All is lost, Robert Redford one man show #TFF31

Come vogliamo chiamarlo All is lost? Un one man film? J.C. Chandor si affida per il suo esordio a Robert Redford e gli affida le chiavi della macchina e di tutta la faccenda. Redford è in scena dal primo all’ultimo secondo, da solo. Lui e il mare.

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Eppure la firma di Chandor c’è e si vede. Il regista non si limita a far fare tutto all’attore ma gli monta intorno una regia varia, attenta. Non proprio ovvio vista la location estremamente limitata.

Il buon Bob è da solo con la sua barca a vela nel bel mezzo dell’Oceano indiano quando va asbattere contro un container galleggiante e fa un bel buco nello scafo. Il buco lo ripara alla meglio, però gli strumenti sono inservibili e lui si trova nel mezzo del nulla senza sapere dove dirigersi.

E poi naturalmente si becca anche una bella tempesta di dimensioni non comuni che gli spezzetta la barca e lo costringe ad arrangiarsi sul canotto di salvataggio.

E via così, con Redford impegnato a trovare soluzioni, inventarsi mezzi per salvarsi, provare a sopravvivere.

Il film è molto silenzioso, quasi completamente silenzioso (e con chi dovrebbe parlare un uomo da solo in mezzo all’Oceano?) e così viene fuori la capacità del gruppo di lavoro (scrittra, regia e attore) di far capire solo con l’azione quello che sta facendo ilprotagonista. Operazione non proprio semplice (eppure riuscita) soprattutto quando si tratta dia zioni legate alla navigazione.

Da segnalare anche le splendide riprese subacquee e la prova fisica non indifferente di Redford che alla sua età passa a mollo l’intero tempo delle riprese (anche se non ho la certezza che nella sequenza del ribaltamento della barca in scena ci sia proprio lui).

Autore: Gabriele Farina

Blogger, scrittore, regista, poeta, in fondo narratore di storie. Nel 2005 nasce il suo storico blog Vita di un IO