Reply prende Motorola con l'aiutino

Raphael Zanotti su La Stampa

L’intesa sulla cifra è raggiunta. Reply vorrebbe acquistare il centro ricerche Motorola e i suoi 327 ingegneri per circa 20 milioni di euro. L’accordo tra la società piemontese e la multinazionale americana, però, non è stato siglato. Ieri le trattative si sono arenate su una serie di questioni legali e procedurali che non sembrano di facile soluzione.

Gli americani, che hanno già accantonato denaro per incentivare l’esodo del personale, non hanno nulla da perdere e ragionano per ultimatum. Il loro obiettivo è avere una data certa per la loro uscita, togliere la bandierina «Torino» dal planisfero delle loro sedi. Ora come ora, però, nessuno è in grado di garantire quella data. Tanto meno Reply.

Il tavolo balla ancora sulla definizione dell’intervento pubblico. Reply (ma lo stesso ha fatto l’altra azienda interessata all’acquisto, la triestina Telit) ha chiesto garanzie agli enti locali.

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L'innovazione nella PA segue diverse strade

La strada Microsoft In Friuli Venezia Giulia

Dematerializzazione documentale della Regione Friuli Venezia Giulia; l’Università di Roma Tre come punto di riferimento per portare il VoIp nella Pubblica Amministrazione e inaugurazione della prima scuola veramente hi-tech. Sono i tre progetti che il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione ha realizzato con Microsoft Italia e gli enti coinvolti per creare delle best practice locali applicabili su scala nazionale.

“L’accordo con Microsoft è stato sottoscritto ad agosto del 2008 e oggi ne vediamo i risultati” dice Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, alla vigilia dell’incontro a Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi per discutere dei provvedimenti da portare avanti su scala nazionale per il piano e-Government 2012. “Allo Stato non è costato nulla perché Microsoft Italia ha messo a disposizione risorse e competenze senza ricevere compenso, se non il ritorno di immagine. Il nostro obiettivo è replicare questi modelli di innovazione su scala nazionale. In questo caso l’operazione sarà a carico dello Stato”.

Il Veneto sceglie il software libero

Il Consiglio Regionale del Veneto a novembre dello scorso anno ha deliberato una norma “in materia di pluralismo informatico, diffusione del riuso e adozione di formati per documenti digitali aperti e standard nella società dell’informazione”. Se da una parte tale norma punta ad avere una riduzione della spesa pubblica, dall’altra si propone di avviare un serio sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica con relativa eliminazione di tutte quelle barriere informatiche che possano interferire con lo sviluppo stesso.

La legge si pone come obiettivo principale la diffusione e l’utilizzo di formati aperti privilegiando l’utilizzo di software Open Source. La normativa interessa non solo gli enti pubblici ma anche enti privati controllati direttamente e non dalla regione Veneto.

Verranno utilizzati formati aperti per la diffusione dei documenti in formato multimediale e per la gestione delle basi di dati, al fine di garantirne l’accessibilità. Inoltre specifica che qualora ci si dovesse dotare di software proprietario bisognerà presentare valide motivazioni che indichino dettagliatamente i motivi per i quali non si è potuto scegliere software Open Source.

Firmato accordo Fiat-Chrysler

Via Corriere.it

È stato firmato il preliminare d’accordo fra la Fiat e la Chrysler. Fiat, Chrysler e Cerberus capital management (che detiene l’80,1% del capitale di Chrysler) hanno annunciato infatti la firma di un accordo preliminare non vincolante per stabilire un’alleanza strategica globale. L’alleanza prevede anche, tra l’altro, che i due gruppi sfruttino le rispettive reti di distribuzione.
Fiat riceverà una quota iniziale in Chrysler del 35% in base all’alleanza con la casa americana, che non contempla per Torino alcun investimento in contante in Chrysler nè un impegno a finanziare Detroit in futuro. Lo si legge sempre nella nota congiunta delle due società. Il vicepresidente della Fiat John Elkann ha poi chiarito che Fiat potrebbe però salire successivamente oltre la quota del 35%. L’accordo con Chrysler «è buono, ci sono tante cose in divenire e possiamo salire» ha detto Elkann.
L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha invece dichiarato: «L’iniziativa rappresenta una pietra miliare nello scenario in rapido cambiamento del settore e conferma l’impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler nel continuare a giocare un ruolo significativo nel processo globale»
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Alleanza tra Fiat e Chrysler

Salvatore Tropea su Repubblica

Ancora un matrimonio americano per Fiat dopo il divorzio con General Motors? Sembrerebbe proprio di sì e questa volta il contraente potrebbe essere la Chrysler ovvero la più piccola delle big three dell´auto a stelle e strisce. Ad essa il Lingotto assicurerebbe tecnologia per motori e piattaforme destinate a vetture di piccola-media cilindrata e in cambio entrerebbe nel capitale della società con una quota che potrebbe essere non inferiore al 20 per cento oltre ad assicurarsi una presenza industriale e commerciale negli Stati Uniti dove intende da tempo rientrare ma sinora con scarso successo.

Le voci su questa partnership (anticipate da Automotive News) hanno messo in agitazione gli ambienti internazionali non solo dell´auto ma anche della finanza che hanno puntato i riflettori su Torino e Detroit in attesa di sapere come finirà la partita. In serata Il Financial Times Online si è spinto fino a scrivere che Fiat e Chrysler avrebbero già firmato un memorandum di intesa per arrivare ad un´alleanza che potrebbe essere annunciata già nei prossimi giorni e che vedrebbe il gruppo italiano acquistare subito il 35% con l´opzione a prendere la maggioranza in un secondo momento.
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Dove vai se il grattacielo non ce l'hai?

Alberto Statera su Affari e Finanza di Repubblica

Non c’è città d’Italia grande o media, da Nord a Sud, da Torino a Rimini, che non abbia in progetto la costruzione di un grattacielo o almeno di un grattacielino, nonostante la nuova tendenza verso le «città compatte» e i problemi di sicurezza, di costi energetici e di impatto ambientale che pone la verticalità. Ma che c’è di meglio per attirare cospicui investimenti? A Milano i cosidetti developers stanno spargendo su 8 milioni di metri quadri di aree dismesse dall’industria manifatturiera una selva di grattacieli firmati da architetti di fama mondiale. Dalla Bovisa all’ex Ansaldo, da Porta Vittoria a Porta NuovaGaribaldiRepubblica, dal Portello a MontecitySanta Giulia, sono venticinque i grandi progetti che stanno cambiando lo skyline meneghino. Quanti sono i grattacieli che svetteranno a far ombra alla Madonnina? C’è quello nuovo della Regione a Garibaldi, poi un’infinità di grattacielini «alla lombarda», una trentina di piani o poco più, tipo l’attuale Pirellone, definiti non proprio grattacieli, ma «casetorre». A City Life, nell’area della vecchia Fiera, tra le proteste dei residenti nella zona e di una parte della milanesità intellettuale, ne sorgeranno tre, uno dei quali alto 209 metri. Il nuovo Pirellone, fortemente voluto dal presidente della Regione Roberto Formigoni, è già a buon punto ad opera dell’Impregilo e, manco a dirlo, già oggetto di un’inchiesta della magistratura per l’aumento dei prezzi.
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Torino: rilancio e originalita'

Marina Cassi intervista Bruno Manghi su La Stampa

Coniugare, coniugare. Mica si decide tutto quel che succede, le cose accadono». Bruno Manghi è uno di quei torinesi che non si montano mai la testa. E sorride sornione alla sollecitazione di riflettere sull’affermazione del sindaco che, l’altro giorno, ha detto: «La sfida di oggi è coniugare movida con industria».
Il tema non è nuovo, ma oggi con la crisi come si declina?
«Mi fa ridere l’idea che ci sia un’élite che decide».
Non è così?
«Quando mai. Torino è una città particolare, verticale: la grande azienda, il municipio. A Milano e in Veneto, invece, le cose le cambia la società. Qui si pensa che non sia così, invece anche qui certe cose, come un piano regolatore, le fa il pubblico, ma il resto avviene per conto proprio».
Che cosa significa?
«Dopo lo choc della crisi Fiat dell’80 e la fine di una certa politica politicante c’è stato il periodo dei sindaci e della loro macchina. Ci sono state le Olimpiadi e tanto altro. I soldi sono stati spesi bene. Questo è bello, ma non è un modello eterno».
Ma, ad esempio, in campo culturale e turistico la città può far nulla?
«Torino è una città che deve scegliere le cose originali».
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La confusione sul brand Torino

Via Giornale del Piemonte

Da pochi giorni Torino non è più Capitale del Design. A due anni di distanza delle Olimpiadi e con qualche mese di anticipo rispetto a Torino-Capitale della Scienza. Senza dimenticare il cinema, l’enogastronomia, la città magica, i Savoia e via dicendo. Insomma, tanta roba, per una città che negli anni ha lavorato sodo per diventare un marchio riconoscibile nel mondo. Un brand, come si direbbe nel mondo del marketing. Quel meccanismo (solo apparentemente semplice) che permette importanti ritorni di immagine, ma anche economici sotto molteplici punti di vista. Ma ora che molta più gente al mondo saprebbe indicare la posizione di Torino su una cartina muta, il gioco è fatto? Sembrerebbe di no

Parola di esperto. Esperto come Silvio Saffìrio, noto pubblicitario torinese che vanta una lunga e brillante carriera nel mondo della comunicazione, «Sgombriamo innanzitutto il campo e diciamo che parlare di “brand” per una città non è assolutamente scorretto. Anzi, è forse inusuale, ma attuale. E funziona benissimo se si tratta di promozione di un territorio con le sue tradizioni, la sua storia e le sue peculiarità. Basta pensare a esempi come le Langhe. il Chianti o le Dolomiti. E vale anche per le città. Da Milano, considerata la capitale, forse adesso un po’ appannata, della moda a Firenze, con i Medici e il Rinascimento. Oppure Roma, con il Papato e la Dolce vita». Insomma, siamo in bella compagnia. «Merito di chi si e impegnato negli anni passati, alcuni anche rimanendo nell’anonimato, per superare la “sindrome di Detroit” (la città dell’auto per eccellenza, negli Usa, ndr) e sfruttare la grande occasione dei Giochi Olimpici Invernali».

Ma c’è un però. Che non è nemmeno tanto marginale. E che potrebbe avere ripercussioni importanti sul futuro della nostra città. «Torino ha un problema serio, adesso – dice Saffirio – perché ha in sé troppe caratteristiche. Diventa difficile focalizzare. Basta pensare ai Savoia, Ma anche alla magia, all’arte contemporanea. E poi il cinema, la buona tavola. E tanto altro ancora, compresa la via dello sport, che dopo i Giochi è stata parecchio sfruttata. Insomma, un rosario di cose che fanno però fatica a stare insieme». A voler «dire» troppe cose tutte insieme, si rischia il disordine comunicativo. «È difficile trovare un valore trainante attorno al quale far agglomerare gli altri. Ecco perché, nel mondo della pubblicità, esiste lo “strategic planner”, che fa delle ipotesi sulle identità del marchio da promuovere». Continuando nella metafora, insomma, Torino ha fatto molto per migliorare se stessa. Ma non basta. «Ha lucidato la tanta argenteria di qualità che possiede.

Un ascensore sociale guasto

Via Repubblica

«Si è guastato l´ascensore: non si può più salire di classe. Chi nasce in una famiglia di operai o di commessi avrà 70 probabilità su cento di fare lo stesso mestiere dei genitori. Chi cresce in una famiglia di professionisti avrà 70 probabilità su cento di ripercorrere le orme di padre e madre. Una situazione che blocca centinaia di giovani: bisogna far ripartire questo ascensore perché la meritocrazia torni una carta spendibile». Luciano Gallino, sociologo del lavoro, conclude così dopo quasi due ore di dibattito e confronto il suo intervento al convegno sul tema «L´Italia da sbloccare. E Torino?» organizzato da NewTo in collaborazione con Repubblica e che ha preso spunto dall´inchiesta condotta da Ettore Livini su R2.

L´ultima battuta è di Alberto Dal Poz, imprenditore in carriera che sprona i tanti giovani presenti nell´auditorium della Fondazione Sandretto a crederci. E il suo può essere l´esempio giusto per dimostrare che anche in un Paese come l´Italia allergico al ricambio della propria classe dirigente ci può essere spazio per quei giovani che hanno ancora voglia di fare: lui nel ‘95 ha aperto la prima impresa oggi ha un´azienda anche negli States. Ma c´è anche il rovescio della medaglia, quello raccontato da un docente universitario di 27 anni che si trova a dover vivere con 800 euro al mese: «Così non è difficile ma impossibile lasciare la casa dei propri genitori, mettere in piedi qualsiasi progetto». Un giovane imprenditore del mondo dell´Ict sostiene che in Italia «si è costretti nella bambagia» e un altro sottolinea come manchi alla fine una visione per questo progetto che punta a sbloccare il Paese (e Torino).

De Meo lascia il gruppo Fiat

Via Quattroruote

Clamorosa svolta ai vertici del gruppo Fiat: Luca De Meo ha rassegnato oggi le dimissioni, lasciando quindi i numerosi incarichi che ricopriva. De Meo era l’amministratore delegato di Alfa Romeo e dell’Abarth, nonché direttore marketing per tutte le attività Fiat, comprese Iveco e CNH (trattori e macchine movimento terra).

Il 41enne manager milanese, a fianco di Sergio Marchionne, è stato uno dei protagonisti del rilancio del Gruppo, in cui era arrivato sette anni fa, con in curriculum esperienze in Renault e Toyota. Dopo aver debuttato nel marchio Lancia, prima come direttore marketing, poi come responsabile, aveva assunto la guida del brand Fiat, curando in prima persona il fortunato lancio della 500.

Al momento non si sa nulla sulla prossima destinazione di De Meo, anche se le voci parlano di un incarico all’estero al di fuori del settore auto. Quanto alla sua sostituzione in Fiat, ancora nulla è stato deciso, ma viene data per molto probabile una riorganizzazione che coinvolgerebbe tutto il settore auto, con un organigramma completamente diverso rispetto a quello attuale.