Nella realizzazione della nuova stazione ferroviaria di Porta a Susa a Torino bisogna tenere in particolare considerazione il collegamento con le corriere e le autolinee in generale. Piu’ le due stazioni sono vicine meglio e’. Non ci devono essere scale e gradini per muoversi dall’una all’altra, l’ideale sarebbe se fossero sovrapposte e ci si potesse muovere dall’una all’altra con degli ascensori. Se la sovrapposizione delle due stazioni fosse impossibile, allora bisogna puntare a ridurre al minimo la distanza, possibilmente servendo il percorso con un nastro trasportatore. Siamo il paese al mondo con il piu’ alto numero di anziani ogni 100 abitanti. Non possiamo pretendere che persone non giovanissime facciano lunghi trasbordi, magari con del bagaglio pesante. Dobbiamo cercare di semplificare il piu’ possibile la vita a chi si serve dei mezzi pubblici, in particolare a chi non è un energumeno o un atleta. Tante volte si rifiuta il mezzo pubblico e si sceglie l’auto, non tanto perche’ la seconda garantisca molta comodità in più, ma perchè troppe volte il mezzo pubblico viene progettato da chi non lo usa, da gente che non considera che per una madre con un bambino piccolo, una valigia ed uno zainetto 500 metri per passare da un treno al bus possono essere troppi.
Bilancio UE, poteva andare peggio
Italia, Francia e Regno Unito pagheranno la stessa percentuale di PIL, lo 0.45 %.
E` un buon risultato?
E` buono che a Francia e Regno Unito sia applicata un’aliquota almeno uguale alla nostra, perche’ prima essi pagavano aliquote piu’ basse della nostra e cio’ era assurdo. Era semplicemente regressivo. Due paesi piu’ ricchi di noi pagavano una percentuale di PIL piu’ bassa della nostra. Ora almeno paghiamo la stessa percentuale.
E’ un po’ un male che non si sia potuto ottenere che ad essi venisse applicata un’aliquota un po’ piu’ alta.
In generale potremmo dire che si e` trattato di un passo nella giusta direzione.
Resta abbastanza ingiusta la posizione della Germania, che con un reddito pro capite inferiore a quello inglese, ha ricevuto un`aliquota del 0.55%. Ancora una volta la Germania si e’ sobbarcata un costo piu` grosso di quello che i semplici numeri le attriburrebbero. Tutti noi dobbiamo apprezzare questa dimostrazione di europeismo nei fatti della dottoressa Merkel e dei suoi concittadini.
(Fonte dei dati: BBC, The world at one, 20/12/2005)
Energie alternative: un problema di cultura e di regole
Perche` l`Italia e` indietro rispetto a molti paesi europei nell`uso di
energie alternative? Noi siamo di gran lunga superati non solo dalla piccola
Danimarca, ma anche dalla Germania, dalla non troppo ecologista Gran Bretagna e
perfino dalla latina Spagna. Qual e` il problema in Italia?
Sono vari. Uno di essi dipende dal fatto che ogni tecnologia implica certi modelli di organizzazione del lavoro e certe culture aziendali. Ad esempio gli impianti nucleari, quelli termoelettrici (a gas o a derivati del petrolio) e quelli
idroeletrici, spesso richiedono pochi impianti di dimensioni molto grandi. Percio` le
aziende che si sono specializzate a produrre energia da quelle fonti hanno
sviluppato una cultura di grande impresa. Le tecnologie rinnovabili spesso si adattano bene a piccoli impianti, presenti in tanti luoghi.
Vi sono ovviamente le eccezioni. Ad esempio gli impianti eolici in mare
aperto possono richiedere organizzazioni alquanto complesse, normalmente
disponibili solo in grandi imprese. Non a caso giganti dell`energia come BP o Shell sono entrati
abbastanza massicciamente in questo tipo di attivita`, anche utilizzando parte
delle esperienze e delle capacita` da loro acquisite nella gestione di piattaforme petrolifere in
mare aperto.
In Italia gli impianti eolici in mare aperto forse presentano qualche problema in piu`
perche’ non disponiamo di tanti luoghi
abbastanza lontani da riva che siano allo stesso tempo battuti dal vento e dotati di fondali poco
profondi. Cio` e` molto piu` comune in alcuni paesi del nord Europa, ad esempio
il Regno Unito.
Da noi , finora i principali attori in campo energetico sono stati ENEL ed
ENI. Entrambi hanno comprensibilmente sviluppato delle culture aziendali proprie delle grandi
organizzazioni con una specifica attitudine a trattare relativamente pochi grandi
impianti, con grossi costi fissi e grandi volumi.
Una delle tecnologie che in Italia potrebbe offrire interessanti
prospettive e’ il solare, ma il solare non e` una tecnologia particolarmente
adatta ad essere sfruttata in impianti grandi. Piuttosto il solare si presta
bene come risorsa diffusa, sfruttata un po` dappertutto. Non grandi centrali, ma pannelli piu` o meno
sopra ogni costruzione, abitazione o capannone. Ecco che, per quanto riguarda
il solare, il ruolo delle aziende, che fino ad oggi ci hanno garantito energia,
sarebbe abbastanza modesto. E` cosi’ ingiusto aspettarsi da loro un grande
impegno per il suo sviluppo. Il problema invece e’ negli usi e nelle norme che
regolano l`edilizia. In Italia l`edilizia e` largamente fuori controllo a causa
di frequenti condoni che rendono sostanzialmente inutile il rispetto delle
leggi. Inoltre mentre chi compera un’auto oltre a cercare una bella macchina,
spaziosa o compatta, veloce o tranquilla, chiede anche quanto essa consumi per litro di
benzina, chi compera un’appartamento riceve risposte piu’ confuse. Quando si
pensa al costo, spesso ci si chiede di piu’ quanto sara` la rata del mutuo,
piuttosto di chiedersi l’ammontare delle bollette di riscaldamento, luce, gas
ed acqua. Quelle verranno quasi come una fatalita`.
In queste condizioni e` difficile che case un po’ piu’ costose, ma con
consumi mensili molto piu’ bassi possano avere molto successo. La legislazione
edilizia e quella sui contratti concernenti immobili potrebbero dare una bella
mano. L’una imponendo che il contratto di vendita sia nullo in assenza di una perizia
tecnica sui consumi energetici dell’immobile. Semplicemente l’acquirente non sa
cio’ che compra, se non sa quanto la casa consuma. La legislazione edilizia
dovrebbe imporre che tutte le nuove case ed i nuovi capannoni non consumino
piu’ di un certo ammontare di energia. Queste limitazioni gia` esistono per le
automobili, non si vede perche` non debbano esistere per le case. Infine ci
vorrebbe una riforma costituzionale che preveda che i condoni possano essere
solo introdotti con maggioranze molto ampie, almeno dei 2/3. In tal modo, forse
verrebbero usati piu` parsimoniosamente.
Infine sarebbe bene responsabilizzare le regioni. Da un lato bisognerebbe far funzionare un vero e proprio protocollo di Kyoto nazionale; ogni regione dovrebbe concordare con le altre e con lo stato, la sua quota di riduzione di emissioni inquinanti, con sanzioni per chi non rispetta gli accordi; inoltre ogni regione dovrebbe almeno in parte essere responsabile per il proprio approvigionamento energetico. Le regioni potranno poi trasferire parte delle responsabilita` a provincie e comuni. Chi non si da fare per risparmiare e produrre energia dovra` subirne le conseguenze.
Targhe alterne, sottopassi, giornate senz`auto e parcheggi.
Le risorse
disponibili per organizzare i trasporti in un`area urbana come quella di Torino
sono molto limitate. E` quindi indispensabile avere le idee chiare
su cio` che si vuole fare, concentrando
su di esso gli sforzi.
Finora abbiamo
visto l`utilizzo di risorse per la costruzione di parte di una linea di
metropolitana, di parte del passante ferroviario, di alcuni sottopassi
automobilistici e di molti parcheggi. Questo sembra indicare che gli obiettivi
siano due: migliorare il trasporto
pubblico e favorire la circolazione automobilistica. Ma questo non e` tutto. Sono ormai molti anni che
moltissimi giorni all`anno a Torino le auto viaggiano in regime di targhe
alterne o non viaggiano affatto. Questo in parte e` la conseguenza della specificita`
geografica di Torino, dove, a differenza di Londra o Parigi, raramente c`e` un
po` di vento che porti ad altri i gas di scarico dei locali. A Torino cio` che si
scarica resta sul posto abbastanza a lungo. Le targhe alterne ed i blocchi del
traffico sono anche conseguenza di normative europee che tutelano la nostra
salute.
La domanda di
mobilita` automobilistica e` certamente limitata da molti fattori, quali la
difficolta` o il costo a trovare parcheggio e la presenza di traffico. Di fatto
noi osserviamo solo la domanda di traffico espressa, quella dichiarata da
coloro che, incuranti delle difficolta` di parcheggio e delle molestie del
traffico, decidono comunque di condurre l`auto. Dobbiamo pero’ tenere in conto
anche la presenza di una domanda latente, quella di tutti coloro che prendono
un mezzo pubblico o in genere non usano l`auto, ma che sarebbero al volante, se si offrisse loro
piu` parcheggi e piu’ strade. In pratica l`offerta di parcheggi,
di strade, sovrappassi e sottopassi e` in grado di stimolare la domanda effettiva di utilizzo dell`auto. Destino
pero` vuole che un`aumentata domanda di circolazione automobilistica si scontri
con i limiti ambientali e le direttive UE. Quindi targhe alterne e giornate del
pedone. Tutto cio` e` abbastanza contraddittorio. Allo stesso tempo si vuole facilitare e
stimolare l`uso dell`auto e poi lo si proibisce. L`introduzione di misure che sono le une in
conflitto con le altre si tramuta in uno
spreco di risorse ed in una riduzione dell`utilita` collettiva.
Maggiore realismo
condurrebbe a scegliere un solo obiettivo e a riporre su di esso le poche
risorse disponibili. Tenuto conto
dell`oggettiva difficolta` di abrogare le norme UE, forse bisognerebbe ammettere che spendere le
poche risorse disponibili per costruire sottopassi e parcheggi nel centro della citta`e` un lusso che non possiamo
permetterci.
Banca d’Italia, articolo 17
Ormai e` ampio il
consenso che qualcosa alla Banca d`Italia debba cambiare, ma come? Qui bisogna
distinguere tra cio` che si puo` fare a brevissimo termine da cio` che si puo`
fare nel giro di qualche mese. A brevissimo termine si puo` garantire alla
Banca d`Italia una dirigenza indipendente e credibile, a medio termine si potra`
pensare a quali funzioni lasciare alla Banca d`Italia e quali trasferire
altrove. Questo intervento cerca di affrontare il primo problema. Cerchiamo di
individuare degli obiettivi desiderabili per poi vedere come ottenerli.
Vogliamo una
Banca d`Italia che :
· sia governata
da persone competenti;
· sia indipendente
dai politici;
· rappresenti
gli interessi del paese.
L`attuale Statuto
della Banca prevede (art. 17 http://www.bancaditalia.it/la_banca/statuto/statuto.pdf ) che
il Governatore sia nominato e rimosso su proposta del Consiglio Superiore della Banca, che e’ una
specie di consiglio d’amministrazione della stessa. Un problema e` che
l`attuale statuto non prevede particolari qualifiche per i membri del Consiglio
Superiore, per cui possono appartenere ad esso anche persone senza qualifiche specifiche,
magari scelte solo per la loro fedelta’ al Governatore. Ancora piu` serio e` il
problema che sempre lo statuto prevede che i 13 consiglieri siano “nominati
dalle assemblee generali dei partecipanti presso le sedi della banca in ragione
di uno per ciascuna sede”. Queste assemblee oggi sono composte sia dagli “azionisti” della banca, per lo piu`
banche commerciali, che sono in qualche modo eredi delle banche centrali
dell`Italia pre-unitaria, sia da rappresentanti del mondo economico locale,
selezionati dalla Banca stessa. Ne` gli uni, ne’ gli altri hanno un forte
mandato per essere critici controllori dell`operato dell’ente di emissione e
vigilanza. Le banche commerciali in particolare hanno sufficiente realismo per
capire che la loro partecipazione nella Banca e` un retaggio del passato, che
puo` loro fruttare dei dividendi, ma che non puo` dare loro effettivo diritto di interferire nella gestione della banca
centrale. E` inutile ed estremamente costoso pensare che lo Stato comperi dalle
banche commerciali le loro quote di partecipazione, come formulato nel
progetto dell`ex ministro Siniscalco. Si tratterebbe di inutile
carita` al duomo. Basta formulare per legge quello che gia` accade nei fatti:
le banche azioniste non avranno poteri di gestione nella Banca d’ Italia. Ma
allora chi nominera` il nuovo Consiglio Superiore? Esso potrebbe essere eletto
in larga parte dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento, dai
Presidenti di Regione, dai Sindaci e
dagli eletti italiani al Parlamento Europeo. Bisogna pero` evitare che i membri
del Consiglio Superiore diventino ostaggi di una precisa maggioranza del
momento. Come? Primo facendo votare questi organi separatamente e con ampie
maggioranze (2/3 dei membri), poi garantendo ai consiglieri della Banca d’ Italia dei mandati di almeno
9 anni, infine prevedendo elezioni e
scadenze dei consiglieri scaglionate nel
tempo; si dovrebbe evitare cioe` che una specifica maggioranza possa in un
momento nominare tutto il Consiglio in un colpo solo. Esso diverrebbe una
fotocopia del potere politico del momento.
Una certa
percentuale degli eletti (38 %) potrebbe
rappresentare i funzionari della Banca ed il suo patrimonio di conoscenza
tecnica, che rimane molto alto, anche dopo i recenti tristi eventi.
Infine tutti i
consiglieri eletti dal Presidente della Repubblica, Parlamento, Regioni, Provincie Comuni ed Europa
dovrebbero essere professori ordinari di
materie economiche o bancarie nelle universita` italiane o cittadini europei docenti di materie
economiche nelle 100 migliori universita` del mondo.
Quanto detto si
puo` fare in tempi brevissimi, se lo si vuole. L`idea invece di mettere la nomina del Governatore nelle sole mani del Governo non sarebbe` una garanzia ne ‘ di autonomia ne’ di competenza.
Tabella
Proposta per il nuovo Consiglio Superiore della Banca d’Italia
N
Consiglieri eletti da chi durata dei primi 2 mandati
1 Presidenza Repubblica 2006-2012 / 2013-2022
1 Camera 2006-2015 / 2016-2025
1 Senato 2006-2009 / 2010-2019
2 Presidenti Regioni 2006-2006 / 2007-2016
1 Presidenti Provincie 2006-2007 / 2008-2017
1 Sindaci Comuni 2006-2008 / 2009-2018
1 Eurodeputati
italiani 2006-2010 / 2011-2020
5 Funzionari Banca
d`Italia 2006-2011 / 2012-2021
Il traffico in citta` si cura in provincia
Una buona parte
del traffico cittadino e` dato da pendolari o visitatori da varie parti della
provincia e della regione.
E` vero` che la soluzione ottimale sarebbe che
in provincia ci siano linee di pulman locali, che portino dalle frazioni periferiche ed i paesi piu` piccoli
alle stazioni ferroviarie, evitando completamente l`uso dell`auto privata, a
coloro che vogliono prendere il treno. Molto si potrebbe fare in tal senso.
Purtroppo oggi spesso le autolinee fanno dei percorsi che ignorano o trascurano
le stazioni ferroviarie ed i loro orari (penso per esempio al caso paradossale
di Fossano, dove il pulman per Bra si
tiene a debita distanza dalla stazione). Un`autolinea non deve ricevere sussidi
pubblici (da Regione, Provincia o Comune) se non e` coordinata con le ferrovie
e le altre autolinee, quando cio’ e’ possibile.
Ammesso che
moltissimo si puo` e si deve fare per migliorare i servizi di autobus da e
verso le stazioni ferroviarie, bisogna pure ammettere che alcuni abitano in
localita` piu` difficilmente servibili da bus. Per molti di loro ci sono
parecchi incentivi ad usare l`auto.Uno di questi incentivi e` la qualita` dei treni e ne
riparleremo, un altro e` il fatto che quand’anche volessero venire a Torino in
treno, dovrebbero raggiungere la stazione ferroviaria in auto.Per loro ci
vorrebbero dei parcheggi nelle prossimita` della stazione piu` vicina. In luoghi come Moncalieri,
Trofarello, Nichelino, Collegno, Pinerolo, Venaria, Settimo, Chivasso, Carmagnola,
Fossano, oggi, alle ore di punta, puo`
essere difficile per molti pendolari lasciare l`auto in prossimita` della
stazione. E` vicino a
quelle stazioni che bisogna attentamente considerare di predisporre dei
parcheggi. Cosi` facendo si renderebbe appetibile a molti prendere il treno e
girare in Torino con i mezzi pubblici. Non solo, quando si garantisse ai
pendolari questi parcheggi vicini alle loro stazioni di partenza, diverrebbe
ancora piu` forte l`argomento per chiudere Torino al traffico automobilistico
pendolare.
Nelle citta` di
provincia si potrebbe combattere una battaglia importante per migliorare la
vita dei pendolari e la qualita dell`aria a Torino.
Privatizzazioni e trucchi.
Ogni aziendina
anche piccola ha un conto dove sono registrate le ricchezze (dette “attivita’”)
ed i debiti dell`azienda, lo stato patrimoniale. Le Attivita` includono
terreni, case, macchinari, mobili, BOT, azioni possedute, conti in banca, ecc. Nonche’ debiti.Cosi` un`azienda
che vende un terreno di sua proprieta` non necessariamente migliora i suoi
utili. Ad esempio, se la Pautasso s.r.l. vende per 100.000 euro un terreno che nel suo stato
patrimoniale era stimato 150.000 euro, l`azienda incassa si` 100.000 euro,
pero` allo stesso tempo sta perdendo 50.000 euro.
Infatti le sue
attivita` diminuiscono di 150.000 alla voce “terreni” ed aumentano di 100.000
alla voce “conto in banca”. La differenza e` 50.000.
Un grosso
problema con i conti pubblici e` la mancanza di uno “Stato Patrimoniale”. E
allora?
E allora dobbiamo
essere molto cauti quando qualcuno riduce un deficit privatizzando cose che non
erano mai state in uno stato patrimoniale.
E` ovvio che,
vendendo, qualcosa si incassa. E` da vedere se quello che si incassa sia il
giusto, se cioe` compensi la perdita di patrimonio subita. Sarebbe bene prendere atto che dopo aver venduto gli argenti di
famiglia per pagare i debiti, non si ha piu` molto altro da vendere.
Bisognerebbe
imporre per legge a tutte le amministrazioni pubbliche, incluso lo stato, di dotarsi di un vero e
proprio stato patrimoniale.
Ricerca: occhio alla scuola.
La ricerca scientifica
e` una specie di catena di attivita`
collegate, dove la prima e` necessaria perche` ci possa essere la seconda e
cosi via. Tecnicamente questo si chiama “filiera”. Un esempio di filiera e`
quella del pane : agricoltore – commerciante di grano – mulino – commerciante
di farina – panificatore – rivendita pane. La ricerca e` qualcosa di simile.
Alla base della filiera della ricerca probabilmente c`e` la scuola, elementare
e materna. E` li’ dove puo’ nascere un
interesse per la scienza ed e` li dove deve nascere la famigliarita` con i
numeri. E` per questo che dovremo prestare particolare attenzione perche` i
numeri e l`aritmetica siano insegnati bene. Possiamo pensare a forme di aiuto
ed incentivo per insegnanti ed alunni. Gli insegnanti potrebbero essere aiutati
con delle formazioni specifiche o dei sussidi didattici. Una cosa buona
potrebbe anche essere organizzare gare a premi di aritmetica. I premi potrebero
essere oggetti, es. computer, ma anche viaggi premio o corsi speciali. Per gli
studenti delle superiori questo dovrebbe anche incoraggiare e finanziare la partecipazione alle Olimpiadi della
Matematica (vedi http://imo.math.ca/ http://olimpiadi.ing.unipi.it/ ).
Dovremo in
particolare curare ed aiutare la formazione di insegnanti di materie
scientifiche, anche prevedendo che ogni studente delle superiori studi almeno
una materia scientifica un po` in profondita` (con almeno cinque ore alla
settimana di lezione). Gli insegnanti dovrebbero avere la preparazione per far capire che cio` che insegnano e’
molto utile e` puo` risolvere molti problemi pratici. Allo stesso tempo
dovrebbero avere la capacita` di far capire quanto attraente sia l`argomento
dal punto di vista teorico. Se dovessimo accorgerci che c`e` scarsita` di insegnanti di certe materie, si
dovrebbe poter pagare gli insegnanti in modo differenziato. Paghiamo di piu` gli
insegnanti di quelle materie che scarseggiano. Paghiamo di piu` gli insegnanti
che insegnano nelle scuole dove nessuno vuole insegnare. Paghiamo di meno gli
insegnanti che insegnano in quelle scuole dove tutti gli insegnanti vogliono
insegnare.
Si trattera`
anche di premiare quegli insegnanti che non cessano di studiare ed approfondire
la loro materia, seguendo corsi di formazione, prendendo dottorati e
pubblicando su riviste scientifiche. Tutto cio` va premiato.
Verifichiamo che
i laboratori scientifici delle scuole siano ben attrezzati, aggiornati e dotati
di personale di laboratorio.
Le fondazioni
bancarie forse dovrebbero considerare di spendere piu` soldi nell`incentivare
lo studio delle scienze nelle scuole. Ovviamente questo dovrebbe valere a
maggior ragione per tutti i livelli di potere pubblico (stato, regione ed enti
locali). Troppo spesso si pensa piu` ai
muri che alla qualita` delle persone.
Troppo spesso
quando si pensa alla scuola se ne parla o come un posto dove effettuare nuovi
tagli al bilancio o dove dare un lavoro ad insegnanti in certi casi molto
preparati e diligenti e ad in altri casi no. Oppure se ne parla in termini
di conflitto chiesa – stato, molto attuale, ai tempi di Cavour. Troppe volte
passa in secondo piano il fatto che la scuola e` per molti ragazzi l`unica
opportunita` che offriamo loro. Cio` e` particolarmente vero per i piu` poveri,
quelli piu` privi di “contatti”. La
scuola e` lo strumento che essi dovrebbero avere per costruirsi una loro vita autonoma e libera.
Una scuola non
adeguata per i ricchi e` una cattiva notizia, per i poveri e` un disastro.
Oggi la concorrenza internazionale si basa sulla conoscenza e la scuola dovrebbe servire a trasmettere ed
acquisire questa risorsa strategica. Mettiamo questo al centro dei nostri
progetti.
Sfruttato in Italia, rispettato alle Hawaii
Riceviamo e volentieri publichiamo:
I miei piu’
sinceri complimenti alla Signora Francesca Paci
per l’articolo "Trentenni
di genio …" apparso su LASTAMPA
Venerdi’ 9 Dicembre. Finalmente qualcuno
inizia timidamente
ad accorgersi del problema! In Italia non esiste
"vivaio
generazionale" per la classe manageriale che deve guidare
il
paese verso il futuro. Io sono un "compagno di disavventura"
di
Francesco. Il ricercatore espatriato negli Stati Uniti
per cercare opportunita’
di carriera e sviluppo professionale.
Sono architetto ed a 44 anni compiuti
sono emigrato negli
Stati Uniti per cercare quello che in Italia non sono
riuscito
ad ottenere in 18 anni di carriera professionale.
Sfruttato, mal
pagato, a volte non pagato, sottovalutato.
Non sono mai stato politicamente
coinvolto, quindi molte
porte non si sono aperte ed alcune si sono chiuse.
Ho
capito che in Italia non c’era spazio per sviluppare
professionalita’ ed
avanzare con la mia carriera.
Anch’io, con la mia "non giovane" eta’
ho
iniziato ad inondare di lettere e
curriculum gli
indirizzi di posta elettronica dei piu’ grossi studi
di
architettura degli Stati Uniti.
Un giorno ho
ricevuta una risposta. Da Honolulu.
Sono salito su un aereo pieno di speranze e
con
lo spirito di ventenne.
Inaspettatamente
mi sono trovato ad affrontare
un serio colloquio di lavoro. Cercavano un
Project
Manager con esperienza per seguire la costruzione
di un grattacielo in
Waikiki. Io non ho mai costruito
grattacieli, ma posso imparare. Cosi’ ho
terminato
il mio colloquio con il Principal della company.
Pochi gioni dopo ho
ricevuto una telefonata sul mio cellulare:
Welcome aboard Sergio! Mi sono
traferito con tutta
la famiglia ad Honolulu. Nessun dubbio,
nessuna remora:
ho lasciato l’incerto per un salto nel buio.
Ora, lavoro come
Project Manager in uno studio di architettura
di 200 persone su due
interi piani di un grattacielo
in pieno centro di Honolulu. Mi
occupo di grossi progetti
architettonici gestiti in outsourcing nel Sud-Est
asiatico
ed amministro in prima persona progetti di edifici
commerciali per importanti aziende di grossa distribuzione
alimentare in ambito
nazionale americano.
Dopo un solo anno di lavoro, ho ottenuto soddisfazioni e
riconoscimenti che in Italia non ho ottenuto in 18 anni
di professione.
Devo dire grazie.
Sinceramente grazie all’Italia, che con la sua
situazione mi ha
dato la spinta per saltare sull’altra sponda.
Ora sono felice.
Lettera firmata
————————————————————————
Il male non e` solo che ricercatori e professionisti
se ne vadano, ma anche che quasi nessun
professionista o ricercatore straniero voglia
venire da noi.
Ricerca: 1° eliminare i pregiudizi culturali.
Abbiamo bisogno
di mettere la ricerca e l`innovazione al centro della nostra economia, ma per
farlo prima dobbiamo superare l`idea che ci sia una separazione o peggio una
frattura tra cultura scientifica e cultura umanistica.
Forse dovremo
superare certi pregiudizi come quello che tende a dimenticare che la geometria era
una delle materie principali degli studi nell`antichita` classica. Un altro pregiudizio e` quello che l`Italia sia piu` un
paese di santi, navigatori ed umanisti piuttosto che di scienziati e di
tecnologi. Intanto non dimentichiamo che i navigatori dovevano sempre essere astronomi e matematici. Ma poi le
nostre radici sono tanto nel Michelangelo del Giudizio Universale e delle rime
quanto in quello che faceva i calcoli per tenere su` il cupolone di San Pietro.
Leonardo e` tanto l`autore dell`Ultima Cena, quanto l`ingegnere militare ed
areonautico.
Torino e` la
citta` di Lagrange, un pilastro della matematica moderna, ma anche di Plana e di
Guarini; Torino vide insegnare matematici come Saccheri, Francesco Severi ed il
saluzzese Corrado Segre; Mantova ebbe Giovanni Ceva; Pavia ebbe Antonio
Cremona, la Calabria e` la patria di Pitagora, Siracusa di Archimede, Napoli di
Caccioppoli, Pisa di Galileo e Fibonacci, Firenze di Viviani, Brescia di
Tartaglia. E certo ne dimentico
tantissimi. Voglio pero` ricordare come
tutti questi grandi erano sempre parte della comunita` scientifica mondiale,
non si isolavano. Fibonacci per esempio
era andato a studiare in quello che ai suoi tempi era uno dei centri del sapere scientifico,
Algeri.
Se la Scozia
vanta tanti bravi contabili, il padre della partita doppia fu Luca Pacioli di
San Sepolcro in Toscana. Tutta questa gente e` parte del nostro patrimonio
tanto quanto Dante, il Tasso, Mantegna o Juvarra.
Dobbiamo avere il
coraggio di riappropriarci di questa storia. Dobbiamo renderci conto che
l`Italia e` stata qualcosa di importante e di bello, quando ha saputo
sviluppare le scienze, applicandole al commercio e all`economia. E` su quella
base che si pote` sviluppare una societa` attenta al bello. E` su questi
principi che venne fondata l`Accademia delle Scienze di Torino.
Oggi troppo
spesso viviamo una separazione innaturale tra scienza, tecnologia, economia ed
arte. La scuola spesso perpetua questa separazione contraria ai fatti. La
pigrizia di alcuni (“io conosco solo le materie umanistiche e mi basta”) diviene
insegnamento universale. Dobbiamo superare queste barriere. Dobbiamo renderci
conto che la scienza e` parte del nostro patrimonio, del nostro DNA.
Noi saremo fedeli
a noi stessi solo se sapremo ridare dignita` e forza allo studio delle scienze.