Le “poesie materializzate” di Jason Dodge alla Galleria Franco Noero

Fino al 5 maggio la Galleria Franco Noero ospita, nella sede di via Mottalciata 10/B, la mostra personale dell’artista americano Jason Dodge (Newton, 1969). Un percorso tra 22 opere scultoree e installazioni che si ripetono ma con una differente configurazione nei tre ambienti in cui si articola la galleria, quasi fossero mani di carte dello stesso mazzo. Significati, valori e letture cambiano, si ripetono e si combinano.

Opere realizzate con oggetti di uso quotidiano, fatte di cose esistenti: cappotti, computer, tavoli, luci, coperte, sedie, aspirapolvere che contengono al loro interno frammenti di rocce. E poi scarpe pensate per qualcuno che ha tre piedi, grandi cesti realizzati da un cestaio cieco, porte che mettono in comunicazione gli spazi della galleria e che dovrebbero permettere il passaggio di animali selvatici. Evocano situazioni che non vediamo con chiarezza. Non devono essere decifrate, non forniscono indicazioni di tipo concettuale, piuttosto Jason Dodge cerca di costruire dispositivi che servano a decifrare il mondo e a decifrare noi stessi, le emozioni, i ricordi e le sensazioni che questi oggetti ci fanno provare o riprovare. Un’arte che vuole fotografare il mondo, un’arte che guarda e racconta le cose in modo non didascalico ma attraverso accostamenti non immediati, insoliti, spiazzanti.

Jason Dodge è un artista eclettico, molto interessato ai testi e alle forme letterarie (è il fondatore della casa editrice Fivehundred Places, che pubblica libri di poesie), i suoi lavori scultorei possono essere visti come “poesie materializzate” che parlano di assenza, presenza, distanza, percezione tattile e visiva, memoria, ricordo, parola. Oscillano tra la“presenza dell’assenza e l’assenza della presenza”. E come le poesie richiedono al lettore/spettatore di essere presente e di guardare in se stessi, sono veicoli di significato. Leggendo una poesia o una scultura, qualcosa di nuovo accade: “non è ciò che qualcosa significa che è importante, è come qualcosa significa”.

E anche laddove Jason Dodge utilizza detriti raccolti in tutto il mondo, ovvero “le cose che cadono da noi mentre siamo impegnati a vivere”, oggetti ricordati, comprati e consumati, ciò che interessa non è tanto la critica alla società dei consumi bensì una tensione emotiva, un’attenzione ad aspetti più intimi e personali, i ricordi e le storie che gli oggetti perduti o dimenticati si portano dietro.

Jason Dodge ha partecipato alla Biennale di Venezia del 2013 e prossimamente gli sarà dedicata una mostra personale al Neubauer Collegium di Chicago.

http://www.franconoero.com

Emanuele Rebuffini