IL NOSTRO INQUILINO MOLESTA I VICINI? NOI GLI RISOLVIAMO IL CONTRATTO!

Dopo il lockdown, dopo un’estate torrida e con il timore di nuove restrizioni alla nostra vita di relazione ed al nostro lavoro, può capitare che crescano intemperanze tanto all’interno delle famiglie quanto tra coinquilini di uno stesso condominio.

E’ il caso, avvenuto effettivamente, di chi, preso da astio nei confronti del suo vicino di casa, aveva iniziato ad insultarlo, ad affiggere alla porta del suo alloggio cartelli ingiuriosi e ad imbrattare la porta ed il muro. Queste manifestazioni di disistima non sono piaciute  al destinatario delle stesse che ha chiesto al proprietario dell’alloggio abitato dal vicino insolente di intervenire per far sì che cessassero tali azioni poste in essere nei suoi confronti.

Il proprietario dell’alloggio locato al signore un po’ maleducato lo ha citato in giudizio chiedendo che venisse dichiarato risolto il contratto per fatto e colpa del conduttore.

La causa, dopo il primo grado e l’appello, è approdata in Cassazione e la Suprema Corte, con sua ordinanza 20 ottobre 2020 ha stabilito che il comportamento tenuto dall’inquilino costituisce inadempimento contrattuale in quanto concretizza un abuso della cosa locata ed il proprietario dei muri avrebbe dovuto rispondere verso gli altri per fatto proprio se non avesse risolto il contratto.

E’ una sentenza che afferma che nel caso di specie ci troviamo di fronte ad una violazione dell’art. 1587 c.c. che stabilisce che il conduttore deve servirsi della cosa (nel nostro caso dell’immobile locatogli) per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti desumersi dalle circostanze. Fare rientrare nella violazione di questa previsione la maleducazione di un inquilino nei confronti di altri coinquilini ci pare una tesi piuttosto ardua, tuttavia è un precedente che potrà servire a quei proprietari locatori che, a volte, vengono subissati dalle lamentele degli altri abitanti del condominio per atteggiamenti scorretti ed incivili dei propri conduttori.

Avv. Maria Franzetta

Studio Legale Franzetta Dassano

riproduzione riservata

IL NOSTRO INQUILINO MOLESTA I VICINI? NOI GLI RISOLVIAMO IL CONTRATTO!

Dopo il lockdown, dopo un’estate torrida e con il timore di nuove restrizioni alla nostra vita di relazione ed al nostro lavoro, può capitare che crescano intemperanze tanto all’interno delle famiglie quanto tra coinquilini di uno stesso condominio.

E’ il caso, avvenuto effettivamente, di chi, preso da astio nei confronti del suo vicino di casa, aveva iniziato ad insultarlo, ad affiggere alla porta del suo alloggio cartelli ingiuriosi e ad imbrattare la porta ed il muro. Queste manifestazioni di disistima non sono piaciute  al destinatario delle stesse che ha chiesto al proprietario dell’alloggio abitato dal vicino insolente di intervenire per far sì che cessassero tali azioni poste in essere nei suoi confronti.

Il proprietario dell’alloggio locato al signore un po’ maleducato lo ha citato in giudizio chiedendo che venisse dichiarato risolto il contratto per fatto e colpa del conduttore.

La causa, dopo il primo grado e l’appello, è approdata in Cassazione e la Suprema Corte, con sua ordinanza 20 ottobre 2020 ha stabilito che il comportamento tenuto dall’inquilino costituisce inadempimento contrattuale in quanto concretizza un abuso della cosa locata ed il proprietario dei muri avrebbe dovuto rispondere verso gli altri per fatto proprio se non avesse risolto il contratto.

E’ una sentenza che afferma che nel caso di specie ci troviamo di fronte ad una violazione dell’art. 1587 c.c. che stabilisce che il conduttore deve servirsi della cosa (nel nostro caso dell’immobile locatogli) per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti desumersi dalle circostanze. Fare rientrare nella violazione di questa previsione la maleducazione di un inquilino nei confronti di altri coinquilini ci pare una tesi piuttosto ardua, tuttavia è un precedente che potrà servire a quei proprietari locatori che, a volte, vengono subissati dalle lamentele degli altri abitanti del condominio per atteggiamenti scorretti ed incivili dei propri conduttori.

Avv. Maria Franzetta

Studio Legale Franzetta Dassano

riproduzione riservata

Videosorveglianza si o videosorveglianza no contro le intrusioni in alloggio?

Mala tempora currunt! Dicevano i nostri avi in tempi difficili quali quelli attuali in cui affrontiamo una crisi economica mondiale  cui si è aggiunta una crisi sanitaria di dimensioni globali. In situazioni del genere anche l’onestà, la moralità ed il buon costume vengono spesso sovvertiti nell’intento di procurarsi  delle utilità in modo illegale anche violando la privacy e le abitazioni delle persone.

In questa situazione già da diverso tempo vediamo sui muri delle case o sulle recinzioni di giardini dei cartelli con disegnata una videocamera e con la scritta “zona video sorvegliata”, cartelli che stanno ad indicare che nei pressi è attiva una videosorveglianza. Ci  si chiede, tuttavia, se tali videocamere possano essere installate non solo a difesa delle case unifamiliari ma anche a difesa di alloggi privati in condominio.

Il Tribunale di Vicenza, con una sentenza dell’ottobre dello scorso anno ha stabilito che ben si può tutelare la propria abitazione mediante un sistema di videosorveglianza, tuttavia la telecamera deve essere posizionata in modo che “si limiti ad inquadrare le sole aree in proprietà esclusiva di colui che lo colloca, ed escluda pertanto la ripresa di aree condominiali (in assenza di delibera condominiale) e di aree in altrui proprietà”. Qualora, invece, le telecamere dovessero essere sistemate in maniera che anche parti comuni possano rientrare nel loro raggio d’azione, è necessaria la preventiva autorizzazione da parte dell’Assemblea condominiale che dovrà decidere con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 500 millesimi.

La stessa maggioranza si dovrà avere per autorizzare, non più il singolo condomino, ma il Condominio ad installare un sistema di videosorveglianza nelle parti comuni quali il giardino condominiale o, più semplicemente, l’androne condominiale. Nel caso che sia il Condominio ad installare la videosorveglianza sarà obbligo dell’amministratore provvedere a tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa sulla tutela dei dati personali (privacy).

Pertanto, se vi è il timore di intrusioni non desiderate nella propria abitazione, va bene installare le videocamere sul muro del pianerottolo, ma le stesse devono essere posizionate in modo da inquadrare unicamente la porta d’ingresso del singolo alloggio e non anche il restante ballatoio o la rampa di scale che vi accede.

Avv. Maria Franzetta

Studio Legale Franzetta Dassano

Riproduzione riservata

Fruizione del giardino condominiale in tempi di Corona virus

Il giardino condominiale è proprietà comune ed in quanto tale è fruibile  indistintamente da tutti i condomini comproprietari in pari misura ( rilevando la quota condominiale solo ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione del bene).

In linea di massima nei regolamenti condominiali sono previste regole e limiti alla fruizione del giardino condominiale e spetta all’amministratore farli rispettare.

L’emergenza Corona visus ha indubbiamente stravolto tale utilizzo.

In effetti le recenti urgenti misure adottate in situazione di emergenza virus come la chiusura dei parchi pubblici, delle aree giochi, delle riunioni in zone pubbliche e più in generale il divieto di assembramenti di persone e limitazioni di contatto e mantenimento delle distanze, di per sé non sono applicabili ai giardini condominiali.

Non vi è un espresso divieto alla fruizione del giardino condominiale, ma tale fruizione è subordinata al rispetto delle regole di emergenza in vigore.

In teoria è quindi ancora possibile frequentare il giardino condominiale, ma con l’obbligo di mantenersi distanziati ( è comunque consigliata una distanza tra le persone di più di un metro, meglio 4/5 metri di sicurezza) , opportunamente tutelati nella persona (quindi mascherine e guanti), con la ripetuta e costante sanificazione del luogo ( panchine, giochi dei bimbi ecc) da parte dell’amministratore  prima di ogni fruizione.

In pratica si dovrebbe stabilire una turnazione di un bambino per volta in giardino e subito dopo una sanificazione prima del successivo bambino controllato da un solo genitore, con il divieto di trattenersi comunque a lungo in più persone del condominio.

Avv. Marcella Conti

Studio Legale Franzetta Dassano

Riproduzione Riservata

“La botte piena e la moglie ubriaca”

Da qualche tempo anche nel Nord Italia si assiste al proliferare di Terrazze a livello, i cosiddetti Attici, nelle costruzioni signorili. Gli attici sono tipici dell’Italia centro meridionale dove, per la mitezza del clima, corrono meno rischi di danneggiarsi.

E’ tanto bello crogiolarsi al sole mentre si sorseggia una bibita sul terrazzo della propria abitazione all’ultimo piano di un condominio e contemporaneamente godere della vista di un bel panorama quale quello che si può ammirare a Torino dalla terrazza di un amico di chi scrive e da dove sembra di toccare la Mole, i Cappuccini e la Basilica di Superga.

Bello, si. Ma stiamo attenti che ogni medaglia ha due facce, la prima ed il suo verso. La bellezza del panorama, il piacere di prendere il sole sulla terrazza della propria abitazione hanno come contropartita l’obbligo di mantenerla in efficienza quando la terrazza stessa rappresenta la copertura degli alloggi ad essa sottostanti.

Ci troviamo al cospetto di due previsioni di legge in materia di Condominio e precisamente all’art. 1122 ed all’art. 1126 c.c.

L’art. 1122 c.c. prende in esame la situazione che si viene a creare quando delle parti che sono destinate all’uso comune dei condomini siano state attribuite in proprietà o in uso ad uno di essi. Ad esempio, appunto, la terrazza a livello prospiciente l’alloggio dell’ultimo piano cui serve e che è attribuito, di norma, in proprietà.

Ora, secondo quanto stabilisce quella norma, il proprietario o, comunque, chi utilizza in modo esclusivo tale terrazza non vi può fare costruzioni o lavori in genere che rechino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o, anche solo, al decoro architettonico dell’edificio.

Questa norma limita fortemente quella che è l’essenza del diritto di proprietà e cioè l’assolutezza dello stesso, normalmente si dice “è casa mia e faccio quello che mi pare”; ma quando casa nostra è anche una parte importante della casa degli altri condomini, come nel caso che stiamo esaminando, il tetto, allora non si può fare più ciò che si vuole, ma bisogna evitare che ciò che si fa rechi danno agli altri.

Parimenti, l’art. 1126 c.c., sempre nell’ottica che la terrazza a livello, pur essendo di proprietà o di uso esclusivo di un solo condomino, serve da copertura agli alloggi sottostanti stabilisce che le spese per la riparazione o ricostruzione delle stesse vanno suddivise per un terzo a carico del proprietario dell’alloggio cui ineriscono e per i restanti due terzi a carico di tutto l’edificio o della parte di esso cui la terrazza a livello serve.

Proprio relativamente alle spese per la riparazione della terrazza a livello la Corte di Cassazione, con una sua recentissima ordinanza (gennaio 2019), nell’affermare il principio che il proprietario della terrazza è tenuto alla manutenzione della stessa e che le spese vanno suddivise tra egli ed i condomini cui la terrazza serve, ha anche esonerato il proprietario da tale responsabilità nel caso in cui i lavori di riparazione vengano osteggiati dagli altri condomini.

Nel caso di cui si è occupata la Cassazione, il proprietario dell’alloggio cui ineriva la terrazza a livello aveva posto in essere un’attività rivolta al restauro della stessa al fine di impedire infiltrazioni di umidità nell’alloggio sottostante, tuttavia proprio il proprietario dell’alloggio coperto dalla terrazza aveva fatto in modo che tali lavori non proseguissero giungendo a sollecitare dal Comune dei provvedimenti che impedissero l’effettuazione delle opere necessarie alla manutenzione della terrazza stessa.

La Suprema corte ha dato ragione al proprietario della terrazza che si era adoperato per evitare i danni che poi si erano verificati in quanto tale sua diligente attività era stata fermata proprio da chi, poi, ha subito i danni che avevano portato alla vertenza.

La Cassazione ha, infatti, stabilito che tutti i condomini sono tenuti ad effettuare le opere di manutenzione della terrazza a livello secondo quanto stabilito dall’art, 1126 c.c. il proprietario può esimersi dalla responsabilità solo qualora ricorra un caso fortuito, la forza maggiore o la colpa di un terzo che, nel caso che ci occupa è consistita nell’opposizione colpevole del condomino alla diligente attività del proprietario della terrazza.

Avv. Maria Franzetta

Studio Legale Franzetta Dassano

Riproduzione riservata