Giovann Favro su La Stampa
La metà delle persone che lo contraggono, muore. Il cancro al colon è un killer spietato: è la seconda causa di morte per tumore dopo quello al polmone per gli uomini e al seno per le donne. Una malattia contro la quale c’è un’arma in più. Uno strumento che consente di diagnosticare il male con maggior precisione e più precocemente, senza causare dolore.
Per la prima volta al mondo Università e Regione, con la «Im3d- Medical Imaging Lab», lanciano una tecnica rivoluzionaria e uno screening per la prevenzione di questo tumore, cui parteciperanno – all’inizio del 2009 – 26 mila piemontesi.
Il progetto si chiama «Protéus», come la navicella che viaggiava nel corpo nel film di Fleischer; ha ricevuto 4 milioni e 700 mila euro (2,7 dei quali dall’assessorato all’Università), ed è stato presentato ieri alla Scuola universitaria per le Biotecnologie, dove avrà sede il cervellone centrale cui faranno capo gli ospedali coinvolti (per ora, oltre a Novara e Borgomanero, le Molinette, il Giovanni Bosco e l’Ircc di Candiolo).
Con il rettore Ezio Pelizzetti e il responsabile del centro di Imaging molecolare dell’ateneo Silvio Aime, ha raccontato i dettagli Daniele Regge, direttore della Radiologia dell’Ircc di Candiolo: «La chiave di Protéus è la colonscopia virtuale: una tecnica non invasiva che utilizza la tac. Anziché introdurre una sonda come nella colonscopia, la tac fotografa l’intestino dopo che il paziente ha bevuto un liquido di contrasto.
Dagli ospedali le immagini saranno inviate a una stazione di elaborazione dei dati, il Centro di Telediagnosi, il centro di calcolo al polo delle Biotecnologie: qui verrà stilato il referto scoprendo carcinomi, polipi e adenomi». In pratica, hanno spiegato Aime e Davide Dettori («Im3D») un nuovo software leggerà le immagini, registrando ogni variazione dalla norma. Il risultato sarà poi esaminato dal radiologo.
Nato da 6 anni di ricerche dell’Im3D con l’Ircc, Protéus ha il sostegno degli assessorati regionali alla Sanità e all’Università di Eleonora Artesio e Andrea Bairati, «per il perfetto incrocio tra ricerca pubblica e privata, e tra politica della scienza e della salute». Dopo i primi test, parte ora uno screenig su grandi numeri di persone tra la popolazione più a rischio (gli over 58). Se diagnosticato in tempo, il cancro del colon-retto si cura nel 90% dei casi.