Tra segno e silenzio. Irma Blank a Miradolo

«Tutta la mia ricerca visiva non è una ricerca sulla scrittura in senso stretto o sulla sua origine. La scrittura è un medium per fare un’analisi sull’io, sul rapporto fra me e te e sul senso sociale». Le ricerche poetiche di Irma Blank, in oltre cinquant’anni di lavoro, sono state un tentativo costante di liberare la scrittura dalla schiavitù del senso, trasformandola in segno e quindi conferendole dignità di autonomia di significato. A questa grande artista, scomparsa da pochi mesi e per troppo tempo scarsamente considerata (prese parte alla Biennale di Venezia solo nel 2017), la Fondazione Cosso dedica la mostra «Tra segno e silenzio», ospitata al Castello di Miradolo dal fino al 26 novembre.

Irma Blank, UR – BUCH ovvero Romanzo Blu 1997 Libro, Torino Collezione Maffei

Curata da Roberto Galimberti, con il coordinamento di Paola Eynard, la mostra presenta venti opere, tra cui sette mai esposte prima d’ora, provenienti da importanti collezioni private e grazie alla collaborazione con la Galleria P420 di Bologna.

Irma Blank nel suo studio, Milano, 1977 (photo Maria Mulas)

Tre i nuclei tematici che dialogano con le sale storiche del castello: le opere, realizzate con tecniche differenti; tre libri d’artista, tra cui UR-BUCH Romanzo Blu, un corpo di fogli di carta velina blu «che rimanda a tutto l’inchiostro versato nei secoli e apre all’immensità degli spazi, all’infinito» e la documentazione fotografica e video.

Irma Blank nasce nel 1934 nel nord della Germania, dove vive fino al 1955 quando, con il marito italiano, si trasferisce in Sicilia e poi, nel 1973, a Milano, dove diventa insegnante d’arte al liceo artistico. A Milano farà ritorno negli anni Novanta, e qui si spegnerà nel 2023.

In mostra troviamo opere della sua prima serie astratta, gli Eigenschriften (1968-1973), pagine e pagine coperte di piccoli segni, microsegni, frammenti di alfabeti immaginari che danno vita a una sorta di scritti o diari illeggibili; le Trascrizioni (1973-1979); i Radical Writings (1983-1996) dove entra in scena il blu, il colore dell’inchiostro e dell’infinito; quindi le serie Hyper-Text (1998-2002), Avant-Testo (1998-2006) e Global Writings (2000-2016).

Una scrittura asemantica, quella di Irma Blank, che è, insieme, uno specchio interiore e un aprirsi al mondo. Ascolto e silenzio, segno e tempo. Ciò che cambia negli anni e tra i diversi cicli di lavori è il carattere e l’intensità di questo rapporto che si gioca su differenti superfici (carte, fogli, tele, libri) e utilizzando diversi strumenti (inchiostro, china, penna biro, pastello, acquerello, acrilico).

L’esposizione è accompagnata da un’inedita installazione sonora dedicata al Concerto in re maggiore per pianoforte e orchestra “per la mano sinistra” di Maurice Ravel che si sviluppa lungo il percorso espositivo. Il Concerto fu commissionato al compositore dal pianista austriaco Paul Wittgenstein, fratello del filosofo Ludwig, che perse il braccio destro nella Prima Guerra Mondiale e che lo eseguì, per la prima volta, a Vienna nel 1931. Infatti, a causa di un problema di salute nel 2016 che le ha immobilizzato la parte destra del corpo, Irma Blank ha dovuto imparare a disegnare con la mano sinistra e questo l’ha portata a lavorare alla serie Gehen, Second life. “Gehen” in tedesco significa “andare avanti”, perché «siamo sempre dentro il nostro fare, nel tempo» e «come sempre succede c’è prima una mancanza, una sofferenza, e da lì nasce il gesto creativo».

Con il suo percorso artistico intimo e coerente, Irma Blank ha dimostrato che «c’è ancora modo di trovare strade nuove, di trovare trasparenze nel “troppo pieno”, silenzio nel troppo rumore, per riappropriarci della semplicità della bellezza» (Paola Eynard).

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Emanuele Rebuffini