Marchionne: Vi racconto lo spot della nuova 500, l'ho fatto io

Massimo Gramellini su La Stampa

Stasera la nuova Fiat 500 entra nella case di tutti gli italiani con una pubblicità che parla di Falcone, Ciampi, Valentino Rossi e Giorgio Gaber, non nomina mai la 500 e cita la Fiat soltanto una volta, alla fine. Colpiti dalla scelta, siamo andati a chiederne conto al pubblicitario che ha scritto il testo dello spot e scelto le foto che lo illustrano. È un esordiente. Si chiama Sergio Marchionne, uno che ama l’Italia come capita solo a chi non ci ha vissuto per molto tempo e che di mestiere gestisce da tre anni l’azienda di cui ha appena curato la réclame. È seduto davanti a un portacenere, gioca con l’accendino e porta il solito maglione blu. «Nero. Io posseggo solo maglioni neri. Ma siete tutti daltonici? Nero con una rifinitura speciale di cui nessuno si è ancora accorto. Dopo gliela mostro».

Intanto ci dica quando ha deciso di darsi alla pubblicità.
«Il 16 maggio, di pomeriggio. Ho impiegato un’ora e mezzo per scrivere il testo al computer. Ma ce l’avevo in pancia da giorni. L’ho scritto in inglese e poi tradotto, ma chi lo ha letto in originale dice che è ancora più bello, perché l’inglese è una lingua precisa».

E cosa dovrebbe comunicarci di così preciso, lo spot della 500?
«Ricostruisce il Dna del gruppo Fiat. Abbiamo sputato sangue in questi anni per ripulirlo e ricominciare. Oggi, 4 luglio, per la Fiat è un nuovo inizio. Tre anni di catarsi per tornare a riveder la luce».

Ricorda la prima volta in cui entrò al Lingotto da amministratore delegato?
«Nella pancia della balena. Sentivo puzza di morte. Morte industriale, intendo. Un’organizzazione sfinita, pronta ad appigliarsi a qualsiasi chiodo, anche a questa specie di Topolino che arrivava dalla Svizzera, chissà che fumetti avrebbe portato».

Fumetti amari, all’inizio.
«Per prima cosa ho fatto il giro del mondo in 40 giorni, ho visitato tutti gli stabilimenti, visto tutto. La burocrazia ministeriale. L’organizzazione non strutturata per la concorrenza. La logica era: quest’anno ho fatto un accendino, il prossimo anno ne farò uno più lungo di un millimetro, e chi se ne frega se intanto all’estero lo fanno di un chilometro. L’idea di fare soldi non era minimamente presa in considerazione, come in certi ambienti islamici dove il guadagno è considerato una forma di usura».

Il piemontese viene da generazioni di montanari, soldati, operai. Ha il culto dell’obbedienza.
«E io ho mantenuto la disciplina e il senso del dovere, però li ho dirottati verso la condivisione degli obiettivi. Lavoro di squadra vuol dire che tutti i miei uomini comunicano fra loro e si informano su tutto. Ma il leader deve anche saper decidere da solo. Quando andavo in Usa per trattare con GM mi sentivo alle Crociate. E poi le banche, il convertendo. Momenti unici. Ma i miei uomini si devono sempre sentire coperti da me. Vero, De Meo?». Luca De Meo, a.d. di Fiat Automobiles, è l’incarnazione fisica del nuovo verbo aziendale. Quarant’anni appena compiuti, testa svelta, lingua sciolta, jeans e musica rock, praticamente un alieno in diretta dal futuro: «Ogni tanto il dottore mi cazzia perché faccio quello che mi pare».

È così, dottor Marchionne?
«Tanto poi continua a farlo… Far parte della squadra, ecco quel che conta, Io so che se lascio uno di loro fuori da una decisione, lo sgonfio in tre secondi. È un po’ che li trascuro, è di nuovo il momento di dargli una sferzata. Come dice De Meo, abbiamo avuto cuore e gambe per entrare in Champions, adesso viene il difficile. Tutti ci davano per morti. Sull’ultimo numero del Journal de l’Auto c’è l’immagine di una 500 che esce dalla bara… Ma il rischio di retrocedere è svanito per sempre. La Fiat non creperà più. Hanno fatto di tutto per spolparla, toglierle le scarpe e il cappotto. Ma siamo sopravvissuti. Ora il sogno è un altro. Diventare i migliori. Non in tutto, che è impossibile. Ma su certi valori. Essere italiani significa farci riconoscere per lo stile che abbiamo. E poi i nostri concorrenti sono complessi, rigidi e pieni di procedure: speriamo che continuino. Noi invece stiamo diventando veloci e facilitanti come la Apple. Per lo spot mi sono ispirato allo slogan: “Think different”».

La Apple è il suo pallino. Come mai preferisce Steve Jobs a Bill Gates?
«È l’underdog, quello che vede il mondo in maniera diversa e capisce che c’è spazio anche per quelli come lui. Apple è un insieme di valori e di cose eleganti e coerenti. Io sono un miscredente convertito. Il primo iPod me l’ha regalato De Meo. Un sistema facile da usare. Voglio che la Fiat diventi la Apple dell’auto. E la 500 sarà il nostro iPod».

Che musica metterebbe sulla nuova 500?
«Bobby McFerrin: “A piece, a chord”».

Adesso si balla, ma prima ha dovuto usare il bisturi. Montanelli diceva che i leader italiani partono con l’idea di fare i chirurghi, ma finiscono col somministrare la solita aspirina.
«Io sapevo che tagliare era una premessa per rinascere. Se c’è una cosa che odio è licenziare qualcuno, guardarlo negli occhi e immaginarlo la sera, quando tornerà a casa e dovrà dirlo alla moglie, ai figli. È una cosa orribile. Allora cerco di attutirgli la botta, facilitargli l’uscita. Qui d’altronde si era creata una incrostazione, non potevo inventarmi un mestiere per tutti. Ma adesso ricomincio ad assumere. Cinquecento tecnici e ingegneri, e non mi bastano. Macchine, motori, trattori, camion: stiamo crescendo da tutte le parti».

E gli operai?
«Il problema non sono mai stati loro. Ma vanno gestiti bene. Andai a Pomigliano d’Arco, due anni fa, e davanti a me un’operaia attaccò un pezzo alla macchina. Brava, le dissi. E lei: “Guardi, dottore, è stata una botta di culo. Di solito ci impiego venti volte a incastrarlo”. L’ingegnere aveva disegnato male il pezzo».

Nello spot ci sono anche gli operai sotto Mirafiori.
«Abbiamo scelto immagini che riguardassero da vicino la storia d’Italia degli ultimi 50 anni. Così lo spot piazza la Fiat in un contesto storico che Apple non aveva. Appena arrivato, feci fare un filmato con tutti i nostri successi. Il senso era: se l’abbiamo già fatto, perché non potremmo rifarlo? Lì abbiamo capito che significavamo qualcosa per questo Paese. Nel bene e nel male. Ma il saldo è positivo. Perciò lo slogan della campagna è: la nuova Fiat appartiene a tutti noi”».

Le immagini le ha scelte lei?
«Ho dato spunti, anche forti. Amin, Pol Pot. Alcuni sono stati scartati. Nella mia testa c’erano solo parole e immagini. Poi è saltato fuori il bambino del “Nuovo cinema Paradiso” di Tornatore. È lui che guarda le foto, nello spot. Il suo sorriso buffo rappresenta il nuovo primo giorno della Fiat».

La sua immagine preferita? Per De Meo è Ciampi che mette le mani sulla bara dei caduti di Nassiriya.
«Falcone e Borsellino. E Valentino Rossi che solleva un braccio al cielo dopo la vittoria. Quanta energia e forza in quel gesto, quanta italianità… Questo è un Paese che non sa volersi bene».

Lei ha messo l’etica nel Dna della nuova Fiat. Funzionerà nel paese dei furbetti?
«Anche l’America ha avuto i suoi furbetti. La Enron riceveva gli investitori in una sala piena di telefoni. Peccato che non ci fossero i fili… Ma un sistema sano rientra, corregge e si riposiziona. Il problema italiano è che non ha la reputazione internazionale di sapersi correggere. La nostra sfida è riconquistare dignità».

Bisognerebbe avere senso dello Stato. Anche le aziende che privatizzano i profitti e scaricano i debiti sul pubblico.
«Negli ultimi 3 anni profitti e debiti delle Fiat sono stati totalmente a carico dell’azienda. Alle banche avevo promesso che mi sarei spaccato l’anima per non far perder loro i soldi che in quel momento non potevo restituire. Bene, se fossero rimaste tutte, adesso avrebbero il doppio e oltre del capitale investito. I loro 3 miliardi oggi ne valgono quasi 7».

Fra gli italiani si respira impotenza.
«Strano. Il Pil cresce, l’indebitamento e la disoccupazione calano, eppure c’è questo senso di insoddisfazione».

Sarà che le sale dei bottoni assomigliano a quella della Enron. Schiacci e non risponde nessuno.
«Anche qui schiacciavo e l’unico che rispondeva era il centralino. Allora mi sono messo sotto il tavolo e li ho aggiustati, i bottoni».

È un consiglio ai politici?
«Li ho visti coinvolti in certe risse… Ci vuole classe. Quando un politico si alza a parlare, deve farlo con competenza e credibilità. Il carisma non è tutto. Come la bellezza nelle belle donne: alla lunga non basta».

Chi le piace?
«Sarkozy: un uomo di destra che si apre a gente che non fa parte della sua tribù. Pragmatico. Prendiamo le pensioni. In Italia vedo un approccio ideologico. Perché uno dovrebbe lavorare più a lungo? Solo perché la vita si è allungata?».

Il caso Open Reply

Regione Piemonte ha recentemente avviato un progetto denominato Open Innovation  per diffondere conoscenza e utilizzo dell'open source nelle imprese come leva di nuovo business e ha organizzato un ciclo di seminari dedicati ad approfondire e analizzare i diversi modelli di business.  Il primo seminario verterà sul cosiddetto Commercial Enhancement Model, martedi' 10 luglio, ore 17.30, Sala Torino, Unione Industriale di Torino.

110 sere: la radio che si muove

110, videowebradio e community dell’Università  di Torino,  esce per la prima volta dagli studi di Via Verdi. 110 propone una fresca, iniziativa a tutti coloro che hanno idee, progetti in evoluzione e sono alla ricerca di nuovi canali di espressione.
Dall’aperitivo agli incontri by night, 110 sere ci trascinerà  in un universo insolito ed originale, negli spazi più amati e ricercati della movida torinese.

Due sere a settimana, dalle otto a mezzanotte, un ricco ed estroso assortimento di musica e non solo: personaggi stravaganti, artisti, v-dj’s, musicisti, videoperformances, ballerini, funamboli e saltimbanchi, aspiranti attori o affermate star… siamo alla ricerca di intuizioni e spunti alternativi…

Una settimana targata Fiat 500

Via Vittorio Pasteris

fiat500.jpgIl debutto dell’attesissima Fiat 500 caratterizzerà la settimana torinese e italiana.
Il 4 luglio di 50 anni fa Torino festeggiò il suo arrivo con una sfilata di oltre 150 vetture e oggi la sua erede riceve gli stessi onori con una manifestazione che coinvolgerà l’intera città di Torino nei giorni 4 e 5 luglio. Oltre alla cittadinanza, l’evento sarà seguito da oltre 7.000 persone provenienti da 63 Paesi di tutto il mondo, più di 1.000 giornalisti, circa 100 analisti finanziari, 200 fornitori e 1.000 invitati fra autorità, imprenditori e personaggi del mondo dello spettacolo, della moda e dello sport.
Mercoledì 4 luglio maxi festa ai Murazzi dalle 22.30 alle 24.00 in diretta TV su canale 5 e in streaming su Fiat500.com. Giovedì 5 luglio diretta streaming in italiano e in inglese dal Palaisozaki.

Il giornalismo dell'innovazione

Via Luca De Biase

Esiste un filone di ricerca sul giornalismo dell’innovazione. Il problema che propongo è semplice. Che cosa distingue il giornalismo dell’innovazione dal giornalismo tout court? La materia, si dirà. Ma questa materia ha delle implicazioni metodologiche molto importanti.

Perché se c’è qualcosa che distingue il lavoro giornalistico non è certo la tessera professionale o l’appartenenza a un giornale. È piuttosto la dedizione all’informazione con un preciso metodo caratterizzato da:
1. Servizio al pubblico (l’informazione è orientata all’interesse del pubblico, mentre la comunicazione è orientata all’interesse delle fonti, imho).
2. Prassi metodologica organizzata intorno all’ascolto critico delle fonti e alla verifica dei fatti.
3. Ricerca sulla struttura del linguaggio per migliorare costantemente la fruibilità dell’informazione in funzione dell’evoluzione dei media.

Nel caso del giornalismo dell’innovazione, il metodo giornalistico subisce necessariamente un’evoluzione. Perché in questo caso la verifica dei fatti serve a chiarire quanto siano attendibili i fatti accertati ma non basta a stabilire che un fatto appartenga al dominio dell’innovazione. La verifica che un fatto sia effettivamente un’innovazione non può che essere spostata nel futuro. Dunque, mentre è verificabile un fatto non è verificabile che quel fatto sia un’innovazione se non aspettando di vederne le conseguenze. Un’innovazione infatti non è solo una cosa nuova: è una cosa nuova che deve rispondere in modo nuovo a un problema specifico. Ma se non funziona per qualche motivo non è un’innovazione ma un fiasco.

Il giornalismo dell’innovazione deve dunque sviluppare un metodo specifico per decidere se un fatto vada annoverato nel campo dell’innovazione. Deve in sostanza prevederne le conseguenze.

Ci sono metodi buoni e meno buoni:
1. Si sceglie di stare con i frame dominanti. Dunque si decide che un fatto è innovazione se viene considerato tale dalla maggioranza degli osservatori e dagli altri media. Questo metodo presenta gravi difetti. Determina delle mode interpretative che portano a distorsioni gravi, come nel caso della bolla speculativa del 1998-2000.
2. Ci si limita a selezionare i fatti più importanti tra quelli che la comunicazione indica come innovativi. Il lavoro è orientato solo alla selezione e alla scelta delle fonti più importanti o credibili. Questo metodo offre alle aziende alle organizzazioni più importanti un potere immenso. Per esempio rende possibile che un fatto comunicato dal Mit o dalla Microsoft o da Nature appaia più importante per il giornalismo dell’innovazione rispetto a un fatto comunicato da un’università meno nota, un’azienda meno potente, una rivista meno importante. Le conseguenze possono essere altrettanto gravi.
3. Chi fa giornalismo dell’innovazione ha una sua struttura di ricerca, sviluppo e innovazione. In questo modo prova le novità che si presentano all’attenzione e riesce a distinguere attraverso la partecipazione all’ecosistema dell’innvovazione i fatti più rilevanti da quelli meno rilevanti, indipendentemente dalla fonte e dalla moda. Questo metodo appare nettamente il più efficace.

Scegliere il terzo metodo significa partecipare alla comunità degli innovatori. Significa elaborare una propria competenza pratica e su questa costruire un approccio critico. La partecipazione a diversi network di innovatori e a diversi progetti innovativi diventa in questo caso determinante. Il giornalismo dell’innovazione ha dunque bisogno di appoggiarsi a una struttura che unisce la competenza giornalistica a quella della ricerca e sviluppo. Un giornale dell’innovazione che alimenti un suo “laboratorio” può nel tempo diventare particolarmente efficace. Se sceglie questa strada, però, deve difendersi dalla tentazione dell’effetto nih: not invented here. Al di sotto di ogni giornalismo, specialmente del giornalismo dell’innovazione, l’umiltà e la passione del ricercatore sono elementi fondamentali per raggiungere il successo.

Arriva la personal-tv con il portale torinese Vcast

Diventa realtà il portale Vcast, il primo sistema integrato di comunicazione video italiano basato su tecnologie innovative e la larga banda. Una sorta di «Personal television» nata e sviluppata a Torino.

«Si tratta di un approccio innovativo all’entertainment – ha spiegato oggi Stefano Rogna, amministratore delegato di Tex97 presentando l’iniziativa – ma con un occhio di riguardo anche alla formazione a distanza ed all’ e-learning, che coniuga una eccezionale facilità di utilizzo con una immensità di contenuti già disponibili in rete e di contenuti autoprodotti.

Una serie di canali monotematici su argomenti di grande interesse come sport, motori, moda e molto altro si uniscono a quelli di gruppi editoriali noti per incontrarsi in un ambiente in cui sia presente il meglio della produzione video in lingua italiana».

Pur sfruttando la larga banda, Vcast potrà essere utilizzato anche da chi non ha un computer in casa grazie al rivoluzionario apparato Vbox. Vcast mette inoltre a disposizione dei suoi utenti Faucet, un innovativo Personal Video Recorder che consente di registrare programmi televisivi ’free to air’ da satellite o da digitale terrestre, che vengono poi consegnati solo all’utente che li ha richiesti.

Tex97 è un operatore torinese di voce, video e internet che ha quasi 6.000 clienti collegati direttamente nelle aree metropolitane di Torino e Alessandria. Il 60% del parco clienti
è composto da aziende ed il restante è residenziale. Il fatturato annuo è di oltre quattro milioni di euro

Politecnico gratis se studi in inglese

Giovanna Favro su Lastampa.it

Chi studia in inglese non paga le tasse. E’ una delle novità decise dal Politecnico per gli aspiranti architetti e ingegneri che tra poco s’affacceranno per la prima volta all’ateneo. La carica delle matricole comincerà il 26 luglio, quando partiranno le pre-iscrizioni ai test d’ammissione, e il rettore Francesco Profumo ha preparato per i nuovi studenti un programma che preme più che mai l’acceleratore sull’internalizzazione. Per tutti i corsi è attivato il primo anno in inglese, e la chance è estesa per la prima volta anche a Biella e Vercelli: nella prima si tratta di ingegneria tessile (che sostituisce l’analogo corso in italiano, soppresso), mentre a Vercelli sono state chiuse ingegneria elettronica e informatica, sostituite da «electronic and computing engeneering». Qualunque studente italiano s’iscriva a queste lauree – che puntano anche ad attrarre stranieri – così come a quelle per le matricole a Torino, non pagherà un euro di tasse. Da parte del Poli, uno sforzo e un regalo non piccoli: chi s’impegnerà nelle lezioni in lingua risparmierà fino a mille e 500 euro.

La spinta verso l’inglese (per incoraggiare i ragazzi ci saranno anche brevi pre-corsi) punta a più obiettivi ed è piuttosto articolata, visto che da settembre prenderanno il via in questa lingua anche 3 lauree di Architettura e 6 specialistiche di ingegneria (nanotecnologie per le Ict, e le ingegnerie gestionale, telematica, informatica, elettronica, delle telecomunicazioni). Si svolge inoltre in inglese Ingegneria dell’auto. «Vogliamo favorire l’internazionalizzazione e la propensione verso altri Paesi dei ragazzi – spiega Profumo – e mescolare il sangue, inserendo stranieri anche nelle sedi decentrate. Oltre a prevedere l’inglese a Biella e Vercelli, indirizzeremo a Mondovì, Alessandria e Verres i giovani di lingua spagnola e francese».

Per attrarre più studenti dall’estero (oggi sono 1600, il 6%) sono state anche attivate 250 borse di studio da ben 10 mila euro l’una, destinate ai migliori. Sono due milioni e mezzo, una grossa somma per il Poli, ma «è un investimento che ritengo necessario, anche se mi tocca pagare su questa cifra pure le tasse. Ogni iniziativa che aiuti a mescolare sempre più lingue e nazioni è una priorità».

Da quest’anno partono anche le pre-iscrizioni al campus italo-cinese, avviate lo scorso anno solo per i giovani orientali. Chi avrà la chance d’essere ammesso ai corsi di ingegneria dell’informazione, e di ingegneria meccanica e della produzione, studierà in parte in Italia e in parte in Cina: «Una chance – commenta Profumo – che se avessi meno di vent’anni non mi lascerei mai sfuggire».

Al capitolo internazionalizzazione è pure nato un nuovo ufficio, in cui lavorano 25 persone. Sono incaricate anche dell’accoglienza e dell’inserimento dei ragazzi venuti da oltre confine nella vita cittadina. Sempre in tema «mescolanza di sangue», infine, c’è l’aumento degli accordi di doppio titolo con altri atenei. Sono saliti a 61, 34 in Europa e 27 in altri continenti. I ragazzi compiono, anche in questo caso, parte del percorso di studi al Poli e parte nell’ateneo straniero con cui è in corso la partnership. Conseguono alla fine non una, ma due lauree, una per università in cui sono stati studenti.

Torino Wireless e CSP per Omegabox

E' per il 29 giugno la presentazione del Bando OMEGABOX con cui la Fondazione TorinoWireless erogherà un finanziamento di 200mila euro invitando le PMI a proporre progetti per lo sviluppo di applicazioni verticali e nuove funzionalità nell'ambito del multimedia.

Il bando prende il nome dall'innovativo set top box Open Source di nuova generazione progettato da CSP e commercializzato da SpiD – società attiva nel settore della TV digitale e del digitale terrestre – con il nome TIUB.

Il bando verrà presentato nel corso del seminario “Torino Wireless e CSP insieme per il trasferimento tecnologico, le opportunità per le PMI nel campo del multimedia”, in programma il 29 giugno 2007 alle ore 9,45 a Villa Gualino.

Durante l’incontro le aziende avranno la possibilità di approfondire le opportunità offerte dal bando: Torino Wireless illustrerà le procedure di partecipazione, CSP presenterà le caratteristiche tecniche della piattaforma e suggerirà i temi di sviluppo ritenuti più interessanti; SPID descriverà il proprio set-top-box e le opportunità di sviluppo e integrazione verticale.

L’erogazione del finanziamento rientra nelle attività di accelerazione di impresa di Torino Wireless e si configura come un intervento del Progetto PMI e pertanto soggetto a regime de minimis.

Le aziende potranno scegliere se sviluppare le proprie soluzioni sulla piattaforma originaria CSP/Politecnico, oppure sul set top box TIUB. In entrambi i casi le applicazioni sviluppate dalle PMI potranno usufruire della forte integrazione della piattaforma, un ambiente aperto a differenti applicazioni per l’intrattenimento e la gestione di contenuti multimediali.

Cresce ancora la radio centodieciwebradio

In streaming audio e video, 24 ore su 24, 7 giorni a settimana 110 è la voce della comunità universitaria, favorisce lo scambio di idee, contenuti ed esperienze e valorizza la creatività incoraggiando la sperimentazione di linguaggi multimediali e lo sviluppo di nuove tecnologie.

110 è audio,video e parole, un laboratorio multimediale, strumento per tutti gli studenti dell’Ateneo torinese per sperimentare la contemporaneità. La linea editoriale affonda le proprie radici negli obiettivi istituzionali, dell’Università di Torino. Ricerca e didattica sono il fulcro su cui si muove la sperimentazione di linguaggi e nuovi media.

La programmazione di 110, ad alto contenuto internazionale, multiculturale e multimediale, è principalmente rivolta al mondo universitario degli studenti, dei docenti e del personale tecnico amministrativo dell’Ateneo e comprende tre grandi macro-aree: informazione, musica e creatività.

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