Stefano Pigolotti: “Manager contro Imprenditore”

Stefano Pigolotti

In un gruppo di lavoro meglio avere sopra di se un manager o un imprenditore, come capo? La domanda può sembrare frivola e anche abbastanza banale, ma non è come può sembrare a prima vista:  infatti le attitudini, le competenze,  le skills  che servono per diventae un buon imprenditore o un buon manager sono estremamente diverse fra loro.

Molte possono essere apprese con l’esperienza, e in alcuni casi un imprenditore può anche essere un ottimo manager e viceversa, ma è bene ricordare che si tratta di due figure completamente diverse, con ruolo e funzioni all’interno dell’azienda completamente diverse.

Abbiamo girato la domanda al docente Stefano Pigolotti, dopo averlo incontrato durante l’intervista con il prof. Novarese dell’Università del Piemonte Orientale, quando ci aveva illustrato l’importanza nella leadership della Teoria dei Nudge” del Premio Nobel per l’Economia Thaler  

“La figura del manager all’interno di un attività imprenditoriale – spiega il prof. Stefano Pigolotti – è una scelta che va valutata on cura, specialmente quando ci rivolgiamo alle PMI italiane, dove la figura dell’imprenditore da sempre è centrale nella vita dell’azienda e ogni variazione all’equilibrio può portare diffidenza e attriti tra i dipendenti.  La diversa esperienza tra le due figure è dovuta al fatto che l’imprenditore gestisce la sua visione lavorativa eseguendola in campo imprenditoriale mentre il manager deve avere la capacità di capire la visione dell’imprenditore con le proprie conoscenze legate alla gestione vera e propria dell’azienda. La spersonalizzazione da parte di una proprietà all’interno di una azienda diventa una grande opportunità dal momento in cui entrano in gioco manager esterni che servono a dare un cambiamento di passo alle aziende dando una nuova visione alla stessa”. 

Quali sono i rischi di acquisire un leader esterno? 

“Il rischio  per i manager  esterni è legato alla possibilità di alimentare incomprensioni con chi ha vissuto finora una filosofia aziendale precisa, fatta di convenzioni non scritte. Questo può comportare attriti  e perdita di efficacia e sostenibilità. Il contrasto tra manager, imprenditore o addirittura dipendenti c’è sempre stato è continuerà ad esserci, soprattutto  quando  quando il manager sbaglia e deve trovare colpevoli o tende a tutelare le proprie scelte L’imprenditore quando commette errori paga regolarmente di propria tasca il suo sbaglio è decide di conseguire un obbiettivo con più impeto della volta precedente. Quindi l’imprenditore è più diretto e il suo potere decisionale aumenta, il manager dovendo tutelare prima la sua professionalità si limita ad avere decisioni meno dirette rispetto l’imprenditore”. 

 

Un sondaggio Eu-Osha conferma che quattro lavoratori su dieci hanno problemi in ufficio con i propri capi. Si tratta di una situazione che può degenerare in stress, e che se non è gestita in modo appropriato può degenerare. Alcuni mesi fa si è svolto il Congresso della Società europea di cardiologia  che ha visto riuniti migliaia di esperti da tutto il mondo. Si è parlato anche del ruolo dello stress nei luoghi di lavoro, e le ultime ricerche hanno confermato come l’ambiente e gli scontri relazionali giochino un ruolo chiave per l’acquirsi di patologie cardiovascolari, non per l’ultimo il rischio di infarto. A nessuna azienda conviene avere i propri dipendenti in mutua per problemi di salute. Dunque se i dirigenti dovrebbero prevenire questa problematica, non fosse altro che ha un costo sociale ed economico che nessuno oggi si può permettere

Come si possono prevenire contrasti tra le parti? 

L’imprenditore in questo casso dovrebbe osare di più nel delegare al manager i compiti che sono utili per l’azienda. Uno dei motivi per cui  un dipendente abbandona il proprio ambiente di lavoro (per stress o malattia)  è proprio il cattivo rapporto con il proprio capo. Per questo il manager deve poter agire per migliorare i rapporti con i propri sottoposti o trovare il modo  di agire con spirito costruttivo, mantenendo sempre la calma, con lo scopo di rendere l’ambiente di lavoro più propositivo e confortevole.

Saper gestire le relazioni: questa è una delle chiavi del benessere in azienda: le relazioni possono rendere estremamente difficile la permanenza sul luogo di lavoro. Sapersi relazionare significa ritrovare una chiave per il successo lavorativo, oltre che per il benessere personale. Il modo migliore per far sì che le cose accadano senza attriti, raggiungendo  obiettivi comuni: solo così le aziende funzionano.   Per ottenere risultati positivi e di conseguenza  acquisire capacità aziendali che portano a raggiungere un equilibrio di filosofia con l’azienda, le decisioni dovrebbero sempre essere dapprima concordate con il proprietario o i proprietari dell’azienda il dialogo che permette di valutare una decisione aiuta a condividere idee imprenditoriali importanti. L’unione tra responsabilità e competenze permette di assumere una leadership imprenditoriale per avere sempre più quote di mercato. Aprirsi  e dialogare poi con i dipendenti  dei problemi che stanno avendo è la chiave per  migliorare il rapporto con loro, invece di aspettare che le cose degenerino: La cosa più conveniente da fare è dedicare un po’ di tempo a settimana per ascoltare, sentire i bisogni, pur mantenendo la tua professionalità: sapersi relazionare non vuol dire essere buonisti, amiconi…  Il ruolo del dirigente richiede pazienza, empatia, carisma, capacità di ascolto e, al contempo, capacità di negoziazione. 

 

 

UNA QUESTIONE DI LEADERSHIP

I bravi manager non per forza sono anche bravi leader, e i bravi leader possono rivelarsi pessimi manager. Questo può accadere in quanto stiamo parlando di due soli diversi tra loro. Anche se possono includere caratteristiche molto simili. La necessità di guidare le capacità umane – e dunque quelle aziendali – hanno portato  Burt Nanus e Warren Bennis (vedi il libro “Leader. Anatomia della leadership. Le 4 chiavi della leadership effettiva”)  ad affermare il seguente aforisma: “i manager fanno le cose nel modo giusto; i leader fanno le cose giuste”. Sono i leader che conquistano nuovi territori inesplorati, che superano ogni ambiente competitivo utilizzando la visione a lungo termine e la strategia la cui realizzazione è affidata ai manager. Il management include la cura dei processi, della pianificazione, del bilancio, della struttura interna e dell’organico. Tutti elementi che favoriscono la continuità operativa di un’impresa: una condizione necessaria per il successo dell’organizzazione. Di conseguenza, nonostante una leadership eccellente, senza il management un’azienda si disintegrerebbe in un caos disorganizzato. Ma il management non va confuso con la leadership; non è il suo compito guidare l’organizzazione verso nuovi orizzonti.

RAGGIUNGERE IL SUCCESSO

Per raggiungere il successo  in qualsivoglia  ambito (personsale o della propria impresa) non basta “saper organizzare bene le cose”  o essere bravi  tecnici. Saper fare è sicuramente utile in molti campi ma qui si richiede di anticipare nuovi bisogni, nuovi mercati e, soprattutto, di saper stimolare gli altri, dai  dipendenti ai collaboratori, dai colleghi ai caposettore – della fondatezza  delle proprie idee, facendo di loro persone entusiaste di quanto stanno per fare. Chi collabora con noi è una risorsa importante: il bravo leader lo sa, e cera di adottare tecniche di successo per guidare gli altri, amministrare se stessi e raggiungere gli obiettivi che che si siano proposti, per se o per la propria impresa.

Nel 1990, il prof. John Kotter, docente di management ad Harvard, affermò che la leadership consiste nel saper affrontare il cambiamento e sviluppare una visione per l’organizzazione anche in periodo tumultuosi. I leader sono inoltre obbligati a comunicare questa visione all’intera azienda e a motivare il gruppo – in specialmodo i manager – in modo da realizzare i cambiamenti richiesti. In ultima analisi è la leadership che detta l’agenda e affida alle persone il potere di generare importanti cambiamenti .

Un buon leader, però, deve anche sfruttare l’incertezza sostenendo con forza la propria visione aziendale, facendo in modo che i collaboratori riferiscano loro quando le cose non vanno nel verso giusto e prendono spesso decisioni difficili su come sviluppare una visione organizzativa in grado di realizzare una visione strategica.