Giovanna Favro su La Stampa
Macchie di sugo, d’erba o di caffè che magicamente svaniscono al sole: la camicia e la cravatta tornano pulite senza tintoria né lavatrice, e il divano ridiventa candido senza smacchiatore. Magia delle magie alle orecchie di ogni massaia: la tenda non ingrigisce più per lo smog oltre al fatto che chi ha problemi di sudorazione non lascia cattivi odori sulla t-shirt. Sono i tessuti «autopulenti» e «antibatterici»: miracoli delle nanotecnologie, che consentono invenzioni solo apparentemente da fantascienza: ormai, si tratta di oggetti pronti a finire sui mercati. Ieri a Torino sono stati presentati i rivoluzionari frutti del lavoro di 11 aziende e 5 centri di ricerca dei tre atenei piemontesi (Università degli Studi di Torino, Politecnico e ateneo Avogadro), Cnr e Inrim. Scienziati e imprese hanno lavorato gomito a gomito nel progetto «Nanomat», sostenuto dalla Regione e promosso dal Corep.
I risultati? Compreremo tessuti che si lavano da soli entro un paio d’anni, e sono in arrivo auto con invisibili pannelli solari sul parabrezza, super-pellicole che conservano i frutti di bosco per settimane, materiali che riparano i difetti delle pareti addominali, o sistemi che scoprono i danni dei beni culturali ben prima che siano visibili.
Gabriele Ricchiardi, ricercatore del Centro d’eccellenza sulle «Superfici e interfacce nanostrutturate» dell’Università di Torino, racconta le meraviglie del cotone che si smacchia al sole. Su quest’invenzione sono al lavoro diversi gruppi di ricerca nel mondo (specie in Giappone), e quello di Torino, diretto da Adriano Zecchina, è il più avanzato d’Italia: ha creato (con la Buzzi Unicem) un cemento che non fa ingrigire le facciate delle case, e con l’«Associazione tessile e salute» di Biella i prodigiosi filati. Il segreto? «Si deposita sul cotone, la lana o la seta uno strato di biossido di titanio di dimensioni nanometriche, cioè misurato in miliardesimi di metro». E’ atossico, costa poco «ed elimina le macchie con la luce solare: ne scinde le molecole facendole decomporre e svanire».Non è un’illusione ottica: «Lo sporco è distrutto davvero, trasformato in anidride carbonica e acqua». Il bucato senza lavatrice può fare un po’ senso, ma il risultato è migliore di quello del lavaggio: non servono acqua, sapone o energia elettrica (né olio di gomito), e l’invenzione funziona con ogni macchia, salvo la ruggine. Servono un paio d’anni per la vendita, «perché vogliamo tessuti morbidissimi e strati nanometrici attaccati alle fibre nonostante anni di strapazzi». Una magia? «Non è che un esempio – dice Savatore Coluccia, coordinatore del progetto Nanomat e docente all’Università – delle mille applicazioni delle nanotecnologie, la più promettente frontiera scientifico-tecnologica anche perché capace di applicazioni in tutti i campi, dall’energia alla medicina».
Gli Archimede del Centro nano-sistemi dell’Università del Piemonte Orientale hanno presentato, dice Leonardo Marchese, uno studio condotto con il Centro Ricerche Fiat «per film di materiali nanostrutturati che trasformano l’energia solare in elettricità, una volta stesi sui vetri e il tettuccio delle auto». Se la scoperta funziona anche sulle finestre delle case, Giovanni Camino, («Dismic» del Politecnico), è invece alle ultime battute (con il Parco Tecnogranda di Cuneo) per una pellicola da alimenti che raddoppia la durata di frutta e verdura: «Quelle oggi in vendita consentono il passaggio d’ossigeno.
La nostra pellicola è altrettanto trasparente e flessibile ma crea una barriera all’aria più efficace». E ancora: l’industria «Ledal» produce filati di lamé, e con il «ChiLab» del Politecnico ne ha creato un tipo che non scolorisce mai: «Con quest’invenzione – dice Claudio Cagliero – speriamo di riportare un po’ di lavoro in Italia». Un’altra azienda, la «Nimbus», vende i primi esemplari di un velivolo senza pilota che è una via di mezzo fra un aereo e un dirigibile, la «Logicabiomat» produce nanosfere che trasportano i farmaci nel corpo, la «Adamantio» scopre i danni alle pergamene prima che siano visibili, e via inventando materiali a livello infinitamente piccolo. Non è fantascienza: il futuro è qui.