Giovani cervelli che tornano

Luigi La Spina su Lastampa.it

Vengono presentati oggi i risultati di una interessante ricerca su una meritoria iniziativa della Fondazione Crt. Si tratta di una indagine sui vincitori delle borse di studio fornite, tra il 2004 e il 2009, ai neolaureati piemontesi per poter compiere esperienze lavorative all’estero, nell’ambito del progetto denominato “Master dei talenti”.
Pur nei limiti statistici della campionatura ridotta, circa 190 giovani, la ricerca sfata almeno un luogo comune e incoraggia un indirizzo prezioso per affrontare, con molta serietà e concretezza, una delle principali incognite del nostro futuro.
Tra i dati significativi sulla sorte di questi stagisti, quasi tutti, ora, ben occupati e ben retribuiti, ne spicca uno che sorprende: pur ottenendo, nella totalità dei casi, l’offerta, da parte delle aziende straniere in cui hanno lavorato, di restare all’estero, oltre il 70 per cento dei giovani ha preferito tornare in Italia.

Viene smentito, così, l’alibi che tenta di giustificare la resistenza a fornire ai nostri neolaureati l’occasione di un’esperienza lavorativa fuori dai confini nazionali. Non è vero, infatti, che l’esportazione dei cervelli italiani finisca per arricchire il capitale umano dei Paesi stranieri e depauperi l’Italia dell’investimento in formazione sui nostri ragazzi.
E’ vero il contrario: l’allargamento delle capacità professionali che si ottiene con frequenze lavorative all’estero permette non solo una maggiore competitività dei nostri giovani sul mercato domestico, ma produce un innalzamento qualitativo del patrimonio culturale complessivo del nostro sistema economico. E se questo effetto è un risultato importante per tutta l’Italia, diventa fondamentale per il Piemonte.
Come dimostrano i colloqui che hanno affiancato l’indagine sui questionari distribuiti agli ex borsisti Crt, molto difficilmente le aziende straniere avrebbero offerto, senza questa iniziativa, l’occasione di lavoro a neolaureati della nostra regione. Ad eccezione, forse, degli allievi del Politecnico di Torino, gli studenti di Roma e di Milano, per intuibili ragioni, sono in questo campo fortemente avvantaggiati.
Ecco la particolare necessità, in Piemonte, di insistere in questa direzione di apertura dei nostri giovani verso il mercato internazionale del lavoro. Istituzioni politiche, universitarie, economiche e sociali dovrebbero concentrare sforzi finanziari e attenzioni culturali in questo senso. Meno battute sulle pigrizie dei «bamboccioni» e meno proposte spot di Brunetta, ma più impegni concreti per contribuire affinché non siano solo «i figli di papà», ma anche i più meritevoli, a poter mettere il naso nelle aziende oltrefrontiera.