Nuove norme Ue sugli impianti viticoli

vite La Commissione europea ha pubblicato nuove norme UE relative a un nuovo sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, che consente un’espansione annuale limitata della superficie vitivinicola nell’UE. Come concordato nel quadro della riforma della Politica agricola comune del 2013, il nuovo sistema si applicherà dal 1º gennaio 2016, in sostituzione del regime transitorio relativo ai diritti di impianto.

Recenti studi hanno dimostrato che il consumo totale a livello mondiale continuerà ad aumentare fino al 2025, continuando invece a diminuire in tutta l’Ue. Questa tendenza di mercato mostra quindi che in futuro il settore vitivinicolo dell’Ue sarà sempre più dipendente dalle esportazioni. l nuovo sistema consente la flessibilità necessaria affinché il settore vitivinicolo europeo possa aumentare gradualmente la produzione e far fronte alla crescente domanda mondiale.

Con le nuove norme si confermano le modalità secondo cui gli Stati membri dovrebbero gestire a livello nazionale il sistema di autorizzazioni per gli impianti gratuite e non trasferibili. Esse stabiliscono anche il meccanismo di salvaguardia per nuovi impianti: autorizzazioni limitate a un aumento dell’1% annuo della superficie vitata di uno Stato membro, con possibilità per gli Stati membri di applicare, se debitamente giustificati, limiti all’espansione delle superfici a livello nazionale o regionale, oppure per zone con/senza indicazione geografica. Le norme chiariscono inoltre la transizione dall’attuale regime al nuovo sistema e come i diritti di impianto validi possano essere convertiti in autorizzazioni. I diritti disponibili nella riserva non concessi ai produttori entro la fine del 2015 cesseranno di esistere dopo tale data.

 

Concorso per 80 posti da auditors alla Corte dei conti europea

europa C’è tempo fino al 28 aprile per candidarsi al concorso da auditors alla Corte dei conti europea.

La Corte dei conti europea, con sede a Lussemburgo, svolge audit sulle finanze dell’UE. Il suo compito è migliorare la gestione finanziaria dell’UE, pubblicare relazioni sull’utilizzo dei fondi pubblici e fare in modo che i soldi dei contribuenti dell’UE siano utilizzati nel modo più efficiente.

Per chi ricopre il ruolo di Auditor è previsto un salario mensile base di 4.384,38 euro per 40 ore di lavoro a settimana.

– essere cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea
– avere una laurea almeno triennale (o conseguirla entro il 31 luglio 2015) in un ambito di studio attinente al lavoro da svolgere presso la Corte dei Conti
– oppure avere una qualifica o una formazione professionale equivalente
– avere un’ottima conoscenza (a livello C1) di una delle lingue ufficiali dell’UE e una buona conoscenza di una seconda lingua fra inglese, tedesco o francese.

Potete trovare ulteriori informazioni a questo link:

http://europa.eu/epso/apply/jobs/perm/2015/audit/index_en.htm

La montagna e l’Europa

10405447_10204244979393735_1546375853753744910_nLe zone di montagna sono caratterizzate da enormi sfide, ma al contempo credo che si debba riconoscere anche che esse portano con loro enormi opportunità.

Nell’ambito della conservazione e protezione del territorio, nel campo dello sviluppo sostenibile e dell’uso efficiente delle risorse, nel campo del turismo e della crescita economica, della cultura, della promozione delle nostre eccellenze eno-gastronomiche e dell’agricoltura, è utile ricordare che le montagne, soprattutto in Piemonte, ma anche per l’Europa intera, possono offrire un contributo decisivo per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020.

Anche per questi motivi mi sono messa al lavoro nel Parlamento europeo, fin dalle prime settimane della nuova legislatura, proponendo di creare un Intergruppo sulle zone rurali, di montagna e remote: è stato un lavoro difficile, ma insieme ad altri colleghi provenienti da altri paesi e diversi gruppi politici, siamo riusciti ad ottenere un primo, importante risultato con la costituzione ufficiale dell’Intergruppo. Abbiamo già lanciato le sue attività, pensandolo da un lato come forum di discussione sulle tematiche di interesse e, dall’altro, come strumento per influenzare le scelte politiche del Parlamento e in generale delle istituzioni europee al fine di consentire alle comunità montane e rurali di essere protagoniste e di offrire il proprio contributo per il rilancio della crescita sostenibile in Europa.

Come voi saprete, al momento è in fase di discussione la creazione di una Strategia Macroregionale Alpina. Sarebbe la prima strategia macroregionale non basata sull’acqua, ma sulla terra e le montagne: fino ad ora infatti si è trattato di strategie che vedevano come punto unificante fiumi o mari, mentre oggi finalmente parliamo di una strategia che nasce e si sviluppa attorno alle montagne, in questo caso dell’arco alpino. Diventa quindi fondamentale riuscire a svilupparla nel modo migliore possibile proprio per dimostrare il valore aggiunto che la montagna può apportare allo sviluppo sostenibile dell’intera Unione europea.

Proprio il nostro Intergruppo si occuperà di tematiche legate anche alla strategia macroregionale alpina, come sviluppo rurale, energia e cambiamento climatico, trasporti, turismo e cultura, agroalimentare e enogastronomia. Sono qui anche in qualità di Presidente di questo Intergruppo, per offrire questo luogo come luogo di discussione e confronto tra le realtà locali e territoriali e le istituzioni europee su temi estremamente delicati, ma chiave per il nostro futuro.

Le strategie macroregionali in generale sono un’opportunità unica per superare sfide comuni, in particolare per la Macroregione Alpina esistono sfide enormi tra le quali: protezione dell’ambiente e lotta al cambiamento climatico (pensiamo ai ghiacciai, le zone naturali e protette, le specie animali e vegetali protette), infrastrutture (in particolare quelle dei trasporti), energia con il potenziale per la produzione di energie rinnovabili delle zone di montagna, turismo con il patrimonio naturale e culturale di quest’area e in generale lo sviluppo economico che potrebbe beneficiare di una maggiore e migliore interconnessione tra le diverse regioni coinvolte. Queste sfide possono essere meglio affrontate insieme, in collaborazione, con l’obiettivo di rafforzare la coesione sociale, economica e territoriale della macroregione.

Nella Strategia Alpina, una volta terminata la fase di consultazione, sarà importante continuare a coinvolgere adeguatamente le autorità regionali e locali, nell’ottica di un processo che porti ad una vera ed efficace governance multilivello dove sia assicurata la partecipazione di tutti i livelli di governo, a seconda delle rispettive competenze. Resto sempre fortemente convinta che le autorità regionali e locali, insieme alle comunità montane, debbano essere adeguatamente coinvolte in tutte le fasi dell’elaborazione politica in questi settori.

Ricordiamo che questa iniziativa non prevede nessuna nuova istituzione, nessuna nuova spesa per i cittadini europei, ma solo nuove opportunità: per esempio, potrebbe garantire un migliore coordinamento verso i fondi europei, sia in termini di partecipazione – più competenze, più dialogo, più partenership significa più chance di ottenere fondi diretti – sia in termini di spesa, particolarmente dei fondi indiretti, evitando duplicazioni e sprechi.

Nella nuova Strategia sarà importante considerare la diversità dei territori della macroregione alpina: la catena alpina e le zone di montagna saranno ovviamente al centro della strategia, ma non dimentichiamo che in queste regioni vi sono anche zone periferiche, pianeggianti, caratterizzate da urbanità di diverso tipo tra cui anche importanti città metropolitane (Milano, Torino in Italia), grandi centri produttivi, competenze di alto livello, centri universitari e di ricerca… per questi motivi la strategia dovrà tenere conto delle diverse realtà coinvolte. Non si tratta di una strategia che dovrà essere solamente concentrata sulla montagna e le alpi, che ovviamente saranno al centro…. ma per essere uno strumento che rilanci lo sviluppo sostenibile e rafforzi le regioni nel contesto europeo ed internazionale, questa strategia dovrà tenere conto di tutte le opportunità che essa possiede e sfruttarle al meglio.

Considerando anche la partecipazione di due stati terzi (Svizzera e Liechtenstein), questa strategia macroregionale può essere utile ad approfondire ulteriormente i rapporti e i legami di questi paesi con l’Unione europea, nell’ottica di spingere ad una maggiore integrazione dell’intero continente europeo. Tenuto conto che le sfide di cui abbiamo parlato sopra superano i confini dell’UE e possono essere affrontate solo con un approccio comune, è evidente quanto sia importante coinvolgere adeguatamente anche paesi terzi della macroregione.

Nel nostro paese negli ultimi anni ci sono state delle evoluzioni sul piano della rappresentanza delle comunità montane che in alcuni casi non hanno considerato le particolari condizioni di queste realtà, penso ad esempio al dibattito sul ridimensionamento delle comunità montane: se è vero da un lato che in tempi di crisi tutti siamo chiamati a fare sacrifici, dall’altro non si può dimenticare che questi territori hanno bisogni differenti dal resto del Paese e per questo necessitano di forme di rappresentanza specifiche. A seguito del taglio alle comunità montane è venuto a mancare un sistema di autogoverno della montagna. Potrebbe essere opportuno studiare soluzioni che non comportino spese eccessive per le casse pubbliche, ma che consentano comunque alle comunità montane di avere un ruolo nel governo della montagna.

Credo che il Piemonte sia stato in grado, in passato ma anche recentemente, di ritagliarsi un ruolo da protagonista in Europa, in molti settori: innovazione, turismo, cultura, agroalimentare. Sappiamo che la strada di fronte a noi non sarà facile, perché la competizione è sempre più forte e anche la nostra Regione deve fare i conti con attori diversi, europei e non. Sono convinta tuttavia che ci presentiamo di fronte alle sfide pronti e che, anche grazie al ruolo decisivo delle montagne e delle sue comunità, potremo continuare ad essere motori del cambiamento, dello sviluppo sostenibile e della crescita per il nostro Paese e per l’Europa intera.

Europa e green economy

greeneconomyNei giorni scorsi ho partecipato a Novara ad un convegno su Europa e Green economy dal titolo “Capitale naturale: strategie e fondi europei per la green economy” insieme ad Alberto Reda, la senatrice Elena Ferrara, il senatore Stefano Vaccari e Fabrizio Barini.

Normalmente in Europa si lavora su un tempo di sette anni, ma ad oggi i programmi in campo economico ambientale vanno al 2050, perchè sono tematiche per cui occorre guardare lontano, dandosi però delle tappe nel medio-breve periodo.

L’obiettivo generale dell’Europa è quello, entro il 2050, di riuscire ad avere un economia che sia ambientalmente sostenibile e che quindi non abbia un impatto sull’ambiente insopportabile rispetto alle risorse concretamente disponibili, quindi ricondurre la nostra economia dentro gli schemi della sostenibilità ambientale, che sono ancora in corso di definizione. Il quadro di definizione è quello dell’impronta ecologica, ovvero un indicatore sintetico del peso di una società sulle proprie risorse: una società non dovrebbe mai consumare più delle risorse che l’ambiente le mette a disposizione nell’anno e ogni anno noi vediamo che l’impronta ecologica complessiva dell’Europa è più pesante di quello che dovrebbe essere perché il consumo avviene sempre prima di dicembre. Entro il 2050 dobbiamo rientrare nei parametri, per fare questo occorre cambiare radicalmente la nostra economia e per questo bisogna parlare di green economy.

Molti pensano che la green economy porti a un sistema di vincoli che rende meno competitiva la nostra economia, ma non è così perchè i dati sulla Relazione sullo stato dell’ambiente ci dicono che fra il 2000 e il 2011 le industrie “verdi” sono cresciute di più del 50% e questo è stato l’unico settore in continua crescita anche nel periodo della crisi. Questo dato ci dice che il potenziale di trasformazione dell’economia europea è in marcia e la green economy rappresenta ad oggi il settore dove l’Europa è più avanzata ed ogni Paese ha le sue specialità: l’Italia ad esempio è tra i leader per le bioplastiche e i biocarburanti.

La Commissione europea punta su una serie di settori e il primo è sicuramente quello energetico, ovvero la de-carbonizzazione dell’economia, senza dimenticare l’economia circolare, cioè l’efficienza e il risparmio delle risorse e il pacchetto per applicare concretamente l’economia di circolare dovrebbe essere presentato proprio nel 2015.

Non tutto però brilla di alta qualità, infatti uno dei temi che va ricordato è che nonostante il lungo lavoro fatto sulla biodiversità (in particolare quella marina), la situazione è ancora molto a rischio: il numero di specie che si perdono continua. A livello internazionale una della azioni dell’Unione europea è quella della gestione della governance internazionale sostenibile degli oceani, che è uno dei problemi più complessi, in quanto gli oceani sono un grande patrimonio comune e su questo c’è un lavoro di squadra insieme alle Nazioni Unite per definire regole di tutela degli oceani.

La decarbonizzazione dell’economia è ormai in atto e l’obiettivo molto ambizioso che l’Europa si è dato è quello di ridurre fra l’80 e il 90 % entro il 2050 le emissioni di anidride carbonica. Malgrado i buoni risultati l’aria che respiriamo è di scarsa qualità ed è la prima causa ambientale di decessi prematuri. L’Europa ha messo in moto tutta una serie di strategie e di politiche grazie anche ai fondi europei, ai fondi strutturali e ai cofinanziamenti, ora tocca alle amministrazioni locali, alle imprese e anche ai singoli fare la propria parte. Si tratta di un grosso potenziale per le imprese che vogliono lavorare nel settore e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Alla base ci deve essere un grande lavoro di ricerca e innovazione: ed è quindi chiaro che non bisogna distruggere i nostri centri pensanti, ma incentivarli, bisogna inoltre sburocratizzare le pratiche per fare interventi che contribuiscano ad abbattere l’inquinamento. Io credo inoltre che sarebbe utile introdurre tasse sull’importazione per quei prodotti che sono beneficiati dal dumping sociale ed ambientale.

Stage presso il Mediatore europeo

180px-Mediatore_europeo C’è tempo fino al 30 aprile per presentare la propria candidatura per prendere parte a un tirocinio presso il Mediatore europeo. Il ruolo del Mediatore europeo è quello di indagare sulle denunce contro istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’UE.

Il Mediatore tratta le denunce da parte di cittadini, imprese e organizzazioni dell’UE, contribuendo a scoprire casi di cattiva amministrazione, ovvero casi in cui istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione abbiano infranto la legge, non abbiano rispettato i principi della corretta amministrazione o abbiano violato i diritti umani ad esempio tramite la discriminazione, l’abuso di potere o il ritardo ingiustificato.

Gli stage hanno una durata minima di 4 mesi, ma possono essere estesi, a discrezione del Mediatore, per un periodo generalmente non superiore a 12 mesi. I tirocini inizieranno il 1 settembre

Possono partecipare agli stage i cittadini europei in possesso di una laurea in Giurisprudenza oppure livello avanzato di formazione o ricerca nell’ambito della legislazione dell’Unione europea. Sono previste borse di studio.

Potete trovare ulteriori informazioni a questo link:

http://www.ombudsman.europa.eu/it/atyourservice/recruitment.faces