Non è una moto, ma le somiglia molto. Non è una macchina, ma ha mutuato le tecnologie più raffinate oggi in circolazione. Ed è stata pensata per essere una via di mezzo: un veicolo pensato specificatamente per le esigenze di mobilità personale urbana e suburbana. Tre ruote e due posti in linea, una cella di sicurezza a prova d’urto, un sistema di guida semplice e innovativo che al contempo piega e sterza il veicolo, una propulsione elettrica ibrida in grado di fornire a discrezione dell’utente elevate prestazioni o di funzionare soltanto con la corrente e elettrica.
Bastano pochi dettagli per capire che K-Way Motus sarà qualcosa di innovativo. Un progetto partito nel 2006 nei Laboratori di Meccatronica del Politecnico e poi sviluppato da due aziende dell’incubatore d’imprese dell’ateneo tecnologico di Torino, Actua e Ttw. Il progetto ideato dal ricercatore Stefano Carabelli ora è realtà, sospinto dall’imprenditore torinese Marco Boglione, che lo sponsorizza con il marchio KWay e dall’estro di Fabrizio Giugiaro che, alla guida di Giugiaro Design, ne ha curato lo stile e si è occupato della pelle che riveste il veicolo.
Il progetto dev’essere rilevante se K-Way Motus tra qualche giorno prenderà il volo per Detroit dove sarà esposto al Sae World Congress, il meeting della società degli ingegneri dell’automotive. E non è finita: dopo l’esposizione nella Motown sarà l’unico veicolo italiano a partecipare al Progressive Automotive X Prize, la competizione organizzata dall’X Prize Foundation riservata a veicoli sicuri, in grado di essere prodotti, omologati e consumare meno di un gallone di carburante per percorrere cento miglia (secondo i nostri parametri, si tratta di un consumo di un litro ogni 44 chilometri).
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Il razzo torinese di Geddafi
Realizzata a Torino l’auto voluta dal governo libico
The rocket, cioè il razzo. È questo il nome scelto per la nuova vettura, nata da un “matrimonio” italo-libico. Ideato da Muhammar Gheddafi in persona, il «veicolo» è stato realizzato in poco più di otto mesi da Tesco TS, la società torinese di corso Tazzoli, in collaborazione con la Lybian Investment&Development Company (Lidco). La berlina è lunga 5,5 metri, larga più di 1,8 e, grazie a un motore sportivo e raggiunge i 100 km orari in poco più di sette secondi. Una prestazione buona ma non certo da razzo
A dire il vero, non è la prima volta che Gheddafi si cimenta con la creazione di nuove auto: esattamente 10 anni fa, nel settembre del 1999, in occasione del trentennale della rivoluzione che portò al potere il rais, fu svelato ai giornalisti di tutto il mondo il prototipo della «Saroukh-el-Jamahiriya». Il «missile della Jamahiriya» (che significa «regime delle masse» e che indica la nazione libica), aveva air-bag, sensori elettronici per proteggere i passeggeri in caso di incidente, motore a iniezione. Il progetto era stato affidato alla Ladico (Libyan Arab Domestic Investment Company). «Il leader ha speso tante ore» a pensare a una soluzione efficiente, spiegò al tempo Dukhali Al-Meghareff, presidente della Ladico; la «Saroukh-el-Jamahiriya» è l’auto «più sicura del mondo», aggiunse. Il progetto, racconta la rivista Quattroruote, era quello di mettere in produzione «il missile» nei mesi a venire. Ma poi non se ne era più parlato. Oggi, con il nuovo progetto, «The rocket» potrebbe entrare in produzione.
Forma affusolata e design innovativo, la futuristica automobile è stata pensata da Gheddafi in persona: il leader libico ha creato un lista di dieci punti, le linee-guida che hanno fortemente influenzato sia il design che lo sviluppo ingegneristico della vettura. Ma il cuore del «razzo» è tutto italiano: la torinese Tesco si è infatti occupata del design, dello sviluppo e della costruzione dei due prototipi. Gheddafi ha anche chiesto particolare attenzione alla sicurezza passiva (la simulazione virtuale ha rivelato un alto livello di protezione e la vettura è equipaggiata con un sistema di fuel cut-off in caso di incidente) e attiva (la distribuzione dei pesi è stata ottimizzata al fine di garantire la massima stabilità di marcia e i freni anteriori sono carboceramici ed altamente prestazionali). Una speciale cura è stata inoltre rivolta alla scelta dei materiali per le finiture interne, di fattura libica, come marmi, tessuti e pelli. La vettura è inoltre equipaggiata con runflat tires, soluzione che permette di percorrere diverse centinaia di km anche con pneumatici forati e ha un sistema di assorbimento degli urti a bassa velocità realizzato tramite adozione di schiume calibrate tra paraurto e scocca.
A Torino il Taxi via SMS
Una nuova iniziativa per migliorare la vita e usare la tecnologia
E’ partito a Torino il nuovo servizio di prenotazione taxi via sms. A renderlo possibile è un accordo siglato tra Telecom Italia e Cooperativa Radio Taxi Torino 5730. Si tratta del primo servizio di questo tipo in Italia ad avvalersi di una piattaforma tecnologica dedicata per gestire la trasmissione dei messaggi e consente di richiedere la disponibilita’ di una vettura sul territorio torinese attraverso l’invio di un sms al numero 339 9941333.
Il messaggio, con l’indirizzo del cliente, viene inoltrato a un sistema automatizzato che è in grado di localizzare l’auto piu’ vicina, contattarla per verificarne la disponibilita’ e rinviare al cliente un Sms di conferma contenente il codice identificativo del taxi in arrivo e il relativo tempo di attesa. Il tutto nel giro di pochi secondi.
Gli utenti di tutti gli operatori di telefonia mobile possono accedere al servizio al costo previsto per l’invio di Sms dal proprio profilo tariffario.
Il servizio consente ai clienti di beneficiare di tempi di risposta ridotti, soprattutto nelle ore di maggiore richiesta, semplifica le modalita’ di prenotazione per i turisti e, in particolare, fornisce ai clienti disabili dell’udito una soluzione piu’ facile e immediata rispetto alla richiesta via fax.
Sulla Fiat 900 milioni per l´auto pulita
Marco Trabucco su Repubblica
«Questo piano deve essere la dimostrazione che l´Italia crede nella qualità delle sue auto. E che perciò ci investe». Dopo le polemiche delle scorse settimane sul mancato impegno del governo a fianco della Fiat nell´operazione Opel, sono le regioni, in particolare le dieci regioni italiane che ospitano stabilimenti Fiat a scendere in campo.
Lo fanno lanciando un piano da 900 milioni di euro per lo sviluppo della ricerca nel settore automotive e in particolare nell´auto pulita: un piano finanziato, come accade in Germania con il cosiddetto «modello renano», per un terzo dalle regioni stesse, per un terzo dallo Stato e per un terzo da Fiat e dalle altre imprese del settore che ne avrebbero vantaggi. La proposta è stata annunciata (e illustrata ieri) al termine dell´incontro che era stato convocato a Roma dalla presidente piemontese Mercedes Bresso e a cui hanno partecipato anche i governatori (o gli assessori competenti) di Emilia Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia.
L´idea è piaciuta a tutti e sarà il presidente dell´Emilia (e della Conferenza delle Regioni) Vasco Errani nei prossimi giorni a presentarla al governo, insieme alla richiesta che venga aperto al più presto un tavolo sul settore auto che veda la partecipazione del governo stesso, di Fiat e delle Regioni. Bresso ha spiegato: «Noi siamo pronti a fare la nostra parte anche dal punto di vista finanziario e pensiamo di poter concorrere alla cifra complessiva richiesta per un terzo. Gli altri due terzi li dovranno mettere l´azienda e il governo». Bresso ha aggiunto di aver avuto contatti informali con la Fiat «che ha manifestato interesse alla proposta e che ora si attende la possibilità di un incontro tra le parti. Quindi mettiamoci attorno a un tavolo e parliamone: tutti i governi stanno mettendo delle risorse sull´auto. Lo stanno facendo gli Stati Uniti, lo fa la Germania. Noi pensiamo che debba farlo anche l´Italia, per evitare che si debbano chiudere degli stabilimenti e perché si creino degli spazi aggiuntivi di produzione proprio attraverso la ricerca nei settori più avanzati, in particolare nell´auto ecologica».
L’orgoglio di Torino
Raffaella Polato du Corriere.it
Il giorno dell’orgoglio. E della sfida. Quella però comincerà domani: oggi Torino tiene il solito profilo basso, lo sa che il merito è tutto di Sergio Marchionne, ma intanto che serata. Quattro anni fa il Lingotto era dato per spacciato. La Fiat era la preda di cui spartirsi le spoglie. L’auto italiana poca cosa, la sua tecnologia snobbata. Ora tenta la conquista dell’America. Chiamata a salvare l’auto nel Paese che l’auto l’ha inventata. La città che pensava di sparire dalla mappa mondiale del potere motoristico scopre che ora ne è, e potrà esserlo anche passata l’euforia della diretta sulla Cnn, una delle capitali. Forte proprio di quello che si diceva fosse il suo lato debole: le piccole vetture con cui, parole di Barack Obama, «ha dimostrato di saper costruire l’auto pulita del futuro». Grazie a Marchionne, sì, il manager «non convenzionale » che quattro anni fa l’ha portata oltre il baratro. Ma grazie, insieme, a quella tecnologia (tutta italiana) che lui ha ritirato fuori e però c’è sempre stata. Ce n’eravamo dimenticati. Ci eravamo scordati che siamo un Paese fondato sull’industria. La piccola e la media, la nostra ossatura. E la grande. Quella che può fare ricerca. Che fa da traino. Che muove tutto un sistema.
Fiat è rimasta una delle poche. Oggi che sbarca negli Usa, quasi invocata dal loro Presidente, l’orgoglio è giusto ed è di tutti. Anche se fino all’altro ieri proprio da dentro l’industria partivano insensate contrapposizioni piccoli-grandi, gli incentivi al settore — peraltro molto, molto più bassi di quanto nel frattempo arrivava nel resto d’Europa e negli stessi Usa — scambiati per «aiuti alla solita Fiat». La risposta di Marchionne è stata Chrysler. Lo sarebbe stata comunque. Il Lingotto che lui ha risanato, con il riconosciuto, determinante appoggio delle banche (e i risultati dimostrano quanto possa fare l’Italia quando si muove come sistema-Paese), da solo avrebbe magari potuto sopravvivere ma di sicuro non prosperare nel mondo dell’auto dopo la grande crisi. Come dice lui: Chrysler e domani, chissà, Opel o chi per essa — «è una necessità ». Come dice l’azionista, John Elkann: «Meglio, nel caso, una quota minore in una Fiat più grande ma forte ». Che poi alla fine è quanto sostenevano il nonno, l’Avvocato, e soprattutto lo zio Umberto Agnelli. E qui però finisce l’orgoglio e comincia la sfida. Subito. Adesso. Marchionne ha dimostrato una volta che «si può fare ». Ora la scommessa è più che moltiplicata. Non sarà uno scherzo rivoltare Chrysler, integrare due (per ora) aziende, rimpolpare quella squadra snella che con lui ha firmato il successo Fiat ma che a questo punto lo sarà un po’ troppo, snella. Non tutti, nemmeno lui, possono reggere più di tanto il pendolarismo Lingotto- Auburn Hills. O forse sì?
Ha vinto la Torino di una volta
Alla fine non è stata la nuova Torino a conquistare l’America, ma l’antica. A vincere non è la città neogozzaniana mai stata così bella, con le mostre sul barolo e sul cioccolato, i caffè restaurati, le signorine sempre più graziose che mangiano le paste nelle confetterie.
È la sapienza tecnica della metropoli industriale aspra e sobria, squadrata come la città dell’Apocalisse, l’abilità dei capisquadra che sapevano fe’ i barbis a le musche, rifilare i baffi agli insetti, e dei geni ignoti come Dante Giacosa che disegnavano le auto più belle al mondo e nel contempo sapevano progettare un carburatore. Non la città delle Olimpiadi e del turismo e neppure quella inquietante dell’occulto (tutte frottole in verità come i torinesi sanno benissimo) e della movida notturna che ispira l’ultimo preoccupato romanzo di Culicchia: lo sballo all’ombra dei Murazzi del Po, feste, alcol e gioventù bruciata. Bensì la Torino dell’Avvocato, che ovviamente è molto cambiata ma dev’essere ancora parente di quella che Giovanni Agnelli raccontava come «una città di guarnigione, in cui i doveri vengono prima dei diritti, l’aria è fredda e la gente si sveglia presto e va a letto presto, l’antifascismo è una cosa seria, il lavoro anche e anche il profitto».
La Torino di oggi ha un clima più mite e non solo. La vita sociale è più ricca, come testimonia l’antico centro storico, il quadrilatero romano, un tempo deserto già alle sette di sera e divenuto ora una Brera torinese. L’economia si è diversificata. È cominciata l’era terziaria, se è vero che a Torino ci sono più dipendenti comunali (comprese le aziende controllate) che operai Fiat. Non si tratta ovviamente di mettere in contrapposizioni due città e due epoche. Ma forse adesso si capisce meglio che la nuova Torino è figlia di quella antica. Che le eccellenze di oggi —il design, il Politecnico, la ricerca, la comunicazione, il cinema, l’arte contemporanea, financo le Olimpiadi —non ci sarebbero state senza la grande industria, insomma senza quella Fiat con cui la borghesia torinese ha sempre avuto un rapporto ambivalente: da un lato, era spaventata dall’immigrazione e dalle trasformazioni imponenti; dall’altro, orgogliosa per ciò che la Fabbrica Italiana Automobili Torino rappresentava nel resto del Paese.
Lo si vide, quell’orgoglio, quando i torinesi sfilarono di giorno e anche di notte, con i ritmi di una città che la notte è abituata a lavorare, davanti alla bara di Giovanni Agnelli. Fu proprio il funerale dell’Avvocato il vero punto di svolta. Torino, che nei mesi precedenti appariva come paralizzata dalle incognite che la sovrastavano, seppe reagire. Prima con l’omaggio a un personaggio insostituibile, che ovviamente le manca. Poi con la coscienza di potercela ancora fare, di avere davanti un periodo difficile ma non impossibile da superare. Eventi come la fusione Sanpaolo-Intesa e la retrocessione della Juventus, che un tempo sarebbero stati letti come l’ennesimo scippo di Milano e l’ultimo segno di declino, sono stati interpretati per quel che erano: l’occasione di restare agganciati alle trasformazioni finanziarie e di aprire una nuova stagione anche nel calcio. Oggi Torino è una città che ha cambiato umore.
E assomiglia al suo museo più noto, l’Egizio, così com’è uscito dal recente restauro: una parte nuovissima e avveniristica, allestita da Dante Ferretti lo scenografo di Hollywood, che ha immerso le statue di Seth e Osiride nel buio illuminandole con sciabolate di luce; e la parte storica, con le teche ottocentesche molto meno scintillanti, ma che custodiscono attraverso le generazioni i veri tesori della collezione. Un secolo fa, il viaggio a Detroit di un altro Agnelli, il Senatore, aprì in Italia la stagione fordista. Fare come in America divenne il motto di Torino. Che oggi siano la tecnologia e il lavoro italiani a essere esportati a Detroit è segno che Torino, la città che nell’800 e nel ’900 ha fatto l’Italia due volte— a San Martino e a Mirafiori, con il Risorgimento e con il boom industriale —non ha abdicato al suo ruolo storico. Anche perché questo non è il successo di una sola città. In Italia ci sono molte Torino.
Poco conosciute, talora prive di accesso ai circuiti della pubblicità e della comunicazione, ma concentrate sul prodotto, sull’innovazione, sulla conquista dei mercati. Eccellenze che non si sono lasciate spaventare dalla mondializzazione ma ne hanno colto le opportunità, che hanno approfittato della concorrenza per migliorarsi, che non hanno inseguito le sirene del disimpegno e del bel vivere ma hanno continuato a far affluire linfa vitale al cuore dell’economia italiana: il sistema manifatturiero. Le notizie che vengono dall’America ci raccontano anche di quella «Torino diffusa» che affronta in silenzio la crisi e ce la sta facendo.
Presentata Idra09 l'auto a idrogeno del Poli
Mercoledì 29 aprile è stato presentato Idra09, il nuovo progetto degli studenti del Politecnico di Torino. Idra09 è il secondo prototipo di macchina a idrogeno prodotto dal team del Politecnico, chiamato simpaticamente H2politO. Il gruppo ha lo scopo di migliorare sempre di più, attraverso il lavoro di squadra, le performance del veicolo Idra.
L’obiettivo di breve periodo è quello di partecipare alla competizione Shell EcoMarathon Europe 2009, che si svolgerà presso il circuito Eurospeedway di Lausitz dal 7 al 9 maggio per migliorare le performance ottenute nella SEM l’anno precedente.
H2politO è un team composto da 28 studenti di ingegneria del Politecnico di Torino di facoltà diverse, anche se vengono rappresentate la maggior parte delle discipline ingegneristiche: Autoveicolo, Meccanica, Elettronica, Gestionale, Aerospaziale, Energetica ed Industriale. “La nostra missione è quella di costruire una nuova generazione di ingegneri, leaders nei loro relativi campi, in grado di rappresentare un’innovazione educativa di primo piano”, si legge sul loro sito.
L'evoluzione dell'automobile
Il Museo Nazionale dell’Automobile Carlo Biscaretti di Ruffia, presenta, nel padiglione Giovanni Agnelli di Torino Esposizioni, L’evoluzione dell’automobile, un nuovo appuntamento dedicato alla storia dell’automobile, una testimonianza importante sull’attività di progettazione, studio e produzione dell’automobile; in attesa della riapertura nel 2010 della storica sede del Museo in corso Unità d’Italia.
L’evoluzione dell’automobile è un omaggio alla storia dell’automobile nella città dell’automobile, partendo dalla carrozza per arrivare fino alla Formula 1; il cammino è stato lungo, le invenzioni e le scoperte sono state molte e tanti gli uomini che hanno reso possibile tutto ciò. Una passeggiata tra vetture simbolo di un passato ancora vivo e presente, meravigliosi ed accattivanti esemplari testimoni di una evoluzione automobilistica, attraverso cui abbiamo potuto raggiungere le odierne realizzazioni tecnologiche e stilistiche.
In questo percorso storico non potevano mancare le vetture sportive che hanno accompagnato l’uomo nella sua eterna ricerca del primato e del traguardo irraggiungibile, vetture da Grand Prix, da Formula 1, da record, da rally, da Gran Turismo che hanno corso sui più famosi circuiti del mondo. Si possono ammirare le vetture che hanno fatto la storia delle gare più affascinanti di tutti i tempi dalla Mille Miglia alla Targa Florio, ai Gran Premi d’Italia, Francia, Inghilterra, Germania, alle DTM, ai rally più impervi.
La mostra è dedicata a uno dei miti fondanti della nostra società contemporanea: l’automobile. Alla fine dell’Ottocento, nessuno avrebbe scommesso sull’immenso potenziale dell’auto, ed era considerata soltanto un giocattolo su cui ricchi, nobili e benestanti si divertivano. Non passò molto tempo, che l’automobile, da stravagante oggetto per élites, si trasformò in prodotto industriale. Da allora le corse divennero un fondamentale ed insostituibile strumento di pubblicità e comunicazione: perché una vittoria portava il nome della vettura in tutto il mondo, tramite il risalto che ne dava la stampa ieri come oggi. Le competizioni diventano anche un ineguagliabile strumento di verifica, perché permettevano di sperimentare sul campo e nelle condizioni più estreme le soluzioni che via via furono adottate anche sulle vetture di serie. Inoltre le gare attiravano pubblico, giornalisti, appassionati, curiosi: dunque portavano movimento, commercio, notorietà…
Fiat e Chrysler secondo CNN
The deaths of Agnelli in 2003 and his younger brother Umberto 16 months later left the company’s survival in serious doubt. That’s when Marchionne was hand-picked by longtime Agnelli confidante Gianluigi Gabetti and John Elkann, then 28, Gianni Agnelli’s grandson and heir to the family’s business empire.
Elkann decided to reinvest family money into the car business, and give carte blanche for a company-wide overhaul to Marchionne, who had risen to the top of a Swiss-based quality control company and sat for several years on Fiat’s board.
The new CEO had a three-pronged approach to turning the company around: clean house of top executives and middle managers who’d grown complacent in the final Agnelli years; forge limited partnerships with other automakers, including Tata in India; and above all, return to the core business of making affordable automobiles. “Now you have a base of top 30- and 40-something managers,” says Schivardi. “They also bet on clean technology, which acquired major value at the moment Obama was elected.”
Not surprisingly, Fiat too is suffering from a drop in sales as the auto industry reels from the global economic crisis, though the Italian government’s new-car purchase incentives have helped cushion the blow.
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Efficienza tedesca? No, torinese
Via Repubblica.it
Tutto cominciò tre anni fa, con una station wagon: «Tre anni fa Porsche ci ha chiesto di creare un allestimento per un piccolo evento. Abbiamo caricato qualche traliccio e un po´ di pannelli su una Fiat Marea e siamo partiti. Pochi giorni dopo la casa tedesca ci ha chiamati per una manifestazione un po´ più grande, poi per un´altra ancora più grande, fino a oggi: abbiamo otto furgoni, tre bilici e stiamo pensando di comprarne un quarto». A raccontare l´escalation è Roberto Picogna, il titolare del Gruppo Vento, una società di comunicazione di Torino attiva da 15 anni. Si occupa di pubblicità e marketing, ma da qualche tempo ha deciso di diversificare: «Di fronte a una crisi del settore pubblicitario abbiamo iniziato ad occuparci anche di allestimenti ed è iniziata la nostra collaborazione con Porsche».
Una scelta azzeccata, perché la casa automobilistica ha gradito il servizio offerto e ha fatto diventare il Gruppo Vento il fornitore ufficiale per tutte le nove tappe della Porsche Carrera Cup Italia, il campionato monomarca che il costruttore tedesco organizza negli autodromi del Belpaese: «Il nostro compito – dice Picogna – è creare hospitality, cioè strutture ricettive, che pur montate in 24 ore siano simili ad hotel a cinque stelle, con pavimenti in parquet, installazioni video e tutto il necessario per mettere a proprio agio le persone invitate alle gare».
Grandi ed eleganti stand, il cui prezzo può variare dai 3 ai 40 mila euro, per i quali i tedeschi vanno matti, tanto da imporre gli standard utilizzati dal Gruppo Vento a tutti i fornitori europei. Non solo: «Adesso – racconta il titolare della società – abbiamo anche un contratto importante per gestire l´hospitality dell´edizione francese del campionato e ci stiamo preparando per un maxi-progetto che riguarda le competizioni che si svolgono in Nord America e che partirà nel 2010».
Ai tedeschi, però, piace anche l´organizzazione logistica della società torinese: «Abbiamo centralizzato – spiega Picogna – tutto il materiale per gli allestimenti in un magazzino e lo mettiamo a disposizione per tutta Porsche Italia. Diventa una sorta di grande noleggio, vantaggioso per noi, per la casa madre e per le 34 concessionarie italiane».