La tecnica si avvale di un principio antichissimo, già utilizzato da molte tribù indigene che per ragioni di tradizione e di estetica modificano negli anni alcune parti del proprio corpo come il labbro inferiore, o il collo, o i genitali, applicando una pressione o trazione continua che, nel tempo, modifica morfologicamente l´organo.
Allo stesso modo può essere utilizzato questo sistema nel civile Occidente, per risolvere i problemi di quegli uomini che, a causa delle ridotte dimensioni del pene, non possono avere una vita sessuale soddisfacente. Il primo studio scientifico su questa tecnica, che non prevede l´uso di farmaci né della chirurgia, è stato condotto alle Molinette, e pubblicato della rivista British journal of urology international. I risultati sono sorprendenti: l´organo maschile si allunga del 32 per cento “a riposo” e del 36 per cento in erezione.
Paolo Gontero, prima firma della pubblicazione, racconta di aver arruolato «ventuno pazienti altamente motivati, con età media di 47 anni, sedici di loro hanno completato lo studio indipendente, durato 12 mesi». Completare la ricerca ha significato indossare l´estensore per quattro-sei ore al giorno, per almeno sei mesi. Il marchingegno, che esiste già in commercio, è composto da un anello di plastica, due bacchette mobili e una striscia di silicone, e deve essere allungato periodicamente, come un apparecchio per i denti. Il risultato sembra essere assicurato, e a vita, senza preoccupanti effetti collaterali.
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Il premio Alfieri 2007 alle Molinette di Torino
Il 24 novembre 2007 presso il Circolo della Stampa di Milano, si è tenuta la XV^ edizione del Premio nazionale finalizzato alla lotta contro i tumori, con l’assegnazione dei primi Premi nazionali “Vittorio Alfieri” sulla Terapia innovativa dei tumori.L’Ematologia universitaria dell’ospedale Molinette di Torino si è aggiudicata ben due premi in due ambiti diversi. Sono stati premiati il professor Mario Boccadoro ed il professor Corrado Tarella , in rappresentanza dell’Azienda San Giovanni Battista di Torino, che si sono distinti per la terapia del mieloma multiplo e dei linfomi non-Hodgkin. Il mieloma multiplo rappresenta un ottimo esempio di come i nuovi farmaci abbiano permesso di cambiare la storia naturale della malattia.
“Recentemente sono state introdotte molecole che si sono dimostrate molto attive in pazienti in fase di ricaduta – spiega il prof. Boccadoro – molecole che il nostro Centro ha contribuito a sviluppare. E’ stato dimostrato che esiste una sinergia tra questi nuovi farmaci e la “vecchia” chemioterapia convenzionale: nuovo e vecchio insieme sono in grado di migliorare nettamente la risposta alla terapia e la sopravvivenza dei pazienti. Sono state anche applicate con grande successo nuove procedure di trapianto allogenico non mielo – ablativo, molto meno tossico e maggiormente efficace”. Anche i linfomi hanno fortunatamente conosciuto un crollo verticale della mortalità: “Grazie soprattutto a una serie di significativi passi avanti, più che di un singolo grande balzo – spiega il prof. Tarella – : tra questi, alcuni nuovi farmaci, come gli anticorpi monoclonali, una radioterapia più efficace e meno tossica, e soprattutto un impiego ottimale dei farmaci a disposizione”.
Torino e l’istituto Nazionale dei Tumori hanno per primi identificato il ruolo delle cellule staminali circolanti, che hanno permesso di abbattere drasticamente la mortalità da autotrapianto. Nei cosiddetti linfomi B ad alto grado, le sopravvivenze sono molto aumentate. Addirittura nei linfomi follicolari avanzati, finora considerati inguaribili, sono state ottenute lunghe sopravvivenze senza segni di ricaduta”.