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Trento apre le porte al Festival dell’Economia: con “Mercato e democrazia” riparte oggi “quell’idea coraggiosa che è diventata un successo spettacolare” – lo diciamo con le parole di Ralf Dahrendorf ospite della prima edizione – dedicata all’economia e alle grandi questioni del nostro tempo.
Dopo “Ricchezza e povertà” del primo anno e “Capitale umano, capitale sociale” della scorsa edizione, quest’anno il Festival accende i riflettori su un tema che riguarda la vita di tutti con sempre maggiore evidenza. I grandi cambiamenti della società moderna sono dettati da fenomeni come la globalizzazione che ha determinato l’ingresso nel mercato mondiale di paesi come la Cina, la Russia, ma anche l’avvento dell’informatica e il conseguente grande mutamento della comunicazione, lo spostamento da un continente all’altro di grandi masse di persone, la precarietà del lavoro. Questi e molti altri avvenimenti hanno grandi influenze sull’economia, sulla politica e sulla società in generale. Dunque quale miglior occasione, se non il Festival dell’economia, per riflettere su “mercato e democrazia” insieme a esperti di fama mondiale?
Dice Tito Boeri coordinatore scientifico del Festival “ci eravamo abituati a credere che non ci potesse essere mercato senza democrazia, ma ci siamo dovuti ricredere”. Infatti, anche i regimi autoritari, per esempio quello del Cile o il grande caso della Cina, tollerano un sistema di mercato. Su questa riflessione continua quindi Boeri: “Non solo i mercati possono coesistere con regimi autoritari, ma dentro ai mercati operano organizzazioni che, al loro interno, non sono affatto democratiche. Le imprese sono, in genere, gestite in modo autocratico. Decide il “boss”, il più delle volte senza interpellare i dipendenti e tutti coloro, fornitori e clienti abituali, che sono portatori di interessi nei confronti dell’azienda”.
Per cinque giorni, dal 29 maggio al 2 giugno, il centro della città di Trento si trasformerà in una grande agorà, dove i giovani e il grande pubblico potranno conoscere “l’economia alla portata di tutti”, discutendo e confrontandosi con i massimi esperti in materia. La manifestazione si conferma, ancora una volta, come un atteso appuntamento di livello internazionale, lo testimonia anche quel 50% e più di relatori di prestigio provenienti dall’estero.
La tenuta dell’economia di un Paese si basa soprattutto sulla capacità delle sue imprese di innovare e dunque di svilupparsi. Questa affermazione, valida da sempre, lo è ancor di più nell’era della globalizzazione. Un’era che costringe le imprese ad operare in mercati altamente competitivi dove chi non innova non ha diritto di cittadinanza. Ma da cosa dipende la capacità di innovare? Non certo dalla dimensione, né dal settore di appartenenza. L’innovazione è alla portata di tutti. Anche delle aziende piccole e medie, ovvero di quel tessuto produttivo composto da 4,5 milioni di aziende (l’83,5% dei posti di lavoro) che “è limite e allo stesso tempo punto di forza del nostro sistema economico”. La conferma arriva dalle ‘dieci storie di piccole imprese eccellenti’ narrate da Giordana Taggiasco in questo volume mandato in libreria nelle scorse settimane dall’editrice Il Sole 24 Ore. Un volume che sin dal titolo chiarisce che quando si parla di innovazione “anche” l’Italia riesce a dire la sua. E lo fa ben “più di quanto il senso comune possa immaginare”. Anche se “l’ampio processo di innovazione” – che è poi la caratteristica peculiare delle nostre piccole e medie imprese – “rimane occulto e non compare nelle statistiche e nelle analisi sulla salute economica del nostro Paese”. Un Paese che continua comunque a spendere poco in ricerca e sviluppo – appena l’1,1% del pil nel 2006 – e che su questo versante è in ritardo “non solo sul Giappone e gli Stati Uniti, ma anche rispetto agli altri paesi dell’Unione europea, la cui percentuale di investimento è circa il doppio”.