Per un mese Torino torna capitale nel nome dell'arte

Laura Siviero sul Sole 24 Ore Nordovest

Inizia a Torino «Contemporary arts, il mese dedicato all’arte contemporanea. Mostre suoni, luci concorsi e iniziative ruotano intomo ad Artissima, fiera internazionale giunta alla 14esima edizione. Da venerdì al 17 novembre la kermesse del Lingotto sarà protagonista degli eventi. Guidata da Andrea Bellini, quest’anno ha destinato ampio spazio a 17 giovani gallerie d’avanguardia provenienti da otto Paesi che per la prima volta sono ammessi alla fiera su un totale di 131 gallerie presenti.

Convegni e dibattiti completano l’esposizione, insieme a “Shanghype!”, una rassegna video dedicata alla nuova scena artistica cinese, performance ed eventi musicali con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell e neo-avanguardie artistich e e musicali.

Durante Artissima, nell’ambito di “Contceporary Arts Torino Piemonte” musei, fondazioni, spazi pubblici e privati ospiteranno inaugurazioni e mostre internazionali. Da ieri sono tornate le “Luci d’artista” e, sabato – durante la “Notte delle arti contemporanee” – si potranno visitare gallerie, musei e altriluoghi espositivi. Ci sarà anche un grande evento musicale realizzato da Club to Club, il festival internazionale dì musica e arti elettroniche. Il 28 aprirà la mostra “Io espongo” legata all’omonimo concorso, promossa dall’Associazione Azimut, che ha visto passare in questi 10 anni di attività 1500 artisti. «Contemporary art – spiega Francesco De Biase direttore dipartimento arti visive del Comune di Torino – è un’operazione nata per aggregare i soggetti verso una stagione delle arti contemporanee».

La kermesse è considerata premiante anche dagli indicatori nazionali. Secondo l’ultima ricerca del Laboratorio Nomisma sul Commercio dei beni artistici – “L’arte moderna e contemporanea e il suo mercato in Italia”, presentata ad artVerona a fine ottobre – emergono alcune peculiarità del Nord-Ovest. Il report, che prende in esame 464 tra case d’asta e le gallerie sul territorio nazionale, evidenzia come aspetto negativa dell’area che le gallerie non partecipano alle fiere nazionali e internazionali. «Si tratta di un mercato un po’ chiuso – spiega Stefano Stanzani, direttore scientifico del Laboratorio Nomisma -, con regole di marketing locali. Artissima. invece, ha un respiro internazionale». Mentre nel resto d’Italia il 40% (in media) utilizza un ufficio stampa, nel Nord-Ovest per promuovere aste ed esposizioni si resta ancora legati ai cataloghi riviste e siti internet. Un altro dato significativo, che movimenta il dibattito sul mercato dell’arte, è quello relativo alla tipologia di clienti che nel Nord-Ovest sono principalmente i musei e gli enti pubblici, un comparto che vale il 15% rispetto al 5,6% della media nazionale.

«Da un punto di vista economico – interviene Luca Beltrametti, ordinario di economia alla facoltà dì Economia dell’Univesrità di Genova – si assiste a costi di transazioni delle case d’asta elevatissimi, anche il 25% e oltre per le più blasonate, con regole molto meno strutturate ad esempio del mercato finanziario. Visto che ci sono in gioco rilevanti interessi pubblici e privati nell’utilizzo del mezzo arte, in particolare nel Nord-Ovest, è utile chiedersi se esista una bolla speculativa, anche per salvaguardare l’allocazione delle risorse pubbliche. Sono dunque benvenute iniziative d’informazione come quella de “Il Sole-24ore” che, insieme al Giornale dell’arte, produce “Plus 24 sull’arte”».

Torino vuole il Guggenheim

Dalla Stampa di sabato 9 giugno 2006

Se Torino diventerà la sesta sede del Guggenheim Museum nel mondo lo dovrà probabilmente a un risotto. Galeotta fu la tavola attorno a cui, in maggio, si sono incontrati il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, il direttore dello Staff College Staffan De Mistura e Tom Banks del Guggenheim.

Si era a New York, Palazzo di vetro delle Nazioni Unite. In quel momento ambasciatori e personalità degustavano le prelibatezze preparate dagli undici cuochi piemontesi sbarcati all’Onu per il «Food Festival». E tra un apprezzamento e un bicchiere di Barolo, ecco l’idea. Quasi buttata lì, tra i tovaglioli della tavola, per fare conversazione. «Torino sarebbe un’ottima sede per il Guggenheim, perché non ci viene a trovare?».

Al ritorno a Torino, l’idea è piaciuta, ha cominciato a prendere forma. E così ci si è messi al lavoro. Con De Mistura, direttore della scuola per alti funzionari dell’Onu, a stabilire rapporti e il sindaco a coltivarli.

Alla fine la visita c’è stata. Memore del risotto, e delle buone chiacchiere, l’esponente del Guggenheim a Torino c’è venuto davvero, nelle scorse settimane. E ha fatto un giro per verificare se quel progetto nato un po’ per caso fosse davvero realizzabile.

I ciceroni del Comune l’hanno accompagnato in giro per la città. L’idea era soprattutto quella di proporre la reggia di Venaria Reale come sede. Banks l’ha visitata, l’ha trovata splendida, ma non adatta. Per riuscire a farne un distaccamento dell’importante museo di arte moderna e contemporanea sulla Quinta Avenue ci sarebbero stati troppi lavori.
Poi, però, l’ambiente idoneo è spuntato fuori. Quando Banks ha visto i 30.000 metri quadri delle ex Officine Grandi Riparazioni di via Castelfidardo, gli si è acceso un sorriso sul volto.

Il passaggio successivo è stato contraccambiare il gentile invito. «Signor sindaco, perché a metà luglio non viene a visitare il Guggenheim di Bilbao, così le mostriamo che cosa abbiamo fatto da quelle parti?».

Il distaccamento spagnolo ha dimensioni simili a quelle delle ex Officine Grandi Riparazioni: 32.500 metri quadri studiati e disegnati dalle effervescenti linee dinamiche dell’architetto nordamericano Frank O. Gehry. È costato 300 milioni di dollari. Per rimettere in sesto le ex Ogr ce ne vorrebbero 500. Ma dove trovarli?
È stato a quel punto che la tavola è tornata utile un’altra volta. Il sindaco ha subito informato Corrado Passera dei passi avanti fatti. E quest’ultimo pare si sia dimostrato molto entusiasta. Tanto da promettere il suo impegno nel reperimento dei fondi.
Il progetto è ancora in fase embrionale, ma i contatti che ci sono stati fanno ben sperare. Soprattutto per le ex Ogr, da tempo indicate come futura sede della Gam ma con problemi di finanziamento.

Riuscire a portare il Guggenheim a Torino sarebbe un salto di qualità impressionante per una città che vive da sempre l’arte contemporanea come uno dei suoi fiori all’occhiello ma che sconta ancora un certo provincialismo. Il collegamento con il Castello di Rivoli, noto a livello internazionale per la qualità delle sue collezioni focalizzate sull’arte povera, permetterebbe di ampliare non poco l’orizzonte. Senza contare che s’inserirebbe perfettamente nei progetti per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia del 2011.

In questi mesi le idee su cosa fare e come per la manifestazione sono state piuttosto confuse, con accelerazioni e retromarce improvvise dovute essenzialmente alla questione del reperimento dei fondi. Le ex Ogr sono state al centro della discussione insieme ad altre opere importanti come il Grattacielo di Renzo Piano e la biblioteca multimediale di Bellini proprio nelle vicinanze delle ex Ogr.

La partita si è fatta difficile fin già da prima delle Olimpiadi. Lo stallo tra Comune e Ferrovie nella trattativa sulle ex Ogr ha creato qualche imbarazzo, con Palazzo civico arrivato a pagare un progetto di ristrutturazione senza essere ancora proprietario delle aree. Per questo l’assessore comunale alla Cultura, Fiorenzo Alfieri, era stato costretto a rivedere il suo progetto di trasferire la Gam dall’attuale sede di via Magenta alle ex Ogr, ripiegando su Torino Esposizioni. Poi, nel settembre scorso, la situazione si era sbloccata. E allora sembrava che il problema delle opere in eccesso rispetto agli spazi della Gam potesse trovare nelle strutture di via Castelfidardo la soluzione migliore. In ottobre già si cambiava: nessun intervento su Torino Esposizioni e manutenzione leggera sulle ex Ogr solo a patto che le Ferrovie avessero ceduto le ex Ogr per 30 anni al Comune.

A questo punto è iniziata la trattativa con il governo, che con la Finanziaria ha sgonfiato qualunque sogno di grandeur. I 600 milioni di euro di budget e gli 8 milioni di visitatori sono diventati un obiettivo difficile da raggiungere.
In febbraio già si parlava di 274 milioni di euro da richiedere allo Stato e di un progetto Torino 2011 che prevedeva due villaggi come motori dell’iniziativa: uno rivolto al passato e uno al futuro. Ma sempre con le ex Ogr al centro del progetto.