Bentornato telefono!

Due anziani
signori ci segnalano che dopo 76 giorni dalla richiesta sono stati riallacciati
alla rete telefonica. Erano  colpevoli di aver esercitato il loro diritto a
passare da un operatore telefonico (Fastweb) ad un altro (Telecom Italia), dopo
averlo precedentemente lasciato.

Torino puo’
farcela e l’Italia puo’ farcela, ma l’Autorita’ Garante delle Telecomunicazioni va dotata dei mezzi
per poter agire e li deve usare.

Attualmente pare
che abbia un quarto dei dipendenti dell’analoga autorita’ britannica. Il
mercato puo’ solo funzionare se ci sono autorita’ di controllo forti ed
indipendenti. Lesinare i soldi ad esse, significa lasciare i piu’ deboli in
balia dei piu’ forti.
Queste non
saranno idee nuove, ma tutti noi abbiamo il dovere di far sentire la nostra
voce su questi temi.

 

Richiesta agli scioperanti

Cari lavoratori in sciopero,
In generale fare blocchi della circolazione non e` un modo per attirarsi la simpatia del grande pubblico, e` un segno di estrema debolezza e disperazione e puo’ causare conseguenze penali,  quindi ve lo sconsiglio; comunque cari lavoratori in sciopero, se proprio dovete bloccare qualcosa, bloccate strade ed autostrade non le ferrovie. Grazie

Golden Palace * * * * *

L’apertura di un
nuovo albergo a cinque stelle a Torino e` una buona notizia.

Il Golden Palace
e’ in via Arcivescovado in un palazzo che prima ospitava uffici della Toro.
Mentre le sedi di
assicurazioni poossono anche essere decentrate, e’ estremamente utile avere
degli alberghi di pregio nel centro della citta’.

Si tratta di un’azienda
con piu’ di 100 dipendenti, che automaticamente genera un considerevole indotto
in termini di commercianti di alimentari, fiorai, produttori agricoli, riparatori e produttori di mobili, elettricisti,
informatici, contabili, legali, ecc.
Non abbiamo una cifra precisa, ma il numero di posti di lavoro creati indirettamente deve essere considerevole. Uno studio di un po’ di anni fa della prof. Margherita Chang Ting Fa mostrava come gli alberghi siano la parte dell’economia che piu’ compra da tutte le altre.

Gli alberghi di lusso possono essi stessi
divenire parte della decorazione della citta’, si pensi al Crillon a Parigi, ai
grandi alberghi di Budapest o a quelli sulla Park Lane a Londra, solo per fare
alcuni esempi. Il Golden Palace forse non e’ tanto grande come essi, ma puo’ a buon diritto vantare  un’architettura interessante
ed il luccichio degli hotel di lusso.

Non tutti noi
forse pernotteremo in un albergo a cinque stelle, ma tutti noi dobbiamo
rallegrarci che ci sia questo nuovo hotel e che sia dov’e’;  dobbiamo augurarci che abbia sempre
tanti clienti.

Tre c/c

Ho un conto bancario in Italia  su cui pago piu’ di 120 euro all’anno di spese.
Mia moglie, che e’ spagnola, ne ha uno con una banca spagnola: paga meno di 40 euro all’anno di spese.
Io ho anche un conto bancario in Inghilterra: costo annuo per svariate operazioni = 0 (zero).
Ne’ la banca spagnola ne’ quella inglese sono sull’orlo del fallimento. Al contrario esse sono tra le piu’ grandi banche del mondo e fanno utili.
Probabilmente sono organizzate meglio delle nostre banche.
Cio’ che e’ certo e’ che tante famiglie e imprese che stentano a far la spesa durante la quarta settimana del mese e tante imprese che fanno fatica a sopravvivere, meriterebbero un mercato bancario piu’ concorrenziale ed efficiente  con costi molto piu’ bassi.

La via stretta della banda larga

Quando nel 2004 Gianni ritorno', dopo avere 
trascorso sei anni a Bruxelles, nel paese
della Langa di dove era originario non poteva
credere che li' non fosse possibile lavorare
usando internet.
Certo c`era il telefono ed al telefono si
puo' sempre collegare un modem.
Quello pero' era il modo con cui Gianni
lavorava a meta' degli anni `90.
Nel 2004 sarebbe semplicemente rimasto fuori
mercato e tutti i suoi progetti di creare
un'azienda di terziario avanzato nelle
Langhe sarebbero rimasti un sogno. Da allora
ha dovuto combattere molto, ma le soluzioni
spesso sono raggiungibili e lui forse ne ha
trovata  una.
 L’uso di internet oggi rappresenta quello 
che l’uso della macchina a vapore rappresen-
tava all’inizio della prima rivoluzione
industriale, quello che la diffusione della
ferrovia rappresentava a meta’ dell’ottocen-
to, quello che l’uso dell’auto e dei telefoni
ha rappresentato a meta’ del ventesimo secolo,
insomma quella tecnologia che ti da la misura
dello sviluppo economico di un paese o una regione.

Questo perche’ in un epoca dove i salari
piu’ elevati sono spesso nel terziario
ed i servizi si avvalgono moltissimo di
telecomunicazioni, internet rappresenta
lo strumento di telecomunicazione piu’
potente.
Ecco cosi’ che quelle zone che sono con-
nesse possono accedere a certe possibi-
lita' e ad un certo sviluppo economico e
sociale e le altre no.
Quando parliamo di sviluppo
economico non pensiamo a ciminiere, par-
cheggi, e code, pensiamo a reddito, che
puo’ poi essere speso come ciascuno crede
meglio, non escludendo asili nido, biblio-
teche, scuole, piscine,  servizi sociali
ed arte.
Nella fattispecie un buon collegamento
ad internet e’ sostitutivo di tanti
movimenti non desiderati e quindi rallenta
la crescita del  - o riduce il - fabbi-
sogno di trasporti.
Se vogliamo che ci sia crescita economica
dobbiamo garantire che ci sia una connessione
ad internet che permetta di trasmettere
testi scitti, suoni ed immagini ferme ed
in movimento.
La situazione oggi in Piemonte ed in Ita-
lia e’ che a moltissime comunita’ locali
e’ impedito di vivere e produrre secondo
le modalita’ in uso nelle economie piu’
avanzate nel ventunesimo secolo.
In questo modo non solo si condanna certi
cittadini ad una specie di serie B econo-
mica e sociale, ma anche si riduce
forzosamente le opportunita’ di crescita
della regione e della nazione.
Di chi e’ la colpa? 
Prima di tutto e’ colpa di tutti i citta-
dini, cioe’ nostra. Se fossimo davvero
convinti che l’accesso alla banda larga
(l’internet senza strette limitazioni) e`
un nostro diritto, ci faremmo sentire.
I politici hanno tanti difetti, ma sanno
che se una richiesta e’ forte, essa
diviene un mezzo per guadagnare o perdere
voti e cercano di soddisfarla. Oggi e’
piu’ frequente protestare contro la
retrocessione della locale squadra di
calcio, per il salvataggio di stabilimenti
senza speranza alcuna o per una nuova
circonvallazione che per garantire
l’accesso ad internet a tutti.
 Altri grandi protagonisti di questa 
storia sono Telecom Italia e Fastweb.
Queste due aziende sono proprietarie
in varie parti della penisola di cavi a
fibbre ottiche e non. Esse offrono
connessione la’ dove ritengono che sia
per loro conveniente. Il servizio spesso
lascia a desiderare e molti comuni o
quartieri ne sono esclusi.
Per loro e' anche un problema di cultura
aziendale.
Loro sono abbastanza  brave a far corre-
re fili, ma si sentono meno dominatrici
delle tecnologie senza fili, che di fatto
possono essere gestite da aziende di
dimensioni assai minori. Non vedono una
gran convenienza nello sfruttare una
tecnologia di cui non sarebbero
signore incontrastate.
In Piemonte c’e` il CSI che e’ un ente 
strumentale della Regione ed uno dei
protagonisti del programma
WI –PIE (
http://www.wi-pie.org
).
Questo programma dovrebbe e potrebbe
essere la soluzione del problema, ma
non lo e’.
Non sancisce il principio che tutti i
comuni e tutti i quartieri vadano
raggiunti con l'accesso alla banda larga.
Per quanto riguarda le piccole comunita’
WI-PIE si fissa l’obiettivo di collegare
anche abbastanza approssimativamente i
municipi, le farmacie e pochi altri
sevizi con connessioni che non possono
poi venire estese ad altri utenti.
Praticamente se si trattasse di dare il
gas a questi comuni WI-PIE non
porterebbe un tubo del gas nel concentrico
comunale, ma invierebbe un po’ di gas
in bombole al municipio e ad alcuni altri
servizi, disinteressandosi del destino
di tutti gli altri soggetti (famiglie
e aziende).Restando nell`esempio del gas: non
essendoci una vera condotta di gas
non esisterebbe la possibilita’ per
altri utenti di far partire da li’ un
tubo di derivazione fino a casa loro.
Similmente la connessione che arriva
ai municipi con WI-PIE non e'facilmente
estendibile ad altri soggetti, ma e'
addirittura problematica per chi la riceve.
Noi dobbiamo farci sentire e chiedere
con forza che la banda larga arrivi
in ogni comune del Piemonte e
d’Italia.
Non si tratta di una grossissima spesa.
Nei pressi di Diano d’Alba per esempio
ci sono ben dieci comuni scoperti.
Forse si metteranno d’accordo e con una
spesa modesta e l’uso della tecnologia
wireless, cioe’ senza fili, si doteranno
di accesso internet a banda larga.
Pensano di avere almeno 600 utenti....
Questo forse sara’ un caso fortunato
perche` c`e’ una persona che dopo aver
vissuto alcuni anni all’estero ha
deciso di ritornare alle sue origini,
ma non accetta lo stato delle cose ed
il fatalismo che troppo spesso con-
traddistingue tutti noi.
Quella persona sta spingendo per questa
iniziativa, coinvolgendo alcuni politici
locali illuminati e spiegando come ci
sia una grossa opportunita’ di
sviluppo a portata di mano.
Noi dobbiamo richiedere alla Regione 
Piemonte e allo Stato Italiano che la
connessione senza fili delle piccole
comunita' diventi la regola.
Tutti i comuni devono vedersi garantito
l’accesso alla banda larga e cio' puo'
essere fatto praticamente con
pochissimi oneri per lo Stato e gli enti
pubblici.
 
Per saperne di piu’ vedete anche il 
sito di

http://www.antidigitaldivide.org

Ci chiedono di firmare una loro petizione
per la diffusione della banda larga,
sara’ il caso di farlo.

La baita abbandonata

Sara’ capitato anche a voi di
passeggiare per le montagne del Piemonte, scoprendo dei gruppi di case
totalmente abbandonate ed in grande stato di rovina. A volte le dette case si
trovano in luoghi estremamente panoramici. In alcuni casi alla base della
rovina di certe case c’e’ il fatto che i proprietari sono disinteressati, assenti
o sconosciuti all`autorita’. Gli effetti di questo abbandono sono chiari. Certi
paesi di montagna hanno visto morire intere frazioni. Case nuove vengono
costruite in luoghi precedentemente non costruiti, quando allo stesso tempo le
case vecchie crollano. Si perdono opportunita’ turistiche e l’aspetto di intere
vallate muta.

Io credo che sarebbe bene dare
ai sindaci il potere di ingiungere per vari anni ai proprietari di intervenire.
Si potranno apporre cartelli di fronte alla proprieta’ in questione, pubblicare
in vari modi la notizia ed annunciarlo sui siti internet di comune, provincia e
regione. Il messaggio dovrebbe dire : “il proprietario di questa casa dovra’
curare questa casa (rifare il tetto, vedere che i muri non crollino, ecc.) o il
comune tra 5 anni potra’ suggerire alla Provincia di venderla”. Passati i 5
anni o il proprietario si sara’ dato da fare in qualche modo, o il Comune
potra’ proporre alla Provincia di vendere l’immobile in un’asta pubblica. I
proventi della vendita, dedotti i costi d’asta e di pubblicita’, andranno su di
un conto destinato al proprietario dell’immobile.

Attualmente esiste l’ Art. 838
del Codice Civile (Espropriazione di beni che interessano la produzione
nazionale o di prevalente interesse pubblico
), che forse non e’ applicabile ai casi qui
menzionati; se  cosi’ fosse sarebbe forse il caso di avere una legge ad hoc.

 Art. 838 del Codice Civile
Salve le disposizioni delle leggi
penali e di polizia, nonché le
disposizioni particolari concernenti beni determinati, quando il proprietario
abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che
interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle
esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni
da parte dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta
indennità.
La stessa disposizione si applica
se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle
città
o alle ragioni dell’arte, della storia o della sanità pubblica.

 

Best practice: tenere conto di cosa fanno gli altri.

In tutte le amministrazioni pubbliche e private dovrebbe divenire pratica comune guardare a come un certo problema viene attualmente trattato e magari risolto in altre città ed in altri paesi, non solo europei ma anche extraeuropei. Si può utilmente imparare dalle migliori soluzioni trovate altrove, la così detta “best practice”.  In molti casi si tratterà di esperienze di pubbliche amministrazioni in altri casi si tratterà di esperienze di aziende private.Tante volte non è necessario scoprire la ruota, si tratta piuttosto di adattare al nostro contesto le soluzioni già identificate altrove.

Guardare cosa si fa altrove dovrebbe divenire una routine obbligatoria. Ogni amministrazione, quando presenta la soluzione che intende dare ad un certo problema dovrebbe essere tenuta a mostrare che ha fatto un’indagine sulle situazioni trovate altrove, presentandone i risultati. In molti casi si eviterebbe di ripetere tanti errori.

In alcuni casi saranno sì necessari viaggi all’estero, ma essi andranno fatti solo dopo un approfondito studio su libri, giornali ed internet.Per fare queste indagini sulla “best practice” non è sempre necessario fare viaggi. In molti casi e’ sufficiente un’indagine su internet  ed un po’ di telefonate con i colleghi di altri paesi.  Le telefonate potranno essere a costo zero se si utilizzerà la telefonia via internet e se si saprà coltivare una buona rete di contatti. In certi casi un’indagine potrà anche partire da segnalazioni fatte dai cittadini.

(da un’idea del dott. Nicolas Nervegna).

Energie alternative: un problema di cultura e di regole

Perche` l`Italia e` indietro rispetto a molti paesi europei nell`uso di
energie alternative? Noi siamo di gran lunga superati non solo dalla piccola
Danimarca, ma anche dalla Germania, dalla non troppo ecologista Gran Bretagna e
perfino dalla latina Spagna. Qual e` il problema in Italia?

Sono vari. Uno di essi dipende dal fatto che ogni tecnologia implica certi modelli di organizzazione del lavoro e certe culture aziendali. Ad esempio gli impianti nucleari, quelli termoelettrici (a gas o  a derivati del petrolio) e  quelli
idroeletrici, spesso richiedono pochi impianti di dimensioni molto grandi. Percio` le
aziende che si sono specializzate a produrre energia da quelle fonti hanno
sviluppato una cultura di grande impresa. Le tecnologie rinnovabili  spesso si adattano bene a  piccoli impianti, presenti in tanti luoghi.

Vi sono ovviamente le eccezioni. Ad esempio gli impianti eolici in mare
aperto possono richiedere organizzazioni alquanto complesse, normalmente
disponibili solo in grandi imprese. Non a caso giganti  dell`energia come BP o Shell sono entrati
abbastanza massicciamente in questo tipo di attivita`, anche utilizzando parte
delle esperienze e delle capacita` da loro acquisite nella gestione di piattaforme petrolifere in
mare aperto.
In Italia gli impianti eolici in mare aperto forse presentano qualche problema in piu`
perche’ non disponiamo di tanti  luoghi
abbastanza lontani da riva che siano allo stesso tempo battuti dal vento e dotati di fondali poco
profondi. Cio` e` molto piu` comune in alcuni paesi del nord Europa, ad esempio
il Regno Unito.

Da noi , finora i principali attori in campo energetico sono stati ENEL ed
ENI. Entrambi hanno comprensibilmente sviluppato delle culture aziendali proprie delle grandi
organizzazioni con una specifica attitudine a trattare relativamente pochi grandi
impianti, con grossi costi fissi e grandi volumi.

Una delle tecnologie che in Italia potrebbe offrire interessanti
prospettive e’ il solare, ma il solare non e` una tecnologia particolarmente
adatta ad essere sfruttata in impianti grandi. Piuttosto il solare si presta
bene come risorsa diffusa, sfruttata un po` dappertutto. Non grandi centrali, ma pannelli piu` o meno
sopra ogni costruzione, abitazione o capannone. Ecco che, per quanto riguarda
il solare, il ruolo delle aziende, che fino ad oggi ci hanno garantito energia,
sarebbe abbastanza modesto. E` cosi’ ingiusto aspettarsi da loro un grande
impegno per il suo sviluppo. Il problema invece e’ negli usi e nelle norme che
regolano l`edilizia. In Italia l`edilizia e` largamente fuori controllo a causa
di frequenti condoni che rendono sostanzialmente inutile il rispetto delle
leggi. Inoltre mentre chi compera un’auto oltre a cercare una bella macchina,
spaziosa o compatta, veloce o tranquilla, chiede anche quanto essa consumi per litro di
benzina, chi compera un’appartamento riceve risposte piu’ confuse. Quando si
pensa al costo, spesso ci si chiede di piu’ quanto sara` la rata del mutuo,
piuttosto di chiedersi l’ammontare delle bollette di riscaldamento, luce, gas
ed acqua. Quelle verranno quasi come una fatalita`.

In queste condizioni e` difficile che case un po’ piu’ costose, ma con
consumi mensili molto piu’ bassi possano avere molto successo. La legislazione
edilizia e quella sui contratti concernenti immobili potrebbero dare una bella
mano. L’una imponendo che il contratto di vendita sia nullo in assenza di una perizia
tecnica sui consumi energetici dell’immobile. Semplicemente l’acquirente non sa
cio’ che compra, se non sa quanto la casa consuma. La legislazione edilizia
dovrebbe imporre che tutte le nuove case ed i nuovi capannoni non consumino
piu’ di un certo ammontare di energia. Queste limitazioni gia` esistono per le
automobili, non si vede perche` non debbano esistere per le case. Infine ci
vorrebbe una riforma costituzionale che preveda che i condoni possano essere
solo introdotti con maggioranze molto ampie, almeno dei 2/3. In tal modo, forse
verrebbero usati piu` parsimoniosamente.

Infine sarebbe bene responsabilizzare le regioni. Da un lato bisognerebbe far funzionare un vero e proprio protocollo di Kyoto nazionale; ogni regione dovrebbe concordare con le altre e con lo stato, la sua quota di riduzione di emissioni inquinanti, con sanzioni per chi non rispetta gli accordi; inoltre ogni regione dovrebbe almeno in parte essere responsabile per il proprio approvigionamento energetico.  Le regioni potranno poi trasferire parte delle responsabilita`  a provincie e comuni. Chi non si da fare per risparmiare e produrre energia  dovra` subirne le conseguenze.

 

 

Banca d’Italia, articolo 17

Ormai e` ampio il
consenso che qualcosa alla Banca d`Italia debba cambiare, ma come? Qui bisogna
distinguere tra cio` che si puo` fare a brevissimo termine da cio` che si puo`
fare nel giro di qualche mese. A brevissimo termine si puo` garantire alla
Banca d`Italia una dirigenza indipendente e credibile, a medio termine si potra`
pensare a quali funzioni lasciare alla Banca d`Italia e quali trasferire
altrove. Questo intervento cerca di affrontare il primo problema. Cerchiamo di
individuare degli obiettivi desiderabili per poi vedere come ottenerli.
Vogliamo una
Banca d`Italia che :

· sia governata
da persone competenti;

· sia indipendente
dai politici;

· rappresenti
gli interessi del paese.

L`attuale Statuto
della Banca prevede (art. 17  http://www.bancaditalia.it/la_banca/statuto/statuto.pdf )  che
il Governatore sia nominato e rimosso su proposta del Consiglio Superiore della Banca, che e’ una
specie di consiglio d’amministrazione della stessa. Un problema e` che
l`attuale statuto non prevede particolari qualifiche per i membri del Consiglio
Superiore, per cui possono appartenere ad esso anche persone senza qualifiche specifiche,
magari scelte solo per la loro fedelta’ al Governatore. Ancora piu` serio e` il
problema che sempre lo statuto prevede che i 13 consiglieri siano “nominati
dalle assemblee generali dei partecipanti presso le sedi della banca in ragione
di uno per ciascuna sede”. Queste assemblee oggi sono composte  sia dagli “azionisti” della banca, per lo piu`
banche commerciali, che sono in qualche modo eredi delle banche centrali
dell`Italia pre-unitaria, sia da rappresentanti del mondo economico locale,
selezionati dalla Banca stessa. Ne` gli uni, ne’ gli altri hanno un forte
mandato per essere critici controllori dell`operato dell’ente di emissione e
vigilanza. Le banche commerciali in particolare hanno sufficiente realismo per
capire che la loro partecipazione nella Banca e` un retaggio del passato, che
puo` loro fruttare dei dividendi, ma che non puo` dare loro effettivo diritto  di interferire nella gestione della banca
centrale. E` inutile ed estremamente costoso pensare che lo Stato comperi dalle
banche commerciali le loro quote di partecipazione, come formulato nel
progetto dell`ex ministro Siniscalco. Si tratterebbe di inutile
carita` al duomo. Basta formulare per legge quello che gia` accade nei fatti:
le banche azioniste non avranno poteri di gestione nella Banca d’ Italia. Ma
allora chi nominera` il nuovo Consiglio Superiore? Esso potrebbe essere eletto
in larga parte  dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento, dai
Presidenti di Regione, dai Sindaci e
dagli eletti italiani al Parlamento Europeo. Bisogna pero` evitare che i membri
del Consiglio Superiore diventino ostaggi di una precisa maggioranza del
momento. Come? Primo facendo votare questi organi separatamente e con ampie
maggioranze (2/3 dei membri), poi garantendo ai consiglieri della Banca d’ Italia dei mandati di almeno
9 anni, infine prevedendo elezioni e
scadenze dei consiglieri scaglionate nel
tempo; si dovrebbe evitare cioe` che una specifica maggioranza possa in un
momento nominare tutto il Consiglio in un colpo solo. Esso diverrebbe una
fotocopia del potere politico del momento.
Una certa
percentuale degli eletti (38 %) potrebbe
rappresentare i funzionari della Banca ed il suo patrimonio di conoscenza
tecnica, che rimane molto alto, anche dopo i recenti tristi eventi.
Infine tutti i
consiglieri eletti dal Presidente della Repubblica, Parlamento, Regioni, Provincie Comuni ed Europa
dovrebbero essere professori ordinari di
materie economiche o bancarie nelle universita` italiane o cittadini europei docenti di materie
economiche nelle 100 migliori universita` del mondo.
Quanto detto si
puo` fare in tempi brevissimi, se lo si vuole. L`idea invece di mettere la nomina del Governatore nelle sole mani  del Governo non sarebbe` una garanzia ne ‘ di autonomia ne’ di competenza.

Tabella
Proposta per il nuovo Consiglio Superiore della Banca d’Italia

N
Consiglieri      eletti da chi         durata dei primi 2 mandati

1                      Presidenza Repubblica       2006-2012 / 2013-2022
1                      Camera                            2006-2015 / 2016-2025
1                      Senato                              2006-2009 / 2010-2019
2                      Presidenti Regioni             2006-2006 / 2007-2016
1                      Presidenti Provincie           2006-2007 / 2008-2017
1                      Sindaci Comuni                  2006-2008 / 2009-2018
1                      Eurodeputati
italiani           2006-2010 / 2011-2020
5                      Funzionari Banca
d`Italia    2006-2011 / 2012-2021

Privatizzazioni e trucchi.

Ogni aziendina
anche piccola ha un conto dove sono registrate le ricchezze (dette “attivita’”)
ed i debiti dell`azienda, lo stato patrimoniale. Le Attivita` includono
terreni, case, macchinari, mobili, BOT, azioni possedute, conti in banca, ecc. Nonche’ debiti.
Cosi` un`azienda
che vende un terreno di sua proprieta` non necessariamente migliora i suoi
utili. Ad esempio, se la Pautasso s.r.l. vende per 100.000 euro un terreno che nel suo stato
patrimoniale era stimato 150.000 euro, l`azienda incassa si` 100.000 euro,
pero` allo stesso tempo sta perdendo 50.000 euro.

Infatti le sue
attivita` diminuiscono di 150.000 alla voce “terreni” ed aumentano di 100.000
alla voce “conto in banca”. La differenza e` 50.000.

Un grosso
problema con i conti pubblici e` la mancanza di uno “Stato Patrimoniale”. E
allora?
E allora dobbiamo
essere molto cauti quando qualcuno riduce un deficit privatizzando cose che non
erano mai state in uno stato patrimoniale.
E` ovvio che,
vendendo, qualcosa si incassa. E` da vedere se quello che si incassa sia il
giusto, se cioe` compensi la perdita di patrimonio subita. Sarebbe bene prendere atto che dopo aver venduto gli argenti di
famiglia per pagare i debiti, non si ha piu` molto altro da vendere.
Bisognerebbe
imporre per legge a tutte le amministrazioni pubbliche, incluso lo stato, di dotarsi di un vero e
proprio stato patrimoniale.