Pensi troppo al sesso? Sei psicopatico!

La quinta edizione della Bibbia della psichiatria, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) ha dimostrato quello che Foucault aveva definito le pratiche istituzionali della normalizzazione sociale che passano attraverso la medicalizzazione.

Negli ultimi anni il filosofo oltre che profondo storico francese si era concentrato soprattutto sulla rappresentazione e il controllo normativo della sessualità per affermare come le pratiche del potere passassero più sulla policy del quotidiano che per le grandi cariche o patrimoni. E che cosa ci può essere di più basilare e normabile dell’alimentazione o del sesso.

Sta di fatto che una nuova categoria è pronta per essere inserita nella nosologia psichiatrica. Si tratta dei disordini sessuali (o per dirla all’americana, le sexual addictions). Per consolidarla è stata sovvenzionata una ricerca che ha riscontrato nel 54% dei pazienti “ipersessuali” l’insorgenza della patologia prima dei 18 anni, mentre per il 30% la cosa avveniva nelle età del college, dai 18 ai 25 anni.

A che cosa serve sapere questa verità sconvolgente (non hanno fatto la ricerca in Europa, altrimenti le percentuali sarebbero state molto più alte, in quanto buona parte dei miei coetanei di periferia, me compreso, si dava da fare ben prima delle scuole medie): a mettere in atto “procedure di intervento precoce e strategie di prevenzione”.

Hypersexual disorders guru
Un guru dei disordini ipersessuali
Questo arriva dal paese che ha inventato la pornografia, non solo quella dei John Holmes, ma quelle ben più diffuse dei Pigs, American Pie, e così via.

Lo studio si è spinto a definire una tipologia dei tipi di comportamento sessuale che i pazienti ipersessuali riferivano. I più comuni includono masturbazione e uso eccessivo della pornografia (non saprei se hanno quantificato in tempo, pagine, numero di siti, riviste, cinema…), seguiti dal sesso con altri adulti consenzienti e il sesso virtuale (non so se include anche quello telefonico).
Lo studio sottolinea che i pazienti ipersessuali fanno sesso con “commercial sex workers” (chissà se un termine così olimpico avrebbe disarmato anche la senatrice Merlin), hanno rapporti ripetuti o anche con multipli partner anonimi per un valore medio di 15 partner sessuali nell’arco di 12 mesi.
Ricordo un uomo che si era rivolto a me perché aveva indotto la moglie a frequentare locali per scambisti. La signora non era particolarmente propensa ma finì per adattarsi per far felice il marito. Anche dopo un certo tempo lei non aveva problemi pur non apprezzando l’esperienza. I problemi li aveva lui perché, nonostante in privato con la moglie non soffrisse di impotenza potendo vantare prestazioni di tutto rispetto, non riusciva ad avere un’erezione con le compagne di scambio.
La sua domanda di intervento era rivolta, non al timore di impotenza, ma alla modifica della risposta naturale in modo da potere essere all’altezza della situazione di moda.
Ora, i locali per scambisti fanno tendenza e nel mondo degli emancipati a tutti i costi sono out quelli che non li frequentano. Ebbene, come può una società che produce dei modelli di tendenza sessuale da VIP o pervenu tali contemporaneamente inserire quel tipo di comportamenti di prevaricazione culturale della risposta naturale fra le patologie dei sistemi di controllo della stessa cultura sociale e antropologica?