Da secoli si usa la password dell'Amore per veicolare e rendere attraenti testi poetici e musicali che, senza quella componente, verrebbero altrimenti ignorati. Quelli che come il sottoscritto non li ascoltano più trovandoli “amabili parole vuote e stupide” finiscono poi con il perdersi testi come questo “L'essenziale” di Roberto Casalino reso celebre dalla vittoria a Sanremo con l'esecuzione di Marco Mengoni, il quale, debitamente sfrondato da quei due o tre riferimenti, diventa subito un manifesto di etica della sostenibilità. L'avremo sentito decine se non centinaia di volte, ma provando a leggerlo così sembra tutt'altra cosa, vero?
«Sostengono gli eroi “se il gioco si fa duro, è da giocare!” Beati loro poi se scambiano le offese con il bene. Succede anche a noi di far la guerra e ambire poi alla pace e nel silenzio annullare ogni singolo dolore. Per apprezzare quello che non abbiamo saputo scegliere. Non accetterò un altro errore di valutazione in grado di celarsi dietro amabili parole prima che fossero vuote e stupide. Mentre il mondo cade a pezzi io compongo nuovi spazi e desideri, mi allontano dagli eccessi e dalle cattive abitudini: tornerò all'origine, che è per me l'essenziale»
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Uno studio condotto dalla facoltà di psicologia e scienze dell'educazione dell'Università di Lovanio è stato il primo ad occuparsi degli effetti del Mindfulness in un campione decisamente significativo di popolazione: gli studenti delle scuole secondarie.
C'è intanto da notare quanto siano lontani i programmi scolastici del Belgio e più in generale degli stati del Nord-Europa continentale dalle nostre scuole secondarie. Da noi non sono così diffuse le conoscenze di tecniche e metodiche più attuali come il Mindfulness e meno che mai fra chi si occupa dei programmi scolastici. Qualcuno potrebbe obiettare che nei paesi mediterranei la popolazione giovanile è meno soggetta alla depressione, forse perché è più interessata a Balotelli o a Belen, ma purtroppo le cose non stanno in questi termini. Di fatto, l'età giovanile e quella adolescenziale ancor di più sono fra quelle più soggette a fenomeni decisamente sottovalutati dall'ideologia degli adulti di disorientamento con nevrosi depressive spesso concomitanti con una situazione di più generale anomia generazionale.
Bisogna sempre distinguere fra due ordini di grandezza della “cosiddetta depressione“. A suo tempo ci si riferiva alla depressione quando si parlava dell'originaria melancolia, ovvero gli effetti dell'umore definito dagli ippocratici come, appunto, “bile nera”. Fra gli studi più vicini a noi, quello di Binswanger la qualifica come una patologia legata alla percezione del tempo e della sua irrimediabilità (da questo i correlati vissuti di colpa), con conseguente percezione di essere bloccati, paralizzati in un “non-momento” in cui tutto è già avvenuto. Fortunatamente questa condizione qualificata fra quelle psicotiche non è così comune come invece quella che più diffusamente viene definita come depressione dai più, ovvero uno squilibrio dell'umore e della conseguente percezione di sé, soprattutto in relazione al contesto sociale. Di fatto il trattamento di queste forme di ansia depressiva viene condotto con soluzioni farmacologiche che stanno diventando, nel bene come nel male, le “vitamine” della nostra epoca.
Come dicevamo, esistono almeno due approcci al fenomeno, in particolare nell'età giovanile: quello terapeutico in senso stretto, ovvero l'intervento a fronte di una diagnosi psicopatologica, e quello propedeutico o educativo. Un tempo molto di questa educazione alla vita veniva demandata ai rapporti con la famiglia, in particolare a quelli con i nonni, ma ancor di più ai contesti religiosi e talora scolastici. Oggi, nell'epoca della presunta efficienza, tutti questi spazi sono stati erosi a vantaggio dei media (dalla televisione, al cellulare, ai videogiochi…) che il più delle volte, al contrario, funzionano come cassa di risonanza dell'alienazione e del disagio.
Non è un caso che il Mindfulness altro non sia che l'occidentalizzazione di metodi orientali di natura spirituale: essenzialmente la meditazione. Questo fenomeno si ripete periodicamente quanto meno da Ignazio di Loyola (progenitore della scuola gesuitica che ha portato fino al nostro attuale Papa) fino alla Meditazione Trascendentale e, appunto, il Mindfulness di estrazione cognitivista.
Quest'ultimo è una forma di terapia meditativa focalizzata sull'”esercizio dell'attenzione”. La depressione è spesso radicata in una spirale di sentimenti negativi e preoccupazioni e nel momento in cui si impara a riconoscere più velocemente questi sentimenti e pensieri si è in grado di intervenire prima che questi si radichino.
Anche se la Mindfulness è già stata ampiamente collaudata in pazienti affetti da depressione, questa è la prima volta che il metodo è stato studiato in un ampio gruppo di adolescenti in una scuola primaria o secondaria con metodi scientifici. Lo studio è stato effettuato in cinque scuole medie nelle Fiandre, in Belgio. Circa 400 studenti di età compresa tra 13 e 20 vi hanno preso parte. Gli studenti sono stati divisi in un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo. Il gruppo sperimentale ha ricevuto una formazione al Mindfulness, mentre quello di controllo non ha ricevuto alcuna formazione. Prima dello studio, entrambi i gruppi hanno compilato un questionario con domande indicative dei sintomi della depressione, di stress o ansia. Entrambi i gruppi hanno completato il questionario di nuovo subito dopo l'allenamento, e poi una terza volta sei mesi dopo.
Prima dell'inizio della formazione, sia il gruppo di test (21%) che quello di controllo (24%) aveva una percentuale simile di studenti con sintomi depressivi. Dopo la formazione al Mindfulness, quel numero era significativamente più bassa nel gruppo di controllo: 15% contro il 27% nel gruppo di controllo. Questa differenza persisteva sei mesi dopo la formazione: il 16% del gruppo sperimentale rispetto al 31% di quello di controllo continuava a riportare evidenze di depressione. I risultati suggeriscono che la Mindfulness può portare ad una diminuzione dei sintomi associati alla depressione e che contemporaneamente protegge dal successivo sviluppo di sintomi associabili alla depressione.
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La quinta edizione della Bibbia della psichiatria, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) ha dimostrato quello che Foucault aveva definito le pratiche istituzionali della normalizzazione sociale che passano attraverso la medicalizzazione.
Negli ultimi anni il filosofo oltre che profondo storico francese si era concentrato soprattutto sulla rappresentazione e il controllo normativo della sessualità per affermare come le pratiche del potere passassero più sulla policy del quotidiano che per le grandi cariche o patrimoni. E che cosa ci può essere di più basilare e normabile dell’alimentazione o del sesso.
Sta di fatto che una nuova categoria è pronta per essere inserita nella nosologia psichiatrica. Si tratta dei disordini sessuali (o per dirla all’americana, le sexual addictions). Per consolidarla è stata sovvenzionata una ricerca che ha riscontrato nel 54% dei pazienti “ipersessuali” l’insorgenza della patologia prima dei 18 anni, mentre per il 30% la cosa avveniva nelle età del college, dai 18 ai 25 anni.
A che cosa serve sapere questa verità sconvolgente (non hanno fatto la ricerca in Europa, altrimenti le percentuali sarebbero state molto più alte, in quanto buona parte dei miei coetanei di periferia, me compreso, si dava da fare ben prima delle scuole medie): a mettere in atto “procedure di intervento precoce e strategie di prevenzione”.
Un guru dei disordini ipersessuali
Le convenzioni sociali hanno un valore superiore alla logica se una sapiente stretta di mano può essere sufficiente a farsi prestare dei soldi. Un sotterfugio noto agli ipnotizzatori che modulano sulla levitazione della mano le loro tecniche di induzione.
Ipnosi: la levitazione della mano
Florin Dolcos che, oltre ad essere membro del Beckman di Neuroscienze Cognitive di gruppo, è a capo del Laboratorio Dolcos per gli studi sull’affettività e la cognizione, spiega: «Abbiamo scoperto che la stretta di mano non solo aumenta l’effetto positivo verso una interazione favorevole, ma diminuisce anche l’impatto di una impressione negativa. Molte delle nostre interazioni sociali possono andare male per un motivo o un altro, e farle precedere da una semplice stretta di mano ci può dare una spinta in più e attenuare l’impatto negativo di eventuali malintesi».
I risultati della ricerca «hanno mostrato una maggiore sensibilità dell’amigdala e del solco temporale superiore nelle situazioni di avvicinamento che nelle condotte di evitamento legate ad una valutazione positiva del comportamento di approccio e un impatto positivo della stretta di mano». Hanno mostrato una maggiore attività del nucleo accumbens, che è una regione deputata all’elaborazione delle esperienze premianti, nelle situazioni accompagnate dalla stretta di mano che in quelle che ne sono prive.
Dolcos ha aggiunto che non basta un qualsiasi stretta di mano per condurre a sentimenti positivi, ma un modo particolare di una stretta di mano, come ad esempio la stretta di mano cordiale di una ditta, fiducioso, come è spesso pubblicizzato nelle buone consuetudini commerciali.
Nei primi anni ’70 in un indimenticabile spettacolo intitolato Anche per oggi non si vola, Giorgio Gaber aveva presentato un brano sulla stretta di mano intitolato, appunto, Le Mani che personalmente trovo più interessante delle pur importanti per i neuro-cognitivisti conferme fisiologiche.
So che avrei potuto intitolare questo pezzo “Larga è la foglia, stretta la via”, ma le metafore e le poesie non vanno più di moda. Se non sei esplicito, non ti capiscono. Se non usi parole che pesano, e più pesanti sono meglio è, non hai argomenti. Così, visto che il tema è quanto mai esplicito possiamo anche chiamarlo con il suo nome.
“Fare ha chi ce l’ha più lungo” è una frase che ha il soggetto implicito: ovviamente si tratta del pene, altresì detto fallo, membro, pisello, uccello, pesce, minchia, nerchia, ciddone, belino, banana, capitone, fravaglio, fava, anguilla, pitone, merlo, pirla, pistola, biscottino, manubrio, bigolo, piciu, bindolun, pingone, pinga, bischero, ciccio, batocchio, manico, fino a “sventrapapere”… solo per limitarsi ad alcuni dei più usati.
Sulle dimensioni del fallo si sono impalate intere generazioni di sportivi alla prova della doccia; altrettante si sono date uno scopo nella vita,ma non è stato sempre lo stesso per tutti.
Ci sono poi questioni etnologiche a spiegare che talune razze sono più dotate e altre meno. Le cose andavano bene fino a che non siamo diventati il mercato del villaggio globale di cui parla McLuhan anche sulla merceologia anatomica. E non sto parlando del fenomeno pornografico su Internet, che dalla sua ha almeno il fatto di essere esplicito e di rendere tutta la materia meno mistica di quanto raccontata nei vari bar sport dello stivale, ma soprattutto della televisione, dei cinema e dei media più popolari in genere.
Se vogliamo scoprire la vera volgarità (dalla radice “volgo”, popolàno) in materia anatomica dobbiamo rivolgerci a quelle trasmissioni, e c’è solo l’imbarazzo della scelta, che dietro la parvenza della leggerezza e del gioco instillano una vera e propria ideologia di costumi nella massa di tutti e tre i sessi. Dietro questa apparente leggerezza esiste una vera e propria discriminazione basata su stereotipi che un tempo venivano, forse minimizzando, messi moralmente in discussione, mentre oggi sono diventate leggi, misure sociali.
Pensiamo ai reality show, ma anche ai telefilm. Per fare alcuni esempi potremmo citare la fiera del bestiame di “Ciao Darwin”, o la latrina di stereotipi di “La Pupa e il Secchione”, o l’Università di maitressologia di “Sex and the City”, o la luogocomunologia di “Californication”.
Le vie della “movida” di tutte le città sono doposcuola di questi corsi di formazione a distanza su come gira il mondo e sui “veri” valori della vita. Nei bagni di molte discoteche la privacy e il pudore sono obsolete e dibattiti e pesature merceologiche sono all’ordine del giorno e della notte.