. ATTENZIONE: ogni accompagnatore può assistere un solo disabile. Il perché di questa norma, purtroppo, è abbastanza ovvio. Si cerca di evitare che qualcuno approfitti della fiducia che gli viene data e trasformi l’accompagnamento in un “business” truffaldino con cui agevolare (all’insaputa degli assistiti) questo o quello schieramento politico.

Voto per persone con disabilità motoria. I disabili motori possono votare nella loro sezione oppure (nel caso ci siano problemi di barriere architettoniche) in un’altra sezione più accessibile, purché appartenente alla stessa circoscrizione amministrativa. Per esercitare questo diritto bisogna presentare al seggio un’apposita documentazione rilasciata (anche in precedenza e per altri fini) dalle Asl, oppure una copia della patente di guida speciale. ATTENZIONE: per le amministrative del 15 e 16 maggio, il comune di Torino ha pubblicato una lista di sedi accessibili ai disabili, consultabile a questo link. Inoltre nei giorni delle elezioni sarà attivo un servizio di trasporto assistito. E’ possibile prenotarsi telefonando al numero 011- 4428008. Per giorni e orari consultare la pagina a questo link.

Voto a domicilio. E’ una conquista relativamente recente (la legge che la prevede è del 2006). Le persone con disabilità particolarmente grave e quelle che non possono essere trasportate (ad esempio perché dipendenti da macchine per le funzioni vitali) possono votare nella loro abitazione. Per esercitare questo diritto devono presentare al Comune nel quale votano un’apposita dichiarazione accompagnata da un certificato medico rilasciato dalle Asl. La documentazione va presentata con un anticipo di 15 giorni sulla data delle elezioni.

Avventura a Dublino, inseguendo Nolan

Nolan: chi era costui? Poeta e scrittore, Christopher Nolan (1965 – 2009), laurea ad honorem in lettere, è vissuto e  ha studiato a Dublino, ha pubblicato libri significativi, è stato insignito di importanti riconoscimenti, come la Medaglia d’Eccellenza della United Nations Society of Writers e il premio Person of the Year della Repubblica d’Irlanda. Una biografia rigorosamente letteraria potrebbe fermarsi qui. Ma nella vita di ognuno di noi c’è qualcosa che sfugge ad archivi, anagrafi ed enciclopedie. Ed è proprio questo qualcosa che ci rende unici. Ecco, la storia di Nolan è una di quelle storie che tutti, una volta della vita, dovrebbero poter ascoltare. Come un patrimonio universale di bellezza, come un inno alla vita, come la cupola del Brunelleschi o la cappella Sistina.

A causa di alcune complicazioni durante il parto, Christopher Nolan nacque con una paralisi cerebrale infantile. Parlava con gli occhi, il solo canale comunicativo che non gli fosse precluso. La rivoluzione nella sua vita si ebbe quando, con la somministrazione di un particolare farmaco, i medici riuscirono a fargli muovere alcuni muscoli del collo. E si dischiuse un mondo interiore, ricco quanto imprevedibile. Grazie a un congegno fatto a forma di unicorno e a una tastiera speciale, Christopher riusciva a scrivere a computer. Sua madre, che da sempre credeva nelle possibilità del ragazzo speciale, gli stava accanto, tenendogli la testa e aiutandolo nei movimenti. E’ in questo modo che Nolan ha scritto la raccolta Il crollo della diga dei sogni e il racconto Sotto l’occhio dell’orologio, un bestseller tradotto in tutto il mondo. Quando l’impossibile diventa possibile non è mai per una ragione sola. In questo caso ci sono tanti ingredienti: una mente straordinaria, una volontà da scalatore, i progressi della medicina, l’amore di una madre. Nolan si è spento due anni fa, ma la sua vita resta un segno di speranza e un esempio per tutti.

Una prova? C’è chi, recentemente (dall’8 all’11 aprile) è partito dal Piemonte per inseguire a Dublino la storia del grande scrittore. Protagonisti 30 ragazzi con vari tipi di disabilità, tutti iscritti all’Istituto Boselli di Torino. Il progetto è stato possibile grazie al coraggio degli insegnanti e del Preside della scuola, ma anche grazie all’impegno di ragazzi normodotati che hanno fatto da accompagnatori. Così, per quattro giorni, la squadra ha conquistato Dublino: ha visitato i luoghi simbolo della vita di Nolan (come la scuola dove studiò), ma si è anche concessa qualche allegra bevuta nei pub cittadini. Molti dei ragazzi non si erano mai allontanati dalle loro famiglie. Tantomeno per andare all’estero. E’ stata una bella avventura, quindi. Una di quelle sfide da pionieri silenziosi che non fanno rumore, ma hanno la forza di cambiare la storia. Non solo quella dei protagonisti, ma in qualche modo (e questo è l’aspetto che non finirà mai di sorprenderci) anche la nostra.  

Dal crollo del Darwin allo sport paralimpico: Andrea, il sogno che non si arrende

I. Poteva essere un sabato mattina come tutti gli altri per i ragazzi del liceo Darwin di Rivoli: gli zaini pieni di libri, le voci dei compagni nella nebbia novembrina, la matematica alla lavagna, la teste appesantite dal sonno e forse dalla voglia di essere altrove. Ma non è stato così. Quel 22 novembre 2008 si è trasformato in un giorno di tragedia. Quando radio e tv hanno dato la notizia dell’incidente, il tutto pareva così assurdo che si faceva fatica ad assimilarlo: il soffitto crollato, un ragazzo, Vito Scafidi, rimasto ucciso e un suo compagno, Andrea Macrì, gravemente ferito. Sulla città, frastornata dal dolore, è calato il silenzio, come per un’improvvisa eclissi o per il passaggio di una nuvola nera. Poi, secondo un meccanismo inesorabile nella società dell’informazione, nuove notizie si sono affastellate nella memoria collettiva e quel ricordo è diventato via via più labile. Di Vito, dalla sua famiglia, di una tragedia che rende impossibile ogni commento, qualche volta si è ancora parlato. Di Andrea non più.

II. Andrea Macrì, 20 anni non ancora compiuti, sembra nato per lo sport. Ha un cuore da atleta e una mente da lottatore. Calmo, lucido, dinamico: l’agonismo è il suo pane quotidiano. Fa parte delle Lame rotanti, club di scherma per atleti disabili nato nel dicembre 2010. Non solo: è un campione di sledge-hockey e gareggia nei Tori seduti di Torino. Convocato in nazionale, a febbraio è partito per la Svezia ed è ritornato con un titolo europeo. Insomma, detto in poche parole, Andrea si avvia a diventare una stella dello sport paralimpico. E’ difficile (anche lavorando per immedesimazione) capire come lui possa aver vissuto questi ultimi due anni e mezzo: il tempo che si ferma, il coma farmacologico, la vita in bilico, poi i nove mesi di durissima riabilitazione e la consapevolezza di avere un corpo ineluttabilmente trasformato. L’unico dato certo è che in questa seconda vita Andrea ha trovato una scintilla, una ragione per lottare, per desiderare di essere al meglio ciò che è. E’ senz’altro merito della sua volontà, ma anche dell’Unità Spinale del Cto di Torino, che lo ha avvicinato allo sport paralimpico.

Recentemente vari giornali, tra cui Luna Nuova di Rivoli, hanno parlato di questo ragazzo tenace, della sua energia, della sua voglia di farcela. Naturalmente raccontare la sua storia non significa mettere da parte la tragedia, negare quello che è successo, nascondere che ci sono delle precise responsabilità e che su quanto è accaduto al Darwin non è ancora stata fatta sufficiente chiarezza. Ma al di là di tutto questo, resta l’imprevedibile grandezza di un “essere speciale”. Sono le persone come Andrea che hanno ancora il potere di scuoterci da tanti momenti di torpore e inerzia. Possiamo prendere in prestito le parole di una bellissima canzone di Niccolò Fabi, intitolata proprio Essere speciale: “e quando ho la testa chinata sul marmo tu possa gridare e svegliare il mio sonno”.

All’Unione Ciechi il vino si ascolta: oggi per gioco, domani chi sa…

Ascolta il vino: questa sinestesia (dal sapore un po’ baudelairiano) è il titolo di una proposta rivolta a persone cieche e ipovedenti. Si tratta di un minicorso organizzato dall’Onav (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) in collaborazione con l’Uici (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) del Piemonte. Le lezioni, che si terranno il 16 e il 17 aprile nella sede torinese dell’Uici, si concentreranno su diversi argomenti: si parlerà di comunicazione sensoriale, ma anche di storia dei vini, delle uve, del territorio. E Naturalmente non mancheranno le esercitazioni conclusive. A fine corso i partecipanti riceveranno un attestato di frequenza e un kit con bicchieri e valigetta per qualche assaggio casalingo. Certo, sarebbe ridicolo pensare di formare dei sommelier in appena 8 ore: è ovvio che il corso ha carattere meramente introduttivo. E’ un assaggio, appunto, minimo ma magari sufficiente per destare in qualcuno la curiosità. A volte accade (complice una buona dose di fortuna) che una passione maturi nel tempo trasformandosi, proprio come un buon vino stagionato, in lavoro.

Non vedenti e ipovedenti sono in grado di svolgere egregiamente molte professioni: questo è (o almeno sarebbe bello che fosse) un dato acquisito. Finora la realtà ci ha tramandato tante storie di musicisti, fisioterapisti, avvocati, perfino artigiani, insegnanti e negli ultimi anni (grazie alle nuove tecnologie) operatori di banca. Mi fermo per brevità, ma si potrebbe continuare. La strada del gusto, forse, era ancora inesplorata. Per questo la collaborazione tra Onav e Uici è una realtà promettente, che nel tempo potrebbe dare i suoi frutti, soprattutto in Piemonte. Non dimentichiamo che la nostra regione è la terra di Eataly, del Salone del Gusto, di Slow Food, di Terra Madre, dell’Università di Pollenzo e del WiMu, il museo del vino che ha aperto i battenti a Barolo appena qualche mese fa. In tempi di crisi generale, il settore dell’enogastronomia dà segni di crescita che fanno ben sperare. E allora perché non immaginarsi che qualche “assaggiatore per caso” di oggi possa diventare domani uno stimato professionista?

Campionati Studenteschidi di Corsa: gli atleti disabili devono restare a casa. Mancano i fondi

Diciotto anni appena compiuti, ottimi risultati a scuola, ma soprattutto una grande passione per lo sport. E’ la vita di Elisa Trecastagne, una ragazza che studia a Pinerolo e viva a Villafranca Piemonte. Il suo deficit motorio non le ha impedito di essere una campionessa: il 10 marzo scorso a Santhià è salita sul gradino più alto del podio, conquistando il primo posto ai campionati regionali di corsa campestre. Un ottimo risultato, che le avrebbe garantito l’accesso ai Campionati Nazionali Studenteschi. Ma i suoi sogni di atleta si sono dovuti bruscamente interrompere. Il motivo? Molto banale: non c’erano più fondi e così i 172 ragazzi disabili finalisti sono dovuti rimanere a casa. E dire che la partecipazione degli atleti portatori di disabilità ai Campionati (che sono organizzati dal Ministero dell’Istruzione) è parte integrante del regolamento. “Ma come è possibile – commenta amareggiata Elisa – Per gli atleti normodotati, il cui rapporto rispetto a noi sarà di dieci a uno, i quattrini si sono trovati…”. Il 17 marzo scorso, mentre l’Italia intera era intenta a celebrare il centocinquantenario, Elisa si sentiva esclusa, non poteva evitare di pensare alle divisioni tangibili che ancora esistono. Così ha riversato su Facebook tutta la sua delusione e la sua rabbia. Il tam tam della rete ha fatto il resto. Oggi la storia di Elisa è stata raccontata dal quotidiano La stampa e varie persone, appartenenti al mondo della politica (come Manuela Ghizzoni, Pd) e dello sport (come Emanuela Di Centa) si sono mobilitate. Il risultato: due interrogazioni parlamentari. Certo, nessuno potrà ridare a Elisa la partecipazione alle finali (visto che i Campionati, almeno quelli per i normodotati, si sono già disputati), ma forse qualcosa (e sarebbe ora) inizia a muoversi. Che dire? I diritti a volte hanno l’aspetto di dure vette da scalare.

Oltre 20 beni accessibili ai disabili nella giornata del Fai

Tra i beni artistici e ambientali (una cinquantina in tutto) che il Fai mette a disposizione del pubblico nella Giornata di primavera, più di 20 sono accessibili alle persone disabili.  E’ un ottimo segnale, che fa sperare e promette bene. Se è vero che spesso la vita quotidiana pone ai disabili problemi molto concreti (muoversi autonomamente in città, tra ostacoli e barriere architettoniche per molti resta un miraggio) è altrettanto vero che non si può sempre confinare la cultura tra i beni di lusso. Esiste in ogni persona un bisogno di bellezza, di crescita spirituale: l’arte non è un capriccio da intellettuali, ma è uno strumento che ci aiuta a essere più armonici, più riflessivi, più completi. In una parola: più uomini. L’enorme patrimonio ambientale, artistico e culturale di cui l’Italia dispone  dovrebbe poter essere disponibile per tutti. Quindi ben venga, in questo senso, l’attenzione che il Fai rivolge ai disabili. L’augurio è che nel tempo il numero di luoghi accessibili possa aumentare, tenendo conto che, trattandosi di beni storici, spesso sottoposti al vincolo delle Sovrintendenze, realizzare accessi ad hoc non sempre è possibile.

Nell’elenco dei beni piemontesi visitabili grazie al Fai, durante la  Giornata di Primavera, quelli accessibili sono contrassegnati da un asterisco:  http://www.giornatafai.it/Piemonte.htm

Pensioni di invalidità: il Piemonte è tra le regioni virtuose

In tempi di intenso dibattito sulle pensioni di invalidità, a pochi mesi dall’inizio della campagna Brunetta (lancia in resta contro i falsi invalidi) non può che far discutere l’analisi relativa alla distribuzione delle pensioni sul territorio nazionale.

Da uno studio realizzato dalla  fondazione Hume su dati Istat del 2005, emerge, tanto per cambiare, un’Italia spaccata. In alcune province del sud si registra un’assoluta sproporzione tra le pensioni erogate e il numero di abitanti, cosa che fa presumere abusi e irregolarità (secondo la statistica, a Lecce 178 abitanti su mille percepirebbero una pensione. Quindi, quasi 2 pensioni ogni 10 abitanti). All’altro capo della lista stanno le province “formichine”, quelle che erogano con più parsimonia. Molte città del Piemonte si piazzano bene: tra le più virtuose ci sono Verbania e Novara. Torino è al decimo posto (con 65 pensioni ogni 1000 abitanti).

Uno squilibrio nord-sud è innegabile. “La maggiore incidenza nel Mezzogiorno degli infortuni sul lavoro – fa notare sulla Stampa Luca Ricolfi – non c’entra, perché il grosso è rappresentato da assegni di invalidità civile”. Se in tutte le regioni italiane si adottassero le buone pratiche delle realtà più virtuose, prosegue la Stampa, si potrebbero recuperare quasi 5 miliardi di Euro l’anno, su un totale di 15 erogati.  

Attenzione però all’uso strumentale e politico dei dati: il pericolo di generalizzare (sud tutto “magna-magna”, nord tutto virtuoso) è sempre in agguato. E soprattutto attenzione perché quando si decide di tagliare bisogna farlo con intelligenza. Ben vengano i controlli se portano a reprimere gli abusi, ma bisogna evitare che in questo modo a rimetterci siano i disabili veri.

Libri per ipovedenti realizzati in carcere: l’ultima sfida dell’Apri

Non solo borse, caffè, cioccolata. Presto i detenuti delle Vallette di Torino potrebbero essere coinvolti anche nella realizzazione di libri tattili e ingranditi per persone con disabilità visiva. E’ l’ultima proposta dell’A.p.r.i. (Associazione piemontese retinopatici e ipovedenti).

Nei giorni scorsi Marco Bongi e Pericle Farris, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione, hanno incontrato il direttore del carcere, Pietro Buffa, che ha espresso interesse per il progetto. A breve ci saranno nuovi incontri, per definire i dettagli e capire come procedere.

Le prospettive sono incoraggianti. Infatti un progetto pilota, già realizzato in collaborazione con l’A.p.r.i, esiste nel carcere di Ivrea e a quanto pare sta dando buoni risultati. Per questo, fa notare l’associazione, sarebbe bello estendere l’esperienza anche alla realtà torinese. Non solo: negli anni passati una fruttuosa collaborazione tra i detenuti del penitenziario di Opera (Milano) e l’istituto per ciechi Cavazza di Bologna, ha portato alla produzione di una collana di libri digitali. In questo modo centinaia di non vedenti e ipovedenti hanno avuto accesso a contenuti altrimenti off limits.

Ciao mondo – presentiamoci

Un blog sulla disabilità può essere pericoloso. A  qualcuno potrebbe venire il dubbio che sia un modo per circoscrivere, limitare o peggio ghettizzare una realtà infinitamente complessa, cui non si può dare un nome solo. E’ vero: tutte le etichette sono pericolose. Non esistono i “disabili”. Prima di tutto esistono le persone. E le persone devono essere guardate nella loro interezza: il corpo, lo spirito, il cuore, i sogni, i pensieri, le idee, le passioni, i conflitti, gli ideali…

Ci sono persone che nella vita devono fare i conti con alcuni limiti fisici (a volte molto “pesanti”) e che, per convenzione, vengono chiamate “disabili” o “diversamente abili”. Questo piccolo spazio non pretende di essere esaustivo, di risolvere problemi o di andare come Don Chisciotte contro le storture del mondo. L’idea è, più semplicemente, quella di raccontare alcuni fatti e alcune storie di vita. Con semplicità, con onestà, con ironia e anche con un pizzico di esperienza personale.

Il titolo nasce da una considerazione. Chi convive con la disabilità o con la limitazione fisica, spesso si deve comportare come un pioniere, un apripista, un esploratore. Non deve aver paura del rischio e non deve fare troppo caso ai pregiudizi. Le strade ordinarie non sono affatto scontate. Bisogna inventarsi soluzioni personali, a volte molto faticose. Per lavorare, per mangiare, per affrontare i problemi, per costruirsi una vita di relazioni. Questa condizione può portare a guardare la realtà con uno sguardo diverso, entusiasta o arrabbiato, comunque mai banale.

Pionieri, dunque, ma silenziosi. Perché la disabilità di solito non fa molto rumore. I media hanno storie più “importanti” (si fa per dire) da raccontare. Silenziosi, dunque, perché spesso affrontano i loro limiti con grande dignità e senza fare schiamazzi. Ma silenziosi anche perché inascoltati.