Dopo Sardegna e Valle d’Aosta, sarà il Piemonte a proseguire sulla strada della tv digitale terrestre. Il processo di transizione è regolato da un protocollo d’intesa che Regione, Ministero delle Comunicazioni e Consorzio DGTvì hanno sottoscritto il 1° dicembre nell’ambito della terza conferenza annuale sulla tv digitale terrestre. A firmare per la Regione è stata la presidente Mercedes Bresso. Nella stessa occasione hanno siglato analoghi impegni le Province autonome di Trento e Bolzano.
I tempi dell’operazione:
spegnimento del segnale analogico di Rai Due e Retequattro nelle province di Torino e Cuneo entro il 17 marzo 2009, in tutto il Piemonte entro il 17 marzo 2011;
passaggio di Rai Due e Retequattro sul digitale terrestre nelle province di Torino e Cuneo entro il 17 novembre 2008 e in tutto il Piemonte entro il 17 novembre 2010 a condizione che il 65% delle famiglie disponga del necessario decoder (una verifica verrà effettuata due mesi prima).
Le risorse arriveranno dallo Stato e della Regione su tre aree di intervento:
supporto alle fasce deboli (11 milioni, 10 statali ed uno regionale) previa identificazione dei beneficiari;
infrastrutturazione delle aree marginali, nell’ambito del progetto di transizione tecnologica predisposto dalla Rai;
sviluppo e messa in onda di servizi di pubblica utilità sul digitale terrestre e attività di ricerca e innovazione di supporto (5 milioni, 4 regionali e uno statale).
Dopo cinque anni sul web www.extratorino.it fa il grande salto e diventa di carta: da mercoledì 28 novembre esce in tutte le edicole di Torino e provincia un nuovo bimestrale: Extra Torino.
Al sito, che continuerà a offrire gli appuntamenti, le cose da non perdere, le guide, si affianca un nuovo strumento che va in profondità.
Per festeggiare la nascita del magazine è stato organizzato l’Extra Party: una notte di musica, parole e gastronomia per festeggiare il nuovo nato
L’Extra Party a Eataly la sera di mercoledì 5 dicembre, a partire dalle 21.30 fino a tarda notte. La sala grande al primo piano sarà aperta a tutti i possessori di una copia di Extra. Seguirà verso tarda sera, un suggestivo show-case del Federico Sirianni Trio.
Sono oltre 180 le iniziative che compongono il calendario di Torino 2008 World Design Capital, titolo assegnato alla città da Icsid, la principale associazione mondiale del settore. Un carnet di appuntamenti lungo 52 settimane che aiuteranno Torino a ripensare la propria immagine e la propria identità, ma soprattutto a rilanciare nel futuro il suo progetto di trasformazione.
La manifestazione, che gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, è stata presentata il 26 novembre nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte, tra gli altri, Francesco Rutelli, vice-premier e ministro per i Beni e le Attività culturali, Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e presidente del comitato organizzatore, Giuseppina De Santis, assessore alle Attività produttive della Provincia di Torino; Alessandro Barberis, presidente della Camera di commercio di Torino.
Si partirà con il Capodanno del Design. Interazione e coinvolgimento sono le parole chiave sulle quali saranno incentrati l’organizzazione e l’allestimento del grande party urbano che il 31 dicembre, nella suggestiva cornice di piazza Castello, segnerà l’inizio di un intero anno di eventi dedicati al design che avranno come teatro Torino e il Piemonte.
Nei mesi successivi, un susseguirsi di avvenimenti dal respiro internazionale, nazionale e locale, che privilegiano quattro assi di confronto: design e collettività, design e impresa, design e formazione, design e politiche di sviluppo. Muovendosi fra l’ufficialità del Compasso d’Oro e l’informalità dei workshop, affiancando l’attualità e la storia del design, valorizzando le energie locali e coinvolgendo culture lontane, il programma raccoglie e organizza sia i contributi delle grandi istituzioni pubbliche e private, sia le molte iniziative spontanee che trovano a Torino una ribalta privilegiata.
Torino, cosa è Torino? La città elegante ma trendy dei Giochi Olimpici che due miliardi di persone hanno visto in tv oppure la città grigia e industriale che ancora molti ricordano? A provare a raccontare, più che a rispondere, il dilemma ci sta provando un insospettabile: Boosta, il mitico tastierista nonché molto altro dei Susbonica, al secolo Davide Dileo. Con un film a metà tra il clip e il documentario, “Surfin’ Torino”, diretto insieme a Chiara Pacilli e prodotto da Raicinema. Un progetto importante, su cui Giancarlo Leone in persona ha puntato 100.000 euro, inaugurando così la produzione di documentari da parte della Rai (in questo caso in collaborazione con la Film Commission del Piemonte). Se il progetto-pilota su Torino avrà successo, infatti, l’idea è quella di dar vita ad una vera e propria serie di documentari sul cambiamento delle città italiane.
Il film, di cui in questi giorni si stanno terminando le riprese, parte con grandi ambizioni. Girato in alta definizione, anche se è pensato per essere distribuito soprattutto in home video, sarà pronto per fine estate: i festival di Venezia, Roma e Torino potrebbero vederlo proiettato su grande schermo, per poi probabilmente uscire in sala nelle principali città italiane. “Non sarà il classico documentario palloso”, scherza Boosta. E difatti ha tutta l’aria di non esserlo, perché una delle sue componenti principali sarà la musica: la storia, che vede come protagonista-conduttore lo stesso Boosta, dj nottambulo, si svolge nell’arco di una notte, dal tramonto all’alba, e tocca tutti quei luoghi che hanno fatto la storia di Torino e ne sono il simbolo.
Il trailer di Surfin Torino
La memoria va all’indietro, e riannoda i fili a partire dal 1977 per arrivare ad oggi: trent’anni di storia non solo torinese ma italiana che, come sottolineano Boosta e Chiara Pacilli, “affonda le sue radici nel terrorismo degli anni di piombo, nei grandi scioperi, nelle manifestazioni”, di cui ci saranno molte immagini d’archivio. Piazza San Carlo, per esempio, teatro delle più importanti manifestazioni e lotte degli anni Settanta e Ottanta, “oggi è diventato il salotto buono della città, dove prendere un caffè costa di più che in piazza San Marco a Venezia”, spiega Boosta. Ma era proprio in quella città che, pur svegliandosi e andando a dormire con la Fiat, dove prima e dopo una certa ora per strada non si trovava anima viva e che negli anni Ottanta divenne una capitali dell’eroina, già c’erano i germi per una rinascita.
“Già allora c’erano luoghi comuni e luoghi che stupiscono. Noi vogliamo raccontare questi ultimi, non dare un’immagine da cartolina della città. C’erano luci e ombre prima e ci sono anche oggi: la città dell’arte, della musica, del design, del nightclubbing è la stessa dei problemi di immigrazione e integrazione di San Salvario o dello spaccio del Tossic Park”. Continua Boosta: “Gli stessi Murazzi del Po sono l’emblema della città, il suo paradosso e la sua forza vitale: negli anni Ottanta erano solo grate dove la gente andava a comprarsi una birra o droga, eppure ci sono state persone che hanno deciso di fare apparentemente una cosa assurda, ossia aprire dei veri e propri locali lungo le sponde del fiume. Oggi non esiste un posto al mondo così: nell’arco di cinquecento metri hai i locali fighetti, i centri sociali, gli immigrati che spacciano, e i club dove si fa e si crea musica, arte”.
Le mille sfaccettature del cambiamento e della nuova identità della città sabauda vengono raccontate soprattutto da personaggi più o meno noti di Torino, che dj Boosta incontra nel suo girovagare nottambulo. Oltre a figure come operai dalla doppia vita, di giorno al tornio la sera pr nei club, ci sono tra gli altri Luciana Littizzetto, John Elkann, Davide Ferrario, gli Africa Unite, i Mau Mau, Ugo Nespolo, Cristina T. “Spesso le loro opinioni, i loro racconti, contrastano tra di loro, tratteggiando un ritratto della città in chiaro scuro – precisa la Pacilli – Alcuni criticano la scelta imposta dall’alto di riconvertire la città alla produzione culturale solo perché la cultura va di moda. Non ci sono però politici o figure istituzionali direttamente coinvolte nel documentario, ma emergono dalle riflessioni degli intervistati, perché abbiamo voluto ‘partire dal basso’, vedere come la gente percepisce la città e le possibilità che questa le offre come fruitori qualunque”. A tirare le somme sarà un “grande vecchio”, profondo conoscitore dell’animo torinese: lo scrittore Carlo Fruttero. “Gli sottoporremo questo nostro documentare la città cambiata alla fine delle riprese, e vedremo cosa dirà. Sarà il mio contralto, un filo rosso durante tutto il film”, aggiunge Boosta.
Altro fil rouge fortemente caratterizzante il documentario, che sarà di circa un’ora, è, immancabilmente, la musica: le trasmissioni di Radio Flash, una delle “storiche” radio libere, e le canzoni di tutti i gruppi a partire dal 1977 che hanno segnato la scena torinese sino ai giorni nostri, con inediti dello stesso Boosta e pezzi di giovani emergenti prodotti da Casa Sonica. Lo stile visivo e il montaggio, serrato, vitale, come una scossa elettrica o la presa di corrente che accende una chitarra, ne seguiranno i ritmi e le suggestioni.
Il festival internazionale di musiche e arti elettroniche Club To Club torna con la sua settima e più ambiziosa edizione da giovedì 9 a sabato 10 novembre.
Club To Club rafforza il ruolo di Torino come capitale delle arti contemporanee, interagendo d’istinto e incessantemente con le altre arti, nel mese di Contemporary Arts Torino – Piemonte, a novembre.
L’ immagine di questa nuova edizione del festival rappresenta perfettamente l’immaginario di Club To Club. Dietro la maschera,simbolo potente misterioso e affascinante,si nascondono idealmente i volti, i tratti di tutte le persone, personaggi, artisti che animeranno Club To Club 2007.
Più di 60 artisti e progetti internazionali e italiani, alcuni in esclusiva o anteprima,di 15 nazioni, in 18 spazi diversi del festival, che ampliano ulteriormente l’orizzonte musicale di Club To Club con un’apertura verso la sperimentazione intensa e una visione sempre attenta alla storia, al presente e all’immediato futuro della scena artistica mondiale.
E Club To Club è anche l’unico festival del genere che si svolge in due città europee differenti, in contemporanea. Dopo Berlino, quest’anno Club To Club, con la sua sezione “Club Europa”, abbraccia Barcellona, in un gemellaggio artistico, musicale e visivo, dove il mare è l’unica frontiera.
A chiudere ufficialmente i tre giorni del festival sarà “Contemporanea-Mente”, uno degli eventi più intriganti della notte delle arti contemporanee, organizzato insieme ad ARTissima.
Laurearsi all’Università di Torino conviene. Per la prima volta uno studio scientifico misura l’efficacia e la qualità formativa degli atenei badando all’ingresso nel mondo del lavoro dei laureati. Incrociando i dati sulla possibilità di impiego e di avere stipendi alti, l’ateneo di via Po risulta primo in Italia. Una performance ben 130 volte migliore degli atenei di Campobasso e Cagliari, ultimi nella top ten, ma le facoltà torinesi stracciano, quanto a «rendimento», tutti i concorrenti, da Milano a Venezia, da Bologna a Trieste, a Roma, a Bari.
Ne ha parlato ieri il rettore Ezio Pelizzetti nell’aula magna della facoltà di Economia, dove con il preside Sergio Bortolani ha accolto il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che ha aperto la riunione annuale della Società italiana degli economisti. Davanti ai più importanti esperti di economia del Paese, tra i quali molti docenti torinesi – da Domenico Siniscalco a Franco Reviglio, Elsa Fornero e Mario Deaglio – Pelizzetti ha dato il benvenuto al Governatore «in un ateneo che ha un’illustre scuola di Economia e che è tra le migliori università italiane, come ribadisce una ricerca dell’università di Padova e della Cattolica di Milano, che ci colloca al primo posto per qualità e probabilità di occupazione dei laureati».
Il riferimento è a uno studio di Lorenzo Cappellari (Cattolica di Milano) e Giorgio Brunello (ateneo di Padova), i cui risultati (pubblicati anche su «Panorama») saranno presentati martedì all’Università di Milano. La ricerca spiega quanto paga studiare in un ateneo rispetto a un altro esaminando molti fattori, a partire dalla fotografia dei laureati italiani a tre anni dal titolo. Le conclusioni decretano il trionfo di Torino, prima assoluta nella classifica. Un risultato tanto più interessante, per Pelizzetti, «perché conclamato da seri studiosi di altri atenei, e perché i colleghi hanno applicato modelli econometrici utili a depurare i dati da elementi localistici, come l’andamento del mercato del lavoro di ogni territorio».
I due professori si sono invece proposti di misurare la produttività delle università (Politecnici esclusi) in termini assoluti. I risultati sono una messe di curiosità. Viene fuori ad esempio che un medico laureato a Padova guadagna il doppio del collega di Pisa, o che studiare a Bari «rende» più che a Roma. Stabilito che la qualità degli atenei è tutt’altro che uniforme, si dimostra che le facoltà private hanno mediamente performances migliori, e che la grande dimensione ha un effetto positivo, incrementando guadagni e impieghi del 10%. Salari più o meno pingui e buone o misere chances di occupazione creano più classifiche: certe università, come Cagliari, Cosenza, Messina o Salerno, sono sotto la media italiana sia per gli stipendi che per probabilità di occupazione. Napoli Orientale, L’Aquila e Sassari garantiscono guadagni sopra la media, ma poche chances di lavoro. Alta probabilità di impiego, ma stipendi bassi, caratterizzano Roma Sapienza, Modena, Ferrara e Tor Vergata. Nel gruppo che presenta le migliori performances per entrambi i fattori ci sono Milano, Brescia, Bergamo, Verona e, in testa a tutti, Torino.
Nella tabella si leggono i piazzamenti di alcuni atenei: dietro Torino (del 130% migliore rispetto al fanalino di coda) c’è Verona (126%), e conquista il terzo posto (125%) il Piemonte Orientale. Anche questo è per Pelizzetti fonte di soddisfazione: «L’ateneo Avogadro è nato come nostra gemmazione. Anche il suo piazzamento sottolinea la forza del sistema formativo piemontese». Del primo posto non s’è stupito: «Siamo primi in alcune aree di ricerca e per il basso numero di abbandoni degli studenti, ma in tutte le rilevazioni siamo sempre nel gruppo di testa: ci viene riconosciuta da tutti un’eccellente qualità complessiva. Giorni fa gli studenti hanno protestato per le aule affollate: lo sono anche perché ascoltare i nostri docenti è occasione preziosa».
Un punto d’incontro privilegiato per interpretare le tendenze del mercato e i gusti dei consumatori: il Salone del Vino di Torino, dal 26 al 29 ottobre, si conferma uno dei più importanti osservatori per esplorare l’intero universo enoico del Belpaese. Una manifestazione, nel quartiere fieristico del Lingotto, che trasforma Torino per quattro giorni nella capitale di Bacco.
Il tema scelto per l’edizione 2007 è “Le regioni del vino, le ragioni del vino”, a significare che la rassegna si propone sia di esplorare tendenze e valore economico del comparto enologico, sia di mettere a fuoco la cultura del vino e l’evoluzione dei più importanti territori del vigneto Italia. Da sempre il Salone del Vino – che anche in questa occasione è concomitante con Dolc’è, la rassegna dedicata all’arte della pasticceria che si tiene sempre al Lingotto Fiere – offre a tutti i produttori pari opportunità d’incontro con il mercato e agli enoppassionati un’occasione unica di scoprire il meglio della produzione vitivinicola nazionale, oltre che di partecipare a eventi e degustazioni che incrementano la conoscenza e la consapevolezza del vino.
Al centro della rassegna torinese ci sono tre momenti particolarmente significativi che scandiscono altrettante aree tematiche. Il primo è il convegno inaugurale dedicato al tema “Vino e Finanza: le strategie per crescere”, organizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore, che di fatto apre le “contrattazioni” economiche che saranno incentrate sul Workshop Internazionale. Il secondo tema è la scoperta dei territori e delle peculiarità dell’enologia italiana, con il Terzo Forum sugli autoctoni: vitigni e vini. Il terzo tema è la cultura del vino che si estrinseca in primissima battuta con i Laboratori del Gusto di Slow Food, che ha scelto il Salone del Vino anche per presentare la sua autorevole “Guida al vino quotidiano”.
Di fatto i Laboratori Slow aprono la nutritissima proposta di degustazioni e sono l’anteprima alle due giornate di sabato e domenica, quando il Salone del Vino accoglierà il pubblico degli enoappassionati, che anche in questa edizione potranno approfittare dello “Shopping di Bacco”. Metà dei 12 euro del biglietto d’ingresso potrà essere infatti investita nell’acquisto dei vini dei produttori che espongono in fiera.
Questa apertura al pubblico tuttavia non fa venire meno il carattere esclusivamente professionale del Salone del Vino che, mettendo in contatto diretto le cantine con i consumatori, apre di fatto un canale di “direct marketing” per le aziende espositrici. Queste avranno una ulteriore possibilità di contatto diretto con i loro clienti nella giornata conclusiva della rassegna: lunedì 29 ottobre è infatti il giorno dedicato espressamente ai ristoratori, ai gestori di enoteche e wine bar, che potranno esplorare tra gli stand di Lingotto Fiere il meglio della produzione italiana.
Gli incontri con i buyer animeranno invece il Workshop Internazionale, con la presenza di oltre 50 operatori provenienti da venti differenti nazioni, previsto per venerdì 26 ottobre, giornata inaugurale della rassegna. Ma il Salone del Vino anche nella sesta edizione si conferma come l’osservatorio privilegiato per fare un bilancio della vendemmia appena trascorsa. Allo scopo servono i numerosi focus che sono stati dedicati ad esplorare ed approfondire i diversi aspetti della produzione vitivinicola.
Tre linee di metrò auto e treni sottoterra diversi poli produttivi più cultura e «loisir»
Tre linee di metropolitana (di cui una leggera). Quartieri discarica che si convertono in cuori produttivi della metropoli. Grattacieli oltre i 150 metri che osservano dall’alto gli edifici-memoria dell’ex capitale dell’auto. Viali alberati e isole pedonali tutti da vivere nel cui sottosuolo sfilano treni ad alta velocità, auto e vagoni del metrò. Tutt’attorno un fermento di cultura e loisir.
E’ la Torino del futuro. Una città post-olimpica che ormai si trova a distanza siderale da quella disegnata, alla fine degli Ottanta, dalla coppia di urbanisti Cagnardi e Gregotti. Il loro piano regolatore, dal 1993 ad oggi è stato modificato da 1500 varianti: «un’umiliazione», per la sinistra radicale; un modo per poterlo applicare in maniera puntuale, secondo la giunta Chiamparino, assessore all’Urbanistica Mario Viano in primis. Ed è proprio a lui che il sindaco ha affidato, circa un mese fa, l’incarico di elaborare una complessa delibera-quadro che, senza dover ricorrere a un nuovo piano regolatore, risolvesse nodi come l’area di Spina 2, o «Bor.Set.To», o ancora Lingotto e corso Marche, senza che per far questo ogni volta si blocchi il Consiglio comunale. Empasse che ogni volta costringe il sindaco a convocare una riunione di maggioranza sul tema «diritti edificatori».
L’assessore Mario Viano ha deciso di anticipare a «La Stampa», i grandi temi che affronterà in quel documento da approvare nella primavera prossima. E’ come portare avanti le lancette dell’orologio sino al 2015, salire su un elicottero e scoprire, quartiere per quartiere, come cambierà Torino. Al di là di novità già ampiamente celebrate come corso Marche, che il suo ideatore Cagnardi definisce «la Spina del nuovo millennio.
Il nodo Stura e la To-Mi
E’ una delle zone che scandirà il futuro urbanistico di Torino secondo la «vision» di Mario Viano. «L’area a ridosso della stazione Stura – spiega l’assessore – dovrà trasformarsi radicalmente dal punto di vista trasportistico. E la sua metamorfosi servirà a rendere più accessibili i siti industriali e, magari ad accoglierne di nuovi. Intanto inaugureremo la nuova stazione Stura, poi l’ultimo tratto dell’autostrada Torino-Milano dovrà trasformarsi in viale aperto, scandito da rotonde e raggiungibile da tutte le strade possibili». Continua: «Sempre di qui passerà la linea 4 che avrà gli stessi pregi di una metropolitana se verrà interrata nel tragitto fra corso Novara e corso Sommeiller».
Fermata Vanchiglia
«Anche l’area Vanchiglia avrà notevole importanza dal punto di vista trasportistico e dei collegamenti con il resto della città – spiega ancora Viano – perché qui si realizzerà il nuovo nodo d’interscambio fra il metrò che va in direzione Porta Nuova e la statale 11 per Chivasso.
La nuova Mirafiori
Ma dal punto di vista neo-produttivo l’amministrazione non fa mistero di puntare molto sul cuore della Torino fordista: Mirafiori. «Partendo dal fatto che qui si stanno trasferendo parti qualificate del Politecnico come il polo del Design e quello dell’Ingegneria dell’Auto, anche tutt’attorno alla Fiat intendiamo attrarre nuovi insediamenti». Non solo auto quindi, ma ancora siti produttivi per la nuova vita di corso Agnelli e dintorni.
La città dei grattacieli
Rifondazione e Sinistra democratica (ma anche qualche cittadino comune che ha avviato una raccolta di firme contro la torre di porta Susa firmata Piano) contestano «la frenesia dello «skyline». Ma devono rassegnarsi. Entro il 2020 Torino sarà punteggiata di grattacieli. Da quelli firmati Fuksas e Piano (il primo per la Regione all’ex Fiat Avio, il secondo su Spina 2 per il Sanpaolo, sino a un terzo nell’ex Mater Ferro. «Magari cambieranno le altezze, ma il committente c’è anche per quello della Spina che ci renderà 22 milioni. E dire che qualcuno sosteneva che l’asta sarebbe andata deserta».