Chiude la prima edizione di Faber Meeting

Via torino.blogosfere.it

Audiovisivi, animazione e siti web: queste le tre categorie in gara, alle quali appartengono gli oltre 80 lavori giunti agli organizzatori da tutta Italia (solo il 60% degli autori era torinese) tra le quali sono state scelte le 30 finaliste (dieci per categoria) presentate ieri per il grande finale.

L’evento era riservato ai giovani tra i 22 e i 35 anni e si è concluso con il Faber Meeting, una tre giorni di incontri a numero chiuso per entrare in contatto con le aziende che promuovono l’iniziativa, partecipare a incontri di orientamento sul settore e a workshop con esperti (svoltasi presso il Virtual Reality & Media Park ). Il successo è stato evidente, hanno dichiarato le autorità in sala alla cerimonia di premiazione

Gli incontri sono stati fruttuosi e molte aziende partecipanti hanno chiesto agli organizzatori i contatti e i curriculum dei giovani autori: ci sono prospettive interessanti, i frutti arriveranno presto. Lo speriamo vivamente.

I lavori visti nella giornata conclusiva sono stati molto interessanti, anche se pare ovvio che la presentazione dei 10 siti web sia stata penalizzante: un breve filmato, di una trentina di secondi, solo musicale, non è proprio il massimo per farsi un’idea della struttura e della funzionalità di un sito (ha vinto il progetto myminutes.org di Daniele Alberti, per la cronaca).

Discorso diverso per le altre due categorie. Per l’animazione ha vinto “Amperio” di Francesco Alliaud: divertente storia delle disavventure di un “bambino elettrico” dalla testa quadrata (corto già vincitore di numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero). Tra gli audiovisivi ha invece vinto Davide Gomba col suo “Milleflorum”, interessante e complesso “tentativo di congiunzione di più materiali filmici e fotografici in un unico video”. Una storia “sui generis” dei quartiere Mirafiori, attraverso foto e filmati d’epoca, sperimentazioni visive e stralci d’animazione.

D come Design

D come Design, la mano, la mente, il cuore, è una mostra del design al femminile che fa parte del programma di Torino World Design Capital.

La mostra presenta il lavoro delle artigiane, artiste, designer e delle imprenditrici che hanno contribuito all’affermazione di oggetti d’uso made in Italy. Una particolare attenzione è rivolta alle figure piemontesi che hanno operato tra il 1902 e il 1945 e alle protagoniste che dal dopoguerra a oggi hanno operato e operano in Italia, in particolare Anna Castelli Ferrieri e Franca Helg.

Il catalogo della mostra fornisce un ‘dizionario’ di diverse figure che hanno delineato la cultura del progetto italiana. La mostra, promossa dalla Regione Piemonte, è ideata da Anty Pansera e Luisa Bocchietto ed è curata da Anty Pansera con Mariateresa Chiric.

La mostra è aperta dall’8 marzo al 12 aprile 2008 presso il Museo di Scienze Naturali di via Giolitti, 36 a Torino

Nasce la-rete.net

Via Vittorio Pasteris

logo-larete.jpgNasce la-rete.net, un nuovo sito che si propone di ospitare e stimolare il dibattito sui numerosi e complessi problemi dell’ampio settore della Information, Communication and Media Technology.

Prendendo spunto da un’iniziativa generalista sui temi economici quale è lavoce.info, è stata creata la-rete.net, che ne ricalca in ampia misura obiettivi e metodi.

Gli autori di la-rete.net ritengono manchi nel Paese un luogo indipendente di confronto che abbia le caratteristiche di offrire un servizio utile a tutti coloro che accettano di discutere e misurarsi su questioni talvolta assai complesse, ma sempre di vitale importanza.

Per garantire tale servizio, Internet offre uno strumento sempre meno elitario, che consente ormai di raggiungere tutti, ma proprio tutti, coloro che intendono proporre e articolare un dibattito aperto, rigoroso nel metodo e fondato su analisi documentate e informazioni affidabili.

Mario Botta a Torino

Doppio appuntamento in diretta da Torino mercoledì 12 per Mario Botta su www.fromspoontocity.tv.
Alle 15 l’architetto ticinese terrà una lectio brevis nella chiesa del Santo Volto da lui progettata.
A seguire alle 18, appuntamento presso, Dal cucchiaio alla città, sotto la torre Antonino Monaco in corso Mortara 46C, lo spazio espositivo e di incontro per il design e l’architettura, messo a disposizione dalla cooperative edilizie Di Vittorio e San Pancrazio.

Botta, Giuseppe Zois e Paolo Crepet presenteranno il loro testo Dove abitano le emozioni di Einaudi, sottotitolo La felicità e i luoghi in cui viviamo, un libro dedicato all’architettura delle emozioni, dove si dimostra che ripensare la città come luogo dove vivere felici può non essere un’utopia.

Organizzano la rivista Ofarch e Archiworld Channel. Per l’occasione sarà pubblicato dalla casa editrice DDE Design Diffusion Edizioni uno speciale Ofarch dedicato alla Chiesa del Santo Volto. Distribuito ai partecipanti alla manifestazione di mercoledì 12, lo speciale verrà poi lasciate in dotazione alla parrocchia, destinato agli architetti e agli studenti di tutto il mondo che la visiteranno lungo quest’anno in cui Torino è .

Parte Piemonte Share Festival

La mostra Manufacturing inaugura il Piemonte Share Festival l’ 11 Marzo 2008 ore 12.00 alla Facoltà di Architettura, Castello del Valentino – Viale Mattioli, 39 Torino. La mostra Manufacturing sarà aperta dal 11 al 20 marzo dalle ore 10 alle ore 19.

Sempre martedì 11 marzo alle ore 18.00 all’Accademia Albertina, Via Accademia Albertina 6, Torino, si inaugura la mostra Share Prize. La mostra Share Prize sarà aperta dall’ 11 al 16 marzo dalle ore 10 alle ore 19.

Tutto il programma di Torino Share Festival

Glomera: esce una nuova release

Sono oltre 350 gli utenti che hanno attivato un canale sulla piattaforma, dal lancio ufficiale di Glomera, avvenuto il 17 ottobre 2007 con Smau Channel, la web tv della Fiera internazionale dell’Information & Communication Technology. Ed è anche grazie ai loro preziosi consigli che Glomera ha potuto rendere il servizio offerto ancora più usabile, arricchendolo di nuove funzionalità: come le statistiche sull’audience registrata.

La nuova versione della piattaforma rende il servizio maggiormente accessibile, estendendolo agli utenti Mac e Linux, e potenzia le funzionalità abbinate: le statistiche e le modalità di integrazione del player e delle funzionalità interattive in altre pagine web.

Ogni canale permette infatti di monitorare in tempo reale l’andamento della programmazione misurando il numero di utenti unici collegati e offrendo dunque uno strumento puntuale a supporto della propria strategia di comunicazione video. “Si tratta di uno strumento di misurazione fondamentale per chi decide di pianificare una comunicazione video virale – afferma Stefano Colonna, amministratore delegato di Glomera – grazie a cui ognuno potrà ottimizzare le proprie video produzioni a costi abbattuti in termini monetari e temporali”.

Chiunque voglia creare una web tv, sia per scopi professionali, sia per il puro divertimento di essere creatore di palinsesti interattivi, ha la possibilità di fruire di un servizio immediato e di standard qualitativi elevati. Non è necessario possedere specifiche competenze tecniche per utilizzare i servizi di Glomera: bastano pochi click per mandare in onda le proprie trasmissioni.

L’utente può integrare la propria web tv all’interno di molteplici portali, scegliendo la combinazione che meglio si adatta alle proprie esigenze fra quelle disponibili, che comprendono: il player video di Glomera, la guida programmi, il box interattivo con link, immagini, documenti di approfondimento contestuali ai video e da far scaricare agli utenti, il box dei commenti, e il sistema di voto.

Glomera offre un servizio flessibile e immediato che consente di strutturare la propria comunicazione sul web in maniera efficace e di far leva su diversi livelli di interazione. Si favorisce la creazione di comunità virtuali offrendo agli utenti la possibilità di incontrarsi su un canale, seguire, commentare con gli altri utenti le trasmissioni in onda e interagire con il gestore.

Fare e far fare

Alberto D’Ottavi sull’innovazione in Italia

Il problema fondamentale dell’innovazione italiana è che NON BISOGNA “fare qualcosa”, bensì l’esatto contrario: “FAR FARE”. Non abbiamo bisogno dell’ennesimo ente che distribuisca soldi qua e là. Abbiamo bisogno che istituzioni, enti, università, aziende, e le stesse persone (politici, guru improvvisati della situazione, professori) facciano un passo indietro. Che facciano ognuno il loro mestiere, collaborando a creare un contesto di scambio aperto delle idee in cui gli innovatori, le idee nuove, possano emergere spontaneamente. Ed essere premiate

Dando soldi “dall’alto” si ottengono risultati magari anche buoni, ma a casaccio, in modo saltuario, e di breve respiro. Noi invece abbiamo bisogno di un ecosistema, di un “playground”. Abbiamo bisogno di un contesto aperto in cui si possano sviluppare idee senza pensare subito al ritorno economico.
In cui sperimentare nuove direzioni “perché è bello”, e niente più. Perché da un ambito simile verrà sicuramente fuori un’idea “killer”.

Innovation forum per far crescere le imprese

Via Sole 24 Ore

La tecnologia e la sostenibilità come chiave per la crescita. Non che la situazione italiana sia rosea, ma l’analisi critica del presente può fornire la struttura per la costruzione di un futuro più solido. In particolare per l’ecosistema dell’innovazione. Con un obiettivo chiaro: il 2015, recita la locandina dell’Innovation forum, evento organizzato dalla società di analisi Idc a Milano dal 12 al 15 marzo. Perché “Obiettivo 2015”?

«Perché sullo sfondo si intravedono due scommesse strategiche per il Paese che portano proprio quella data – spiega Roberto Masiero, presidente Idc Emea – e cioè l’Expo 2015, un evento che può favorire un’importante reazione e favorire la trasformazione del sistema economico, in particolare nell’area del Nord-Ovest, e Industria 2015, interessante perché si pone l’obiettivo di favorire i progetti in alcuni settori strategici».

Ci saranno istituzioni, mondo accademico e della ricerca, aziende che vogliono introdurre l’innovazione tecnologica per migliorare i propri modelli di business e i servizi offerti, proponendo e sviluppando analisi per la crescita dell’innovazione digitale e individuando opportunità di sviluppo per i cittadini e per le aree settoriali più strategiche per il Paese: sanità, turismo e cultura digitale, infomobilità e mobilità sostenibile, eprocurement ed e-sourcing nella pubblica amministrazione; energia e ambiente.

Opportunità da cavalcare soprattutto «innovando il prodotto prima degli altri – prosegue Masiero – e soprattutto meglio, puntando sulla qualità. E’ importante arrivare prima dei concorrenti asiatici che puntano invece sui costi ridotti».
Qual è la fotografia del Paese sul fronte innovazione? “Parlare di Italia è ormai limitativo, l’analisi va sempre più fatta a livello internazionale – risponde Masiero – comunque la situazione è complessivamente critica. C’è una crisi finanziaria e di instabilità politica. Ma nonostante la debolezza del dollaro ostacoli le esportazioni, devo dire che nei settori del Made in Italy a più alto contenuto tecnologico il nostro Paese se la sta cavando benissimo”. Resta un grosso divario con altri Paesi per quanto riguarda “gli investimenti in capitale digitale”, per fare in modo che si crei quel benedetto circolo virtuoso tra ricerca e innovazione industriale. C’è poi il tema del nanismo delle imprese, che hanno poco capitale da investire in questa direzione.

C’è poi il tema del nanismo delle imprese, che hanno poco capitale da investire in questa direzione.
Ma da quest’analisi non si esce per forza con le ossa rotte. «Guardiamo avanti – prosegue Masiero – concentrandoci sul ruolo delle tecnologie, che da sempre viene considerato un fiore all’occhiello, ma oggi è l’elemento trainante di settori che hanno direttamente a che fare con la qualità della vita».

Il rapporto annuale del forum dell’innovazione promette di illustrare proprio come le aziende IT possano essere strategiche per i settori tradizionali del Made in Italy e le filiere più dinamiche dell’economia del Paese. In particolare, il ricorso alla tecnologia può risultare determinante nell’affrontare due tematiche prioritarie nell’agenda politica e al centro della sensibilità e dei bisogni dei cittadini: l’infomobilità e l’introduzione di sistemi intelligenti nei trasporti per sviluppare la mobilità sostenibile, e l’efficienza energetica, intesa come lotta contro il cambiamento climatico e per la razionalizzazione delle risorse. “E’ un tema sempre più strategico – dice Masiero – basta guardare quello che sta succedendo al Cebit, la fiera della tecnologia di Hannover, dove il verde e l’efficienza energetica sono i temi dominanti. E’ un tema concreto sul quale i nodi stanno venendo al pettine, con delle opportunità”.
Di questi e di altri temi parleranno anche ospiti e intellettuali molto noti come Jacques Attali, presidente della commissione sulla “liberazione della crescita francese” – ma soprattutto “un grande visionario”, spiega Masiero -, Don Tapscott, autore di “Wikinomics”, Jeremy Rifkin, presidente di “The foundation on economic trends” e Derrick de Kerckhove, direttore del programma McLuhan in cultura e tecnologia.

Conversazione su Torino con Bruce Sterling

Dal sito di Torino World Design Capital l’intervista di Mark Vanderbeeken a Bruce Sterling

Bruce Sterling è uno scrittore di fantascienza americano, noto in particolare per i suoi romanzi e l’autorevole progetto antologico Mirrorshades, che ha definito il genere letterario cyberpunk. Ma è anche un acclamato futurologo e un critico di design. Nel suo libro di recente pubblicazione “Shaping Things”, Bruce ha coniato il termine “spime” per indicare oggetti di futura fabbricazione, che si basano su un supporto informatico talmente esteso e vario, da renderli esemplificazioni materiali di un sistema immateriale.

Nel 2003 ha ottenuto la cattedra presso l’European Graduate School, dove in estate tiene dei Corsi Intensivi di media e design. Nel 2005 è stato invitato a curare il programma “Visionary in residence” presso l’Art Center College of Design di Pasadena, in California. Da quest’autunno, vive a Torino con la moglie Jasmina Te¨anović, scrittrice e regista serba, e ha collaborato in veste di guest curator all’allestimento del Torino SHARE festival

Dom.:Come sei approdato a Torino?

Sono stato invitato. Lo scorso anno, ho partecipato allo SHARE Festival e mi ha profondamente colpito. E’ un piccolo festival, ma ogni anno acquisisce più importanza. Mi hanno proposto di diventare il curatore ospite e aiutarli ad organizzare l’edizione successiva. Allora mi sono detto: “Beh, ecco un peccato che non ho ancora commesso!”. E non avevo alcun motivo per rifiutare. Parafrasando Carla Bruni: “Non potevo dire di no al Presidente. Non c’era motivo per rifiutarlo!”. Neanche io avevo alcun motivo per dire di no, e ho ottenuto ottimi risultati con il lavoro svolto qui.

Dom.: Ti sei fatto un nome a Torino. Ti vedo spesso sul podio, come oratore, anche a fianco di rappresentanti politici.

Questo perché sono un giornalista. Mi interesso a ciò che fanno. Inoltre scrivo per la stampa italiana, e la gente è molto disponibile con i giornalisti, perché ama apparire sui giornali. Personalmente, non mi dispiace affatto. Non chiedo niente in cambio, per altro. Non sono qui per fare pressioni o avanzare richieste assurde. Sono un tipo allegro e innocuo, davvero.

Dom.: E nel frattempo hai avuto l’opportunità di comprendere a fondo la città.

Gli stereotipi non fanno mai giustizia a nessuno, ma se dovessi descrivere in poche parole i torinesi, dovrei rifarmi ai tratti classici per cui sono noti in tutta Italia: freddini, formali, squadrati, militarizzati, ingegneri, cervellotici, intellighenzia, con in più una bizzarra vena mistica. Torino può sopravvivere senza l’Italia, ma l’Italia non sopravvivrebbe senza Torino. I torinesi sono aristocratici, immersi nel proprio universo mentale… So che sto esagerando, ma c’è anche un briciolo di verità.

Dom.: Ma è anche una città in piena trasformazione. Desideravi prendervi parte?

Come americano, quando vedo un posto in fase di radicale cambiamento, mi domando quali siano le leve che mettono in moto il meccanismo. Di conseguenza, all’inizio, quando sono arrivato, ponevo le domande sbagliate, nel tentativo di individuare la mente alla base della trasformazione. E invece quest’ultima non viene dettata dal tecnocrate di turno, come accadrebbe negli Stati Uniti. Si tratta piuttosto di un fenomeno socio-culturale.

Dom.: In che senso?

In America, un forte cambiamento a livello sociale di solito è messo in moto da due categorie, avvocati e finanzieri, ed implica una revisione delle norme giuridiche. Inoltre gli americani si aspettano che i problemi e le sfide siano affrontate con una soluzione di natura tecnica.

All’estero, come americano, ho applicato la stessa logica e cercavo di individuare i soggetti che, da dietro le quinte, controllano il cambiamento. Tali individui esistono anche in seno alla società italiana, ma non hanno lo stesso peso. La società italiana, soprattutto a Torino, è dotata di un capitale sociale di gran lunga superiore a quello americano.

L’America è molto più atomizzata: le relazioni sociali fondamentali sono di natura economica e legale. Sono fondate sulla Costituzione oppure sul dollaro onnipotente. Noi americani vogliamo arrivare al succo della questione: una cosa o è illegale o ha arricchito qualcuno.
Trovo che quello che sta accadendo in Piemonte sia affascinante. La regione ha molto da offrire al mondo esterno: ad esempio, il movimento Slow Food.

Tanto per cominciare, si tratta del “movimento” Slow Food, invece che di Slow Food Spa. Negli Stati Uniti, Slow Food sarebbe una catena anti-Mc Donald’s. Il fondatore avrebbe professato: “Odio Mc Donald’s, quindi creo il mio franchising”. Come è stato per Apple in opposizione a IBM.

Slow Food si fonda su una solida base sociale e rappresenta un autentico modus vivendi, con volti diversi: una scuola, una casa editrice, un’università, una serie di conferenze, un network internazionale, un dominio privatizzato di sistemi di controllo e garanzia, ed un guru culturale.

Definire Slow Food è un’impresa ardua. In inglese non lo si può descrivere in parole semplici, e anche questo mi ha colpito. All’inizio ero un po’ perplesso, ma il punto è che funziona perfettamente e probabilmente non sarebbe possibile gestirlo in nessun altro luogo, se non qui.

Oggi il movimento Slow Food è popolare anche negli Stati Uniti, ma l’America non sarebbe mai stata in grado di partorire un’idea simile. È il frutto di un’invenzione sociale, e del genio piemontese.

Dom.: Che cos’altro ti ha colpito?

Il rapporto che Torino ha instaurato con la sua storia: questa è la prima città al mondo a considerare l’industria automobilistica come parte del proprio passato economico. E lo fa in maniera delicata e rispettosa, senza voltare le spalle alla vocazione industriale di un tempo, e senza negare il XX°secolo. Ha semplicemente ideato un metodo, educato e conforme ai dettami del XXI°secolo, per la gestione di strutture in disuso come il Lingotto (ex-fabbrica FIAT), che a Detroit sarebbero state abbandonate, invase dai tossicodipendenti, ricoperte di graffiti, e con gli alberi che crescono da tutte le parti.

La versione americana di questa trasformazione probabilmente avrebbe fallito. In passato
ho affermato che le rovine dello sviluppo non sostenibile sono la frontiera del XXI°secolo. Il pianeta è giunto a saturazione e non ci sono altre vie d’uscita.

Attualmente sono i centri urbani decadenti, ristrutturati e trasformati in quartieri signorili, ad essere teatro dello sviluppo più vivace. O siti come il Lingotto, in cui un’immensa fabbrica di montaggio auto si è trasformata in polo commerciale e di ristorazione. Oggi il Lingotto costituisce uno spazio per i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro. Trovo che sia una trasformazione formidabile.

Il resto dell’intervista

Aziende, ecco i giovani creativi

Luca Castelli su Lastampa.it

“Oggi sono sempre di più i giovani che investono nella creatività. E grazie alla piccola grande rivoluzione tecnologica degli ultimi quindici anni, possono farlo con strumenti sempre meno costosi e più semplici. E’ una generazione che sta sviluppando forti competenze. Il problema è aiutare i migliori a trovare anche sbocchi professionali per il proprio talento. E’ questa la filosofia da cui nasce il Faber Meeting”.

A parlare è Carlo Boccazzi Varotto, che della manifestazione in corso in questi giorni a Torino è ideatore e direttore. Non è un festival come gli altri, il Faber Meeting. Se non altro perché non segue il classico canovaccio delle conferenze/incontro per il pubblico, ma preferisce puntare sulla creazione di un contatto diretto ed esclusivo tra giovani eccellenze creative e grandi aziende impegnate nel mondo dell’entertainment e dei media (in senso piuttosto trasversale: si va da big come Rai, De Agostini e www.lastampa.it fino a piccole e medie imprese locali).

“Il nostro è un evento giovane, alla prima edizione, voluto dall’Assessorato al Lavoro del Comune di Torino”, spiega Boccazzi. “In pochi giorni però siamo riusciti a raccogliere più di settanta opere di giovani autori tra i 20 e i 32 anni, provenienti da tutta Italia. Sono state le aziende stesse a scegliere le trenta migliori, suddivise in tre categorie: audiovisivi, animazione, Web. I trenta autori sono stati invitati a Torino per incontrare proprio i responsabili di quelle aziende che li hanno selezionati e per seguire i workshop di esperti come il regista Mimmo Calopresti (audiovideo), Franz Fischnaller del gruppo Fabricators (web) e Matthew Luhn della Pixar (animazione)”.

Uno strano ibrido, decisamente figlio dei nostri tempi, quello tra concorso e workshop. “Alla fine del Meeting ci saranno tre vincitori, uno per categoria, che saranno annunciati venerdì pomeriggio al Cinema Massimo di Torino e porteranno a casa duemila euro a testa. Tutti avranno comunque l’opportunità di avvicinare quel mondo del lavoro che rimane spesso molto distante dalle giovani creatività. Non vogliamo illudere nessuno: non crediamo che ci saranno immediate offerte o contrattualizzazioni. Ma speriamo che sia un primo passo per spiegare agli artisti come funzionano determinati ambienti di lavoro e per far conoscere alle aziende nuovi giovani di talento. Il livello dei concorrenti è altissimo: è incredibile cosa riescono a fare questi ragazzi. Lo stesso Calopresti è rimasto a bocca aperta e la Rai ha manifestato un forte interesse nei confronti di alcune opere”.

Contatto avvenuto, insomma. Da un lato un’industria tradizionalmente piuttosto chiusa come quella della comunicazione e dell’entertainment. Dall’altro un mondo aperto per natura, come quello dei nuovi creativi cresciuti a pane, Web e nuove tecnologie. Quali saranno i risultati?