Al Jazz Club con l’abito rosso

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Prendi un sabato sera, un abito rosso, un rossetto rosso e del vino rigorosamente rosso e piemontese. Prendi delle amiche di cui una con i capelli rossi, l’altra con le calze a pois rossi e l’ultima – infine – con il cappotto rosso. Mescola gli ingredienti e vai a ballare il sabato sera al Jazz Club. E vedrai che succede!

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Al Jazz Club ero già stata qualche sera prima, una cena davanti al palco, buona l’insalata, bevibile il vino, ottimo il concerto. Era il ‘Giovedì Lindy’ del JCT , suonavano The Roosters e dopo la cena si spostano i tavoli e la gente si butta a ballare in mezzo alla pista. Molto movimento, donne con gonne a ruota che girano veloci e scattose come nei film degli anni Venti, sembrerebbero dervisci mevlevi, non fosse per i ballerini che le tengono per mano e le guidano nei volteggi. La musica ti prende, alla fine hai voglia di ballare e buttarti nella mischia anche se non lo sai fare.

Questo è lo spirito con cui ho preso l’abito porpora e sono uscita con le amiche e tutta la serata è stata contraddistinta dal Rosso. Il rosso è il colore della passione, dell’amore, della terra, del sangue, dicono del tango ma forse lo è del ballo in generale, del movimento: qualcosa di viscerale che agisce in modo ipnotico ed obbligante, proprio come fa la musica sul corpo.
Ed anche al sabato ad un certo punto si spostano indietro i tavoli, si ammassano cappotti e piumini sulle sedie, le borse in terra se non c’è qualche amico che resta al tavolo seduto a bere. La musica chiama, dopo il concerto c’è il famoso DJ Margiotta che sceglie su cosa farti ballare. Lui ci ha accompagnato dai primi passi adolescenziali nelle balere sin dal lontano 1997, allora te lo segnalava l’Agenda di Torino Sette nelle pagine rock e jazz, oggi il DJ Margiotta ti manda gli inviti su facebook, perchè la vita va avanti e la tecnologia pretende  la partecipazione attiva anche di chi mette i vinili vintage e pure di quelli che li ballano. Insomma, non si può restarne fuori: pure il DJ Margiotta si è dovuto adeguare ai social media. Però, quel che è bello, quel che rimane, è sempre ed ancora la musica, che lui continua instancabile a proporre disco dopo disco e non ti aspetti di trovare così tanta gente che ci si mette e la danza (ed anche benissimo: alcune coppie sono di un’abilità sorprendente) e  poi l’atmosfera rossa del JCT, che, nonostante si distacchi decisamente da quei bui e fumosi bugigattoli da malavita che uno si immagina siano tuttora i regni del jazz parigini (il JCT è una struttura a vetri aperta sui due piani e dehor, tutto a vista, senza antri ed angoli dove rifugiarsi: l’opposto dei cabaret di Kansas City, of course).

Però, se ci si arrende all’atmosfera calorosa e partecipata dei vari personaggi che animano la sala – l’elettrificato DJ Margiotta in primis! – e si scopre il rosso, la gioia del ballare, le chiacchiere fuori sulla terrazza affacciata sulla spianata Valdo Fusi (quella con al centro della discesa la curiosa baita – reperto olimpico), allora si sente che lo spirito del jazz, lo spirito dei locali è ancora vivo e in salute, anche lontano dai Murazzi, anche in luoghi insoliti e sabaudi in una fredda notte di febbraio.