Istanti d’Italia. Cartier-Bresson a «Camera»

Anno 1932. Henri Cartier-Bresson visita l’Italia per la prima volta. Ha abbandonato da poco l’idea di diventare pittore, ha realizzato alcune fotografie durante un lungo soggiorno in Africa e ha appena comprato una Leica, la macchina che diventerà la sua inseparabile compagna per oltre quarant’anni. Con lui viaggiano il poeta e scrittore André Pieyre de Mandiargues e la pittrice Leonor Fini (protagonista di sorprendenti scatti erotici). Milano, Venezia, Trieste, la Toscana, il Lazio e la Campania: nonostante sia all’inizio della sua carriera, Henri Cartier-Bresson definisce in quel periodo la sua cifra stilistica e alcune tematiche che caratterizzeranno tutta la sua produzione, unendo la vena surrealista a una straordinaria capacità compositiva, che gli permette di cogliere l’istante (“l’essenza della vita può essere catturata in un istante”) e di realizzare immagini in perfetto equilibrio tra realtà e invenzione poetica. In particolare nei paesaggi urbani si nota un processo di geometrizzazione del reale che racconta di un uso mentale della macchina fotografica.

© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Fino al 2 giugno, CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia ospita la mostra «Henri Cartier-Bresson e l’Italia», curata Walter Guadagnini e Clément Chéroux, direttore della Fondation Henri Cartier-Bresson. Un racconto composto da 160 scatti, tra immagini celebri e altre meno conosciute, dai quali emerge non solo il profondo legame tra “l’occhio del secolo” ed il nostro Paese (“visto che l’Italia sembra piacerti moltissimo”, gli scrive Robert Capa nel 1951), ma anche un ritratto socioculturale e umano dell’Italia dagli anni Trenta ai Settanta. Henri Cartier-Bresson frequenta l’Italia da Nord a Sud in più occasioni, sia come corrispondente delle grandi riviste internazionali – da “Life” a “Harper’s Bazaar”, da “Holiday” a “Vogue” – sia su committenza dell’industria, in particolare quella di Adriano Olivetti.

© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Dopo aver fondato l’agenzia Magnum Photos nel 1947, Cartier-Bresson, ormai noto a livello internazionale, torna in Italia. È il 1951. Sulle pagine di “Life” pubblica un lungo servizio che racconta la vita quotidiana in una piazza romana, uno spaccato sorprendente nel quale emerge la capacità del fotografo di cogliere l’aneddoto, l’elemento caratteristico di una situazione banale, e insieme di trasformarlo in una visione più complessa grazie al perfetto dominio degli elementi spaziali che compongono l’immagine. Celebri gli scatti in un Sud modellato sulle pagine di “Cristo si è fermato a Eboli”. Le fotografie rea in Abruzzo, Basilicata e ad Ischia contribuiranno alla formazione dell’immaginario collettivo relativo al Mezzogiorno.

© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Nel 1953 realizza un vero e proprio Grand Tour, che tocca città come Genova, Verona, Venezia, Bologna, Firenze, Siena: il risultato di questo nuovo viaggio si trova soprattutto nelle riviste illustrate che trasformano il Belpaese in un Eden fuori dal tempo, dove la vita delle persone scorre serena in mezzo alle scenografie costituite di monumenti dei centri storici. In realtà la visione di Cartier-Bresson è più complessa; è il tentativo di leggere la natura specifica di un paese e dei suoi abitanti all’interno di uno spazio storico, geografico e culturale più ampio come quello europeo, e non a caso molte di queste immagini faranno parte di “Les Européens” (1955), uno dei suoi volumi più famosi. Oltre alla capacità di interpretare la vita quotidiana delle città e dei loro abitanti, emerge anche l’abilità di ritrattista, immortalando alcuni dei protagonisti della cultura italiana del dopoguerra, da Roberto Rossellini a Luchino Visconti, da Giorgio de Chirico a Pier Paolo Pasolini e Carlo Levi.

© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Nel 1958, si trova a Roma per documentare l’elezione di Papa Giovanni XXIII. L’anno seguente, realizza una serie di scatti nella capitale italiana, concentrandosi anche sulle periferie urbane. Ad inizio degli anni Sessanta si focalizza sul rapporto tra uomo e macchina, documentando l’attività dello stabilimento Olivetti di Pozzuoli e dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco. Nel 1962 si reca in Sardegna per un servizio fotografico commissionato da “Vogue”. Tra il 1971 e il 1972, Cartier-Bresson torna a fotografare il sud Italia, questa volta soffermandosi su Napoli, Palermo e Venezia. Nel 1973, a vent’anni di distanza dal suo primo viaggio in Basilicata, vi fa ritorno per documentare i cambiamenti di quella terra, dove la ruralità si misura con un’industrializzazione sempre più invadente, l’identità locale con l’avanzare della modernità. Sono gli anni che vedono Cartier-Bresson abbandonare progressivamente l’attività fotografica per dedicarsi alla pittura e al disegno. (“La macchina fotografica è per me un album da disegno, lo strumento dell’intuito e della spontaneità”).

www.camera.to

Emanuele Rebuffini

Henri CARTIER-BRESSON. 1972.
France. The Alpes de Haute-Provence ‘department’. Town of Forcalquier.