Ninna nanna prigioniera, tostissimo doc sui bimbi in carcere con le madri

Piemonte Movie si è aperto ieri sera con la forza che, ammettiamolo, ci aspettavamo. Ninna nanna prigioniera è un doc tosto, duro, terribile, a tratti insostenibile. Rossella Schillaci ha fatto un lavoro lungo, particolareggiato. Immagino abbia raccolto una quantità di ore di girato enorme ed è poi riuscita a montarne una parte cogliendo la vicenda, restituendo emozioni e colpendo allo stomaco lo spettatore con un minimo di sensibilità. La torinese Indyca, dopo SmoKings, ha prodotto un altro splendido doc, completamente diverso ma ugualmente efficace, al quale auguro pari fortuna.

L’occhio della regista (e le mani della sua operatrice) entrano nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino, sezione femminile, reparto “Nido”. Vale a dire quella zona del carcere riservata alle detenute con figli. Nelle intenzioni una via di mezzo tra la pena detentiva delle madri e l’apertura sul mondo per i figli. Nella pratica: un carcere per tutti.

Nota prima di andare avanti: a fine proiezione una responsabile del penitenziario ci ha detto che la situazione non è già più questa (quantomeno a Torino). Che si stanno realizzando delle strutture esterne, aperte, senza celle, che la strada per superare la questione è segnata e già intrapresa. Quello che vediamo nel doc però (e che, se non a Torino, è così ancora in diverse parti d’Italia) è una situazione decisamente inaccettabile.

Seguiamo una mamma giovanissima, con un figlio di 4 anni che vive con la nonna, una bambina di 3 che vive con lei in carcere, come pure il terzo bambino, un anno e mezzo. La regista non ci nasconde nulla. Vediamo la (non) vita nella cella, il minuscolo spaio comune dove i bambini e le mamme possono interagire, il cortile. Seguiamo i bambini nelle 2 ore al giorno che passano con gli assistenti sociali all’asilo, fuori dal carcere. Leggiamo negli occhi delle detenute la rabbia e la speranza (sempre minore).

Tutto senza interviste. La scelta è che siano le immagini a raccontare, a mostrare. Senza intermediazione se non  quella delle scelte di montaggio. La protagonista parla (poco), racconta, più che altro si sfoga, ma il racconto vero e proprio è dato dallle immagini.

Ci sono alcuni passaggi del documentario davvero insostenibili. E riguardano ovviamente i bambini. Le sbarre delle celle che la sera si chiudono, con i piccoli che regolarmente si affacciano speranzosi. La consapevolezza che quello è il loro mondo. Le lacrime dei piccoli quando vengono riaccompagnati dalle loro madri dopo le poche ore passate all’aperto, all’asilo. C’è una sequenza davvero terribile a proposito. Al rientro da una delle uscite la piccola Lolita supera la madre, non la guarda nemmeno, e va dritta a baciare il fratellino. Il suo compagno di avventure invece va dritto dalla madre… e le assesta un pugno.

Non mi sembra sia il caso di aggiungere altro. Il film uscirà nelle sale (bisognerà cercarlo, ma uscirà): andatelo a vedere!

Piemonte Movie continua.

Autore: Gabriele Farina

Blogger, scrittore, regista, poeta, in fondo narratore di storie. Nel 2005 nasce il suo storico blog Vita di un IO