Ormai i caratteristi al cinema si usano pochino, sono quasi scomparsi, ma negli anni ’70 il cinema italiano ne era pieno. Il caratterista è quell’attore che non ha mai un ruolo di primo piano in un film e interpreta quasi sempre lo stesso tipo di personaggio, quello che più si adatta al suo volto, alla sua fisicità, al suo modo di porsi. Sono state figure fondamentali, capaci di cambiare il ritmo di un film, di fare da spalla al protagonista in scene spesso rimaste indimenticabili. Pensate a Bombolo o a Mario Brega, per dare due nomi che sicuramente avete in mente.
Massimo Sacco è stato il caratterista dei film di Pupi Oggiano e se nè andato troppo presto. Oggiano ha deciso di inserirlo in “Ancora pochi passi“, in cui Sacco interpretava una sorta di Caronte, un aiutante del Diavolo decisamente inquietante, e poi lo ha utilizzato in tutti i successivi film della sua esalogia.
Massimo Sacco è stato un bidello in una scuola che non consiglierei ai vostri figli in “Nel ventre dell’enigma“, è stato di nuovo Caronte e di nuovo il bidello e soprattutto, in “Svanirà per sempre” è stato Frank Murena, un ex rocker maledetto finito in disgrazia. Un personaggio così iconico da travalicare i confini del film e diventare un personaggio (quasi) reale, interprete di un brano che trovate online e volto di una birra che porta il suo nome. Una birra che esiste davvero.
Massimo Sacco (come molti caratteristi nella storia) non era nemmeno un attore. Era il suo volto riconoscibilissimo, era la sua voce roca e biascicata, era il suo corpo affaticato e fiaccato da sfortune e malattie, quelle stesse che alla fine se lo sono portato via a 59 anni.
Massimo Sacco era soprattutto una persona buona, gentile, entusista della vita ed orgogliosissimo del ruolo che Oggiano gli aveva ritagliato. Nonostante le sue difficoltà fisiche era sempre disponibile ad aiutare gli altri, e del resto era una cosa che faceva ogni giorno, andando spesso oltre le sue possibilità.
E poi c’è la storia dell’ultima scena girata da Massimo Sacco nell’esalogia di Pupi Oggiano. Alla fine di “Contro un iceberg di polistirolo” torna il bidello interpretato da Sacco, prende una spugna (che ha un suo significato) e cancella una frase scritta sulla lavagna. Non è una frase qualsiasi, è una frase importante, è una frase manifesto, è una frase che insegna a non aver paura. Quel bidello che cancella la frase con i suoi gesti lenti e pacati, quasi avesse tutto il tempo del mondo (e dell’altro mondo) rappresenta molto, forse rappresenta tutto. E’ un gesto simbolico di un personaggio simbolico nell’ultima scena interpretata nella vita di un attore/caratterista che rimarrà con noi oltre ogni confine.
Salutare definitivamente in questo mondo Macs (con il “cs” finale e non la “x” perchè lui si firmava così) è una pena ed è tremendamente difficile per chi lo ha conosciuto. Il poterlo rivedere all’infinito nei suoi film è una debole consolazione della quale tuttavia non smetteremo di approfittare, perchè in quei film potremo ritrovarlo per sempre, avendo la certezza che nei momenti in cui girava quelle scene (con una terribile e continua paura di sbagliare qualcosa: un movimento, una parola…) era davvero l’uomo più felice del mondo.
Ciao Macs…