Domenico Siniscalco presiederà il consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo

Sinicalco indicato per sostituire Salza

La Compagnia di San Paolo ieri ha votato a maggioranza l’indicazione per il prossimo presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo: per i torinesi la guida dovrà essere affidata a Domenico Siniscalco. Si tratta di un «parere consultivo al presidente Angelo Benessia – precisano fonti della Fondazione torinese – affinché nei contatti tra le fondazioni azioniste ne sostenga la candidatura». Che arriva nello stesso giorno delle parole di Umberto Bossi sulla Lega e le banche ma soprattutto dopo mesi di indiscrezioni e candidature promosse e cadute in pochi giorni.

Il nome dell’ex ministro dell’Economia è quello sul quale Benessia è riuscito a coagulare l’apprezzamento della maggioranza dei consiglieri di gestione per un’alternativa credibile a Enrico Salza. Esce così di scena il banchiere che ha traghettato il Sanpaolo Imi al matrimonio con Intesa e acerrimo avversario dello stesso Benessia. La riunione, durata tre ore e mezzo, si è svolta in un clima «non facile», racconta un testimone. E si è chiusa con la conta dei voti dei sette membri su due mozioni presentate da Benessia: una su continuità e discontinuità nella gestione di Intesa Sanpaolo (ovvero, nella necessità di sostituire Salza) e la seconda sulla «indicazione» di Siniscalco e del docente della Bocconi Beltratti come componenti del consiglio di gestione.

Intesa Sanpaolo lancia due fondi di venture capital per l’innovazione e lo sviluppo delle imprese

Intesa Sanpaolo,  attraverso la Divisione Corporate e Investment Banking,  lancia Atlante Ventures e Atlante Ventures Mezzogiorno, due fondi di Venture Capital nati con l’obiettivo di sostenere l’innovazione e lo sviluppo delle imprese italiane.

Il fondo Atlante Ventures, che ha fatto da apripista avviando la sua fase operativa nella seconda metà dello scorso anno, nasce con una dotazione iniziale di 25 milioni di euro interamente sottoscritti dal gruppo Intesa Sanpaolo che potrà essere ampliata per altrettanti 25 milioni. Con una durata prevista di 12 anni, il fondo vuole supportare le startup italiane contribuendo a colmare l’attuale carenza di strumenti finanziari a favore di spin-off universitari e aziendali e promuovendo accordi di partnership fra giovani realtà e aziende già consolidate. Grazie al network di relazioni del gruppo Intesa Sanpaolo, il progetto Atlante Ventures si pone come obiettivo principale il mettere le piccole imprese innovative in contatto tra loro, con aziende medio-grandi e con il mondo universitario e dei centri di ricerca, creando in tal modo un vero e proprio acceleratore di impresa di dimensioni quanto meno nazionali.

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Intesa Sanpaolo, Modiano lascia

Gianluca Paolucci su Lastampa.it

Pietro Modiano si è dimesso da direttore generale vicario di Intesa Sanpaolo. La lettera del manager è arrivata sul tavolo di Giovanni Bazoli e Enrico Salza, presidenti rispettivamente del consiglio di sorveglianza e di gestione del gruppo bancario, nel pomeriggio di ieri. A portarla nelle mani di Salza è stato lo stesso Modiano, che ha incontrato ieri il presidente del consiglio di gestione nei suoi uffici di piazza San Carlo. A Salza, Modiano ha spiegato di essere «sereno» dopo la tensione dei giorni scorsi e di aver maturato la decisione per «senso di responsabilità» nei confronti della banca e dei suoi dipendenti, con la consapevolezza dei buoni risultati raggiunti durante il suo incarico e della bontà delle scelte fatte.

A rendere ufficiale la notizia, dopo che nella giornata di ieri si erano nuovamente rafforzati i rumors di una imminente uscita di Modiano, è stato invece in serata uno scarno comunicato della banca: «Si è risolto consensualmente il rapporto di lavoro tra Pietro Modiano e Intesa Sanpaolo. Il presidente del consiglio di sorveglianza Giovanni Bazoli e il presidente del consiglio di gestione Enrico Salza esprimono il loro vivo apprezzamento per l’opera svolta dal dottor Modiano in questi primi due anni di integrazione tra Sanpaolo Imi e Banca Intesa». Poche righe per mettere fine a una vicenda iniziata a metà novembre, quando durante un incontro piuttosto brusco tra Passera e Modiano il primo aveva di fatto «sfiduciato» il secondo. Uno scontro duro e «allo scoperto», quello tra i due, con le indiscrezioni circolate sui giornali e l’ammissione, da parte dello stesso Passera, delle «divergenze».

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Torino vuole il Guggenheim

Dalla Stampa di sabato 9 giugno 2006

Se Torino diventerà la sesta sede del Guggenheim Museum nel mondo lo dovrà probabilmente a un risotto. Galeotta fu la tavola attorno a cui, in maggio, si sono incontrati il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, il direttore dello Staff College Staffan De Mistura e Tom Banks del Guggenheim.

Si era a New York, Palazzo di vetro delle Nazioni Unite. In quel momento ambasciatori e personalità degustavano le prelibatezze preparate dagli undici cuochi piemontesi sbarcati all’Onu per il «Food Festival». E tra un apprezzamento e un bicchiere di Barolo, ecco l’idea. Quasi buttata lì, tra i tovaglioli della tavola, per fare conversazione. «Torino sarebbe un’ottima sede per il Guggenheim, perché non ci viene a trovare?».

Al ritorno a Torino, l’idea è piaciuta, ha cominciato a prendere forma. E così ci si è messi al lavoro. Con De Mistura, direttore della scuola per alti funzionari dell’Onu, a stabilire rapporti e il sindaco a coltivarli.

Alla fine la visita c’è stata. Memore del risotto, e delle buone chiacchiere, l’esponente del Guggenheim a Torino c’è venuto davvero, nelle scorse settimane. E ha fatto un giro per verificare se quel progetto nato un po’ per caso fosse davvero realizzabile.

I ciceroni del Comune l’hanno accompagnato in giro per la città. L’idea era soprattutto quella di proporre la reggia di Venaria Reale come sede. Banks l’ha visitata, l’ha trovata splendida, ma non adatta. Per riuscire a farne un distaccamento dell’importante museo di arte moderna e contemporanea sulla Quinta Avenue ci sarebbero stati troppi lavori.
Poi, però, l’ambiente idoneo è spuntato fuori. Quando Banks ha visto i 30.000 metri quadri delle ex Officine Grandi Riparazioni di via Castelfidardo, gli si è acceso un sorriso sul volto.

Il passaggio successivo è stato contraccambiare il gentile invito. «Signor sindaco, perché a metà luglio non viene a visitare il Guggenheim di Bilbao, così le mostriamo che cosa abbiamo fatto da quelle parti?».

Il distaccamento spagnolo ha dimensioni simili a quelle delle ex Officine Grandi Riparazioni: 32.500 metri quadri studiati e disegnati dalle effervescenti linee dinamiche dell’architetto nordamericano Frank O. Gehry. È costato 300 milioni di dollari. Per rimettere in sesto le ex Ogr ce ne vorrebbero 500. Ma dove trovarli?
È stato a quel punto che la tavola è tornata utile un’altra volta. Il sindaco ha subito informato Corrado Passera dei passi avanti fatti. E quest’ultimo pare si sia dimostrato molto entusiasta. Tanto da promettere il suo impegno nel reperimento dei fondi.
Il progetto è ancora in fase embrionale, ma i contatti che ci sono stati fanno ben sperare. Soprattutto per le ex Ogr, da tempo indicate come futura sede della Gam ma con problemi di finanziamento.

Riuscire a portare il Guggenheim a Torino sarebbe un salto di qualità impressionante per una città che vive da sempre l’arte contemporanea come uno dei suoi fiori all’occhiello ma che sconta ancora un certo provincialismo. Il collegamento con il Castello di Rivoli, noto a livello internazionale per la qualità delle sue collezioni focalizzate sull’arte povera, permetterebbe di ampliare non poco l’orizzonte. Senza contare che s’inserirebbe perfettamente nei progetti per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia del 2011.

In questi mesi le idee su cosa fare e come per la manifestazione sono state piuttosto confuse, con accelerazioni e retromarce improvvise dovute essenzialmente alla questione del reperimento dei fondi. Le ex Ogr sono state al centro della discussione insieme ad altre opere importanti come il Grattacielo di Renzo Piano e la biblioteca multimediale di Bellini proprio nelle vicinanze delle ex Ogr.

La partita si è fatta difficile fin già da prima delle Olimpiadi. Lo stallo tra Comune e Ferrovie nella trattativa sulle ex Ogr ha creato qualche imbarazzo, con Palazzo civico arrivato a pagare un progetto di ristrutturazione senza essere ancora proprietario delle aree. Per questo l’assessore comunale alla Cultura, Fiorenzo Alfieri, era stato costretto a rivedere il suo progetto di trasferire la Gam dall’attuale sede di via Magenta alle ex Ogr, ripiegando su Torino Esposizioni. Poi, nel settembre scorso, la situazione si era sbloccata. E allora sembrava che il problema delle opere in eccesso rispetto agli spazi della Gam potesse trovare nelle strutture di via Castelfidardo la soluzione migliore. In ottobre già si cambiava: nessun intervento su Torino Esposizioni e manutenzione leggera sulle ex Ogr solo a patto che le Ferrovie avessero ceduto le ex Ogr per 30 anni al Comune.

A questo punto è iniziata la trattativa con il governo, che con la Finanziaria ha sgonfiato qualunque sogno di grandeur. I 600 milioni di euro di budget e gli 8 milioni di visitatori sono diventati un obiettivo difficile da raggiungere.
In febbraio già si parlava di 274 milioni di euro da richiedere allo Stato e di un progetto Torino 2011 che prevedeva due villaggi come motori dell’iniziativa: uno rivolto al passato e uno al futuro. Ma sempre con le ex Ogr al centro del progetto.