Il Piemonte ha deciso di dare un’impronta «Green» a tutta la sua economia, una scelta strategica in tempi di crisi, di cassa integrazione e di perdita di posti di lavoro nei settori tradizionali. Una stima di quanto valga l’economia verde del Piemonte è difficile, ma sul tavolo ci sono ad ora, tra soldi pubblici e privati, più di mezzo miliardo di euro per sostenere progetti, nuove aziende, ricerca e sviluppo, trasformazione di quelle vecchie.
L’impegno della Regione sul fronte dell’energia in questi quattro anni si è concretizzato in un consistente investimento. Ultimo atto: una serie di bandi aperti a giugno 2008, che utilizzano i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. Nel complesso si tratta di risorse pari a 300 milioni. Sono oltre 300 le domande pervenute, cento già finanziate con lo stanziamento di 50 milioni, sul fronte della razionalizzazione dei consumi energetici e la produzione di energia rinnovabile negli insediamenti produttivi. Oltre 35 domande, di cui 16 già ritenuti ammissibili, per l’insediamento di nuovi impianti e nuove linee di produzione di sistemi su cui la Regione ha già investito 40 milioni di euro. Altri fondi, 15 milioni, sono serviti a sostenere il risparmio energetico nel patrimonio pubblico, mentre altri 15 milioni sui grandi progetti dimostrativi e strategici. «È una mobilitazione generale dice la Presidente della Regione, Mercedes Bresso – per risparmiare, creare economia e posti di lavoro, migliorare l’ambiente e diventare il più possibile indipendenti dal petrolio. È un grande strategia per moltiplicare l’innovazione in tutti i settori: dall’edilizia alla domotica, dalla meccanica all’informatica e alla chimica».
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Le aziende piemonesi che non ce l'hanno fatta
La Spoon River delle aziende piemontesi
Ecco l´elenco dei “caduti”, le aziende che non ce l´hanno fatta a superare la crisi. C´è chi era debole e ha ricevuto il colpo di grazia dal momento congiunturale deleterio. C´è chi forse, crisi o non crisi, sarebbe fallito lo stesso. Dietro a ciascun nome ci sono un imprenditore che ha fallito e un gruppo di dipendenti che è in cassa integrazione o in mobilità. Solo una mappa, creata con i dati di Camera di commercio, Cgil e Cisl.
Perché, come spiega la segretaria della Cisl Piemonte Giovanna Ventura, «la chiusura coinvolge in modo particolare la miriade di piccole e medie aziende, soprattutto metalmeccaniche, tessili e orafe, che sfuggono anche al nostro monitoraggio. Purtroppo non siamo che all´inizio di un´escalation negativa sull´occupazione della regione».
Bottonificio fossanese. È stato uno dei casi più eclatanti, perché era l´azienda dell´ex presidente dell´Unione industriale di Cuneo, Antonio Antoniotti. A febbraio l´industria di Fossano ha chiesto il concordato preventivo lasciando a casa 57 dipendenti.Cabind. Se la Indesit di None si è salvata, lo stesso non è accaduto alla sua fornitrice di Rivoli, che è stata costretta a chiudere i battenti e a licenziare 68 addetti.
Cartiera Santa Lida. I problemi dell´azienda del settore carta di Germagnano sono culminati a giugno, quando la proprietà ha messo in cassa integrazione straordinaria per cessata attività circa 130 dipendenti.
Cr Serrature. In aprile la proprietà ha annunciato la volontà di trasferire l´azienda metalmeccanica in Slovenia, mettendo in mobilità 26 lavoratori torinesi su 32.
Dormer. A giugno il gruppo svedese Sandvik ha avviato le procedure per la chiusura dello stabilimento di Givoletto, che produceva utensili speciali. Niente da fare per gli 84 dipendenti.
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Piemonte capitale solare
Entro la fine dell’anno il Piemonte diventerà la prima regione d’Italia per potenza installata per centrali nucleari. La multinazionale spagnola Opde firmerà con la Regione un protocollo d’intesa che prevede la costruzione di 17 centrali solari e l’installazione di una fabbrica per la produzione dei pannelli inseguitori e di un polo logistica e di ricerca. Sette centrali saranno pronte entro la fine dell’anno e produrranno un’energia pulita pari a 50 milioni di kWh l’anno. I «girasoli» verranno costruiti nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria. La fabbrica, invece, sorgerà in provincia di Torino, forse nell’area industriale di None.
Il via libera della Regione è arrivato ai primi di settembre quando la giunta ha approvato il protocollo d’intesa predisposto dall’assessore all’Innovazione Andrea Bairati. L’esecutivo regionale si impegna ad assicurare la velocizzazione dell’iter burocratico e mette sul tavolo un contributo massimo di 10 milioni per l’insediamento dell’azienda. Il progetto avrà delle ricadute immediate, sia dal punto di vista economico che occupazionale: nei primi due anni è possibile valutare in 120 milioni di euro i benefici finanziari. I nuovi occupati saranno 375, 125 assunti direttamente dagli spagnoli. «L’azienda – spiega Bairati – si è impegnata a realizzare la totalità delle opere con manodopera locale e ad utilizzare le banche del territorio per finanziare le costruzioni».
Fabrizio Rostagno, amministratore delegato di Opde Italia, spiega che l’azienda spagnola ha presentato un progetto da realizzare in tre fasi. La prima è a buon punto: le aree dove installare le centrali sono già state acquistate, i piani finanziari sono pronti e «bancabili», le autorizzazioni all’Enel sono già state richieste. Entro la fine dell’anno l’azienda vorrebbe anche installare la fabbrica per la produzione degli inseguitori abbinata al polo logistico per la distribuzione del materiale dell’Opde. Prevista l’assunzione di una settantina di persone.
Il Piemonte potrebbe così diventare la piattaforma per l’espansione verso i Paesi dell’Est e la Grecia. Adalberto Rios, il presidente spagnolo della holding, nei suoi contatti con la Regione ha spiegato che la scelta è caduta sul Piemonte perché «il gruppo ritiene che abbia grandi potenzialità per lo sviluppo delle energie rinnovabili, per le sue condizioni morfologiche e produttive e grazie alla politiche di investimento regionali».A mettere in contatto l’Opde con la Regione è stato il Centro Estero del Piemonte che ha messo in campo gli incentivi del contratto di insediamento regionale. Spiega Bairati: «In modo autonomo l’azienda ha individuato le località più adatte dove costruire le centrali solari. Ora è disponibile a valutare insieme alla Regione il sito dove localizzare la produzione industriale e il polo logistico e della ricerca».
Tra le ipotesi in campo c’è quella dell’area industriale di None dotata di un collegamento ferroviario e con facile accesso al sistema autostradale. Accanto alla fabbrica sorgerà il centro di ricerca e la Opde – che collabora anche con Università e Atenei della Navarra – è pronta a cercare sinergie con il sistema della formazione e della ricerca torinese e piemontese.
Il governo ha scordato il Piemonte in crisi
Raphael Zanotti su Lastampa.it
L’autunno sarà caldo e molto più caldo per il Piemonte, che sembra dimenticato dal governo tra una Lega che procede a colpi di spot improponibili sulle gabbie salariali e un movimentismo meridionalista che l’Esecutivo tiene buono con una pioggia di denaro». Cesare Damiano, ex ministro del governo Prodi, responsabile lavoro del Pd e candidato alla segreteria regionale del partito, vede ancora lungo il cammino per uscire dalla recessione.
Eppure la crisi colpisce tutti, perché, Damiano, secondo lei il Piemonte è più a rischio?
«Il -6% di Pil nazionale è il peggior dato dal Dopoguerra e gli 800.000 lavoratori italiani in cassa sono lì a dimostrarlo. Il Piemonte da solo totalizza il 20% delle ore di cassa straordinaria concesse a luglio a livello nazionale, con punte del 33% nel settore tessile e del 28% in quello della meccanica. Per comprendere la situazione basti dire che nel 2008 sono state presentate in Piemonte 1500 domande per la cassintegrazione in deroga, nei primi sei mesi del 2009 sono state 4500: sei volte tanto».Qualcuno però comincia a parlare di ripresa.
«Anche se avessimo toccato il fondo della crisi, cosa che mi auguro ma di cui non sono sicuro, purtroppo le due curve non coincidono mai. Gli effetti sui lavoratori si faranno sentire a lungo. Il governo tenta di tingere di rosa qualcosa che rosa non è».
Dove va il CSI Piemonte
Nuvole nere in Corso Sovietica
Nuvole nere al Csi, il Consorzio informatico che serve 54 enti, in testa Regione e Comune che ogni anno gli versano, rispettivamente, un centinaio e una trentina dei 170 milioni del bilancio della società nata nel 1977. Lo stesso anno che ha visto la nomina a direttore generale di Renzo Rovaris al centro del sommovimento.
Domani è convocato il cda presieduto da Francesco Brizio. Si parlerà anche di «provvedimenti» riguardo il direttore generale. Tenuto conto che proprio domani scade il quinquennio di incarico e che lo Statuto prevede, se lo si intende rinnovare, una «conferma motivata», fa strano non compaia esplicitamente questo fatto. Tanto basta ai non pochi avversari di Rovaris per arrivare alla conclusione che Rovaris è arrivato al capolinea di una lunga e onorata carriera.
Il direttore, giusto l’altroieri, ha scatenato l’ira dei sindacati. Ai 1200 dipendenti ha inviato un videomessaggio per denunciare «una situazione di emergenza da affrontare con decisione perché altrimenti ci sarà una situazione molto pericolosa». E ancora, si dice preoccupato di «un risultato molto inferiore alle previsioni con un ammanco pari a diversi milioni per il bilancio 2009». Infine, sottolinea «il registrarsi di un calo improvviso di produttività con un margine che avrebbe dovuto essere del 10% e invece è pari – ad oggi – solo al 3%».Affermazioni che sembrano dare ragione a chi, in questi mesi, s’è battuto per vedere chiaro nell’operato del Csi. Su pressione di più consiglieri comunali, ma in particolare del vicepresidente della Sala Rossa, Michele Coppola (FI-Pdl), più volte Rovaris e il presidente Brizio sono stati convocati in Commissione «per approfondire – ricorda Coppola – argomenti che andavano dall’esplosione di consulenze e fringe benefits a questioni non da poco come la vicenda dell’Iva versata dagli enti pubblici azionisti di Csi ma non dovuta. Aspetto, questo, centrale non solo per la riduzione sensibile dei trasferimenti annui (circa 10-12 milioni di euro) ma soprattutto per via dell’obbligatorietà di rendicontazione e valorizzazione dei costi che ne deriverebbe».
Commissioni, durante le quali, ricorda Coppola, l’amministrazione comunale ha «riconosciuto la necessità di arrivare ad una riorganizzazione e trasformazione del Consorzio». Una necessità indirettamente riconosciuta dallo stesso Csi che ha portato in consiglio di amministrazione un’analisi prodotta da «Booz & Company» nell’aprile scorso e sintetizzata in dodici iniziative che individuano un programma di trasformazione per il Consorzio stesso con una stima di riduzione di costi gestionali che partono da 13 milioni all’anno fino a 25 milioni.
Il videomessaggio di Rovaris, ha fatto andare su tutte le furie i sindacati. Non sono piaciute a Rsu e dipendenti alcuni passaggi del videomessaggio come quello nel quale Rovaris afferma «che si deve passare meno tempo in pausa caffè anche quando non si è controllati».
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Piemonte Fotovoltaico
Si chiama Piemonte Fotovoltaico il progetto, patrocinato dalla Regione e frutto di da un accordo tra le agenzie per l’energia di Torino, Cuneo, Vercellese e Valsesia, che intende promuovere la realizzazione di sistemi fotovoltaici “chiavi in mano” capaci di produrre energia elettrica tramite la tecnologia solare ed utilizzare le tariffe incentivanti introdotte dal decreto ministeriale del 19 febbraio 2007.
L’iniziativa, di durata triennale dal 2009 al 2012, si basa su convenzioni integrate tra i soggetti proponenti (le tre agenzie), le società del settore delle energie rinnovabili ed il sistema bancario locale. Possono aderirvi privati, imprese, condomini, soggetti pubblici e/o esercenti di pubblici servizi e si sviluppa intorno a quattro punti focali: adesione con la presentazione della domanda alle Agenzie per l’energia competenti secondo il Comune di residenza; analisi di fattibilità, che si effettua previo invio all’agenzia di riferimento di alcuni documenti quali foto panoramiche del sito d’installazione, planimetrie, bollette, nominativi delle società installatrici candidate a realizzare l’impianto, prospetti informativi delle banche aderenti; selezione dell’offerta, con il completamento della pratica di istruttoria del finanziamento e la possibilità di procedere con la fornitura immediata dell’impianto; verifica finale, nella quale l’agenzia controllerà che i progetti rispettino i migliori standard europei.
Via a 12 poli di innovazione in Piemonte
Oltre 650 imprese coinvolte tra cui grandi imprese come Pirelli Ambiente, Ferrero, Olivetti, Telecom Italia, Bracco Imaging, Mossi & Ghisolfi, Loro Piana, Zegna, atenei piemontesi e numerosi centri di ricerca del territorio, tra cui l’INRIM , l’Istituto Superiore Mario Boella e il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura.
Oltre 50mila addetti coinvolti, 60 milioni di finanziamento regionale. Sono partiti in Piemonte i poli d’innovazione, i nuovi strumenti della politica regionale che favoriranno la condivisione della conoscenza tra imprese e la convergenza degli investimenti su traiettorie di sviluppo di prodotti o servizi innovativi. Oggi sono stati presentati i soggetti gestori: Fondazione Torino Wireless per il polo dell’ICT ; Tecnogranda Spa per il polo dell’agroalimentare ; Virtual Reality e Multimedia Park per la creativita’ digitale e la multimedialita’; Consorzio Friendchem per la chimica sostenbile ; P.S.T Spa per il polo delle energie rinnovabili e biocombustibili ; Environment Park per l’architettura sostenibile e idrogeno ; Tecnoparco del Lago Maggiore per l’impiantistica, sistemi e componentistica per le energie rinnovabili ; Centro Servizi Industrie per il polo della meccatronica e sistemi avanzati di produzione; Gesin Srl per le energie rinnovabili e mini hydro; Citta’ Studi Spa per il polo del tessile ; Bioindustry Park per le biotecnologie e il biomedicale e Consorzio Proplast per i nuovi materiali .
Il numero totale delle imprese aggregate ai poli e’ di oltre 650, con una forte variabilita’ numerica: da un minimo di 21 del polo della chimica sostenibile a un massimo di oltre 200 per il polo agroalimentare. La percentuale media di piccole e medie imprese e’ del 61%, mentre le grandi rappresentano circa il 16%.
OS Piemonte
Chi dice che i piemontesi sono chiusi dovrà ricredersi. Il Piemonte sceglie la filosofia “open” e dà un tocco innovatico ai suoi confini informatici. Ovvio, non sto parlando di un’improvvisa svolta espansiva dei torinesi, ma di un’attesa piccola rivoluzione tecnologica. L’Assemblea Legislativa di Palazzo Lascaris ha infatti approvato il 17 marzo la proposta di legge che prende in considerazione nuove norme in materia di pluralismo informatico e portabilità di documenti informatici nelle Pubbliche Amministrazioni.
Come cita il documento presentato da Luca Robotti dei Comunisti Italiani, si tratta di una proposta volta a garantire la libera scelta nella realizzazione di piattaforme informatiche, abbattendo qualsiasi barriera dovuta all’incompatibilità o alla diversità di standard. I politici si sono dunque accorti che adottare software open source non può che giovare alla loro economia, riducendo drasticamente i costi di licenza e portando innovazione.
Un altro importante passo, un altro piccolo mattoncino per la creazione di una struttura open source che possa finalmente diventare un punto di riferimento per tutte le realtà sia pubbliche che private. La proposta di legge inoltre stanzia finanziamenti interessanti per enti sia pubblici che privati che promuovano o valorizzino lo sviluppo del software libero. Servirà ad incentivare il salto tecnologico?
Il convegno sul digitale terrestre in Piemonte
Fermiamo la tv digitale, l'allarme del Piemonte
Marco Accossato su Lastampa.it
Il digitale terrestre non sarà il «paradiso terrestre» della televisione. Non sarà la panacea delle trasmissioni disturbate, dei canali che oggi si ricevono male o non si ricevono affatto. Digitale terrestre non sarà – per tutti gli italiani – sinonimo di maggiore qualità in alta definizione. Grandi promesse, ma anche molte perplessità per la tivù interattiva che sta per diffondersi in tutto il Paese. L’allarme parte da Torino, prossima regione – dopo la Sardegna – a far scattare il 20 maggio il cosiddetto switch-over che spegnerà per sempre i segnali analogici di Rai 2 e Rete 4, e fra settembre e ottobre anche i restanti canali nazionali e locali. Durante il convegno «La Tv digitale terrestre in Piemonte: opportunità e problemi» nessuno ha negato le potenzialità di questa rivoluzione, «ma non dobbiamo aspettarci – dice chiaro Massimo Negarville, presidente del Corecom – che dove il segnale oggi arriva disturbato il digitale migliorerà la situazione». Al contrario: «Nelle valli piemontesi e in quelle del resto d’Italia dove la televisione addirittura non si vede, il decoder non servirà». Per 25 mila famiglie nel solo Piemonte, insomma, la rivoluzione non ci sarà affatto.
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