Fare e far fare

Alberto D’Ottavi sull’innovazione in Italia

Il problema fondamentale dell’innovazione italiana è che NON BISOGNA “fare qualcosa”, bensì l’esatto contrario: “FAR FARE”. Non abbiamo bisogno dell’ennesimo ente che distribuisca soldi qua e là. Abbiamo bisogno che istituzioni, enti, università, aziende, e le stesse persone (politici, guru improvvisati della situazione, professori) facciano un passo indietro. Che facciano ognuno il loro mestiere, collaborando a creare un contesto di scambio aperto delle idee in cui gli innovatori, le idee nuove, possano emergere spontaneamente. Ed essere premiate

Dando soldi “dall’alto” si ottengono risultati magari anche buoni, ma a casaccio, in modo saltuario, e di breve respiro. Noi invece abbiamo bisogno di un ecosistema, di un “playground”. Abbiamo bisogno di un contesto aperto in cui si possano sviluppare idee senza pensare subito al ritorno economico.
In cui sperimentare nuove direzioni “perché è bello”, e niente più. Perché da un ambito simile verrà sicuramente fuori un’idea “killer”.

Conversazione su Torino con Bruce Sterling

Dal sito di Torino World Design Capital l’intervista di Mark Vanderbeeken a Bruce Sterling

Bruce Sterling è uno scrittore di fantascienza americano, noto in particolare per i suoi romanzi e l’autorevole progetto antologico Mirrorshades, che ha definito il genere letterario cyberpunk. Ma è anche un acclamato futurologo e un critico di design. Nel suo libro di recente pubblicazione “Shaping Things”, Bruce ha coniato il termine “spime” per indicare oggetti di futura fabbricazione, che si basano su un supporto informatico talmente esteso e vario, da renderli esemplificazioni materiali di un sistema immateriale.

Nel 2003 ha ottenuto la cattedra presso l’European Graduate School, dove in estate tiene dei Corsi Intensivi di media e design. Nel 2005 è stato invitato a curare il programma “Visionary in residence” presso l’Art Center College of Design di Pasadena, in California. Da quest’autunno, vive a Torino con la moglie Jasmina Te¨anović, scrittrice e regista serba, e ha collaborato in veste di guest curator all’allestimento del Torino SHARE festival

Dom.:Come sei approdato a Torino?

Sono stato invitato. Lo scorso anno, ho partecipato allo SHARE Festival e mi ha profondamente colpito. E’ un piccolo festival, ma ogni anno acquisisce più importanza. Mi hanno proposto di diventare il curatore ospite e aiutarli ad organizzare l’edizione successiva. Allora mi sono detto: “Beh, ecco un peccato che non ho ancora commesso!”. E non avevo alcun motivo per rifiutare. Parafrasando Carla Bruni: “Non potevo dire di no al Presidente. Non c’era motivo per rifiutarlo!”. Neanche io avevo alcun motivo per dire di no, e ho ottenuto ottimi risultati con il lavoro svolto qui.

Dom.: Ti sei fatto un nome a Torino. Ti vedo spesso sul podio, come oratore, anche a fianco di rappresentanti politici.

Questo perché sono un giornalista. Mi interesso a ciò che fanno. Inoltre scrivo per la stampa italiana, e la gente è molto disponibile con i giornalisti, perché ama apparire sui giornali. Personalmente, non mi dispiace affatto. Non chiedo niente in cambio, per altro. Non sono qui per fare pressioni o avanzare richieste assurde. Sono un tipo allegro e innocuo, davvero.

Dom.: E nel frattempo hai avuto l’opportunità di comprendere a fondo la città.

Gli stereotipi non fanno mai giustizia a nessuno, ma se dovessi descrivere in poche parole i torinesi, dovrei rifarmi ai tratti classici per cui sono noti in tutta Italia: freddini, formali, squadrati, militarizzati, ingegneri, cervellotici, intellighenzia, con in più una bizzarra vena mistica. Torino può sopravvivere senza l’Italia, ma l’Italia non sopravvivrebbe senza Torino. I torinesi sono aristocratici, immersi nel proprio universo mentale… So che sto esagerando, ma c’è anche un briciolo di verità.

Dom.: Ma è anche una città in piena trasformazione. Desideravi prendervi parte?

Come americano, quando vedo un posto in fase di radicale cambiamento, mi domando quali siano le leve che mettono in moto il meccanismo. Di conseguenza, all’inizio, quando sono arrivato, ponevo le domande sbagliate, nel tentativo di individuare la mente alla base della trasformazione. E invece quest’ultima non viene dettata dal tecnocrate di turno, come accadrebbe negli Stati Uniti. Si tratta piuttosto di un fenomeno socio-culturale.

Dom.: In che senso?

In America, un forte cambiamento a livello sociale di solito è messo in moto da due categorie, avvocati e finanzieri, ed implica una revisione delle norme giuridiche. Inoltre gli americani si aspettano che i problemi e le sfide siano affrontate con una soluzione di natura tecnica.

All’estero, come americano, ho applicato la stessa logica e cercavo di individuare i soggetti che, da dietro le quinte, controllano il cambiamento. Tali individui esistono anche in seno alla società italiana, ma non hanno lo stesso peso. La società italiana, soprattutto a Torino, è dotata di un capitale sociale di gran lunga superiore a quello americano.

L’America è molto più atomizzata: le relazioni sociali fondamentali sono di natura economica e legale. Sono fondate sulla Costituzione oppure sul dollaro onnipotente. Noi americani vogliamo arrivare al succo della questione: una cosa o è illegale o ha arricchito qualcuno.
Trovo che quello che sta accadendo in Piemonte sia affascinante. La regione ha molto da offrire al mondo esterno: ad esempio, il movimento Slow Food.

Tanto per cominciare, si tratta del “movimento” Slow Food, invece che di Slow Food Spa. Negli Stati Uniti, Slow Food sarebbe una catena anti-Mc Donald’s. Il fondatore avrebbe professato: “Odio Mc Donald’s, quindi creo il mio franchising”. Come è stato per Apple in opposizione a IBM.

Slow Food si fonda su una solida base sociale e rappresenta un autentico modus vivendi, con volti diversi: una scuola, una casa editrice, un’università, una serie di conferenze, un network internazionale, un dominio privatizzato di sistemi di controllo e garanzia, ed un guru culturale.

Definire Slow Food è un’impresa ardua. In inglese non lo si può descrivere in parole semplici, e anche questo mi ha colpito. All’inizio ero un po’ perplesso, ma il punto è che funziona perfettamente e probabilmente non sarebbe possibile gestirlo in nessun altro luogo, se non qui.

Oggi il movimento Slow Food è popolare anche negli Stati Uniti, ma l’America non sarebbe mai stata in grado di partorire un’idea simile. È il frutto di un’invenzione sociale, e del genio piemontese.

Dom.: Che cos’altro ti ha colpito?

Il rapporto che Torino ha instaurato con la sua storia: questa è la prima città al mondo a considerare l’industria automobilistica come parte del proprio passato economico. E lo fa in maniera delicata e rispettosa, senza voltare le spalle alla vocazione industriale di un tempo, e senza negare il XX°secolo. Ha semplicemente ideato un metodo, educato e conforme ai dettami del XXI°secolo, per la gestione di strutture in disuso come il Lingotto (ex-fabbrica FIAT), che a Detroit sarebbero state abbandonate, invase dai tossicodipendenti, ricoperte di graffiti, e con gli alberi che crescono da tutte le parti.

La versione americana di questa trasformazione probabilmente avrebbe fallito. In passato
ho affermato che le rovine dello sviluppo non sostenibile sono la frontiera del XXI°secolo. Il pianeta è giunto a saturazione e non ci sono altre vie d’uscita.

Attualmente sono i centri urbani decadenti, ristrutturati e trasformati in quartieri signorili, ad essere teatro dello sviluppo più vivace. O siti come il Lingotto, in cui un’immensa fabbrica di montaggio auto si è trasformata in polo commerciale e di ristorazione. Oggi il Lingotto costituisce uno spazio per i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro. Trovo che sia una trasformazione formidabile.

Il resto dell’intervista

Aziende, ecco i giovani creativi

Luca Castelli su Lastampa.it

“Oggi sono sempre di più i giovani che investono nella creatività. E grazie alla piccola grande rivoluzione tecnologica degli ultimi quindici anni, possono farlo con strumenti sempre meno costosi e più semplici. E’ una generazione che sta sviluppando forti competenze. Il problema è aiutare i migliori a trovare anche sbocchi professionali per il proprio talento. E’ questa la filosofia da cui nasce il Faber Meeting”.

A parlare è Carlo Boccazzi Varotto, che della manifestazione in corso in questi giorni a Torino è ideatore e direttore. Non è un festival come gli altri, il Faber Meeting. Se non altro perché non segue il classico canovaccio delle conferenze/incontro per il pubblico, ma preferisce puntare sulla creazione di un contatto diretto ed esclusivo tra giovani eccellenze creative e grandi aziende impegnate nel mondo dell’entertainment e dei media (in senso piuttosto trasversale: si va da big come Rai, De Agostini e www.lastampa.it fino a piccole e medie imprese locali).

“Il nostro è un evento giovane, alla prima edizione, voluto dall’Assessorato al Lavoro del Comune di Torino”, spiega Boccazzi. “In pochi giorni però siamo riusciti a raccogliere più di settanta opere di giovani autori tra i 20 e i 32 anni, provenienti da tutta Italia. Sono state le aziende stesse a scegliere le trenta migliori, suddivise in tre categorie: audiovisivi, animazione, Web. I trenta autori sono stati invitati a Torino per incontrare proprio i responsabili di quelle aziende che li hanno selezionati e per seguire i workshop di esperti come il regista Mimmo Calopresti (audiovideo), Franz Fischnaller del gruppo Fabricators (web) e Matthew Luhn della Pixar (animazione)”.

Uno strano ibrido, decisamente figlio dei nostri tempi, quello tra concorso e workshop. “Alla fine del Meeting ci saranno tre vincitori, uno per categoria, che saranno annunciati venerdì pomeriggio al Cinema Massimo di Torino e porteranno a casa duemila euro a testa. Tutti avranno comunque l’opportunità di avvicinare quel mondo del lavoro che rimane spesso molto distante dalle giovani creatività. Non vogliamo illudere nessuno: non crediamo che ci saranno immediate offerte o contrattualizzazioni. Ma speriamo che sia un primo passo per spiegare agli artisti come funzionano determinati ambienti di lavoro e per far conoscere alle aziende nuovi giovani di talento. Il livello dei concorrenti è altissimo: è incredibile cosa riescono a fare questi ragazzi. Lo stesso Calopresti è rimasto a bocca aperta e la Rai ha manifestato un forte interesse nei confronti di alcune opere”.

Contatto avvenuto, insomma. Da un lato un’industria tradizionalmente piuttosto chiusa come quella della comunicazione e dell’entertainment. Dall’altro un mondo aperto per natura, come quello dei nuovi creativi cresciuti a pane, Web e nuove tecnologie. Quali saranno i risultati?

Il laptop da 100 dollari per i bambini a Grugliasco

Via Vittorio Pasteris

Due esemplari dell’OLPC saranno presentati oggi a Grugliasco all’ITC Mayorana. Si legge sul blog di Mariano Turgliatto

Due piccoli pc portatili verdi e bianchi sono arrivati dagli Stati Uniti pochi giorni fa. Sono quelli di Nichols Negroponte, inventati per consentire ai bambini nei paesi in via di sviluppo di avere accesso aalla tecnologia e alla comunicazione. Siamo riusciti ad averli e oggi li presentiamo all’Istituto Majorana di Grugliasco, dove i piccoli portatili sono rimasti sotto le grinfie degli studenti e dei professori che li hanno sottoposti a rigidi test, dure prove e strampalati esperimenti: oggi vedremo i pc funzionare a energia solare!

E-wine, tracing the bottle al Cebit

Immaginate di acquistare una bottiglia di vino o di ordinarne una al tavolo di un ristorante e, utilizzando il vostro cellulare o il palmare, di poter leggere la storia di quella bottiglia e dell’azienda che la produce, di poter scoprire gli abbinamenti consigliati con i cibi, di visualizzare immagini e mappe dell’area geografica di produzione…Tutto ciò è possibile grazie all’applicazione delle nuove tecnologie, anche in settori tradizionali come quello dell’agroalimentare ed è uno degli obiettivi che si propone il progetto “E-wine, tracing the bottle”, presentato in occasione del Cebit di Hannover dalla Camera di commercio di Torino e dalla Fondazione Torino Wireless in collaborazione con l’Istituto Superiore Mario Boella.

Il settore del vino, caratterizzato da prodotti dal valore unitario relativamente alto, da un packaging standard e da una elevata complessità gestionale, costituisce uno dei terreni ideali per una sperimentazione delle applicazioni innovative rese possibili dalle tecnologie ICT in campo agroalimentare, in particolare in tema di tracciabilità delle merci lungo la filiera. La reale tracciabilità delle bottiglie di vino, ottenuta grazie all’applicazione delle nuove tecnologie come risposta ad un obbligo normativo, può infatti rivelarsi anche e soprattutto una forte spinta verso la diffusione di servizi a valore aggiunto applicati al prodotto vino, a vantaggio sia dei produttori, sia dei consumatori finali.

Il progetto “E-wine, tracing the bottle”, nato dallo sviluppo di precedenti progetti sperimentali, permette di dotare le bottiglie di vino di una carta di identità elettronica, costituita da una semplice etichetta intelligente adesiva, capace di ospitare e veicolare a consumatori, distributori, ristoratori, numerose e più complete informazioni sul vino contenuto nella bottiglia.

Ad esempio, permetterà ai produttori di:

  • differenziare i propri prodotti, rendendo disponibili una serie di informazioni più ricche e interessanti sotto il profilo commerciale
  • identificare in modo univoco la propria produzione, accrescendo la garanzia anticontraffazione
  • rendere maggiormente visibile la qualità dei propri processi produttivi attraverso l’integrazione con il sistema di tracciabilità interno all’azienda, arrivando a seguire la bottiglia nel suo intero percorso dalla vigna fino al il consumatore
  • ricostruire la distribuzione geografica del consumo dei propri prodotti e su questa base effettuare azioni di marketing mirate.

Relativamente al consumatore, il sistema consentirà di fruire di contenuti informativi aggiuntivi rispetto a quelli disponibili ad oggi sulle etichette – ad esempio, informazioni sull’azienda produttrice, immagini e mappe dell’area geografica, caratteristiche organolettiche del vino, abbinamenti consigliati con i cibi ecc. fornendo maggiori garanzie sia sulla qualità del processo produttivo, sia sull’autenticità del prodotto.

Faber Meeting: una tre giorni di eventi

Una giuria di esperti, indicati dalle aziende aderenti all’iniziativa, ha selezionato i 30 autori che saranno ammessi al Faber Meeting, una tre giorni di incontri, dibattiti e workshop che si terrà al Virtual Reality & Media Park di Torino tra il 5 e il 7 Marzo 2008, un modo per sperimentare una nuova modalità di interazione fra creatività e mercato. Rai, Mediaset, T-Lab, DeAgostini, ma anche tante altre realtà presenti sul territorio piemontese presenteranno il loro rapporto creatività – impresa attraverso una serie di incontri intitolati “Il mercato dell’entertainment – audiovisivi, internet, web: panorama e orientamenti del mercato” e “Tra mercato, sperimentazione e ricerca – l’evoluzione tecnologica e la produzione di contenuti”.

Il programma della tre giorni

La diretta delle conferenze di Faber Meeting

A Torino si prende il bus con Google

Via Vittorio Pasteris

Google annuncia il lancio di Transit, il nuovo servizio di Google Maps che fornisce agli utenti indicazioni su come pianificare un tragitto utilizzando i mezzi pubblici. Con un semplice clic, il servizio segnala all’utente le tratte coperte, le fermate più vicine al punto di partenza e di destinazione, i tempi di percorrenza e persino gli orari di riferimento, direttamente sullo schermo. Caratteristica principale di Google Transit è la possibilità di costruirsi ad hoc un percorso che preveda l’utilizzo di diversi mezzi: tram, autobus, metropolitana, treno.

Google Transit viene lanciato in Italia come primo Paese europeo e vede già coinvolte con importanti collaborazioni la Provincia di Firenze – dove Google Transit è disponibile per l’area metropolitana fiorentina, la zona del Mugello-Val di Sieve e quella del Chianti-Valdarno – e il comune di Torino, attraverso la GTT (Gruppo Torinese Trasporti). Prossimamente, il servizio verrà attivato anche presso il Comune di Genova e nel territorio veneto, grazie alla collaborazione avviata con la ACTV Spa di Venezia.

Un esempio concreto: da Porta Nuova al Castello di Venaria

Esperienza Italia a Torino nel 2011

Il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha presentato il programma e le sedi al Comitato dei Garanti: 250 giorni di eventi, mostre ed expo per fare Esperienza dell’Italia.

Il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha presentato il progetto Esperienza Italia, la manifestazione di 250 giorni che animerà Torino e il Piemonte nel 2011 in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Il Sindaco, presidente del Comitato piemontese per i festeggiamenti, ha esposto le linee guida del progetto che mira a far vivere ai visitatori un’esperienza dell’Italia (da qui il titolo della manifestazione) e un’esperienza di identità nazionale, attraverso la valorizzazione del passato, il dibattito sul presente e soprattutto la sperimentazione del futuro del nostro paese.

La cerimonia inaugurale si terrà a Torino il 17 marzo 2011 e si svilupperà nei 250 giorni successivi con un intenso programma di attività, articolato in diverse sedi. La Reggia di Venaria Reale sarà il luogo della bellezza e del saper vivere, lo Spazio Italia 150 (nell’area di Spina 2) ospiterà le attività sulla storia e l’identità oltre che quelle sulla creatività e Made in Italy, Mirafiori sarà il luogo della mobilità del futuro, il nuovo Centro della Scienza ospiterà la ricerca e l’innovazione e infine i parchi Dora, Stura e del Valentino riqualificati proprio per il 2011 saranno la sede degli eventi dedicati ad ambiente e alimentazione.

Infine il sistema culturale torinese metterà a punto un ricco programma di attività, per accogliere al meglio i visitatori attesi da tutto il mondo per Esperienza Italia.

La presentazione, accolta con interesse dai venti Garanti che compongono il Comitato, ha ricevuto l’apprezzamento del Presidente Ciampi. “Torino e il Piemonte in questo grande progetto del 2011 hanno un ruolo non solo storico;” ha affermato all’uscita il Sindaco Chiamparino, “il recente passato di questo territorio, che ha saputo reagire a una situazione di profonda crisi, lo candidano a essere il palcoscenico naturale per un evento sul futuro dell’Italia, in un momento di crisi dell’identità nazionale”, conclude.

Le attività partiranno già dal prossimo 17 marzo, con un programma di avvicinamento incentrato sulla riflessione sull’identità italiana che sarà dapprima rivolto al territorio per aprirsi, in autunno, all’intera nazione. In particolare il 2009 vedrà la realizzazione della prima edizione della Biennale Democrazia, mentre nel 2010 prenderanno vita le attività sui Luoghi della memoria e il grande appuntamento internazionale Euroscience Open Forum.