«La Bellezza Ritrovata» della Fibert Art in mostra a Chieri

Quarantasette opere di 35 artisti, che evidenziano lo spirito pionieristico e originale del processo di riuso nella Fiber Art.

Fino al 15 settembre, l’Imbiancheria del Vajro di Chieri ospita la mostra «La Bellezza Ritrovata», quarto appuntamento del progetto «RestART!», il cui obiettivo è raccontare, attraverso cinque mostre nell’arco di due anni, la preziosa Collezione Civica di Fiber Art del Comune di Chieri, “Trame d’Autore”, oltre 300 opere realizzate da artisti di tutto il mondo, un patrimonio di valore e di rilevanza internazionale.

L’Imbiancheria del Vajro è uno dei più antichi edifici industriali di Chieri, risalente al XVI secolo, quando qui si insediarono le prime lavorazioni tessili: recuperata grazie al contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo, è divenuta sede di un museo ‘relazionale’ incentrato sul patrimonio della Fiber Art, ospitando mostre temporanee ed eventi collaterali, attività educative, nonché la rassegna “Tramanda” e tutte le iniziative ad essa collegate.

Spiega Silvana Nota, critica d’arte e direttrice artistica del progetto RestART!: «Precorrendo i tempi gli artisti, nella loro visione aperta e in anticipo sulla propria epoca, hanno da sempre espresso attenzione agli oggetti abbandonati, dimenticati o spesso considerati insignificanti. Ma è con il nascere delle avanguardie storiche del primo Novecento che questo interesse diventa un contenuto forte, declinato nei più eterogenei linguaggi e significati, rielaborati e trasformati in oltre 120 anni di storia dell’arte. Per la Fiber Art, in modo particolare, la sensibilità verso il recupero di materiali dismessi si presenta come un elemento connaturato, estrinsecato in un’infinita gamma di variabili e variazioni che riassumono, e al contempo travalicano, i concetti divenuti ormai classici e noti anche al grande pubblico: gli Object trouvé, oggetti trovati per caso e utilizzati come materiale espressivo, altri invece ascrivibili al ready made, elementi destinati ad usi diversi, mutuati, decontestualizzati e assurti a opera tout court, o ancora pezzi di uso quotidiano trasformati in assemblages. I fiber artist, utilizzando il telaio con un concetto non convenzionale, oppure sperimentando senza limiti l’off loom e il mixed media, hanno apportato dalle origini degli Anni Sessanta ad oggi una visione ancora maggiormente estesa, che sembra fluire da un atteggiamento di abituale sensibilità all’osservazione di ciò che ci circonda attraverso uno sguardo attento alle sfumature, ai dettagli, alle piccole e grandi cose abbandonate al loro destino, e invece utili ad una particolare poetica basata su una comunicazione visiva libera da regole e da medium espressivi omologati. La mostra, attraverso una selezione di opere della collezione Trame d’Autore, intende evidenziare lo spirito pionieristico e originale del processo di riuso nella Fiber Art, che si apre su innumerevoli strade di lettura e fruizione. Un solo filo conduttore e tanti temi, attraverso un multiforme susseguirsi di visioni: dalla Recycling Art, ai Combines di materiali apparentemente incompatibili tra loro, dalle morbidezze dei fogli per imballaggio alle lamiere intrecciate a fili colorati, dai detriti lasciati dal mare ricomposti in magnifiche sculture aeree per arrivare a soluzioni quasi impensabili di Soft Sculpture che si abbarbicano duttili sulle superfici nelle quali vengono appoggiate. Nel percorso proposto in sintonia con la mission del Museo Relazionale, si incontrano dialoghi che si interfacciano con la pittura, la SprayArt, le voci narranti, l’Arte Partecipatal’Installazione Collettiva Aperta “L’arte moltiplica l’arte”, un concatenarsi di artisti che si collegano allo spirito di un piccolo seme d’acero e il suo viaggio nel vento che lo porterà nel mondo. L’itinerario propone, inoltre, tre focus site specific, cioè spazi appositamente pensati da altrettante artiste per questa esposizione all’Imbiancheria-Museo Relazionale, e una sezione tematica di Libri Tessili d’Artista. Ancora una volta la Fiber Art riesce a sorprendere, incuriosire e a colmare quel vuoto muto dell’usa e getta sostituito da gesti che rivalorizzano, impreziosiscono, riportano a nuova luce e vita donando bellezza».

 

Attraversando gli spazi dell’Imbiancheria del Vajro, i cui ambienti di archeologia industriale accolgono la mostra immersa nello spirito di un luogo che racconta di antiche sapienze lavorative tessili e di una innovativa destinazione di riuso, l’itinerario della mostra si sviluppa lungo un susseguirsi di opere che variano costantemente per linguaggio formale e processo teorico.

Imbiancheria del Vajro (Credits Maria Elena Delia)

Un reticolo di idee e di fili che scuotono dalla staticità e invitano a costanti cambiamenti di percezione visuale ed emotiva. Ne sono di esempio i tre site specific: vaporosa e sognante l’installazione di Teresa Musolino realizzata con materiali d’imballaggio e avanzi di nastri e  merletti ci riporta con adesione storica ai complessi abiti tra Seicento e Settecento, esprimendo la volontà di sottolineare come la bellezza possa scaturire da qualsiasi materiale, e in ogni epoca.  Erika Dardano, collegandosi all’Opera Aperta-l’Arte moltiplica l’Arte, racconta l’amore e la gratitudine per Nublado, il suo cavallo salvato da una storia che oggi è invece gioia, cercato e trovato nel vento anche inconsciamente: correndo con la sua moto e dipingendo con le bombolette il suono degli zoccoli sui cofani delle auto rottamate e recuperate dagli sfasciacarrozze,  allegoricamente impresso con l’araba fenice spryata su un serbatoio dal quale fuoriescono fili con intrecci di paracadute e per rotoballe di fieno. Sempre in collegamento con “L’Arte Moltiplica l’Arte”, Raffaella Brusaglino coinvolge nella sua installazione la letteratura, il teatro, la voce narrante intorno ad un personaggio striato di echi Pop Surrealist /Surrealismo magico, che si “scuce” dal quadro nel quale è inserito e si proietta verso una nuova libertà. Gli fanno da cornice elementi recuperati e assemblati da un profondo dialogo. L’opera è inoltre fruibile in relazione al libro d’artista da cui è scaturito il site specifc stesso.

Altri libri d’artista, tessili nello specifico, creano una zona nella quale è possibile scoprire il libro, le parole e la scrittura, in una veste che infrange gli schemi dell’editoria tradizionale e conduce in mondi totalmente sperimentali coniugati con eterogenei linguaggi. Scopriamo in questa sezione il meraviglioso mondo ascrivibile all’illustrazione e  alla fiaba di Daniela Pitton, i Libri poetici con inserti di elementi boschivi di Gina Morandini, il Libro morbido di Domenico Zanello  con scritture impresse su stoffe ossidate simili al passare del tempo e i suoi mutamenti, o ancora il Libro scultura di fili ramati e calcografia della “maniera a zucchero” di Paki Paola Bernardi. Le parole volano nel vento fuoriuscendo dalla scultura di Fabio Celestre  che ci parla dei nuovi mezzi di comunicazione, capaci di collegarci al mondo ma il cui rischio è la perdita del rapporto umano diretto e vero, tra le persone.

Espressamente realizzato per l’evento “Tramanda” il libro di Raffaella Baldassarre, pagine di bellezza dedicate alle emozioni, quelle che non si vedono ma palpitano nel profondo dell’interiorità, intende rendere omaggio a milioni di persone che non trovano voce. Come le parole nascoste dentro l’installazione tattile a muro di Isabella Paris, un lavoro mobile, colorato come il costume di un giullare medievale, pensato per bucare la parete e le dimensioni con spirito interattivo, forme che possono essere toccate e al cui interno vi sono carte di giornali. Su un vecchio lenzuolo di cotone, nel quale interviene con stampe laser e altri materiali, Margherita Fergnachino si interroga sugli sbarchi e l’inferno vissuto da persone non colpevoli, nella speranza di un nuovo cammino di luce, quello di cui dovrebbe avere diritto ogni essere umano. Un trait d’union che sembra idealmente collegarsi al Libro di parole che dovrebbero aiutarci nel quotidiano di Raffaella Simone, al cui centro vi è il concetto di empatia, di accoglienza, di multiculturalismo e amore per il nostro pianeta.

La calcografia ibridata al tessile, sulla quale scorrono testi letterari di autori diversi, diventano pagine del libro dell’incisora Elisabetta Viarengo Miniotti che ha scelto l’allegoria di un giardino per far fiorire con segni grafici parole di poeti e di memorie.  Un soave Libro/spartito di Clotilde Ceriana Mayneri trasporta l’immaginazione nella poesia pura. Leggeri tocchi cromatici, tessuto di canapa evanescente, impronte digitali e un legnetto di allure vivaldiana compongono scritture di rarefatta impalpabilità.

Un alfabeto tessile, tra musica e parole, è protagonista dell’arazzo/quilt non convenzionale di Margit Kupsch (Germania), creato con sacchetti riciclati e trasformati in una pagina tanto contemporanea quanto dall’aria antica.  Un libro/Non libro, risultato di un’Azione di Arte Collettiva, è il multicolore arazzo che Giustino Caposciutti, con il suo Progetto FIloArx, ha realizzato nell’ambito delle Biennali di Chieri, in collaborazione con il Consorzio dei Servizi Scio-Assistenziali del Chierese, Punto Area Tabasso, e la partecipazione di mille persone invitate ad immergere un filo nel colore, aggiungervi il bigliettino con il proprio nome, e condividere così una grande opera partecipata. Arte Condivisa/Shared Art anche per i DAMSS, un duo composto da Daniela Arnoldi e Marco Sarzi Sartori, impegnati da anni in una ricerca focalizzata sul recupero di scarti tessili con i quali sperimentano innovazione e tematiche. Il loro arazzo parla della natura, in particolare di un rampicante tipico del Lago di Lecco. I Fiber Artist infatti amano immensamente MADRE TERRA, la rispettano, la raccontano in incalcolabili soluzioni formali e poetiche.

Il mare, ad esempio, devastato dai rifiuti, ma anche custode di brandelli di vita che le onde riconsegnano sulla spiaggia, sono i materiali raccolti con cura e grande amore da Siri Gjesdal (Norvegia), artista storica della Fiber Art e pioniera nel campo dell’ambiente, che li riassembla e li traduce in installazioni di intensa suggestione. Un tema portato avanti anche dalla giovanissima Annamaria Fricano con la sua installazione dedicata al mare da proteggere e salvare; un mare purtroppo di plastica, che soffoca e distrugge, sul quale richiama l’attenzione con un gesto quasi d’alchimista trasformando strisce di sacchetti di naylon nella pura bellezza di una visione azzurra. Di Luisa Pozzo è un autoritratto disegnato con vecchie lenzuola tessute a mano riportate alla luce dagli armadi, e poi rami di pero attraverso i quali ritrova sé stessa, protetta dalla natura nella quale vive e si immerge quotidianamente.

Nella natura si identifica totalmente l’opera delicata e simile a una campanula di Lucia Gatti, autrice di un abito/scultura indossabile, progettato per un happening performativo, realizzato con ramoscelli di glicine, fili di cotone e piccoli legni di prugno con cui ricostruisce nuovi corpi concepiti come alberi viventi di cui si sente parte. L’abito decontestualizzato e trasformato in opera installativa è invece il tratto di particolare fascino dell’opera di Teodolinda Caorlin, che attraverso uno scialle e guanti ormai vintage cerca l’anima rimasta impressa nei tessuti, ne richiama le voci, riporta storie che ogni indumento trattiene come essenza e soffio di vita. Una ricerca, intorno all’anima racchiusa nelle stoffe, nelle collane e in altri frammenti di abbigliamento esplorata con originale e differente elaborazione poetica, anche da Gaia Lucrezia Zaffarano, interessata alla presenza/ assenza delle persone, alla riflessione filosofica e antropologica dell’umano riletta da molti punti vista e nei rituali dell’abbigliamento. Il gesto del cucire evoca pagine di memorie nell’opera di Tiziana Contu, che ritrova momenti felici autobiografici nell’orlo dei vestiti, cuciti dalla mamma i cui strumenti, ago, filo vecchie bustine, con un’operazione di ready made, diventano materiali adatti a comporre arte.

La gestualità del lavoro manuale, la sua dignità, l’esigenza di valorizzarne il significato e l’importanza attraverso la rielaborazione artistica è rappresentato nell’opera di Daniela Gioda che dedica il suo telo installativo  alle artigiane e gli artigiani del mondo. Anche Giulia Carioti osserva la bellezza e la magia dell’eccellenza del tessitore/tessitrice/artista, trasponendo i materiali utilizzati, nel momento i cui nasce l’idea dell’opera, in un campionario gioioso associato a immagini di ballerine in fila pronte a danzare una coreografia in procinto di prender vita. Un gioiello d’artista per tessere il tempo con sguardo proustiano, riletto nella dimensione spaziale della tela della vita, è il concept  dell’opera di Simona della Bella, impegnata nel recupero di pezzi di orologio dei quali ne indaga la simbologia e l’aspetto filosofico.

Il moto perpetuo della vita, come le foglie che cadono, si trasformano e rinascono in un ciclo interminabile, è anche al centro dell’opera di Stefania Scutera, che tesse le sue opere recuperando piccoli frammenti con la tecnica del macramé, come linguaggio tessile e filosofico da salvare, e a cui dare continuità.

I fili, unendosi raccontano di popoli, culture e tradizioni. Sono questi i temi al centro della poetica intorno alla quale si snoda l’arazzo di Lisa Fontana, un’opera realizzata al telaio con il quale trasmette una sensazione arcaica della materia e del processo del colore tra le cui trame si ritrova la storia dell’umanità. E’ un omaggio all’Africa il quilt di Valeria Fusetti, tecnica di cui è grande esperta e studiosa, un arazzo che si stacca dal muro costruito con passamanerie chieresi utilizzate per pattern astratti e modulari. Un’onda di colori al tramonto di Cecilia Natale esprime la duttilità del medium tessile, che, impiegato per un  soggetto astratto/figurativo,  approda a risultati particolarmente originali e di grande impatto visivo. Gloria Campriani,  per tradizione di famiglia e vocazione personale, studia, ricerca e sperimenta materiali in dialogo, in una continua sfida tra forme e contenuti, utilizzando esclusivamente le mani, senza strumenti di supporto. Con intrecci e assemblaggi racconta le fusioni tra le genti e il loro armonizzarsi nella coralità del mondo.

Artista e studiosa di tessuti, Eva Basile riprende e recupera in un’opera  esempi di tessiture del passato per evidenziarne la bellezza attraverso l’ottica del modulo che, nel ripetersi, crea un tutto in continua variazione.

L’installazione di Fiorenzo Tiberio raccoglie invece piccoli segmenti di prototipi presentati dagli artisti durante le 4 edizioni delle Biennali chieresi di Fiber Art. Bozzetti appositamente strutturati per rendere più concretamente l’idea dell’opera alla giuria, analizzati ad uno ad uno si riscoprono quali autentiche piccole opere cariche di energia. Collegate e incorniciate in strutture specchianti, compongono un filo che unisce luoghi e persone sparse nel mondo che a Chieri hanno portato un sogno e ricevuto casa.

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Emanuele Rebuffini