Quanto è digitale la tua impresa? Incontro gratuito in API Torino

API Torino, l’Associazione delle Piccole e Medie Imprese di Torino e Provincia – in collaborazione con Schneider Electric – ha attivato un nuovo e interessante Sportello operativo gratuito per fornire un primo orientamento in materia di Digital Transformation alle imprese piemontesi che si affacciano per la prima volta all’Industria 4.0 e ai nuovi fenomeni digitali di trasformazione della manifattura

I grandi cambiamenti che l’industria manifatturiera sta vivendo affondano le proprie radici proprio nell’uso e nel saper usare le tecnologie digitali. Da queste modalità completamente nuove ha fatto nascere nuove opportunità e competitività nelle fabbriche che utilizzano l’automazione nella produzione. Sviluppatasi rapidamente a partire dalla diffusione appunto di tecnologie digitali quali data analytics, business intelligence, Internet-of-things e intelligenza artificiale, l’Industria 4.0 si estende oggi praticamente a tutti i livelli aziendali, offrendo nuove opportunità di business grazie al cambiamento organizzativo,  dei processi e delle funzioni sotto il segno della Digital Transformation.


Cosa offre lo Sportello?

Lo Sportello punta ad offrire alle imprese soluzioni concrete ed efficaci in merito a:

  1. manifattura avanzata, automazione degli impianti e dei processi, gestione della supply chain;
  2. Big Data, Data Analitics, Cybersecurity e tecnologie industriali abilitanti di Internet of Things (IoT);
  3. efficientamento energetico degli impianti produttivi;
  4. sistemi di monitoraggio avanzato dei vettori energetici;
  5. soluzioni per i programmi manutentivi.

A seguito dell’incontro con lo Sportello verrà rilasciato all’impresa un report sul proprio livello di innovazione.

A chi si rivolge?

Lo Sportello è aperto a tutte le imprese associate ed è gratuito.


Stefano Pigolotti: “Vi spiego l’importanza della formazione continua in azienda”

“Partiamo da un presupposto suffragato da numerose ricerche statistiche: chi continua a studiare ha più probabilità di non essere licenziato o messo in cassa integrazione.  Le probabilità di perdere il lavoro sono direttamente proporzionali al nostro invecchiamento culturale, tecnico e scientifico.  Nelle PMI si è molto attenti alla formazione dei lavoratori: tutti dovrebbero avere una opportunità di crescere all’interno di una azienda. Non diventa solo un vantaggio per l’impresa ma anche per chi lavora: più si è competenti, aggiornati e preparati, più si è indispensabili in un ambiente produttivo”. 

“La possibilità di offrire formazione continua a chiunque  lavori – continua Stefano Pigolotti – soprattutto formazione finanziata, è quanto di meglio per migliorare il modo con cui l’impresa possa affrontare le trasformazioni del mercato del lavoro, nel breve e medio periodo. Pensiamo ad esempio all’evoluzione che stiamo vivendo dall’introduzione del digitale nei processi produttivi. Fino a trent’anni fa i macchinari erano analogici, poche piccole imprese aveva sistemi robotizzati. Oggi invece la robotica è prepotentemente entrata nello sviluppo e nella produzione. Macchine servo-assistite, robot collaborativi, processi che impiegano la programmazione (pensiamo alla stampa 3D), l’intelligenza artificiale, ecc.”

E se l’occupazione da anni un tasto dolente del Paese Italia,  con la crisi che ha colpito il mondo finanziario ed economico a partire dal 2008, la situazione di tutte quelle imprese che non vedono nel miglioramento del proprio bene più prezioso, la forza lavoro, non può che aggravarsi. A poco più di dieci anni dall’inizio di una delle peggiori crisi planetarie degli ultimi decenni, dobbiamo purtroppo constatare che la  crescita economica è in Italia più lenta di quella dell’economia dei paesi dell’area Euro. Con una cresciuta inferiore a quella di altri paesi UE la competitività delle PMI italiane è andata scemando nel corso degli ultimi anni. E questo anche per un problema di fondo molto importante:  le aziende faticano a trovare manodopera qualificata da assumere. E per manodopera qualificata intendiamo dire operai con laurea di primo livello, capaci di operare in autonomia utilizzando tecnologie all’avanguardia, come ad esempio la progettazione CAD-CAM, la programmazione avanzata di macchine a controllo numerico, la gestione di attività tecniche di alto livello. Ormai anche nelle catene di montaggio c’è sempre più bisogno di lavoratori qualificati_ la licenza media non è più sufficiente per essere competitivi nel mondo del lavoro.  Per questo dobbiamo lavorare sulle scuole, sulle famiglie, dobbiamo cambiare la percezione dell’azienda aprendo le nostre porte e facendo conoscere come l’impresa si sia trasformata.

L’industria non è più come la immaginiamo: si parla già di Formazione e Industria 4.0. Oggi le industrie sono molto più simili a laboratori. Scordiamoci dunque le linee di produzione sporche e rumorose che conosciamo dal passato. L’industria è cambiata e sempre più è alla ricerca di operai qualificati ad affrontare questo cambiamento.-

“Insomma, conclude Pigolotti – La forte automazione ed evoluzione tecnologica di questi ultimi anni, la trasformazione digitale non rappresenta solo un’opzione o un canale accessorio, ma diventerà sempre più un elemento centrale su cui basare le strategie evolutive dell’azienda del futuro. L’evoluzione tecnologica e digitale delle nostre aziende va incontro alle evoluzioni continue e imprevedibili del contesto economico e tecnico. La formazione delle persone in azienda diventa quindi fondamentale per avere persone pronte ad affrontare le sfide del futuro, conservando tutta l’esperienza del passato”. 

 

 

Per approfondire: http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/industria40

Le Persone Oltre i Numeri: per la business intelligence non siamo numeri ma storie da raccontare

In un’epoca in cui i Big Data sono considerati la nuova ricchezza e dove si profetizza l’impatto devastante dell’Intelligenza artificiale sul lavoro e su tutti noi, un libro – Le Persone Oltre i Numeri – vuole ricordarci che le aziende non possono più pensare ai clienti o ai consumatori come a dei semplici dati da analizzare. Secondo l’autore del volume ora pubblicato dalla casa editrice Minerva, Gianni Bientinesi (esperto in Business Intelligence, studi e ricerche di mercato, ideatore dell’Osservatorio sulla casa di Leroy Merlin) nel processo di trasformazione della miriade di informazioni in conoscenza, noto come Business Intelligence, quello che conta sono le Persone, “perché i numeri in realtà rappresentano le storie delle Persone. Le Informazioni devono diventare dei racconti, devono parlare alla testa ed al cuore delle persone che li utilizzano”.
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Sino a cinque – sei anni fa la raccolta di informazioni di base sui clienti si sviluppava lungo un processo consolidato che prevedeva la redazione di un questionario più o meno strutturato, la definizione di un campione, una serie di interviste, una mole di dati raccolti anche su carta, infine quegli stessi dati diventavano numeri inseriti in un database informatico. Ora invece secondo l’esperienza maturata soprattutto in Leroy Merlin siamo, secondo Gianni Bientinesi, in una fase di real time dove non c’è neanche più tempo per riflettere. Ma il processo di trasformazione di dati in conoscenza è sempre fondamentale, solo che richiede un approccio diverso. Le Persone Oltre i Numeri (con la prefazione di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori) si chiede appunto come cambierà il modo di raccogliere, analizzare ma soprattutto utilizzare le informazioni sui clienti attuali o potenziali per far evolvere beni e servizi delle imprese. La vera questione su cui vuole riflettere Gianni Bientinesi è legata al fatto che non si può più parlare di consumatori in modo anonimo ed indifferenziato, ma che ogni persona, proprio perché unica, è complessa da capire con gli strumenti tradizionali.
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Gianni Bientinesi
Gianni Bientinesi

Senza considerare che se un’azienda può sapere molto se non tutto del cliente, allo stesso modo il consumatore è in grado di conoscere la storia, il modo di agire e la reputazione dell’impresa. Ogni azienda dovrebbe essere in grado di veicolare una propria identità in cui i consumatori possono in qualche modo riconoscersi e sentirsi partecipi dei suoi valori di riferimento. Per il cliente non è più sufficiente essere un consumatore soddisfatto, ma è alla ricerca della felicità: “Credo che la Business Intelligence – conclude Gianni Bientinesi – sia quell’approccio olistico multidisciplinare e multidimensionale che ti consente di comprendere il senso profondo delle cose che sono fondamentali per la costruzione di tutte quelle azioni che ti aiutano a “trasformare” un cliente soddisfatto in una persona felice”.

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Dalla riflessione condotta da Gianni Bientinesi emergono dieci punti su cui soffermarsi nel dettaglio:1. Rimettere le emozioni al centro: le informazioni devono diventare delle storie che emozionano.

2. Spingere verso l’innovazione continua: la ricerca ha il compito di spingere verso il cambiamento.

3. Ripartire dalle idee: le aziende devono rifocalizzare le loro strategie.

4. Ascoltare i bisogni delle persone: le aziende devono imparare ad ascoltare.

5. Favorire la condivisione: lo scambio con le persone può essere una ricchezza per le aziende se spontanea.

6. Ripensare all’approccio con le persone: dobbiamo rivoluzionare l’approccio metodologico.

7. Ridare fiducia alle persone: occorre lavorare sul concetto di fiducia.

8. La parola chiave diventa “Rilevanza”: le aziende devono sviluppare contenuti rilevanti.

9. Riempire il tempo di senso: il tempo è la risorsa chiave per le aziende.

10. Valorizzare la relazione con le persone: le persone devono ritornare al centro delle riflessioni aziendali.

COMAU e PEARSON al festival internazionale della robotica di Pisa con il nuovo progetto didattico e.DO Experience

Comau, in partnership con Pearson, leader mondiale nel settore Education, è sponsor della seconda edizione del Festival Internazionale della Robotica, organizzato a Pisa dal 27 settembre al 3 ottobre, con l’obiettivo di promuovere una riflessione sull’importanza della robotica e delle sue applicazioni tecnologiche in molteplici settori.

Tra questi, il campo della formazione, nel quale Comau e Pearson collaborano attivamente per lo sviluppo di percorsi didattici innovativi sulla trasformazione digitale e l’introduzione della robotica nelle scuole italiane. In particolare, durante l’evento, viene presentato al pubblico “e.DO Experience”, un progetto didattico congiunto che Comau e Pearson rivolgono a docenti e studenti delle scuole primarie e secondarie, e che prevede l’impiego del robot e.DO Comau per l’apprendimento delle materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica). Per conoscere più approfonditamente questa iniziativa didattica è possibile partecipare a due distinti seminari, tenuti da Lucia Marchesi (Comau), Giuseppe Daqua (Comau) e Massimiliano Abbritti (Pearson), che si tengono il 28 e il 30 Settembre, dalle 15 alle 16, presso la Sala Conferenze della Stazione Leopolda di Pisa.

e.DO è l’innovativo robot antropomorfo sviluppato da Comau per essere impiegato anche in ambito Education: con un peso di appena 12 kg, una struttura leggera, modulare e open source, è altamente tecnologico, ma con caratteristiche tecniche tali che lo rendono facile da programmare e da utilizzare, tramite tablet, persino dai non esperti di robotica, diventando così un valido compagno di studi per l’apprendimento di materie curricolari.

Per far sì che il campo della robotica diventi sempre più accessibile, e facile da comprendere, per gli studenti che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro, Comau e Pearson hanno lanciato anche il Patentino della Robotica. Si tratta di un percorso formativo già condotto con successo in tutta Italia, riconosciuto dal MIUR come percorso di alternanza scuola-lavoro, che consente di imparare ad usare e a programmare un robot industriale.

A presentare questa offerta formativa sono ancora Lucia Marchesi (Comau) e Massimiliano Abbritti (Pearson), relatori dell’incontro “Formare le competenze del futuro: il patentino della robotica, in programma il 29 settembre, dalle ore 11.00 alle 12.00, anch’esso presso la Sala Conferenze della Stazione Leopolda.

È possibile iscriversi ai seminari di presentazione dei seminari e.DO Experience sul sito.

Per scoprire di più sul Festival Internazionale della Robotica di Pisa,


Pearson

Pearson è l’azienda leader mondiale nel settore educational. E’ presente in 70 Paesi, con oltre 30.000 dipendenti. Le attività coprono tutti gli ambiti del settore, e spaziano dalla realizzazione di libri di testo (cartacei e digitali) e piattaforme per l’apprendimento, alla collaborazione con le Università per la creazione di contenuti formativi ad hoc, alla realizzazione di veri e propri corsi di studio on line e molto altro. E’ partner di numerosi governi e Istituzioni internazionali, tra le quali l’Ocse per la creazione dei test Pisa. In Italia, Pearson è presente in tutto il ciclo formativo, dalla Scuola Primaria all’Università. Nella scuola opera con marchi di grande tradizione, come Paravia e Bruno Mondadori, e copre tutti gli ambiti disciplinari, in molti dei quali è leader; è un editore di riferimento anche nell’Università, dove è presente con best sellers internazionali (con autori come il premio Nobel Paul Krugman, solo per fare un esempio) oltre a realizzare manuali specifici per il mercato italiano. Tanto nella scuola come nell’Università, Pearson si pone l’obiettivo di integrare la didattica tradizionale con sussidi digitali innovativi, che offrano un reale valore aggiunto allo studio e alla ricerca.

Stefano Pigolotti: come lanciare una Startup a Torino

“In un Paese come l’Italia – spiega il Prof. Stefano Pigolotti  – dove le micro e piccole imprese sono la grande maggioranza del tessuto produttivo nazionale, la figura dello startupper è, se possibile, più importante che altrove. Per quanto riguarda i giovani che intendano mettere su impresa, l’aspetto principale è legato all’alto numero di compiti che un imprenditore deve svolgere, resa difficoltosa per il basso numero di persone a cui delegare gli stessi”.

In Piemonte lo sappiamo, Tanto che il Politecnico di Torino ha costituito, ormai da circa 20 anni (1999) l’I3P, il principale incubatore universitario italiano e uno dei maggiori a livello europeo, come più volte certificato dal ranking internazionale UBI Index.

Un punto di vista autorevole quello espresso da Pigolotti, capace di guardare da un’ottica privilegiata il mondo delle imprese di oggi: e spiega che:

La “digital transformation” coinvolgerà sempre più tutti i settori  industriali ed è fondamentale per le nuove imprese innovative che intendano raggiungere il successo. Una startup deve anticipare le esigenze del mercato crescendo con nuovi profili professionali al proprio interno che possono aiutare a gestire la rivoluzione in atto.

 

Quali sono allora le principali difficoltà di chi avvia una startup innovativa? Lo abbiamo chiesto a Stefano Pigolotti,   – che durante gli ultimi anni ha formato  centinaia di giovani imprenditori e startupper – da noi incontrato  a febbraio di quest’anno insieme al Prof. Marco Novarese – docente di economia comportamentale dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale. 

La frase “non ho le persone adeguate a cui poter delegare” – spiega Pigolotti – accantona il problema della delega sublimandolo in uno spazio generico al di fuori del controllo personale, dove la soluzione implicita è quella di un maggiore controllo sull’intera organizzazione aziendale. Il problema si pone maggiormente quando l’impresa è matura, e il ruolo dell’imprenditore dovrebbe passare da quello di sorvegliante di ogni processo produttivo a motore delle spinte evolutive, necessarie per l’espansione aziendale. 

Ma come fare? A Torino il problema di dar vita ad una startup si è reso avvicinabile grazie agli incubatori di impresa del Politecnico di Torino e dell’Università degli Studi di Torino. Un affiancamento ottimale per i giovani imprenditori che non è sufficiente, se pensiamo agli alti fallimenti di impresa. 

Tra le caratteristiche delle neo-imprese vincenti – spiega il docente , stabili e con un futuro roseo davanti a loro, anche se di piccole dimensioni, troviamo:

  • Livello di innovazione sopra la media
  • Elevata focalizzazione sul prodotto
  • Accesso competitivo al mercato globale
  • Forti competenze interne
  • Forte attenzione al cliente, anche in assenza di marketing “tradizionale”
  • Poco turnover dei dipendenti, con la costruzione di una “famiglia aziendale”.

Questi aspetti sono alla base di un’azienda di successo, e il neo-imprenditore deve puntare a ottenere tutti questi aspetti, delegando alle persone competenti gli aspetti che non riesce a seguire personalmente, ma mantenendo sempre un contatto e un confronto diretto.

È bene sottolineare l’importanza del feedback dei clienti, che possono proporre linee evolutive e innovazioni differenti rispetto a quelle promosse dall’azienda stessa. L’innovazione, specialmente in questi ultimi anni di veloce crescita tecnologica, è fondamentale per mantenere l’azienda competitiva, risparmiando risorse che possono essere quindi investite per la realizzazione di nuovi prodotti e di nuovi investimenti, anche e soprattutto di formazione delle persone che lavorano per l’azienda. 

La formazione di un team di lavoro efficace ed efficiente è legata anche alla collaborazione nella gestione dell’azienda stessa. In questo la delega alle persone giuste è fondamentale, per poter far evolvere sia il personale interno all’azienda che l’azienda stessa. Sembra facile, ma tutto ciò richiede un buon lavoro in da parte dell’imprenditore, che deve essere disponibile ad affrontare un evoluzione personale mettendo in atto alcune strategie che prevedono un’evoluzione personale.

Di seguito alcuni consigli di Stefano Pigolotti:

Conoscenza di se stessi

Per diventare persone di successo, è necessario conoscere a fondo i propri punti di forza e i propri limiti. Se non conosciamo noi stessi, è impossibile impostare un percorso che ci aiuti a puntare sui primi e lavorare sui secondi

Passione

La passione è fondamentale, essa ci consente di esprimere al massimo le nostre potenzialità. L’optimum  sarebbe saper trasformare le proprie passioni nel proprio lavoro è la strada principale e più facile per avere successo nel proprio lavoro.

Niente fretta

Di fronte a una scelta importante, specialmente se si tratta di investimenti, la fretta è una pessima consigliera. Valutare attentamente pro e contro consente di fare scelte razionali e ponderate.

Studiare, sempre

Il mercato del lavoro attuale ha al suo centro la formazione continua delle persone. Raggiungere il successo è anche una questione di evoluzione personale e culturale, ed è ugualmente importante formare le persone con le quali si lavora, in modo da creare un team preparato ad affrontare le attività fi ogni giorno. l

Circondarsi di validi collaboratori 

Conoscere e frequentare persone che stimolino la crescita personale e la spinta personale verso il successo è fondamentale, circondarsi di “yes man” sarebbe inutile e controproducente. La followship è un’importante caratteristica nel team-work che garantisce al leader sostegno e stimoli costruttivi in grado di portare l’intero team al raggiungimento dei risultati prefissati.

Cura te stesso

Potrai avere idee di successo, avere intorno le persone giuste, avere fra le mani l’invenzione che cambierà le vite di tutti per i prossimi anni, ma non dimenticare di avere cura di te e della tua immagine, sia fisica che online. Le idee di successo sono strettamente legate a chi le ha, e il personal brandig è fondamentale.

Definisci i tuoi obiettivi

Puntare al successo è facile, raggiungerlo no. Definire obiettivi sostenibili che, un passo alla volta, portino al successo, è parte della strada per ottenerlo.

errori da evitare quando si apre una startup

 

GLI ERRORI DA EVITARE …

Nella seguente infografica, gli errori più frequenti che commettono gli startupper.  Errori dovuti alla sottovalutazione dei problemi, a una visione limitata, a corto raggio.

Come si nota dalla grafica, il primo errore è non avere un team smart e innovativo almeno quanto il fondatore.
Il team di ogni impresa fa di quella una impresa vincente, fa la differenza nella fase di proposizione,  ovvero quando bisogna  trasformare un’idea in un progetto d’impresa strutturato e portarlo al successo.

All’interno della startup bisogna costruire un team multidisciplinare con competenze diversificate e utili  per creare e sviluppare un business. Ad esempio è inutile avere solo progettisti e nessun incaricato al marketing del prodotto: in una impresa i compiti devono esser chiari e separati, anche per evitare sovrapposizioni e incomprensioni.

Nel business plan l’attenzione degli investitori è sempre fortemente focalizzata su questo aspetto. Ma attenzione: è importantissimo che esista sintonia tra i componenti del team, solo così tutti saranno entusiasti di dedicare tempo e sfrzi che di solito nelle startup sono maggiori di quelli in ogni altro incarico: un team capace di infondersi sicurezza ma anche sostenere sacrifici comuni. Come afferma Guy Kawasaki nel suo libro The art of the start 2.0, “Recruit to build, not to fund” ovvero non è sufficiente avere un co-founder solo perché è uno che investe soldi nell’idea di impresa: è importante che condivida la mission di tutto il progetto. Un altro aspetto, ancora sottovalutato nella formazione di un team, è la presenza di persone di genere diverso: una donna ad esempio con una visione cosiddetta soft skill, può portare avanti  interessi della società altrimenti inespressi e fornire  spunti per creare nuovi servizi e obiettivi a medio lungo termine.

UN ESEMPIO DA IMITARE

Jeff Bezos, fondatore di Amazon (attualmente una delle aziende con il fatturato più alto al mondo,  è riuscito nell’intento di modellare  la sua startup portandola da un semplice negozio virtuale di vendita di libri in un colosso della logistica, con una presenza in ogni Paese del mondo. Oggi diventata anche casa di produzione cinematografica è considerato  il nuovo Re Mida, tutto quel che tocca diventa oro, se pensiamo anche alle realtà che Bezos ha incamerato lungo la sua strada, da Whole Foods al Washington Post.  Tra i consigli per giovani startupper, ci sono quelli dei suoi principali collaboratori, come Nadia Shouraboura che con  “non preoccuparsi del denaro” spiega come la qualità del servizio sia la cosa più importante per il successo aziendale. Nel caso di Amazon il mantra si traduce in “spedite tutto il più velocemente possibile; non perdete un singolo ordine”. La maggior parte delle aziende afferma che il cliente è la cosa più importante, ma farà comunque quello che è giusto per l’azienda. Jeff, invece, fa veramente ciò che è giusto per il cliente”.

 

La trasformazione dalla vecchia alla nuova economia non si è ancora conclusa del tutto: alcune professioni sono già obsolete e altre lo saranno nei prossimi anni, sostituite da nuove mansioni legate soprattutto al mondo digitale. Social media manager, Lead generation manager, Storyteller, Data Scientist…  sono queste alcune delle figure già richieste dalle imprese. Oggi all’interno delle aziende mancano ancora alcune di queste professionalità, dovuta al fatto che esiste anche una diffusa ignoranza da parte delle aziende che cercano persone con esperienza sia nel campo di attività specifico sia nel digitale. Professionalità che ancora non esistono e che si possono creare solo utilizzando gli adeguati strumenti formativi. Formazione che si è totalmente trasformata  negli ultimi anni; la formazione “come si faceva una volta”, con il docente in cattedrà in aula e gli studenti dall’altra parte, è destinata a finire. Oggi si studia e si lavora con modalità diverse. Pensiamo ad esempio alla realtà virtuale, che permette di apprendere esperienze in tempo reale, oppure alla formazione esperienziale che, pur non eliminando in toto metodologie e strumenti tradizionali, li utilizza per rendere più solido l’apprendimento aumentando le opportunità di comportamenti tratti dalla  realtà lavorativa, o anche che agli outdoor training, che si svolgono in spazi aperti, nella natura, in luoghi diversi e distanti dalla realtà aziendale. Insomma: un mondo quello delle imprese in continua  ed in esorabile trasformazione.

 

Stefano Pigolotti: “Manager contro Imprenditore”

In un gruppo di lavoro meglio avere sopra di se un manager o un imprenditore, come capo? La domanda può sembrare frivola e anche abbastanza banale, ma non è come può sembrare a prima vista:  infatti le attitudini, le competenze,  le skills  che servono per diventae un buon imprenditore o un buon manager sono estremamente diverse fra loro.

Molte possono essere apprese con l’esperienza, e in alcuni casi un imprenditore può anche essere un ottimo manager e viceversa, ma è bene ricordare che si tratta di due figure completamente diverse, con ruolo e funzioni all’interno dell’azienda completamente diverse.

Abbiamo girato la domanda al docente Stefano Pigolotti, dopo averlo incontrato durante l’intervista con il prof. Novarese dell’Università del Piemonte Orientale, quando ci aveva illustrato l’importanza nella leadership della Teoria dei Nudge” del Premio Nobel per l’Economia Thaler  

“La figura del manager all’interno di un attività imprenditoriale – spiega il prof. Stefano Pigolotti – è una scelta che va valutata on cura, specialmente quando ci rivolgiamo alle PMI italiane, dove la figura dell’imprenditore da sempre è centrale nella vita dell’azienda e ogni variazione all’equilibrio può portare diffidenza e attriti tra i dipendenti.  La diversa esperienza tra le due figure è dovuta al fatto che l’imprenditore gestisce la sua visione lavorativa eseguendola in campo imprenditoriale mentre il manager deve avere la capacità di capire la visione dell’imprenditore con le proprie conoscenze legate alla gestione vera e propria dell’azienda. La spersonalizzazione da parte di una proprietà all’interno di una azienda diventa una grande opportunità dal momento in cui entrano in gioco manager esterni che servono a dare un cambiamento di passo alle aziende dando una nuova visione alla stessa”. 

Quali sono i rischi di acquisire un leader esterno? 

“Il rischio  per i manager  esterni è legato alla possibilità di alimentare incomprensioni con chi ha vissuto finora una filosofia aziendale precisa, fatta di convenzioni non scritte. Questo può comportare attriti  e perdita di efficacia e sostenibilità. Il contrasto tra manager, imprenditore o addirittura dipendenti c’è sempre stato è continuerà ad esserci, soprattutto  quando  quando il manager sbaglia e deve trovare colpevoli o tende a tutelare le proprie scelte L’imprenditore quando commette errori paga regolarmente di propria tasca il suo sbaglio è decide di conseguire un obbiettivo con più impeto della volta precedente. Quindi l’imprenditore è più diretto e il suo potere decisionale aumenta, il manager dovendo tutelare prima la sua professionalità si limita ad avere decisioni meno dirette rispetto l’imprenditore”. 

 

Un sondaggio Eu-Osha conferma che quattro lavoratori su dieci hanno problemi in ufficio con i propri capi. Si tratta di una situazione che può degenerare in stress, e che se non è gestita in modo appropriato può degenerare. Alcuni mesi fa si è svolto il Congresso della Società europea di cardiologia  che ha visto riuniti migliaia di esperti da tutto il mondo. Si è parlato anche del ruolo dello stress nei luoghi di lavoro, e le ultime ricerche hanno confermato come l’ambiente e gli scontri relazionali giochino un ruolo chiave per l’acquirsi di patologie cardiovascolari, non per l’ultimo il rischio di infarto. A nessuna azienda conviene avere i propri dipendenti in mutua per problemi di salute. Dunque se i dirigenti dovrebbero prevenire questa problematica, non fosse altro che ha un costo sociale ed economico che nessuno oggi si può permettere

Come si possono prevenire contrasti tra le parti? 

L’imprenditore in questo casso dovrebbe osare di più nel delegare al manager i compiti che sono utili per l’azienda. Uno dei motivi per cui  un dipendente abbandona il proprio ambiente di lavoro (per stress o malattia)  è proprio il cattivo rapporto con il proprio capo. Per questo il manager deve poter agire per migliorare i rapporti con i propri sottoposti o trovare il modo  di agire con spirito costruttivo, mantenendo sempre la calma, con lo scopo di rendere l’ambiente di lavoro più propositivo e confortevole.

Saper gestire le relazioni: questa è una delle chiavi del benessere in azienda: le relazioni possono rendere estremamente difficile la permanenza sul luogo di lavoro. Sapersi relazionare significa ritrovare una chiave per il successo lavorativo, oltre che per il benessere personale. Il modo migliore per far sì che le cose accadano senza attriti, raggiungendo  obiettivi comuni: solo così le aziende funzionano.   Per ottenere risultati positivi e di conseguenza  acquisire capacità aziendali che portano a raggiungere un equilibrio di filosofia con l’azienda, le decisioni dovrebbero sempre essere dapprima concordate con il proprietario o i proprietari dell’azienda il dialogo che permette di valutare una decisione aiuta a condividere idee imprenditoriali importanti. L’unione tra responsabilità e competenze permette di assumere una leadership imprenditoriale per avere sempre più quote di mercato. Aprirsi  e dialogare poi con i dipendenti  dei problemi che stanno avendo è la chiave per  migliorare il rapporto con loro, invece di aspettare che le cose degenerino: La cosa più conveniente da fare è dedicare un po’ di tempo a settimana per ascoltare, sentire i bisogni, pur mantenendo la tua professionalità: sapersi relazionare non vuol dire essere buonisti, amiconi…  Il ruolo del dirigente richiede pazienza, empatia, carisma, capacità di ascolto e, al contempo, capacità di negoziazione. 

 

 

UNA QUESTIONE DI LEADERSHIP

I bravi manager non per forza sono anche bravi leader, e i bravi leader possono rivelarsi pessimi manager. Questo può accadere in quanto stiamo parlando di due soli diversi tra loro. Anche se possono includere caratteristiche molto simili. La necessità di guidare le capacità umane – e dunque quelle aziendali – hanno portato  Burt Nanus e Warren Bennis (vedi il libro “Leader. Anatomia della leadership. Le 4 chiavi della leadership effettiva”)  ad affermare il seguente aforisma: “i manager fanno le cose nel modo giusto; i leader fanno le cose giuste”. Sono i leader che conquistano nuovi territori inesplorati, che superano ogni ambiente competitivo utilizzando la visione a lungo termine e la strategia la cui realizzazione è affidata ai manager. Il management include la cura dei processi, della pianificazione, del bilancio, della struttura interna e dell’organico. Tutti elementi che favoriscono la continuità operativa di un’impresa: una condizione necessaria per il successo dell’organizzazione. Di conseguenza, nonostante una leadership eccellente, senza il management un’azienda si disintegrerebbe in un caos disorganizzato. Ma il management non va confuso con la leadership; non è il suo compito guidare l’organizzazione verso nuovi orizzonti.

RAGGIUNGERE IL SUCCESSO

Per raggiungere il successo  in qualsivoglia  ambito (personsale o della propria impresa) non basta “saper organizzare bene le cose”  o essere bravi  tecnici. Saper fare è sicuramente utile in molti campi ma qui si richiede di anticipare nuovi bisogni, nuovi mercati e, soprattutto, di saper stimolare gli altri, dai  dipendenti ai collaboratori, dai colleghi ai caposettore – della fondatezza  delle proprie idee, facendo di loro persone entusiaste di quanto stanno per fare. Chi collabora con noi è una risorsa importante: il bravo leader lo sa, e cera di adottare tecniche di successo per guidare gli altri, amministrare se stessi e raggiungere gli obiettivi che che si siano proposti, per se o per la propria impresa.

Nel 1990, il prof. John Kotter, docente di management ad Harvard, affermò che la leadership consiste nel saper affrontare il cambiamento e sviluppare una visione per l’organizzazione anche in periodo tumultuosi. I leader sono inoltre obbligati a comunicare questa visione all’intera azienda e a motivare il gruppo – in specialmodo i manager – in modo da realizzare i cambiamenti richiesti. In ultima analisi è la leadership che detta l’agenda e affida alle persone il potere di generare importanti cambiamenti .

Un buon leader, però, deve anche sfruttare l’incertezza sostenendo con forza la propria visione aziendale, facendo in modo che i collaboratori riferiscano loro quando le cose non vanno nel verso giusto e prendono spesso decisioni difficili su come sviluppare una visione organizzativa in grado di realizzare una visione strategica.

 

 

Long-Term Investors@UniTO

Domani mercoledì 12 luglio 2017, alle 12.00, presso il Salone del Rettorato (Via G. Verdi 8 Torino), il Rettoredell’Università di Torino, Gianmaria Ajani presenterà alla stampa il think tank Long-Term Investors@UniTO(LTI@UniTO), la nuova iniziativa dedicata agli investimenti di medio e lungo termine, realizzata da Unito in collaborazione con alcuni dei maggiori market player del settore.

Interverranno, tra gli altri, i rappresentanti dei fondatori/sponsor:

  • Banca Reale
  • Collegio Carlo Alberto
  • Compagnia di San Paolo
  • Equiter
  • Ersel
  • Fondaco
  • Intesa San Paolo 

Il finanziamento degli investimenti di lungo termine e – di conseguenza – della crescita economica è un obiettivo fondamentale di politica economica ed è al centro dell’agenda di G20, G7; OCSE. La disponibilità futura di tali finanziamenti, anche a causa dell’indebitamento degli stati sovrani, è in dubbio. Soltanto gli Investitori Istituzionali – che investono con un orizzonte di lungo periodo – possono colmare il gap tra tali esigenze di finanziamento e la scarsità di fondi ad esse dedicati,, garantendo al tempo stesso stabilità al sistema finanziario. In questo contesto socio-economico l’Università di Torino, insieme a partner privati, tra cui Collegio Carlo Alberto,  Compagnia di San Paolo,  Equiter, Ersel SpA, Fondaco, Intesa Sanpaolo, Reale Group, ha istituito a Torino il think tank Long-Term Investors@UniTO (LTI@UniTO), che permetterà di affrontare e sviluppare le tematiche legate all’investimento di lungo periodo, attraverso:
–  ricerca,  uso sofisticato di dati, divulgazione e formazione
–  i migliori esperti internazionali nel campo economico-finanziario,  individuati con bandi competitivi

 

Alle ore 16.00 nell’Aula Magna del Rettorato si terrà la presentazione ufficiale di LTI@UniTO con il seguente programma: 

 

16.00 Saluti

Gianmaria Ajani, Rettore Università degli Studi di Torino

Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo

 

16.15 Il think tank Long-Term Investors@UniTO (LTI@UniTO)

Gianmaria Ajani, Rettore Università degli Studi di Torino

 

16.45 Long Term Investors: Opportunità e Sfide

Domenico Siniscalco, Vice Chairman e Country Head Italy, Morgan Stanley

Dario Focarelli , Direttore Generale Research e Regulation, ANIA

Moderatore: Marco Zatterin, La Stampa

 

17.30 Presentazione Partner: tba, Equiter; Guido Giubergia, Ersel Spa; Davide Tinelli, Fondaco; Nicola Fioravanti, Intesa Sanpaolo Vita; Davide Raimondo, Banca Reale

Moderatore: Marco Zatterin, La Stampa

 

18.15 – 18.30 Q&A 

Cyber Security: i reati informatici più diffusi, una questione di consapevolezza

UNIMATICA CONFAPI e API Torino organizzano per l’11 maggio 2017 un convegno che affronterà lo spinoso problema della sicurezza informatica e dei reati connessi: Cyber security. I reati informatici più diffusi, una questione di consapevolezza”.

 

Utilizzando alcuni Case History, i relatori proporranno una visione del fenomeno CYBER SECURITY, illustreranno le principali tipologie di reati di cui le aziende rischiano di essere vittime, oppure inconsapevoli attentatrici; inoltre, si offriranno gli spunti per una giusta consapevolezza dei pericoli e dei rischi, sotto più punti di vista: gli strumenti informatici aziendali, le risorse umane in azienda e l’utilizzo della Rete (il programma completo è disponibile cliccando QUI).

Si tratta di un’opportunità importante offerta agli imprenditori e ai responsabili ICT delle imprese.

Per la partecipazione, occorre aderire all’incontro contattando la Segreteria organizzativa Tel. 011 4513.337 / e-mail: [email protected]

Introduzione: PIEGHEVOLE (PDF)
Programma:  CYBER SECURITY (PDF)

Fonte: www.apito.it/NewsView.aspx?lng=IT&azn=V&cnw=12765&cod=170.004

Diventare imprenditori: corso gratuito

Domani, martedì 15 novembre 2016, dalle ore 16 alle 19 nell’Aula Darwin del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la salute (Via Nizza, 52 – Torino) si terrà la prima lezione del corso gratuito sull’imprenditorialità organizzato dalla Direzione Ricerca e Relazioni internazionali, nell’ambito della Terza missione e voluto dall’Ateneo per fornire a studenti, laureati e dottorandi dell’Università degli Studi di Torino gli strumenti utili a far crescere le attitudini imprenditoriali della comunità universitaria.

La diffusione dello spirito imprenditoriale, fin dal primo anno di studi, costituisce una delle priorità per l’Università, per mantenere e rinforzare il tessuto imprenditoriale che ha forti radici nel nostro territorio e rafforzare un investimento formativo che contribuisce a definire le prospettive occupazionali e di sviluppo economico negli anni futuri.

Per far fronte a questa importante sfida i docenti di diversi Dipartimenti oltre ai propri carichi didattici e istituzionali, metteranno a disposizione degli studenti le proprie competenze per affrontare l’intero iter per la costruzione di un’impresa, dalla  pianificazione-organizzazione del business model e del business plan ai temi giuridici dalle competenze gestionali alle modalità di finanziamento di una start up. Sono previste inoltre testimonianze di imprenditori attivi sul territorio.

Il corso, strutturato in 8 incontri, è gratuito con frequenza obbligatoria ed è suddiviso in una parte generale, più ampia, e in una parte specifica, dedicata alle

dinamiche industriali, professionali, commerciali dei settori economici affini alle Aree scientifiche che caratterizzano il Polo didattico-scientifico di riferimento.

Per favorire la partecipazione a più studenti possibili dei diversi Dipartimenti, nell’arco del 2107 saranno realizzate più edizioni del corso. Ogni edizione si svolgerà presso

un dei Polo didattico-scientifico dell’Ateneo, dedicando l’ultima lezione all’approfondimento delle dinamiche imprenditoriali dei settori produttivi affini al Polo medesimo.

Le lezioni si svolgeranno tutti i martedì fino al 17 gennaio dalle ore 16- 19, presso l’Aula Darwin del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la salute (Via Nizza 52 – Torino).

Info e progamma: http://www.unito.it/universita-e-lavoro/opportunita-ed-esperienze-di-lavoro/studenti-e-laureati/formazione-imprenditorialita

 

Internazionalizzarsi per crescere, come impresa e come sistema

Cuneo ha ospitato oggi la tappa del Roadshow “Italia per le Imprese, con le PMI verso i mercati esteri” organizzato dall’ICE-Agenzia in collaborazione con Confartigianato Imprese – Associazione Artigiani della Provincia di Cuneo, partner territoriale dell’evento.

Questa tappa è esemplificativa del modello produttivo che contraddistingue il nostro sistema economico: alcune grandi realtà e numerose piccole e medie imprese, che creano prodotti di notevole qualità, ma talvolta stentano a superare i confini nazionali.

Queste imprese rappresentano un bacino di grandi potenzialità, che meritano di essere opportunamente messe a frutto, fornendo loro conoscenze, strumenti, sostegni e certezze, per affrontare in modo adeguato e proficuo le sfide dell’internazionalizzazione.

A fornire il saluto di benvenuto è stato Domenico Massimino, Presidente Territoriale Confartigianato Imprese – Associazione Artigiani della Provincia di Cuneo che, con Marcello Gatto, Vicepresidente Vicario Camera di Commercio di Cuneo e Giuseppina De Santis, Assessore alle Attività Produttive Regione Piemonte, ha fornito una panoramica sul territorio e sul ruolo delle istituzioni private e pubbliche.

In una fase come quella attuale, caratterizzata dal difficile e faticoso rilancio della domanda interna, l’idea di fare affari all’estero per gli imprenditori italiani è diventata ormai una strada quasi obbligata, anche per le piccole e medie imprese” ha esordito Massimino.

“Chi decide di operare su altri mercati deve essere ben cosciente fin dal principio che ci si trova di fronte a sfide stimolanti, ma tuttavia complesse. Il processo di internazionalizzazione non si può dunque improvvisare, ma deve essere pianificato con la consulenza di esperti e il supporto di Istituzioni, Enti ed Associazioni che si occupano del settore.”

In conclusione ha ribadito l’importanza di questi incontri: “Il Roadshow rappresenta quindi un momento strategico per l’avvicinamento delle nostre imprese all’export, un’importante opportunità di formazione e di condivisione. Punti di forza di questi momenti sono la grande sinergia e la collaborazione che si vengono a formare tra i vari soggetti coinvolti, per sviluppare progettualità utili a imprese e territorio.”

La sessione tecnica si è quindi aperta con uno sguardo agli scenari internazionali, grazie al contributo di Alessandra Lanza – Partner Prometeia.

L’introduzione e la moderazione degli interventi di ICE-Sace-Simest è stata curata da Carlo Formosa, Direttore Centrale per l’internazionalizzazione del sistema Paese e le autonomie territoriali del MAECI: “Se ci pensiamo bene, in una congiuntura dove, per effetto di vari fattori, osserviamo ridursi molto gli spazi per azioni anticicliche, uno dei pochi ambienti che ha ancora la facoltà di operare in tale direzione è proprio quello delle aziende che decidono di rivolgersi ai mercati esteri”.

Quanto affermato da Carlo Formosa, proviene da una riflessione sulle opportunità che derivano dalla crescente domanda globale.

E’ vero che nel mondo non cessano di proporsi nuovi focolai di crisi e che recenti dinamiche geopolitiche hanno reso problematici gli sbocchi in contesti economici finora stabili e accoglienti. Ma è anche vero che per un mercato che tende a chiudersi, ce n’è sempre un altro che emerge e che si offre alle prospettive di espansione del nostro sistema” ha poi continuato in relazione alla capacità della Farnesina di cogliere in anticipo tali trend attraverso la rete diplomatico-consolare e indirizzare le imprese verso le migliori opportunità di crescita. “Specialmente in questa fase storica è fondamentale che la globalizzazione, così come d’altronde l’innovazione digitale, non siano percepite dalle imprese come una minaccia, ma al contrario come un’opportunità da cogliere, soprattutto attraverso un consapevole percorso verso l’internazionalizzazione”, ha concluso.

Gli strumenti nazionali di supporto all’internazionalizzazione sono stati illustrati da Antonino Laspina – Direttore Ufficio di Coordinamento Marketing ICE-Agenzia con Enrica Del Grosso – Responsabile Piemonte e Liguria – SACE e Carlo De Simone – Area Manager Marketing e Business Development SIMEST.

“Quella di Cuneo è stata la 40esima tappa del Roadshow per l’internazionalizzazione voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale” ha dichiarato Laspina. “La tappa di Cuneo, organizzata ancora una volta in collaborazione con organismi territoriali e di rappresentanza delle imprese, ha visto Confartigianato Cuneo nel ruolo di partner prioritario. Questa tappa ha consentito ad Agenzie come ICE, SACE e SIMEST di comunicare in maniera più diretta con le imprese, fornendo loro aggiornamenti sugli strumenti che il governo mette a disposizione per l’internazionalizzazione; in particolare la sessione pomeridiana ha consentito a circa ottanta imprese di avere incontri individuali che porteranno, in futuro, alla possibilità di usufruire di pacchetti formativi e di servizi da parte degli uffici ICE all’estero.” 

Giulia Marcon – Responsabile Settore Affari Internazionali Regione Piemonte, ha quindi posto l’accento sul ruolo degli enti pubblici sia come guida sia come “ponte” tra Italia ed estero e ha confermato l’impegno a fare rete con tutti gli altri soggetti deputati a questo importante passaggio.

Teo Musso – Titolare Birrificio Baladin ha chiuso i lavori della mattinata con la testimonianza aziendale di successo: pioniere della birra artigianale (il suo birrificio è stato fra quelli che hanno fondato il movimento della birra artigianale in Italia), è stato capace di trasformare una realtà locale fortemente connessa alla produzione agricola in una consolidata attività imprenditoriale che annovera 10.000 clienti diretti e lavora con più di trenta paesi.

Dalle 13.00 alle 18:00, gli imprenditori hanno avuto modo di incontrare i rappresentanti di tutte le organizzazioni presenti, tra cui: Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, SACE, SIMEST, ICE-Agenzia, Unioncamere, Regione, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative, nonché i rappresentanti delle organizzazioni territoriali che collaborano all’iniziativa per identificare strategie di internazionalizzazione su misura per le proprie necessità.

Il Roadshow “Italia per le Imprese, con le PMI verso i mercati esteri” è patrocinato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed è promosso e sostenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico. Oltre all’ICE-Agenzia, a SACE e a SIMEST, l’evento si avvale della collaborazione di Confindustria, Unioncamere e di Rete Imprese Italia.