In occasione del secondo Innovation Forum di IDC verrà presentato in anteprima il Rapporto “Il Sistema dell’Innovazione in Italia: ICT e Società dell’Informazione”, che illustra i risultati del lavoro del Forum sugli scenari di sviluppo dell’innovazione sul territorio e per filiere verticali. L’Osservatorio del Forum dell’Innovazione presenta l’Indice del Sistema dell’Innovazione delle Regioni Italiane (ISIR), sviluppato sulla base di una metodologia originale di IDC ispirata allo European Innovation Scoreboard. L’indice presenta un benchmarking delle Regioni sulla base dei fattori di input e output dell’innovazione, i fattori di sviluppo IT e i fattori del contesto macroeconomico e mette a fuoco le criticità del sistema dell’innovazione in Italia, che spiegano il suo difficile posizionamento internazionale.
Il rapporto pubblicato in marzo 2006 aveva identificato la necessità di un profondo cambiamento delle politiche per l’innovazione per sostenere l’evoluzione del Sistema Paese verso un modello di sviluppo basato sull’economia della conoscenza. Rispetto ad un anno fa, è cambiato il governo e il contesto istituzionale dei ministeri attivi nelle politiche per l’innovazione, portando ad alcuni miglioramenti, ma anche ad alcune battute d’arresto. Ma soprattutto è cambiata la congiuntura economica ed è in corso una ripresa della crescita e delle esportazioni, sostenuta da quella parte del sistema delle imprese che ha saputo ristrutturarsi, internazionalizzarsi e giocare la carta dell’innovazione per recuperare competitività.
L’Indice del Sistema dell’Innovazione delle Regioni Italiane (ISIR) colpisce per la scarsa dinamicità nel periodo 2000-2005, con un valore medio per il sistema Italia sostanzialmente stabile e i valori delle Regioni trainanti addirittura in leggera diminuzione salvo che per il Piemonte. In sostanza ciò riflette un Sistema Paese relativamente
statico, influenzato dalla congiuntura economica negativa, ma soprattutto con una scarsa produttività in termini di capacità innovativa (data dal rapporto input-output dell’innovazione), influenzata in particolare da un calo nella produzione di brevetti. Emerge un quadro nazionale in cui alcune aree compiono notevoli passi avanti e allo stesso tempo altre aree che al contrario fanno dei passi indietro: nello specifico, si evidenzia la distanza che separa la Lombardia, come regione più avanzata e il Molise, che risulta essere quella più arretrata.
Sul fronte delle politiche per l’innovazione, il rapporto del Forum di marzo 2006 aveva evidenziato una serie di debolezze, soprattutto relativamente ai problemi di implementazione a livello di sistema, e di conseguenza la necessità di considerarle prioritarie da un punto di vista politico e strategico. Il primo anno di attività del’attuale
Governo presenta un forte rilancio della politica per l’innovazione industriale sulla base di una visione strategica coerente e di una rinnovata strumentazione di misure di intervento.
Gli investimenti previsti per ricerca e innovazione registrano un certo incremento, anche se inferiore alle speranze. Il riassetto istituzionale ha però creato una certa frammentazione delle competenze, controbilanciata da una buona sintonia fra alcuni dei Ministeri chiave (in particolare Ricerca, Sviluppo Economico e Riforma e Innovazione). Per quanto riguarda l’innovazione nella PA e nel sistema pubblico in generale si registra invece una certa carenza di incisività nelle azioni, più che nelle dichiarazioni ed un supporto di principio per alcune delle iniziative del precedente Governo (per esempio il codice digitale). Nel campo dell’eGovernment in particolare la riorganizzazione interna e la revisione delle priorità hanno rallentato le attività del Governo.
Un segnale positivo è la moltiplicazione degli attori dell’innovazione sul territorio, che hanno un ruolo critico per consentire il miglioramento del rapporto fra sistema della ricerca e imprese e quindi una maggiore produttività dell’innovazione. Lo studio ha analizzato le tre principali tipologie di attori oggi prevalenti in Italia: i distretti tecnologici, gli uffici di trasferimento tecnologico delle università (UTT) e i parchi scientifici e tecnologici. Sono stati identificati i principali modelli che stanno emergendo, illustrati dai profili di good practice presentati nel rapporto. Non esiste infatti un unico modello di successo di technology transfer fra mondo della ricerca e imprese, gli esempi validi possono essere molti e diversi. Lo studio per la prima volta confronta i modelli emergenti di distretti tecnologici e scopre che i distretti attivi assomigliano, più che alla Silicon Valley, ad agenzie dell’innovazione con forte orientamento a gestire bandi e supportare le PMI. Ma ci sono anche molti distretti tecnologici rimasti da tre anni sulla carta: forse sarebbe il caso di abbandonare il tentativo di forzare lo sviluppo di distretti inventati dove il sistema
economico locale non è in grado di sostenerli.
Le università hanno abbandonato l’ideale della torre d’avorio a favore di un profilo di università imprenditoriale, dove si favoriscono le imprese spin-off fondate da docenti o ricercatori per sfruttare la proprietà intellettuale generata dalla ricerca pubblica. Le imprese spin-off sono più di 450, di cui la metà nata negli ultimi due anni, molte concentrate in veri e propri poli di sviluppo intorno ai principali atenei. Ma a fronte di questa vivacità di iniziative esiste il rischio di una dispersione delle risorse e duplicazione degli sforzi. Pur evitando un coordinamento rigido probabilmente impossibile da realizzare, è fondamentale che Governo e Regioni si occupino di monitorare queste esperienze,
facilitando le sinergie all’interno della filiera dell’innovazione. Particolarmente importante è introdurre una cultura di obiettivi e valutazione dei risultati per guidare investimenti e incentivi, evitando di sostenere per sempre esperienze fallimentari o non adatte alle caratteristiche del territorio.
Il Forum dell’Innovazione ha infine analizzato in profondità le dinamiche di sviluppo di tre filiere nelle quali l’innovazione digitale rappresenta uno strumento indispensabile per la competitività e l’innovazione.
Il primo settore verticale analizzato è quello relativo alla sanità elettronica. IDC ha illustrato come gli strumenti tecnologici possono sostenere la trasformazione del sistema sanitario per rispondere alle nuove sfide di personalizzazione dell’assistenza, contenimento dei costi, razionalizzazione della gestione. La domanda emergente di sanità elettronica, volta a contribuire alla risoluzione di queste sfide, rischia di essere insoddisfatta a causa di una serie di problemi: la frammentazione e dispersione delle esperienze innovative, la carenza di una visione strategica condivisa sul ruolo dell’innovazione, la scarsità di risorse per gli investimenti, la visione riduttiva delle tecnologie informatiche come semplici strumenti di automazione gestionale. Per stimolare un circolo virtuoso di sviluppo
dell’innovazione digitale nel Sistema Sanitario i rappresentanti del Forum dell’Innovazione Digitale presentano alcune raccomandazioni al Governo, alle Regioni ed ai principali attori del Sistema Sanitario, tra cui la necessità che il Governo e le Regioni stringano un patto per accelerare l’implementazione dell’innovazione tecnologica nel Sistema Sanitario; la priorità di sviluppare una visione strategica condivisa dell’innovazione nella sanità; il potenziamento da parte del Governo del ruolo di supporto tecnico e di know-how alle Autonomie Locali per l’implementazione dei servizi di eHealth, eGov e Telecare; la promozione della ricerca e della formazione interdisciplinare sulla sanità
elettronica; il decentramento dell’assistenza attraverso la telemedicina e la teleassistenza.
La domanda emergente di cultura digitale, cioè di nuove modalità di fruizione dei beni culturali caratterizzate da multimedialità, personalizzazione e interattività, può generare nuovi ricavi e aprire nuovi orizzonti agli attori del settore quali i musei. In particolare l’ICT può rappresentare una leva strategica per rinnovare il sistema dell’offerta e della domanda nella filiera integrata turismo-beni culturali, favorendo nuove forme di marketing territoriale. Secondouno studio di IDC Italia realizzato per il Forum, i servizi innovativi digitali per il turismo culturale potrebbero generare al 2011 circa 270 milioni di euro di spese aggiuntive dei turisti, secondo uno scenario ottimistico, oppure 177 milioni
di euro in uno scenario conservativo. Questa stima si basa sull’iniziativa di un piccolo numero di città e di musei (rispettivamente 12 e 10 nello scenario ottimistico, 6 e 6 in quello conservativo) e non considera il possibile incremento del numero di turisti/visitatori dovuto alla maggiore attrattività del territorio. Si tratta quindi di una stima
riduttiva rispetto a quello che può essere il potenziale di mercato.
Per innescarne lo sviluppo il gruppo di lavoro del Forum dell’Innovazione Digitale propone alcune linee guida, come lo sviluppo di politiche integrate del marketing del territorio che prevedano una forte integrazione tra cultura e turismo; la promozione di una strategia di fruizione dei beni culturali che comprenda il concetto di cultura digitale, superando la nozione riduttiva di pura digitalizzazione dei beni esistenti; la predisposizione di piani per la formazione di personale specializzato nell’utilizzo dell’ICT applicato ai beni culturali che affianchi le strutture museali; la definizione di incentivi per la creazione di siti evoluti da parte degli enti culturali e dei musei, per facilitare la fruizione online e l’integrazione con i siti degli operatori del territorio; la predisposizione di strumenti per il monitoraggio del
turismo culturale.
Per finire il Forum si è focalizzato sul Made in Italy, in cui la sfida delle nuove tecnologie, come l’innovazione di prodotto e di processo, sta aiutando le nostre imprese a riprendere competitività sui mercati internazionali. Una serie
di attori da tempo si adoperano per supportare le imprese e le aggregazioni di riferimento, quali i distretti industriali, nel ripristino di quelle condizioni di competitività che nei decenni scorsi hanno fatto conoscere il made in italy in tutto il mondo. Una delle difficoltà incontrata dalle piccole e medie aziende del made in italy è trovare motivazioni per
sganciarsi dalle logiche tradizionali consolidate. L’ottimizzazione della catena di fornitura, produzione e distribuzione è resa difficile da colli di bottiglia generati da attività ancora molto manuali, dalla mancanza di soluzioni tecnologiche in grado di rendere più fluidi ed efficienti determinati processi. Per innescare lo sviluppo dell’innovazione nei settori del made in italy il gruppo di lavoro del Forum dell’Innovazione Digitale evidenzia alcune priorità, tra cui l’esigenza di capitalizzare l’esperienza delle medie imprese dinamiche del made in italy; la necessità di prepararsi a segmentare una domanda di acquisto crescente del sud est asiatico; la creazione di osservatori e politiche per la compliance nelle filiere del made in italy; e infine, per il made in italy delle grandi aree urbane/metropolitane, la
definizione di politiche rivolte al recupero di quella capacità di fare sistema che la contrapposizione di grandi interessi in gioco rischia di indebolire.
In conclusione, l’innovazione procede per filiere superando i confini tradizionali dei settori. Il gap di innovazione digitale in Italia è legato ad un utilizzo riduttivo delle infrastrutture dell’informazione nelle filiere, che non sostiene i nuovi modelli di cooperazione-concorrenza fra attori e di stretta interazione con fornitori, clienti, interlocutori istituzionali.
Il gap di innovazione digitale è anche un sintomo delle molteplici dogane della conoscenza, le barriere che impediscono la mobilità di idee, competenze, modelli organizzativi e persone, fra settori e comparti tradizionali. Ma esiste anche un ritardo delle infrastrutture tecnologiche sul territorio, con particolare riferimento alla larga banda. E’
fondamentale stimolare il dialogo fra fornitori di tecnologie e stakeholders delle filiere per risolvere i problemi comuni, come propone il Forum dell’Innovazione Digitale.
Il ritardo di innovazione è particolarmente evidente nei grandi sistemi dei servizi (sanità, turismo, beni culturali, università e ricerca), dove l’intreccio fra operatori pubblici e privati, punto di forza rispetto al capitale sociale, diventa un ulteriore elemento di freno rispetto all’innovazione di filiera. In questi sistemi diventa sempre più urgente il problema della governance: occorre un modello più efficace di coordinamento Governo-Regioni per l’innovazione, che eviti di rallentare i pionieri e incentivi invece i comportamenti virtuosi.