Il governo ha scordato il Piemonte in crisi

Raphael Zanotti su Lastampa.it

L’autunno sarà caldo e molto più caldo per il Piemonte, che sembra dimenticato dal governo tra una Lega che procede a colpi di spot improponibili sulle gabbie salariali e un movimentismo meridionalista che l’Esecutivo tiene buono con una pioggia di denaro». Cesare Damiano, ex ministro del governo Prodi, responsabile lavoro del Pd e candidato alla segreteria regionale del partito, vede ancora lungo il cammino per uscire dalla recessione.

Eppure la crisi colpisce tutti, perché, Damiano, secondo lei il Piemonte è più a rischio?
«Il -6% di Pil nazionale è il peggior dato dal Dopoguerra e gli 800.000 lavoratori italiani in cassa sono lì a dimostrarlo. Il Piemonte da solo totalizza il 20% delle ore di cassa straordinaria concesse a luglio a livello nazionale, con punte del 33% nel settore tessile e del 28% in quello della meccanica. Per comprendere la situazione basti dire che nel 2008 sono state presentate in Piemonte 1500 domande per la cassintegrazione in deroga, nei primi sei mesi del 2009 sono state 4500: sei volte tanto».

Qualcuno però comincia a parlare di ripresa.
«Anche se avessimo toccato il fondo della crisi, cosa che mi auguro ma di cui non sono sicuro, purtroppo le due curve non coincidono mai. Gli effetti sui lavoratori si faranno sentire a lungo. Il governo tenta di tingere di rosa qualcosa che rosa non è».

Anche Gianfranco Carbonato, presidente dell’Unione Industriale di Torino, è prudente. Parla di esuberi a settembre.
«Temo che Carbonato abbia ragione, per questo è necessario intervenire al più presto e con provvedimenti concreti».

È d’accordo con la sua idea di raddoppiare il periodo di cassintegrazione?
«Non solo sono d’accordo, ma da un anno lavoro in questo senso in commissione lavoro. Portare la cassintegrazione ordinaria a 24 mesi è vitale. Purtroppo il governo è sordo alla richiesta. Non si capisce perché visto che quei soldi sono delle imprese e dei lavoratori e sono in un fondo Inps fortemente in attivo».

Ma il Piemonte vive anche di eccellenze…
«Purtroppo anche queste sembrano sacrificate dalla politica governativa. Penso ad esempio alla deduzioni automatiche del 10% per la ricerca e l’innovazione: c’erano, il governo le ha annichilite. Solo chi è riuscito a inoltrare telematicamente la domanda centrando la minifinestra lasciata libera dal ministero (17 secondi) le ha ottenute, ma non è così che si fa programmazione. Il Piemonte è rimasto molto penalizzato da questo sistema».

Lavoratori che salgono su torri e impianti, operai che iniziano lunghi scioperi della fame. C’è il rischio di tensioni sociali a settembre?
«Il rischio c’è ed è alto. Quando i lavoratori non si sentono ascoltati, protestano ed è giusto che lo facciano. Di recente sono stato a Imola a parlare con i lavoratori della Cnh, sono preoccupati e li capisco. Eppure fin’ora il loro grido d’allarme è rimasto inascoltato dalla maggioranza che governa questo Paese».

Cosa si può fare?
«Affrontare il problema è anche un gesto di lungimiranza. L’economia non si riprende da sola. In altri Paesi sono state fatte iniezioni di centinaia di miliardi di euro per affrontare la crisi, da noi è stato fatto poco. Se i lavoratori non guadagnano, non consumano e l’economia stagna. Per questo come Pd abbiamo proposto un’indennità universale di disoccupazione del 60% sull’ultima retribuzione anche per quei giovani che non si son visti rinnovare il contratto a progetto e che attualmente hanno indennità al 20%. Abbiamo anche proposto una diminuzione della pressione fiscale per i redditi fino a 30.000 euro annui. Quando ero ministro ho introdotto la 14esima per le pensioni minime a 700 euro. Forse ogg