Smau 2008 percorsi per l'innovazione

Parte Smau 2008 che promuove i “Percorsi dell’Innovazione per far incontrare e confrontare chi innova, chi vuole innovare, potenziali finanziatori e partner di sviluppo

Circa 300 imprese avviate, ben 1.500 posti di lavoro creati e un fatturato di 60 milioni di euro. Queste cifre rappresentano il risultato concreto del Premio Nazionale per l’Innovazione che lancia ogni anno, dal 2003, le migliori idee imprenditoriali tra quelle uscite dalle 42 università che aderiscono all’associazione PNICube. Tra queste il Politecnico di Milano. Se i ricercatori inizino i loro progetti per gioco o per sfida poco importa. Lo scopo è vincere ed essere d’esempio.

Ma nel panorama nazionale non ci sono tutte rose e fiori. Tutt’altro. Una recente ricerca (Istituto Bruno Leoni) sottolinea come l’Italia sia al 53° posto nella classifica mondiale nel “creare nuove attività” e purtroppo in alto invece – 27° posto – nel “chiudere attività” (fallimenti). Per fare affari la posizione è la 65a. Un evidente segnale di come creare start-up nel nostro Paese sia non solo molto difficile, ma anche ancora troppo poco supportato dallo Stato nonostante le ultime novità a livello di esenzioni.

L’anno nero per le start-up non rappresenta il passato, ma il presente: nel 2006 sono nate in Italia 284.000 nuove imprese (Fonte: Istat), 24.000 in meno dell’anno precedente (-7,8%). Quadro ancora più complicato dall’innovazione tecnologica che stenta a decollare, soprattutto nelle PMI (Il 16% di PMI possiede infrastrutture ICT “evolute”, il 55% si trova in una fase di transizione e il 29% utilizza infrastrutture “embrionali”. Fonte: Politecnico di Milano).

Smau 2008, con i “Percorsi dell’Innovazione. Dall’idea al business” sarà un’occasione per l’incontro e il confronto tra chi innova, tra chi innova e tra chi vuole innovare e, non ultimo, tra queste due categorie e tanti potenziali finanziatori e partner di sviluppo.

I protagonisti saranno start-up e spin-off, centri di ricerca e università, parchi scientifici e distretti tecnologici in campi d’applicazione che vanno dall’informatica alle telecomunicazioni, dalla robotica all’aerospazio, dalle biotecnologie alle nanotecnologie.

Smau 2008 si rivolge anche ai manager di tutte le funzioni aziendali parlando di ICT e innovazione attraverso i migliori casi pratici  Ritardi ed eccellenze. Troppi i primi, troppo poche le seconde. È il panorama delle imprese italiane rispetto all’innovazione tecnologica. Se nelle PMI soltanto il 16% ha infrastrutture ICT che possono essere definite “evolute”, il 55% vive un’alterna fase di transizione e il 29% utilizza infrastrutture “embrionali” (fonte: Poltecnico di Milano), il panorama è migliore nelle grandi imprese: oltre i ¾ dei manager italiani considera che l’IT abbia avuto un ruolo determinante nello sviluppo aziendale e quasi il 100% ritiene che lo avrà ancora di più nei prossimi anni.

Ma se tra PMI e grandi imprese cresce l’interesse per l’IT e l’effettiva applicazione vi si accoda seppur con le dovute proporzioni (minore nelle PMI e maggiore nelle grandi imprese), sul fronte qualitativo l’Italia non è seconda a nessuno sul panorama internazionale. Indifferentemente in ognuna delle varie funzioni aziendali: Acquisti; Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione; Marketing e Commerciale; Operations, Logistica e Supply Chain; Gestione delle Risorse Umane; senza dimenticare la Pubblica Amministrazione.

Sei capitali per l’Italia dei brevetti

Alessandra Carini su Repubblica.it

Quando si parla di innovazione l’economia italiana è vista fatalmente come uno dei fanalini di coda fra quelle europee: nelle statistiche arriva,con i suoi punteggi, al ventitreesimo posto su 37 paesi considerati, ben dietro i “grandi”. Ma davvero siamo così arretrati nella tecnologia? E se è così come si spiegano le performance delle nostre esportazioni in settori come quelli della meccanica dove se la battono con paesi come la Germania? Fino a poco tempo fa si era attribuito alla fantasia, alla capacità inventiva dei nostri imprenditori, in una parola ai loro “animal spirit” la loro resistenza ad un mondo assediato dalla concorrenza e sempre più difficile nei settori manifatturieri. Ma adesso una ricerca condotta sul numero dei brevetti in Italia, sulla loro “geografia” presenta un mappa tutt’affatto diversa del nostro Paese e della nostra economia.
Cinque città Milano, Torino, Bologna Roma e Firenze assommano il 41% dei brevetti italiani ottenuti dall’ Ufficio dei brevetti europeo, che, a dispetto delle statistiche internazionali sono una cifra di tutto rispetto: 28 mila a fine 2004. Ma l’ innovazione non è solo concentrata nelle grandi città: è diffusa sul territorio e nelle città medie. Tanto che quanto a occupati nell’alta tecnologia la Lombardia non ha nulla da invidiare alla Baviera o all’Ile de France, Veneto e Emilia Romagna superano la regione di Dusseldorf.

Leggi tutto “Sei capitali per l’Italia dei brevetti”

L' Associazione Italiana per la Ricerca

L’Associazione Italiana per la Ricerca mette in contatto chi è interessato a Università, Ricerca, Impresa, Dottorato, Industria, PhD, Energia, Economia, Scuola, Innovazione, Tecnologia, R&D in Italia. Informazioni sulle attività dell’Associazione, proposte, dibattiti sui temi principali.

L’AIR Associazione Italiana per la Ricerca è interessata ai temi della Ricerca, dell’Università, dell’Impresa, della Scuola e dell’Industria con particolare riguardo alle questioni riguardanti il dottorato, i ricercatori, gli studenti, l’energia, l’economia, l’innovazione, la tecnologia, lo sviluppo del sistema Italia, la matematica e le scienze.

L’Associazione Italiana per la Ricerca ha anche creato un gruppo su LinkedIn.

Verso il copyright 2.0

Il Forum Innovazione del PD Piemontese organizza un dibattito sulle prospettive del diritto d’autore nell’era delle reti e della digitalizzazione dei contenuti multimediali: “Verso il copyright 2.0: reti e nuove forme di condivisione dei sapere”. Un confronto tra la politica e i maggiori esperti del settore che spazierà dalle nuove licenze per musica, immagini e testi, al software libero, dalla tutela dei diritti digitali di ciascuno all’esplodere di nuove fomre di condivisione di ogni sorta di contenuto autoprodotto.
L’incontro fa parte della Festa Democratica presso lo Sporting Dora di Corso Umbria, 83 e si svolgerà il
13 settembre alle ore 15.00
Introduce: Piera Levi Montalcini Coordinatore Forum “Innovazione e Nuove Tecnologie” del PD-Piemonte
Parteciperanno

  • Andrea Bairati: Assessore università, ricerca, politiche per l’innovazione e l’internazionalizzazione, telecomunicazioni, e-government, industria ed energia della Regione Piemonte
  • Alessandra Speranza Assessore personale, patrimonio, provveditorato e sistema informativo della Provincia di Torino Vincenzo Vita Senatore PD
  • Juan Carlos De Martin Docente di ingegneria dell’informazione al Politecnico di Torino, responsabile di Creative Commons per  l’Italia, coordinatore del progetto europeo COMMUNIA sul pubblico dominio digitale, co-direttore di NEXA, il Centro di Ricerca su Internet e Societa’ del Politecnico di Torino.
  • Angelo Raffaele Meo Presidente della “Commissione per il software  a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione”
  • Marco Ricolfi Docente di diritto industriale all’Università di Torino, coordinatore giuridico del gruppo di lavoro Creative Commons Italia, direttore del Master WIPO-UNITO sulla proprietà intellettuale, co-direttore di NEXA, il Centro di Ricerca su  Internet e Società del Politecnico di Torino

Modera Antonello Ghisaura Relatore Forum “Innovazione e Nuove Tecnologie” del PD-Piemonte

Un ponte fra Italia e Silicon Valley

via Corriere.it

L’unico termometro infallibile sullo stato di salute dell’economia della Silicon Valley è la 101, la strada che collega San Francisco con Palo Alto. Il traffico quotidiano funziona meglio del Nasdaq. Fra il 1998 e il 2000 per percorrere il corridoio si impiegavano due ore. Nel 2001, dopo lo scoppio della bolla della new economy, la “one-o-one” era diventata un deserto. Adesso è tornato un certo fermento. Non ai livelli isterici pre-bolla, ma nelle ore di punta, in entrata e in uscita da San Francisco, capita di stare in fila.

A tirare questo ecosistema della tecnologia sono adesso i settori dell’energia rinnovabile e della “security” (sicurezza nazionale, sistemi di controllo e di riconoscimento biometrico). Ma è soprattutto l’aria di ottimismo che si respira nelle aziende e un modello imprenditoriale improntato al coraggio che fanno veramente la differenza e rendono questa parte di mondo per molti aspetti unica. Nella Silicon Valley tanti italiani hanno raggiunto posti di primo piano. Tanto che negli ultimi anni hanno fatto nascere ben tre associazioni che, con ruoli diversi, hanno un unico obiettivo: esportare il modello imprenditoriale anche in Italia costruendo un contatto permanente tra la realtà americana e le tante eccellenze che pure ci sono nel nostro Paese, ma che spesso da noi non riescono a trovare la fortuna che meriterebbero.

Mind the Bridge è una associazione nata nel 2007 con l’obiettivo di creare per la prima volta un collegamento diretto tra business plan italiani e le start up della Silicon Valley. “La missione che ci siamo dati – spiega Marco Marinucci, responsabile Content partnership di Google e anima dell’associazione – è individuare progetti italiani nel campo delle tecnologie e aiutarli a sbarcare nella Silicon Valley dove possono trovare imprenditori pronti a scommettere e investire sulla bontà dell’idea”. Tutto ruota intorno a un evento organizzato annualmente. L’associazione attraverso il sito raccoglie progetti e idee da presentare alle start up americane. Per il 2008 la deadline per l’iscrizione, che si può fare dal sito, è il 4 settembre. I progetti inviati vengono sottoposti al comitato di selezione, formato da 12 imprenditori e venture capitalist. I venti progetti scelti verranno poi presentati al “Venture Camp”, un evento che si terrà il 10 e 11 ottobre al Parco Scientifico Tecnologico di Venezia. Da qui usciranno i 5-6 progetti da portare in aprile nella Silicon Valley per presentarli ai venture capitalist americani. “L’associazione – spiega Marinucci – vuole essere prima di tutto un canale pratico che individui nuove idee interessanti in Italia e le aiuti a sbarcare nel mercato internazionale degli investitori per accedere a partnership o investimenti. Noi li affidiamo a mentori che in 4-5 mesi li aiutino a focalizzare l’idea imprenditoriale e a scrivere un business plan che possa avere maggiori possibilità di successo. Poi, ad aprile, li portiamo qui e li facciamo incontrare con investitori e società che studiano il piano e valutano su quali investire o stringere partnership”. L’anno scorso il successo è stato incoraggiante: dei 55 progetti presentati ne sono stati selezionati 5 e tutti sono andati avanti con sviluppi che vengono regolarmente seguiti sul sito. “Ci arriva di tutto – spiega Marinucci _ dal ragazzo fresco di università con un’ottima idea ai centri di ricerca e all’aziende che hanno anche 10 anni di attività, ma che in Italia non sono riuscite a decollare”.

Jeff Capaccio, avvocato, è l’anima del Silicon Valley Italian Executive Council (Sviec), un gruppo all’interno della Niaf (National Italian American Foundation), con 300 soci orientata esclusivamente alla fascia alta dei manager che hanno il potere nelle aziende hi-tech. Sviec è un networking che riunisce italiani e americani che si scambiano idee e discutono progetti di business. “Cerchiamo di facilitare gli scambi commerciali tra gli italiani che vivono qua e l’Italia – dice Jeff Capaccio – Qui si creano gli agganci e i contatti con i più prestigiosi venture capital e le start up: da Intel a Cisco e Hp”. Nella Silicon Valley non mancano le storie esemplari di innovazione italiana: da Federico Faggin, uno dei padri del microprocessore Intel, a Roberto Crea che in America nel 1978 creò l’insulina sintetica e oggi è una delle figure di spicco della biotecnologia commerciale; da Giacomo Marini e Pierluigi Zappacosta, tra i fondatori di Logitech, a Enzo Torresi, presidente di Olivetti Advanced Technologies Center. Tutti personaggi che ruotano intorno a Sviec che ogni anno organizza incontri di studio in Silicon Valley con una 30 di laureati italiani in ingegneria e economia e commercio. In due settimane gli studenti visitano 15-20 aziende e partecipano a corsi e seminari. Alcuni finiscono per trovare stage nella zona e fanno la tesi su realtà americane. “Qui si respira un’aria imprenditoriale dove tutto è possibile, c’è una cultura di rischio per la quale anche fallire è considerata una buona esperienza che ti insegna: fallire non è una brutta cosa perché vuol dire che ci hai provato”, spiega Capaccio. “C’è tanta energia e tanta carica, per questo uno che ha una buona idea qui trova sempre il talento manageriale e il denaro per decollare”. La Silicon Valley si è caratterizzata sempre di più non solo come una realtà locale, ma come uno stato mentale, punto di riferimento per tutto quello che è tecnologico e biotecnologico. “Noi lavoriamo molto con il Politecnico di Torino, la Bocconi di Milano e il Sant’Anna di Pisa – dice Capaccio – e con Niaf stanziamo oltre un milione di dollari l’anno per le borse di studio. Il fatto è che l’Italia ha ingegneri molto preparati, tra i migliori del mondo, che qui si sono sempre distinti, ma purtroppo manca di mentalità commerciale. Per questo cerchiamo di trasferire in Italia quanto c’è di buono da questa parte del mondo”.

La Business Association Italy America è nata nel 2005 e oggi conta oltre 5000 soci tra Italia e Usa. L’associazione è aperta a tutti e copre tutti i settori del business che hanno interessi legati all’Italia. “Lo spirito dell’associazione – spiega Matteo Fabiano, executive director – è creare eventi, momenti in cui riuniamo la comunità per creare un canale di comunicazione continuativo con tra l’Italia, la California e altri Stati americani”. Baia è focalizzata sulle tecnologie, le biotecnologie, le energie rinnovabili, ma anche i settori dell’import-export, dal cibo al vino, dai materiali da costruzione, all’arte e all’artigianato. “L’anno scorso abbiamo fatto partire due poli anche a Roma e Milano – dice Fabiano – Attraverso la piattaforma di social network e il blog quotidianamente avvengono scambi di idee e di opportunità. Un modo per esportare anche in Italia la mentalità e il modello di business che si è radicato nella Silicon Valley”.

Il sostenibile sviluppo dell'auto

Via Torino Scienza

Le conseguenze a catena dell’impennata del petrolio si intensificano e assumono toni da incubo: negli ultimi 12 mesi, a fronte di un rincaro del 144 per cento del prezzo del barile, le tariffe elettriche sono aumentate del 10,3 per cento, ma la Banca centrale europea stima che i rincari del settore alimentare raggiungeranno addirittura il 44 per cento; nel primo trimestre 2008 le immatricolazioni di auto sono crollate del 20 per cento e i passeggeri Alitalia si sono ridotti di un quarto; autotrasportatori e pescatori sono in agitazione in tutta Europa; armatori di navi e flotte aeree riducono le velocità di crociera. Da un comparto economico all’altro, tutto il mondo dell’industria si sta attrezzando per sopravvivere al nuovo scenario. In prima linea il settore automobilistico, che dal 18 al 20 giugno ha convocato a Moncalieri (To) 150 esperti, provenienti da tutto il mondo, proprio per discutere di scarsità energetica e sviluppo sostenibile. Al convegno Gerpisa (Groupe d’etudes et de recherche permanent sur l’industrie et les salariés de l’àutomobile), riunito per la prima volta in Italia su iniziativa dell’Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo (Ceris) del Cnr, hanno partecipato docenti universitari ma, novità 2008, anche imprenditori e manager del settore.

Il programma, sviscerato in 25 sessioni parallele, ha fatto il punto su norme e politiche pubbliche, innovazioni tecnologiche, sviluppo nei Paesi emergenti, responsabilità sociale delle imprese e strategie aziendali. I ricercatori hanno presentato e discusso decine di studi sullo sviluppo sostenibile del comparto, spaziando dai motori ibridi ed elettrici alle prospettive di sviluppo in mercati nuovi come Cina e India, fino alle politiche pubbliche sui cambiamenti climatici. Particolarmente interessanti le analisi dedicate alle diverse strategie delle case automobilistiche: Fiat (a cui è stata dedicata un’intera sessione), Renault, Toyota, Audi e Bmw.

Leggi tutto “Il sostenibile sviluppo dell'auto”

Open Your Mountains Day: il programma

Ecco il programma generale di Open Your Mountains Day: immagine e creatività imn programma il 20 settembre 2008 ad Aosta

Ore 10.00. Photocamp, una non-conferenza sul tema ‘Lo sharing pixel produce condivisione’.
Ogni partecipante dovrà presentare una propria visione, idea o concept in un intervento che dovrà durare al massimo 10 minuti a cui seguirà uno spazio di condivisione.

Ore 10.30. Workshop ‘Una montagna di idee’ con un laboratorio sull’immagine/innovazione che utilizza
il ‘Pensiero Laterale’ di Edward de Bono.

Ore 13.00. ‘Lunch km 0’ con degustazione di prodotti del territorio valdostano e indicazione dei km percorsi da ciascun alimento.

Ore 15.00. Presentazione al pubblico dei risultati del workshop fotografico ‘Montagna e desertificazione’.

Ore 10.00 – 18.00. Durante tutta la giornata all’esterno: un’installazione denominata ‘Montagna di Rifiuti’ realizzata con imballaggi alimentari arricchita da ‘contributi’ aperti a tutti; una mostra di imballaggi alimentari con la loro ‘storia’; una postazione per il calcolo delle emissioni personali di Co2. All’interno della struttura, sempre durante l’arco della giornata, saranno proiettati in loop una serie di documenti video intitolati ‘La scalata all’incontrario’.

L’agricoltura ha messo il turbo

Via Corriere.it

In un’Italia dall’economia ferma, c’è un settore che ha messo il turbo. È l’agricoltura, che nel primo trimestre è cresciuta del 6,9% rispetto ai tre mesi precedenti, mentre l’industria ha registrato un aumento dello 0,6% soltanto e i servizi un misero 0,2%. A confermare la performance del settore primario sono arrivati i dati preliminari Istat. La decrescita dello 0,3% del Prodotto interno lordo è dovuta a una diminuzione del valore aggiunto dell’industria, a una sostanziale tenuta dei servizi. Tiene botta solo l’agricoltura, che conferma la crescita del suo valore aggiunto e, dopo anni duri, ha ritrovato la forma. Ma qual è il segreto? «Negli ultimi anni è cambiato l’imprenditore agricolo, che ha capito di doversi occupare anche di trasformazione e commercializzazione», spiega Federico Secchioni. Per il presidente di Confagricoltura, il cambiamento è avvenuto soprattutto nei settori viti-vinicolo, lattiero- caseario, e orto-frutta. Le insalate già preparate e confezionate sono un esempio. Più indietro il settore dei cereali, che ha una trasformazione industriale più complessa.

L’imprenditore moderno
La «svolta» dell’imprenditore agricolo è stata analizzata anche da un’indagine del Censis del marzo scorso. In Italia, dice il Centro studi investimenti sociali, esiste un nucleo vitale di imprenditori che sta proiettando in avanti l’agricoltura e che costituisce una «minoranza trainante » portatrice di una cultura moderna del fare azienda. Innovazione, orientamento al mercato e ottimizzazione dei fattori produttivi e dell’organizzazione sono gli ingredienti necessari per essere un agricoltore moderno. Il Censis ha individuato cinque protagonisti di questa nuova fase. Tra questi c’è Gabriella Fantolino, che ha deciso di portare avanti la passione del padre Andrea, fondatore di un’azienda di produzione e commercializzazione di uova. Qual è il loro punto di forza? «Seguiamo il nostro prodotto dall’inizio alla fine, cioè dal mangime per le galline a quando le uova arrivano sullo scaffale del supermercato —racconta Gabriella Fantolino —. Siamo noi a gestire lo spazio della vendita, abbiamo anche prodotto i mobili. Il nostro prodotto è fresco e imballato giornalmente, non possiamo trascurarlo nella parte finale dell’atto economico. Cerchiamo di fare in modo che il passaggio tra noi e il consumatore sia ridotto ai minimi, è lui il nostro vero cliente». Oltre a Fantolino, sono stati premiati anche la celeberrima azienda viti-vinicola Castello Banfi, Campoverde Agricola specializzata nella produzione e commercializzazione di pesche, nettarine e clementine, l’azienda di ricerca, ibridazione, selezione e marketing di varietà di rose Nirp international e il big del latte Cirio Agricola.

Giovani, campioni d’innovazione
Anche Coldiretti ha la sua classifica di agricoltori «top», selezionati dalla sezione giovani. Il concorso si chiama «Oscar Green» e premia le esperienze migliori di innovazione. Il vincitore di quest’anno per la categoria «esportare il territorio» è Giuseppe Riggio, che gestisce un’azienda agricola in provincia di Reggio Calabria. E che ha inventato l’adozione a distanza di un maiale di razza pregiata. Suo l’allevamento di suini grecanici, da cui ricava salumi naturali senza conservanti venduti direttamente al pubblico. Altre cinque le idee creative premiate. Davide Borghi di Reggio Emilia si è aggiudicato la vittoria per la categoria «Stile e cultura d’impresa» per aver recuperato la tradizione dell’allevamento di asini con la produzione di latte, alimenti e cosmetici a base di latte d’asina. Roberta Creta di Pietravairano (Ce) è stata premiata nella categoria «Campagna Amica» per aver creato prodotti innovativi come la gelatina di vino Aglianico. Paolo Marostegan di Camisano (Vi) ha vinto per la categoria «Sviluppo locale» con l’offerta del pacco famiglia. Gianenrico Spoldi di Trigolo (Cr) ha il primato nella categoria «Energia per il futuro» allevando maiali dai quali ottiene anche energia da biogas. Vincitore nella categoria «Oltre la filiera» è Alessandro Demarchi (Moretta, Cuneo) che ha razionalizzato la filiera che mette in relazione imprenditori agricoli e grande distribuzione.

Anna Masera su Lastampa.it

«Ecco i pazzi. I disadattati. I ribelli. I contestatori. Quelli sempre al posto sbagliato. Quelli che vedono le cose in modo diverso. Non amano le regole. E non rispettano lo status quo…».

Che fine ha fatto lo slogan «Think different», che negli anni del boom del personal computer ha fatto sognare i creativi di mezzo mondo e ha contribuito al mito Apple, che si è sempre vantata di essere «differente»? C’era una volta il conflitto tra vecchia e nuova informatica, sintetizzabile nella battaglia fra Microsoft e Apple.

Era Microsoft che puntava a produrre una piattaforma universale con cui far girare qualsiasi gadget digitale e possedere il mercato, accumulando profitti straordinari. Apple si limitava a produrre cose belle, perchè – sosteneva il suo fondatore Steve Jobs – è la domanda a scegliere, non l’offerta.

Ma nel frattempo l’informatica si è sposata con l’elettronica di consumo diventando di massa e oggi i telefonini multimediali fanno fare più profitti dei pc – pardon – dei Mac. Oggi la Apple sembra scimmiottare Microsoft e l’azienda sulla bocca di tutti per gli iPhone non è più «different»: ha addirittura rimosso il mitico slogan dal suo sito.

«Io ho lavorato alla Apple, è cattiva tanto quanto la Microsoft» decreta Donald Norman, l’ingegnere professore del Mit ex vicepresidente del gruppo di ricerca sulle tecnologie avanzate per Apple Computer. «Ma la Apple è come l’Albania. La Microsoft è come l’Unione Sovietica» è la risposta piccata dello scrittore di fantascienza Bruce Sterling, macintoshiano di ferro.

In realtà nell’era di Internet il paragone tra Apple e Microsoft con i Paesi piccoli e grandi del blocco sovietico c’azzecca solo per il Grande Fratello, che invade la nostra privacy e accomuna i prodotti dei due giganti informatici: se è vero che tutt’oggi Microsoft è l’azienda high-tech che macina più profitti con una capitalizzazione azionaria di 270 miliardi di dollari, è di ieri la notizia che a dominare la culla dell’innovazione tecnologica nella Silicon Valley è Apple, con il valore del suo titolo cresciuto del 44 per cento nell’ultimo anno a 158,2 miliardi di dollari, quel tanto che basta a superare i 157,2 miliardi di dollari di Google, grazie allo straordinario successo dell’iPhone.

Gli equilibri sono cambiati e lo slogan «Think Different» oggi si applica meglio al mondo del software libero e «open source», targato Linux & amici – che ha aperto la porta a molti innovatori in un mondo in cui la piattaforma fondamentale non è di proprietà di nessuno, perché Internet è pubblica – contro l’emergere di un mondo informatico proprietario e costrittivo: «Pensate a iTunes: se lo usate una volta dovete usarlo per sempre» avverte Norman, che ha visto nascere il sistema di libreria digitale che archivia musica e film, ma non permette di condividerli o spostarli.

Soprattutto, pensate al marchingegno software nascosto negli iPhone che spia gli utenti, per ammissione dello stesso padre padrone della Apple. Su cui girano voci di comportamenti despotici nei confronti dei suoi dipendenti, malmenati quando sbagliano, mentre il suo rivale di sempre Bill Gates si è rifatto l’immagine per apparire «buono», fino a ritirarsi dal ruolo chiave in azienda per puntare sulle donazioni ai poveri con la sua Fondazione.

Anche i fans di Apple descrivono Jobs come un «dittatore illuminato» che governa lo sviluppo dei prodotti più attraenti apparsi sul mercato negli ultimi anni: dopo aver ammesso il sistema di controllo a distanza che viola la privacy degli utenti dei suoi iPhone rimuovendo eventuali software «indesiderati», ha garantito personalmente che ne migliorerà gli standard. C’è da fidarsi? Al pubblico l’ardua sentenza.