Eccessiva, trasgressiva, spudorata, insofferente, viscerale, erotica. A dieci anni dalla scomparsa, la Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio allo straordinario talento di Carol Rama (1918-2015), ospitando la mostra «Geniale sregolatezza».
Curata da Francesco Poli e Luca Motto, la retrospettiva ricostruisce le principali tappe dell’originale percorso artistico di Carol Rama attraverso una selezione di circa un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e private, dagli scandalosi acquerelli degli anni Trenta fino al ciclo della “mucca pazza” e alle produzioni dei primi anni Duemila. “Una produzione artistica durata sette decenni, attraverso varie e apparentemente contrastanti fasi di ricerca sempre alimentate da un’idiosincratica energia emotiva e da un potente immaginario autobiografico, allo stesso tempo da una lucida ipersensibilità espressiva e formale e da una raffinata tensione culturale e intellettuale” (Francesco Poli).

Acquerello e matita colorata su
cartone
44×26 cm
Collezione privata
Pur essendo immersa appieno nella sfera culturale della sua Torino (dove Olga Carolina Rama era nata il 17 aprile 1918) e nonostante la sua casa-studio di via Napione fosse frequentata da artisti, intellettuali, critici, galleristi e musicisti (tra cui Felice Casorati, Massimo Mila e Carlo Mollino), Carol Rama fu sempre un’irregolare, un’artista fuori dagli schemi e dalle etichette, che a lungo dovette fare i conti con incomprensioni e mancanza di giusta considerazione (nonostante quattro partecipazioni alla Biennale di Venezia nel 1948, 1950, 1956 e 1993). Forse per l’essere un’autodidatta, forse per l’indole eccentrica e spudorata, forse per non aver mai fatto parte di nessun movimento artistico, se si esclude la breve parentesi del Mac Movimento Arte Concreta promosso da Albino Galvano. La genialità della sua grammatica visiva riceverà un riconoscimento tardivo negli anni Ottanta grazie a Lea Vergine, per poi arrivare Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia del 2003, che la consacrerà come artista di fama internazionale.

Inchiostro e occhi di bambola su
carta, 16,5×16,5 cm
Collezione privata
Poco dopo la morte, avvenuta nel 2015, la Gam di Torino ospitò un’importante retrospettiva ideata dal MACBA di Barcellona, che toccò anche Parigi, Helsinki e Dublino. Quest’anno, dopo le recenti mostre a Francoforte e Berna, è la Fondazione Accorsi-Ometto a celebrarla con un’esposizione articolata in otto sezioni, si apre con una serie di acquerelli dalla forte carica erotica realizzati alla fine degli anni Trenta, caratterizzati dalla libertà espressiva del segno grafico nei quali l’artista riversa le fantasie e le inquietudini della sua adolescenza (il suicidio del padre, la nevrosi della madre), raffigurando personaggi e oggetti tratti dal suo vissuto (protesi, dentiere, letti). Parallela è la produzione di opere ad olio espressioniste (1937-1950), a cui fa seguito la fase di astrattismo di matrice concreta (1951-1958) e l’adesione alla compagine torinese del Movimento Arte Concreta.

Tecnica mista, occhi tassidermici e
ciondoli in piombo su carta intelata
con precedenti interventi (progetto
di design industriale), 75×110 cm
Collezione privata
Verso la fine del decennio la sua ricerca vira all’Informale: in mostra sono esposti una serie di dipinti denotati da una spessa materia pittorica dove emerge una prepotente carica cromatica e segnica. Viene presentata poi la serie dei “Bricolage” (così definiti dall’amico poeta Edoardo Sanguineti) prodotta dalla metà degli anni Sessanta: l’approccio pittorico a macchia di derivazione informale è integrato con il collage di oggetti quali occhi di bambola, artigli, cannule vaginali, conchiglie, fili di ferro e molto altro: materiali e oggetti di recupero, carichi di vissuto, che entrano nella composizione del dipinto.
Molto importante è la serie delle “Gomme” (1970-1979), dove su superfici monocrome bianche o nere dispone porzioni di camere d’aria di biciclette, che talvolta penzolano simulando budelli e interiora di corpi. Segue il ritorno a una rinnovata figurazione, tipica degli anni Ottanta e Novanta, dalla tecnica complessa e raffinata, cromaticamente accese: un microcosmo popolato da figure umane, angeli e animali, geometrie, paesaggi e prospettive fantastiche su vecchie carte prestampate e fogli catastali. Per arrivare alle opere di forte impatto legate all’epidemia della “mucca pazza” (1996-2001): “Mentre guardavo le riprese ero sbalordita. Nelle immagini della mucca pazza c’erano una disperazione, una bellezza, un’angoscia e un erotismo che mi hanno colpita. Ho cominciato da queste morti collettive, da questa visione degli animali che si inclinano insieme, disperatamente, nei fossi o in riva ai fiumi, con gli zoccoli tesi verso l’alto. Ho subito fatto dei disegni, degli acquerelli, e li ho buttati su sacchi che avevo fatto intelaiare” (da un’intervista di Marcella Beccaria su Flash Art Italia).
http://www.fondazioneaccorsi-ometto.it
Emanuele Rebuffini

Carol Rama, ritratto #02, 2013
Giclée archivial inkjet print, 42×35 cm
Archivio Bepi Ghiotti
