Pensioni di invalidità: il Piemonte è tra le regioni virtuose

In tempi di intenso dibattito sulle pensioni di invalidità, a pochi mesi dall’inizio della campagna Brunetta (lancia in resta contro i falsi invalidi) non può che far discutere l’analisi relativa alla distribuzione delle pensioni sul territorio nazionale.

Da uno studio realizzato dalla  fondazione Hume su dati Istat del 2005, emerge, tanto per cambiare, un’Italia spaccata. In alcune province del sud si registra un’assoluta sproporzione tra le pensioni erogate e il numero di abitanti, cosa che fa presumere abusi e irregolarità (secondo la statistica, a Lecce 178 abitanti su mille percepirebbero una pensione. Quindi, quasi 2 pensioni ogni 10 abitanti). All’altro capo della lista stanno le province “formichine”, quelle che erogano con più parsimonia. Molte città del Piemonte si piazzano bene: tra le più virtuose ci sono Verbania e Novara. Torino è al decimo posto (con 65 pensioni ogni 1000 abitanti).

Uno squilibrio nord-sud è innegabile. “La maggiore incidenza nel Mezzogiorno degli infortuni sul lavoro – fa notare sulla Stampa Luca Ricolfi – non c’entra, perché il grosso è rappresentato da assegni di invalidità civile”. Se in tutte le regioni italiane si adottassero le buone pratiche delle realtà più virtuose, prosegue la Stampa, si potrebbero recuperare quasi 5 miliardi di Euro l’anno, su un totale di 15 erogati.  

Attenzione però all’uso strumentale e politico dei dati: il pericolo di generalizzare (sud tutto “magna-magna”, nord tutto virtuoso) è sempre in agguato. E soprattutto attenzione perché quando si decide di tagliare bisogna farlo con intelligenza. Ben vengano i controlli se portano a reprimere gli abusi, ma bisogna evitare che in questo modo a rimetterci siano i disabili veri.

Libri per ipovedenti realizzati in carcere: l’ultima sfida dell’Apri

Non solo borse, caffè, cioccolata. Presto i detenuti delle Vallette di Torino potrebbero essere coinvolti anche nella realizzazione di libri tattili e ingranditi per persone con disabilità visiva. E’ l’ultima proposta dell’A.p.r.i. (Associazione piemontese retinopatici e ipovedenti).

Nei giorni scorsi Marco Bongi e Pericle Farris, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione, hanno incontrato il direttore del carcere, Pietro Buffa, che ha espresso interesse per il progetto. A breve ci saranno nuovi incontri, per definire i dettagli e capire come procedere.

Le prospettive sono incoraggianti. Infatti un progetto pilota, già realizzato in collaborazione con l’A.p.r.i, esiste nel carcere di Ivrea e a quanto pare sta dando buoni risultati. Per questo, fa notare l’associazione, sarebbe bello estendere l’esperienza anche alla realtà torinese. Non solo: negli anni passati una fruttuosa collaborazione tra i detenuti del penitenziario di Opera (Milano) e l’istituto per ciechi Cavazza di Bologna, ha portato alla produzione di una collana di libri digitali. In questo modo centinaia di non vedenti e ipovedenti hanno avuto accesso a contenuti altrimenti off limits.

Ciao mondo – presentiamoci

Un blog sulla disabilità può essere pericoloso. A  qualcuno potrebbe venire il dubbio che sia un modo per circoscrivere, limitare o peggio ghettizzare una realtà infinitamente complessa, cui non si può dare un nome solo. E’ vero: tutte le etichette sono pericolose. Non esistono i “disabili”. Prima di tutto esistono le persone. E le persone devono essere guardate nella loro interezza: il corpo, lo spirito, il cuore, i sogni, i pensieri, le idee, le passioni, i conflitti, gli ideali…

Ci sono persone che nella vita devono fare i conti con alcuni limiti fisici (a volte molto “pesanti”) e che, per convenzione, vengono chiamate “disabili” o “diversamente abili”. Questo piccolo spazio non pretende di essere esaustivo, di risolvere problemi o di andare come Don Chisciotte contro le storture del mondo. L’idea è, più semplicemente, quella di raccontare alcuni fatti e alcune storie di vita. Con semplicità, con onestà, con ironia e anche con un pizzico di esperienza personale.

Il titolo nasce da una considerazione. Chi convive con la disabilità o con la limitazione fisica, spesso si deve comportare come un pioniere, un apripista, un esploratore. Non deve aver paura del rischio e non deve fare troppo caso ai pregiudizi. Le strade ordinarie non sono affatto scontate. Bisogna inventarsi soluzioni personali, a volte molto faticose. Per lavorare, per mangiare, per affrontare i problemi, per costruirsi una vita di relazioni. Questa condizione può portare a guardare la realtà con uno sguardo diverso, entusiasta o arrabbiato, comunque mai banale.

Pionieri, dunque, ma silenziosi. Perché la disabilità di solito non fa molto rumore. I media hanno storie più “importanti” (si fa per dire) da raccontare. Silenziosi, dunque, perché spesso affrontano i loro limiti con grande dignità e senza fare schiamazzi. Ma silenziosi anche perché inascoltati.